martedì 29 maggio 2018

TRINITA'


Antonello da Messina, Visita dei tre angeli ad Abramo, 1460-65 circa  - Reggio Calabria, Museo Civico Molte sono le opere d'arte che si concentrano sulla descrizione del passo della Genesi (18,1-3), al quale è stato dato un significato trinitario. [ecco il passo: “L'Eterno apparve ad Abrahamo alle querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda durante il caldo del giorno. Abrahamo  alzò gli occhi ed ecco, tre uomini stavano in piedi accanto a lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda, si prostrò fino a terra e disse: Signor mio, se ho trovato grazia davanti a te, ti prego non passare senza fermarti dal tuo servo!”]. Questa tavola non è integra, infatti della figura di Abramo è rimasta solo la macchiolina rossa del cappello abbandonato a terra insieme al bastone. L’insieme trasporta in un’atmosfera surreale.
Ma sarebbe bene capire l’alta spiritualità trasfuse da Antonello nelle sue opere. Esse sanno condurre in un mondo non detto, ma sottinteso, vivo e palpitante; permettono l’approccio ad una raffigurazione insolita della realtà, in cui la dimensione dello spazio si dilata e la narrazione prende respiro.


1) LETTURE LITURGICHE
Dt4,32-34.39-40
Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l'uomo sulla terra e da un'estremità all'altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l'hai udita tu, e che rimanesse vivo? Chi ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un'altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi? Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n'è altro. Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre».
Sal32
Retta è la parola del Signore / e fedele ogni sua opera. /  Egli ama la giustizia e il diritto; / dell'amore del Signore è piena la terra.
Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, / dal soffio della sua bocca ogni loro schiera. / Perché egli parlò e tutto fu creato, / comandò e tutto fu compiuto.
Ecco, l'occhio del Signore è su chi lo teme, / su chi spera nel suo amore, / per liberarlo dalla morte / e nutrirlo in tempo di fame.
L'anima nostra attende il Signore: / egli è nostro aiuto e nostro scudo. / Su di noi sia il tuo amore, Signore, / come da te noi speriamo.
Rm8,14-17
Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!». Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!». Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

Mt28,16-20
16. Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.18 Gesù si avvicinò e disse loro: A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20. insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.

