venerdì 27 febbraio 2015

II Domenica di Quaresima - anno B


II DOMENICA di QUARESIMA anno

I testi

Gen 22,1-2.9.10-13.15-18
In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».
Sal 115
Ho creduto anche quando dicevo:
«Sono troppo infelice».
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
      Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;
      io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
      tu hai spezzato le mie catene.
      A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
      e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo,
negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme.
Rm 8,31-34
Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!
Mc 9,2-10
In quel tempo, 2 sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4 E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5 Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: "Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia". 6 Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7 Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: "Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!". 8 E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. 9 Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell' uomo fosse risorto dai morti. 10 Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Veloce sguardo d’insieme sui testi
Prima lettura – Sorprende la richiesta paradossale e immotivata di Dio ad Abramo di immolare a Lui il figlio. Egli deve interpretarla da solo sulla base della sua idea su Dio; il patriarca si fida, sicuro che, se Dio gli chiede qualcosa, è per la Vita; e la sua fede sarà premiata.
Salmo 115 – Soffermiamoci sulle prime parole Ho creduto… Il verbo credere, he'emin, ha la stessa radice della parola Amen, che non significa solamente "così sia", ma esprime una convinzione: ciò che è stato appena detto è certo e valido, e quindi ci si può fidare. Il verbo credere nella Bibbia suppone quindi un atteggiamento di fiducia massima perché si poggia su qualcosa di stabile come la roccia.
Rm 8,31-34 -  Paolo porta la prova che Dio stesso si fa garante che niente e nessuno può essere contro di noi: se Cristo è morto e risorto, in Lui avremo lo stesso destino.
Vangelo - La trasfigurazione di Gesù segue immediatamente il primo annuncio della passione. L’episodio ha molteplici rimandi biblici e simbolici e ha al centro una preoccupazione cristologica: sottolineare l'identità di Gesù e la centralità della croce per comprenderla autenticamente. La scena della trasfigurazione anticipa quella che sarà la condizione di Gesù risorto e sarà anche quella di coloro che seguono le sue orme.
Analisi del Vangelo

In quel tempo, 2 sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro
Il brano si apre con una precisazione cronologica, sei giorni dopo, che da una parte rimanda ai versetti precedenti, ma dall'altra ha un riferimento simbolico: la trasfigurazione avviene nel settimo giorno. Per comprendere l'episodio, infatti, dobbiamo collegarlo al cap.8 dello stesso Marco, con la confessione di Pietro: ‘Tu sei il Cristo’ e con il primo annuncio della passione, che suscita la sua protesta.
L'indicazione di un alto monte ha sicuramente una valenza più simbolica che topografica, essendo tradizionalmente luogo della manifestazione divina. Il fatto che con Gesù ci siano i tre discepoli già testimoni di altri eventi importanti, mette in rilievo l'evento. Il verbo trasfigurato deriva dalla mitologia greca, metamorfóse, che indica una completa trasformazione.
3 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.
La descrizione vuole tradurre sensibilmente la visione dei tre. L'evangelista rafforza l'immagine con la descrizione concreta del colore delle vesti e facendo riferimento all'opera di un lavandaio. Il colore bianco rimanda alle vesti degli esseri celesti e dei beati, di cui parla l’Apocalisse.
4 E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Nell'apparizione (Marco usa il verbo ophthe, lo stesso impiegato per le apparizioni del risorto) dei due personaggi dell'AT, Elia è citato per primo, dato l’interesse di Marco per la componente escatologica; infatti era il profeta che, secondo la tradizione, avrebbe preceduto l'arrivo del giorno di JHWH, cioè il cosiddetto Giudizio Universale.
5 Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: "Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia".
E' interessante notare che Pietro chiama Gesù, anziché Cristo, Rabbì, maestro, titolo onorifico dei maestri della Legge, fedeli alla tradizione giudaica (ciò, per alcuni esegeti denoterebbe che egli non aveva cambiato mentalità). In questo versetto i personaggi dell'AT sono citati in ordine cronologico.
La reazione del discepolo è di gioia per l'esperienza anticipata della beatitudine celeste; per lo stesso motivo con la proposta delle tende c'è in lui il desiderio di prolungarla. Ma non sembra molto opportuno avvicinare l'episodio alla festa delle capanne come propone qualche esegeta, leggendo l'episodio in senso strettamente storico.
6 Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
La paura, più che derivare dalla rivelazione celeste, è da far risalire alla debolezza umana che rifiuta la croce e la prospettiva dolorosa annunciata da Gesù per sé e per i suo discepoli. L'evangelista riprende quindi il tema dell'incomprensione di Pietro, che non sembra accettare la necessità della sofferenza per il suo maestro e per quanti vogliono seguirlo. Indirettamente viene ribadito il legame tra la via della croce e la gloria della resurrezione che la seguirà (anticipata qui nella visione di Gesù trasfigurato).
7 Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: "Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!".
La nube rimanda alle manifestazioni divine dell'AT. Dio parla dalla nube che avvolge i presenti e la sua parola qui è rivolta ai discepoli. L'invito ad ascoltare Gesù è anche un invito alla sequela, che comporta a sua volta la croce. Pietro impersona i cristiani della prima comunità e di tutti i tempi che protestano e rifiutano la sofferenza del Cristo e dei suoi discepoli.
8 E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
La visione termina bruscamente e i discepoli si ritrovano davanti Gesù nel suo solito aspetto umano. L’umanità di Gesù -pare dica Marco- è da tenere sempre sempre in considerazione.
9 Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell' uomo fosse risorto dai morti.
Il versetto riporta l'ultimo divieto di Gesù di rivelare il mistero della sua persona: solo dopo la sua morte e resurrezione sarà possibile comprendere le sue azioni e la sua missione.
10 Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Il riferimento esplicito alla resurrezione di Gesù (i testi del vangelo sono scritti alla luce di questo evento fondamentale) mette in luce ancora una volta la difficoltà dei discepoli a capire il maestro: come poteva il Messia morire e quindi risorgere?. (La pericope si interrompe qui, ma i successivi versetti 11-13 che oggi non leggiamo, espliciteranno questo aspetto: Gesù come il precursore sarà ucciso).