2) LA SOLENNITÀ E IL MISTERO
a) INTRODUZIONE
Questa solennità ricorre ogni anno la domenica dopo Pentecoste. Ma  il passo del vangelo che leggiamo non parla esplicitamente della Trinità. Matteo si limita a centrare il discorso (messo in bocca a Gesù) sul mandato missionario affidato ai discepoli, assieme all’impegno specifico a battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Non si parla di tre persone divine, unite in un solo Dio; piuttosto si affermano i principi essenziali su cui fondare la fede: in Dio come Padre, in Gesù come Figlio, e nello Spirito Santo come dono di Amore tra Padre e Figlio; e, per mezzo del Figlio, tra il Padre e l’umanità.
b) CRONISTORIA DELLA SOLENNITA’
Sebbene il dogma trinitario fosse stato formulato (ma non definito) nella Chiesa a partire dall'epoca del Simbolo apostolico, la Chiesa non celebrava nessuna ricorrenza in suo onore fino all'VIII secolo. La prima testimonianza in merito ci viene dal monaco Alcuino di York, che decise la celebrazione di una Messa privata come ausilio alla devozione personale. Nel 920 il vescovo di Liegi, Stefano, istituì nella sua diocesi una festa dedicata alla Trinità. Il suo successore, Richiero, mantenne tale festività, che iniziò a diffondersi soprattutto grazie all'appoggio dell'Ordine monastico. Nella seconda metà dell'XI secolo, Papa Alessandro II, pur rilevando la sua ampia diffusione, non la ritenne obbligatoria per la Chiesa universale, per il fatto che ogni  giorno l'adorabile Trinità è senza posa invocata con la ripetizione delle parole: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto.
Visto il riconoscimento de facto di tale festività in tanta parte della Chiesa, Papa Giovanni XXII, nella metà del secolo XI, sancì con un decreto che la Chiesa cattolica accettava la festa della Santissima Trinità e la estendeva a tutte le Chiese locali.
c) IL MISTERO DELLA TRINITA’
Il mistero della Trinità, in quanto mistero, non può essere compreso; la ragione conduce all’unicità di Dio: Dio è assoluto e logicamente non possono esistere più assoluti.
Nel popolo di Dio esistono soltanto labili tracce del contenuto di questo mistero, così come è stato definito nei concili del secolo IV (Nicea e Costantinopoli). Si utilizzava, piuttosto, il testo di Genesi 1,27, dove si dice che Dio creò l’adam a sua immagine, ricorrendo ad un’analogia: siccome YHWH si definisce Io sono, cioè quale Essere assoluto, in Lui è compresa una  mente che pensa; mente che genera il pensiero. Mente, pensiero e amore sono tre entità ben distinte fra loro, ma inseparabili l’una dall’altra, tanto che si può dire siano una cosa sola nella persona. Nella Trinità il Padre è mente che da tutta l’eternità genera il suo Pensiero, il Logos, il Verbo; questi, generato eternamente dal Padre, sussiste come persona distinta, e ciò avviene per opera dello Spirito Santo.
Nell’Angelus del 2009 papa Ratzinger volle dare una spiegazione a questa solennità: Dio è tutto e solo amore, amore purissimo, infinito ed eterno. Non vive in una splendida solitudine, ma è piuttosto fonte inesauribile di vita che incessantemente si dona e si comunica. Lo possiamo in qualche misura intuire osservando, sia il macro-universo (la nostra terra, i pianeti, le stelle, le galassie), sia il micro-universo (le cellule, gli atomi, le particelle elementari). In tutto ciò che esiste è in un certo senso impresso il ‘nome’ della Trinità, perché tutto l’essere è in relazione, traspare l’Amore creatore. Tutto proviene dall’amore, tende all’amore, e si muove spinto dall’amore. Usando un’analogia suggerita dalla biologia, diremmo che l’essere umano porta nel proprio genoma la traccia profonda del Dio-Amore.

3) COMMENTO ANALITICO
16.  Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Per sperimentare il Cristo risuscitato bisogna andare in Galilea su to oros, il monte. Quella dell’Evangelista non vuole essere un’indicazione topografica ma teologica; cioè non viene indicato un luogo, ma una realtà. Il monte, luogo della terra più vicino al cielo, nelle culture antiche, da sempre è stato ritenuto dimora della divinità. Salire sul monte significa poter aver accesso alla divinità o avere la condizione divina (negli apocrifi il monte della Galilea viene chiamato Luogo di Maturità e di Gioia). L’uso dell’articolo determinativo il, in Matteo era apparso al capitolo 5, quando Gesù proclamò le beatitudini. L’evangelista vuol dire che situarsi in Galilea su il monte significa situarsi nel cuore del messaggio di Gesù, le beatitudini, che invitano a orientare la propria esistenza al bene dell’altro.
17. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gli Undici videro Gesù. Il verbo non indica il semplice il vedere dal punto di vista fisico, ma l’avere una profonda percezione della realtà. Tale percezione fa comprendere agli Undici che, pur trovandosi di fronte al Gesù da essi conosciuto, in lui si manifesta la pienezza della condizione divina. I discepoli si prostrano, in un segno di adorazione riservato alla divinità, lo stesso compiuto a Betlemme dai Magi (Mt 2,11) e richiesto a Gesù dal satana nel deserto: Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai (Mt 4,9). (La seduzione del tentatore consisteva nel proporre a Gesù la condizione divina attraverso l’uso del potere; invece Gesù ha raggiunto la pienezza della condizione divina attraverso un servizio totale, che è giunto fino al dono di se stesso.
Però stranamente, scrive l’evangelista, essi dubitarono. Ma di che cosa dubitano? Dubitano di se stessi; non sanno se saranno anch’essi capaci di affrontare la persecuzione, la sofferenza e il martirio per arrivare alla condizione divina.
19. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,
L’unico imperativo che appare nel brano è: fate discepoli tutti i popoli. Con la stessa autorità, potere, del Padre, Gesù invia i discepoli a tutta l’umanità: il regno di Dio si estende a tutti i popoli!
All’inizio della sua missione Gesù era stato indicato da Giovanni Battista come colui che battezzerà in Spirito Santo (Mt 3,11). Il verbo battezzare significa immergere. La missione di Gesù è stata quella di immergere ogni persona nella forza vitale di Dio, con l’uso simbolico dell’acqua, comunicandole la stessa energia di Vita del Padre.
20. insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
Matteo aveva iniziato il suo Vangelo con l’espressione che Gesù è ‘il Dio con noi’ e ora termina con questa stessa espressione: io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
Dispiace vedere ritornare nella nuova traduzione della CEI il termine inesatto fine del mondo. Ma non si tratta di fine del mondo come si intende comunemente. Era migliore la vecchia traduzione, nella quale si parlava di fine dell’epoca, fine del tempo (come dice la Bibbia di Gerusalemme). Non si tratta di una scadenza, ma di una qualità di presenza; non c’è nessuna fine del mondo, Gesù non mette paura. Gesù assicura che, se si va tra la gente a predicare comunicando amore, Lui sarà sempre presente nella sua comunità e nel cuore dei singoli.

4) PERSONALE


Mio Dio, mio tutto!

Solo Tu-Tutto potevi ideare una realtà fuori di Te che non fosse Te, che fosse simile e diversa da Te,
 non più Una ma molteplice, fatta di diversità.

Eppure io che sono fuori di Te, Ti assomiglio e sono Una come Te e molteplice nel creato; e sono io che
         concorro alla mia creazione, sicché Tu, nel crearmi,
 hai bisogno che io mi crei.

E ogni entità del creato si aggiunge a Te, restando se stessa, pur non sapendo né pregare né amare Te.
 Io non posso fare a meno né di Te, né del creato,
gioisco con Te, gemo col creato.

e anche Tu gioisci con me e gemi col creato. Né Tu potresti essere Dio senza di me e senza tutto il creato.
Siamo entrambi illimitati nel desiderio, e di fatto ci limitiamo l’Uno con l’altro:
Tu sei l’Oltre, io il limite

O Dio bisognoso del mio bisogno, mio Tutto che ami la mia parzialità come io amo la Tua Totalità,
Stringimi a Te. Non voglio staccarmi da te neanche per un minuto.
Il resto non m’interessa
…………….

domenica 20 maggio 2018

DOMENICA DI PENTECOSTE


DOMENICA DI PENTECOSte  B
  Jean Restout  - 1732, Musée du Louvre, Paris     %%     In At2 leggiamo: “…erano stupiti e fuori di sé per la meraviglia”.
Questo dipinto evidenzia efficacemente lo stupore e l’abbaglio dei discepoli di Gesù di fronte ad un evento straordinario, sconvolgente ed incomprensibile. Risultano evidenti i simboli della teofania: colomba, lingue di fuoco sul capo di Maria e dei presenti. Mentre nelle teofanie bibliche l'elemento visivo è in genere marginale al fine di far concentrare l'attenzione sulla presenza di Dio nel suo rivelarsi, qua lo stile neoclassico del ‘700, fortemente decorativo, rende visibile e palpabile ogni elemento. Sembrano ritratti perfino il senso di dispersione, il rombo di tuono scagliato dal cielo, simile a forte vento: siamo di fronte all’anti-Babele, cioè al perfetto contrario dell-antica Babele. Lo sconvolgimento emotivo e la delusione, provati dai costruttori della torre che l’avevano elevata quale sfida contro il Cielo, ora, attraverso l’azione dello Spirito, si tramuterà presto nella riappacificazione degli spiriti e nell’Unità dei costruttori del nuovo popolo di Dio, la Chiesa.

a)  LE LETTURE LITURGICHE
At 2, 1-11
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
Salmo 103
Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
      Togli loro il respiro: muoiono,
      e ritornano nella loro polvere.
      Mandi il tuo spirito, sono creati,
      e rinnovi la faccia della terra.
Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.
 