Riflessioni
L’elemento predominante nei testi è la fede nel Dio della Vita, la quale non ha l’orizzonte ristretto del tempo che scorre trascinandosi tante contraddizioni e che ha come conclusione la fine.
- La conversione è come il movimen­to del girasole verso la fonte della vita, il sole. Anche noi possiamo superare le barriere del tempo ed attingere la Vita. Un mistero che purtroppo lasciamo languire nelle false vie dei devozionalismi, del ricorso agli idoli di vario genere nei quali si nascondono le ambizioni umane possessive.   
- L'evangelista Marco usa il verbo trasfigurare al passivo: Gesù fu trasfigurato. L’artefice e il protagonista non è Gesù, ma il Padre, il quale aspetta soltanto che gli offriamo uno spazio dove si possa manifestare.
- Trasfigurazione è spesso triste sfigurazione; e sono tanti i volti che vediamo sfigurati proprio nel tentativo di fingere a se stessi, più che agli altri, di poter evitare i segni anticipatori della fine: come se si volesse fermare la vita alla sua primavera.
 -  Al contrario, c’è una sfigurazione che può divenire Trasfigurazione: quella di chi sfida la morte stessa, sapendo che in essa c’è il segreto della Vita senza fine.  
- Una poesiola che riproduce un fatto di triste attualità: ho visto un volto trasfigurato – di giovane ingabbiato – che stava per essere bruciato - da uomini senza volto --- volto né rassegnato né speranzoso – attraversato da strazio infinito – ma che irradiava il mistero – dell’Uomo-Dio.

venerdì 20 febbraio 2015

I DOMENICA di QUARESIMA anno B


I testi

Genesi 9,8-15
Poi Dio parlò a Noè e ai suoi figli con lui dicendo: 9 «Quanto a me, ecco, stabilisco il mio patto con voi, con i vostri discendenti dopo di voi 10 e con tutti gli esseri viventi che sono con voi: uccelli, bestiame e tutti gli animali della terra con voi; da tutti quelli che sono usciti dall'arca, a tutti gli animali della terra. 11 Io stabilisco il mio patto con voi; nessun essere vivente sarà più sterminato dalle acque del diluvio e non ci sarà più diluvio per distruggere la terra». 12 Dio disse: «Ecco il segno del patto che io faccio tra me e voi e tutti gli esseri viventi che sono con voi, per tutte le generazioni future. 13 Io pongo il mio arco nella nuvola e servirà di segno del patto fra me e la terra. 14 Avverrà che quando avrò raccolto delle nuvole al di sopra della terra, l'arco apparirà nelle nuvole; 15 io mi ricorderò del mio patto fra me e voi e ogni essere vivente di ogni specie, e le acque non diventeranno più un diluvio per distruggere ogni essere vivente.
Salmo 24
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.
      Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
      e del tuo amore, che è da sempre.
      Ricòrdati di me nella tua misericordia,
      per la tua bontà, Signore.
Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

1Pt 3,18-22
Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua. Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.
Mc1,12-15
12 In quel tempo, subito lo Spirito sospinse Gesù nel deserto 13 e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. 14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: 15 Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo.