Gal 5, 16-25
Fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la car­ne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.

b) IL VANGELO
26 Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27 e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13 Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14 Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15 Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

c) Il COMMENTO
Presso gli Ebrei la festa della Pentecoste era inizialmente una festa agricola di carattere religioso, chiamata festa della mietitura (Es 23,16) o festa dei primi frutti (Nm 28,26). Si celebrava il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua e indicava l’inizio della mietitura del grano.
In altri passi era detta anche festa dello Shavuot, delle Settimane (Es 34, 22; Dt 16,10; 2Cr 8,13), poiché cadeva sette settimane dopo la Pasqua. Le sette settimane corrispondono all’Omer, un periodo di lutto, in ricordo delle disgrazie accadute al popolo di Israele.
Nella lingua greca, utilizzata dagli Ebrei che non abitavano in Palestina, la festa dello Shavuot veniva tradotta con la parola greca Pentecoste che significa appunto 50ª giornata. Ce n’è memoria in Tobia 2,1 e in 2 Maccabei, 12,31-32.
Terminati i tempi biblici originari, gli Ebrei, a poco a poco diedero alla festa un significato nuovo. Nel giorno di Pentecoste s’iniziò a commemorare il dono della Legge sul Sinai.
La festa comportava un pellegrinaggio a Gerusalemme, l’astensione totale da qualsiasi lavoro, un’adunanza sacra, asereth o asartha, e particolari sacrifici.
In epoca cristiana la Pentecoste simboleggia la nascita della Chiesa.
Non ci sono prove certe della storicità dell'evento, ma diversi studiosi ritengono che alla base ci possa essere stato un fatto reale, come un’estasi collettiva verificatasi tra i discepoli di Gesù riuniti a Gerusalemme per la festa ebraica di Pentecoste.
Sull'interpretazione dei dettagli gli studiosi si dividono: alcuni cercano di ricondurli a fenomeni naturalistici, come bufere di vento o fenomeni elettrici, altri pensano che si tratti esclusivamente di aspetti simbolici, mentre altri ancora, senza scartare a priori la possibilità di fenomeni soprannaturali, ritengono che si debbano interpretare essenzialmente in modo simbolico, mettendone in rilievo il significato teologico.
La discesa dello Spirito Santo non è citata nelle Lettere Paoline, né nei vangeli più antichi, cioè quello di Marco (il più antico in assoluto), e quello di Matteo.
La Pentecoste cristiana è stata pensata sul modello del Sinai.
Ma il testo sacro non è da prendere come una cronaca dei fatti, bensì come il frutto dell'attenta riflessione dell'autore principale, Luca. Infatti egli ne parla negli Atti degli Apostoli, mentre i più antichi tra i Sinottici, Matteo e Marco (quest’ultimo è il più antico in assoluto), non fanno menzione della festa. E Giovanni riporta i discorsi di Gesù nei passi in cui promette ai discepoli la venuta dello Spirito per operarne la trasformazione spirituale e farli divenire strumenti di evangelizzazione.

d) ANALISI TESTUALE
15,26. Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza;
Quando verrà il Paràclito: dispiace vedere nella nuova traduzione della CEI questo termine colto e tecnico, che non è comprensibile dalla gran parte della gente; nella vecchia traduzione dal greco questo termine era reso meglio con Consolatore. Consolare, diversamente da confortare, significa eliminare alla radice la causa della sofferenza.
15,27.  anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
L’espressione fin dal principio non può avere un semplice significato cronologico. Ciò che l’evangelista afferma è che, per rendere testimonianza a Gesù, è necessario accettare come norma tutta la vita di Gesù, senza separare il Gesù risuscitato dal Gesù terreno. Mettersi in rapporto unicamente con Gesù glorioso è la tentazione spiritualista e gnostica.
16,12.  Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando stavano per accadere dei fatti piuttosto difficili, i discepoli fuggirono. Solo il compimento del mistero di Cristo, la sua risurrezione e la discesa dello Spirito Santo permetteranno la piena comprensione di quanto Gesù ha detto e fatto. Soltanto chi è pronto a orientare completamente la propria vita verso il bene degli altri, può entrare in sintonia con l’onda crescente d’amore che il Signore comunica.
16,13. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Qui Gesù introduce in modo solenne lo Spirito Santo. E' Lui che permetterà ai discepoli di comprendere.
16,14. Egli mi  glorificherà perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
Lo Spirito parlerà. E' attraverso la parola che lo Spirito potrà guidare alla verità coloro che lo seguono. Il verbo che traduciamo annunciare, in greco è anallegein, che con il prefisso ana dà l'idea di una cosa che viene ripetuta più volte, anche per chi sta già compiendo il cammino e deve essere introdotto a una verità sempre più profonda. Nell'annuncio dello Spirito vi saranno le parole che Gesù ha detto, e anche le cose future.
16,14. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
Compito dello Spirito è la proposta continua alla comunità del messaggio di Gesù. Questa azione rende manifesto l’amore di Gesù verso i suoi.
Lo Spirito spinge sempre al nuovo, sempre pronto a dare nuove risposte ai bisogni dell’umanità.
16,15. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
Ciò che Gesù possiede in comune con il Padre è in primo luogo l’amore, concepito come rapporto dinamico con il Padre, comunicazione incessante e vicendevole, la quale fa sì che i due siano uno.

e) QUALE PENTECOSTE OGGI
Il mondo di oggi è unificato, ma l'unità raggiunta è la più deludente che si possa immaginare, in quanto a tenerci uniti è la forza meccanica della paura. La paura e i suoi equilibri sono l'antitesi del messaggio di Gesù: cercano di garantirci una tranquillità con l'uso della forza.
Quando l'unità è progettata dal Potere in vista di uniformare e rendere uguali tutti per paura della novità che potrebbe rompere l’unità imposta, diventa una maledizione perché è il rifiuto del nuovo e della diversità, che è benedizione di Dio.


interdipendenza senza libertà
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 armonia cosmica e personale
che ha un centro coordinatore, il quale unifica senza opprimere

ASCENSIONE DEL SIGNORE

ASCENSIONE DEL SIGNORE

               Musée des Beaux-Arts, Lione
La grande pala dell'Ascensione di Cristo, dipinta per la chiesa abbaziale del monastero camaldolese di Giovanni Evangelista di Sansepolcro - oggi cattedrale - rappresenta l'unico dipinto realizzato in terra aretina da Pietro di Vannucci detto il Perugino, figura insigne e ricercata dai committenti dell'epoca..
Perugino fu l'iniziatore di un nuovo modo di dipingere, le cui caratteristiche principali sono la purezza formale, la serena misura delle ampie composizioni, il disegno ben definito ed elegante, il colore chiaro, ricco di luce e steso con raffinate modulazioni del chiaroscuro, i personaggi liberati dalle caratteristiche terrene e investiti di un'aria “angelica e molto dolce”. La sua arte è fatta di armonie e silenzi, di colori dolcemente sfumati, di prospettive attentamente studiate, di figure cariche di grazia delicata e dolce melanconia. Restò però ancorato a schemi mentali quattrocenteschi, ad esempio come gli onnipresenti angeli in volo.
[A noi  interessa riscontrare il bisogno che ha l’essere umano di trovare nell’arte uno strumento idoneo ad allontanarci da ogni tipo di realismo superficiale].