Veloce sguardo d’insieme sui testi

Nella vita della Chiesa la Quaresima ha costituito un periodo intenso per terminare la preparazione dei catecumeni in vista del Battesimo che sarà somministrato nella vigilia di Pasqua. E’ in tale contesto che bisogna inquadrare i testi proposti dalla liturgia. In essi risuona come sottofondo una parola: Alleanza; quell’alleanza tra il Creatore ed il creato che Gesù si è assunto il compito di ripristinare, sottoponendosi alla prova della tentazione, fatto supremo di condivisione della fragilità umana. 
Prima lettura
Il testo è ricavato dalla conclusione del racconto del diluvio (un antico mito orientale opportunamente ritoccato), causato dall’esplodere, nei rapporti fra le persone, della violenza ed il conseguente ritorno al caos primordiale. La fine del diluvio è presentata con la stessa benedizione divina che era stata conferita al primo essere umano: un fenomeno naturale viene così presentato come il segno della volontà di Dio, il quale si impegna a non sconvolgere l’ordine della natura. L’arcobaleno che sorge dopo il temporale viene evocato come un arco da guerra deposto sulle nubi: significa la fine del conflitto tra Dio e il cosmo e garantisce armonia e pace.
Salmo 24
Il salmista, percorso da un brivido di pentimento per i suoi trascorsi e dalla gioia del perdono, usa il linguaggio teologico dell’amore divino: confidare, sperare, conoscere le vie di Dio… in esso si sente già pulsare lo spirito del vangelo, soprattutto nel ripetuto richiamo della giustizia divina permeata di misericordia per i poveri, cioè per coloro che non presumono di se stessi.
La Prima lettera di Pietro, la quale secondo gli studiosi è una raccolta di tradizioni che potrebbero risalire in qualche modo a Pietro o al suo ambiente, è un’omelia inserita in una cornice epistolare. Alcuni studiosi, basandosi sugli accenni al battesimo che vi sono contenuti, affermano che si tratti di una predica battesimale, forse organizzata in modo da riflettere la celebrazione di un battesimo comunitario.
Vangelo
Il ciclo delle letture evangeliche della quaresima di quest’anno si apre con l’episodio della tentazione di Gesù nel deserto, raccontata da Marco in forma molto sobria nei soli vv.12 e 13, sicché il lezionario liturgico ha aggiunto i due versetti successivi con la sintesi del messaggio di Gesù e l'inizio del suo ministero.
L'interesse principale dell'evangelista non è la tentazione, come per Matteo e Luca; egli lo riferisce di passaggio, senza alcuno sviluppo. Più importanti per lui sono due accenni alla condizione paradisiaca: Gesù, dopo avere resistito al tentatore, vive con le bestie selvatiche dal momento che è ricostruita in Lui l’armonia universale, ed è servito dagli angeli che in tal modo riconoscono la sua superiorità.