Mc 16, 15-20
In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro: 15 Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 17 E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno. 19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. 20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.
At 1,1-11
Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».
Salmo 46
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.
      Ascende Dio tra le acclamazioni,
      il Signore al suono di tromba.
      Cantate inni a Dio, cantate inni,
      cantate inni al nostro re, cantate inni.
Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.
Ef 4, 1-13
Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra?
Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.
C o m m e n t o
a) PREMESSA
L’Ascensione segna il termine della presenza visibile di Gesù e inaugura l’era della sua presenza invisibile. Per chi non ha fede, l’invisibilità equivale a non-realtà di Dio, cioè all’ateismo; per chi crede, la sua presenza è più reale e più forte di quella visibile. Paradossalmente la festa dell’Ascensione di Cristo fa comprendere che il Vangelo è più grande della persona di Cristo: infatti egli nasce, agisce e muore per dare testimonianza dell’eu-anghelion, buona/bella notizia. Ora egli lascia posto a chi crede, al discepolo, a cui spetta camminare con le sue gambe, senza attaccarsi nemmeno all’esperienza religiosa.
Per capire il senso di quanto detto, è cosa utile confrontarsi con altre esperienze religiose.
Durante lo zazen giapponese (derivato dalla corrente buddhista cinese), il praticante molla tutti i pensieri che passano per la sua mente, quelli cattivi come quelli buoni, compresa l’immagine di Cristo o di Budda. Il cammino di fede non consiste nell’inseguire una immagine sacra prodotta dalla mente umana, ma nel convertirsi a Dio. Un antico motto dice: se incontri Budda, uccidilo! Budda non è un idolo che si può incontrare lungo la strada, ma è l’energia che permette di continuare a camminare facendo tesoro di ogni incontro. Come il Vangelo è la bocca del maestro che l’annuncia e l’orecchio del discepolo che l’ascolta, nel buddismo il Darma è il principio vitale che, nascosto in tutto, suscita in ogni cosa il senso dell’esistenza; il suo significato è più ampio e complesso di quello cristiano, ed è meno giuridico delle attuali concezioni occidentali che privilegiano la consapevolezza e la libertà piuttosto che il concetto di obbligo. Nell’uno e nell’altro caso, al centro c’è il Messaggio, non la Persona.
[Si  può avanzare l’ipotesi che Cristo, ascendendo al Cielo, abbia voluto lasciare in eredità a tutti gli esseri umani della terra, una visione del vangelo dilatata aldilà di quella che le prime comunità (chiamate chiese) ritenevano ormai l’unica e giusta eredità, tanto che si sentivano ormai staccate dalla religione ebraica. Cristo invece lancia il suo messaggio salvifico estensibile a tutti gli esseri umani. Egli lo propone ai suoi, ma non lo impone né lo sovrappone ad altre fedi, culture, religioni]
Il vangelo di Marco termina col versetto 8 del cap.16.
I codici offrono diverse finali, e quella canonica (che leggiamo) probabilmente non è di Marco; è un’aggiunta operata dalle comunità per non concludere il racconto col v.8 dove si parla ancora di paura: … non dissero niente, perché avevano paura.
Il brano che si legge in questa domenica originariamente era forse un testo kerygmatico, nel quale venivano presentati in modo succinto gli eventi pasquali. Si tratta di un testo molto antico, noto già a Taziano e a Ireneo (II sec.), che a ragione è stato definito un’autentica reliquia della prima generazione cristiana. In esso è evidenziato come la risurrezione di Gesù comporti, per una esigenza intrinseca, la missione universale. Gli altri evangelisti, ne hanno fatto il contenuto essenziale del mandato consegnato dal Risorto agli undici discepoli; mandato che il vangelo di Marco, nella stesura originaria, non menzionava nemmeno. Invece nella finale canonica questo mandato viene esplicitato da tutti e quattro i vangeli.
La collocazione dell’episodio è nello stesso luogo dell’Ultima Cena, mentre per Luca è un luogo non precisato …fuori, verso Betania; negli Atti degli Apostoli si parla del banchetto nel cenacolo, e in Matteo viene evocato ancora il contesto del cenacolo e viene evidenziata la scena e i sentimenti degli apostoli con tre verbi: Videro… si prostrarono…dubitarono
Tutti e tre i sinottici convergono nel dire che Gesù si è congedato dai suoi in una teofania, che va letta in due dimensioni: quella eucaristica (Marco e Atti) e quella cosmica (Matteo e Luca). Ecco perché i grandi iconografi orientali hanno dato a questa scena una solennità cosmica (generalmente l’icona è costruita lungo un asse verticale che ha al centro, nel riquadro più grande, la Croce di Gesù, con alcune scene laterali, a commento e completamento del racconto evangelico. In uno scomparto distinto, si vede la Vergine Maria, circondata dagli angeli).
In sintesi, dobbiamo leggere l’Ascensione come una pagina di vita della prima Chiesa e la rielaborazione dell’evento da parte delle tre comunità e in tempi diversi. Ci vorrà la Pentecoste perché la prima Chiesa imbocchi la via della missione. Allora i discepoli comprenderanno che, per ritrovare il Maestro, dovranno partire per la Galilea (Matteo 28,7): la Galilea delle genti, cioè il mondo. E proprio di questo ‘esodo’ Marco è testimone negli ultimi versetti del suo Vangelo.

b) ANALISI TESTUALE
15 [In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro]: Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.
In questo versetto è importante notare che non viene utilizzato il titolo di apostoli e che il mandato missionario è universale. Ma in questo contesto non si può far riferimento all'idea di vangelo propria di Marco, bensì ad altri testi del NT.
Mentre il versetto precedente (che in questa domenica non viene letto) riprendeva il tema dell'incredulità degli undici circa la resurrezione di Gesù, ora invece l'incarico di predicare sembra indicare che essi sono ormai credenti.
Andare in tutto il mondo significa più cose: 1) non esiste più un luogo geografico determinato, nemmeno la Palestina, dove il Signore è circoscritto, e quindi Lui non va cercato qua o là; 2) il Vangelo non è riservato ai discepoli, ma è di tutti, e quindi va annunciato fino agli estremi confini della terra; 3) il discepolo, che parte per evangelizzare e portare il grande Annunzio, ha la stessa grandezza e autorevolezza del Maestro (anzi in Gv14,12 si racconta che Gesù abbia detto: Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre).
16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.
La reazione all'annuncio, fede o incredulità, con i corrispettivi salvezza e condanna, richiama Gv 3,18. [La condanna per chi non crederà può urtare la sensibilità di chi legge: è mai possibile in un Dio misericordioso la condanna categorica di chi non crede? Si può essere d’accordo con la perplessità di fronte a tale frase, ma non bisogna mai dimenticare che quanto è stato scritto forse è nato dal timore delle prime comunità di fronte al lassismo che s’insinuava in esse (ancor oggi, o soprattutto oggi, di fronte alla verità, è facile scambiare la libertà con l’indifferenza o con un vago senso di libertarismo)     
17 E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove; 18 prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno.
L'annuncio è accompagnato da segni che, a differenza di quanto affermava lo stesso Marco al cap.8, hanno un significato positivo in quanto sono una conferma per coloro che già credono e mettono in luce il potere di Cristo.
Ed ecco quali sono i segni.
- scacciare i demoni: è combattere la forza del male che distrugge la vita. La vita di molte persone migliora perché sono entrate nella comunità e hanno cominciato a vivere la Buona Novella della presenza di Dio nella loro vita.
- parlare nuove lingue: vuol dire cominciare a comunicare con gli altri in modo nuovo. A volte ci incontriamo con una persona che non abbiamo mai visto prima, ma sembra che l'abbiamo conosciuta da tempo; questo avviene perché parliamo la stessa lingua, la lingua dell'amore.
- vincere il veleno: ci sono molte cose che avvelenano la convivenza. Molti pettegolezzi che distruggono la relazione tra le persone. Chi vive alla presenza di Dio riesce a non essere disturbato da questo terribile veleno.
- cureranno i malati: in chi ha una coscienza chiara e viva della presenza di Dio, dimostra di avere una cura speciale verso le persone escluse ed emarginate, soprattutto verso i malati.
19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. L'ascensione di Gesù è narrata come nel libro degli Atti: ha sullo sfondo l'immagine biblica del mondo e un riferimento alla salita al cielo di Elia.
A Gesù viene attribuito il titolo di Kyrios; l'espressione Signore Gesù è tipica di Paolo e degli Atti. L’indicazione sedette alla destra di Dio fa supporre che l'autore si sia riferito ad un testo in uso nella prima comunità, nella quale si professava la fede nella glorificazione e intronizzazione del Risorto.
20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.
Anche questa conclusione (che ha dei collegamenti con un testo del Padre della chiesa Giustino) induce a pensare che sia stata scritta dalla prima comunità dopo un certo periodo di predicazione; una comunità che ha constato la presenza e l'aiuto del Risorto e ora si sente chiamata a fare ‘le sue veci’ (i Padri della chiesa affermavano: noi siamo le mani e le braccia di Dio.
La fede in Gesù risorto ed asceso al Cielo è lo spazio di azione della grazia e della sua fecondità. La chiesa evangelizzatrice è, semplicemente, una chiesa credente.
Marco non ricorda esplicitamente il dono dello Spirito, ma è evidente che la testimonianza dei credenti e la perenne presenza del Risorto sono il frutto dell'effusione dello Spirito Santo (che celebreremo solennemente la prossima domenica a conclusione del ciclo celebrativo pasquale).

c) FEDE e PREGHIERA
La fede è dono di Dio, dono da invocare. La preghiera non è recitazione di formule, nasce da un cuore che impara giorno dopo giorno a meditare, a cogliere in ogni situazione motivo per porsi di fronte alla presenza di Dio, a vivere la fede. Dio la dona a chi si impegna instancabilmente a stabilire un rapporto di unione con Lui.
Le citazioni qui riportate possono aiutarci a pregare ed a vivificare la nostra fede.

= Un testo rabbinico usava questa bella immagine: "La Torah rassomiglia a una bella ragazza nascosta in una stanza del suo palazzo. Per amore di lei, l'innamorato osserva tutta la casa, guardando in tutte le direzioni, in cerca di lei. Lei sa tutto questo e apre un po’ la porta e lui solo la vede. Così è la parola della Torah: che rivela se stessa agli innamorati che la cercano. Quindi la chiave di interpretazione e di incontro è l'amore".
= Bruno Secondin: Questo è il mistero divino che anima e riempie la nostra esistenza. Il mistero ci viene consegnato in un libro dove c’è la descrizione parziale, frammentaria e lacunosa di un'esperienza intensa e inesprimibile, anzitutto vissuta, e poi solo in parte raccontata e scritta. Ed è trasmessa non solo perché sia conosciuta, ma perché diventi nuova esperienza e nuova comunione.
= Bernanos :Tutto è grazia.
= A. de Saint-Exupery: Non ti chiedo miracoli o visioni, ma la forza di affrontare il quotidiano. Preservami dal timore di poter perdere qualcosa della vita. Non darmi ciò che desidero ma ciò di cui ho bisogno. Insegnami l’arte dei piccoli passi.
= Giovanni della Croce: Fuori da Dio, tutto è stretto - Il Padre pronunciò la Parola in un eterno silenzio, ed è in silenzio che essa deve essere ascoltata … Il luogo della Parola, l'origine della Parola è il Silenzio -
= Gregorio I: Eloquia Dei crescunt cum legente, ma tanto più crescono se i lettori si confrontano.
= Meister Eckart: Poiché il mio occhio non ha colore, può discernere il colore.
Passò [Dio] per questi luoghi con sveltezza, e soltanto effondendo / lo sguardo con mitezza / li lasciò rivestiti di bellezza.
= Maritain: L’uomo è come un mendicante del cielo.
= Gandhi: Dio non è complicato: è semplice. Non occorre difficoltà a raggiungerlo: ci vuole semplicità.
= Pier Damiani: L'amicizia è un gradino della scala dell'amore per Dio; nel viso dell'amico si riflette il volto di Cristo.
= Ez 36,26: Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne.
= Gv 4,21-23: Credimi, donna - dice Gesù alla donna samaritana - è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.
= Rm 12,2: Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente.
= Luca 6,26: Guai a voi quando tutti gli uomini diranno bene di voi, allo stesso modo, infatti, facevano i loro padri con i falsi profeti.
= Sal 4. 2: Nella tribolazione mi hai allargato!
= Sal 46, 8: Beato colui che conosce il giubilo. –
= Sal 76, 3-4. L’anima mia rifiuta ogni consolazione: mi ricordo di Dio e trovo gioia
= Sal 44,11: Siate liberi [dalle altre cose] e vedete quanto è soave il Signore.


Per chi crede, la presenza divina è più reale e più forte di quella visibile