Analisi del Vangelo

12 In quel tempo, subito lo Spirito sospinse Gesù nel deserto

Marco stabilisce uno stretto rapporto tra il racconto della tentazione e quello del battesimo immediatamente precedente: l'avverbio subito suggerisce la quasi simultaneità dei due episodi. Lo Spirito è il soggetto che opera in entrambi gli eventi; qui si serve dello spirito del male perché sia sconfitto dalla resistenza di Gesù alla tentazione.
Il termine deserto nella storia (non soltanto biblica) si è prestato a equivoci: è di volta in volta luogo della prova, dell'intimità con Dio, del tradimento, del pericolo (bestie feroci) ecc. (cfr. Esodo, Deuteronomio, Osea). Si propone ancor oggi come caratteristica cristiana di una spiritualità del deserto, risuscitando vecchi ideali anacoretici. Si può escludere che qui si tratti di un deserto geografico e si può optare per un senso figurato-teologico: l’incompatibilità tra Gesù e i valori professati dalla società giudaica.
13 e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Il tempo di quaranta giorni è simbolico, ed ha ampia esemplificazione nell'AT. Si tratta di quel tempo della prova che precede un cambiamento, un passo in avanti nello sviluppo personale. Il profeta Isaia così annunciava i tempi messianici: “Il lupo dimorerà insieme con l`agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà”. La presenza del tentatore si prolunga per tutto il tempo della sua esistenza, a differenza di Matteo e Luca che la collocano al termine della quarantena, come a indicare che tutta la vicenda di Gesù, in quanto Messia, è sottoposta alla tentazione.
La presenza delle bestie selvatiche o degli angeli ha favorito, nell'interpretazione dei Padri, il parallelismo Cristo-Adamo e fa riferimento anche alla realtà escatologica della pace messianica tra uomini, bestie e creature celesti. Gesù quindi non solo supera la tentazione, ma inaugura il tempo finale; vive in anticipo il potere pasquale sull'avversario.
14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva:
Dopo l'esperienza del deserto Gesù è pronto ad iniziare la sua missione e a predicare il vangelo di Dio, facendo da battistrada alla prima comunità cristiana, alla quale Marco si riferisce nel suo vangelo.
15 Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo.
Gli esegeti discutono sul modo di intendere questa affermazione: a) in senso escatologico come tempo di instaurazione del regno che avrà la sua compiuta realizzazione alla fine dei tempi, b) come tempo già attuale, definito da Marco (anziché kronos), kairos: tempo propizio della salvezza.
L'invito alla conversione sarà ripreso da Marco in 6,12) col termine metanoia, che ha un riferimento profetico e indica un mutamento impegnativo, radicale nella vita.

Brevi riflessioni personali (che invocano le vostre)

- Le tentazioni fanno riflettere sulla povertà umana di fronte alle tentazioni, e sulla possibilità di superarle grazie al fatto che il Cristo le ha condivise.
- Anziché chiedermi cosa significhi per me entrare nel tempo quaresimale (la maggioranza assoluta degli esseri umani si preoccupa di ben altro), potrebbe essere esteso a tutti un altro interrogativo: cosa  riempie la mia vita? Ognuno di noi scopre i propri idoli: i soldi, il benessere, l’immagine… [Per me, oso confidare, è la gioia che posso gustare nelle piccole come nelle grandi cose, e che il Dolore dilata verso verso la sua pienezza].
- E’ il Dolore che può aprire sconfinati spazi di felicità. Lo ripetono con accenti diversi i “grandi” di ogni tempo: da Esiodo ai fratelli Karamazov, a Oscar Wilde, alla piccola suora che in punto di morte, ha detto, tra terribili sofferenze, ma nello splendore di un viso raggiante: ora capisco perché sono nata.

venerdì 13 febbraio 2015

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno B


VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno B

Lv 13,1-2.45-46
Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli. Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento»
Sal 31
Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.
      Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
       non ho coperto la mia colpa.
       Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
       e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.
Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!
1Cor 10,31-11,1
Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio. Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.
Mc 1,40-45
40 In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: Lo voglio, sii purificato! 42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: 44 Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro. 45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Rapido sguardo d’insieme sui testi

La prima lettura dal libro del Levitico (uno dei libri della legge, torah), rivela in modo impressionante la durezza dell'esclusione del lebbroso, non solo dalla società, ma anche da Dio.
Il salmo canta la gioiosa esperienza del perdono di Dio quando si ha l'umiltà di ammettere il proprio peccato e chiederne perdono a Dio. La colpa è coperta da Dio, poiché l'umile fa dimenticare il proprio passato di peccato. L’autore termina il salmo con un invito a prendere coscienza del grande dono dell’unione con Dio: Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Il breve brano di Paolo chiude la sezione dedicata alle carni sacrificate agli idoli con un’esortazione in cui propone un orientamento generale valido in tutti i campi in cui il credente si trova ad operare: Fate tutto per la gloria di Dio. Ciascuno deve porsi come meta, non l’affermazione delle proprie idee e la prassi che ne deriva, ma la gloria di Dio, cioè l’attuazione della sua volontà che consiste nella ricerca del bene comune. Ciò deve avvenire nel campo alimentare (mangiare e bere) che nella cultura dell’epoca condizionava in modo determinante i rapporti tra le persone. Ma in realtà questo principio si applica a tutti i campi in cui le persone interagiscono. L’ambito in cui i corinzi devono cercare la gloria di Dio non è dunque unicamente quello della preghiera, ma anche quello ben più impegnativo dei rapporti comunitari. Sullo sfondo di impegno per gli altri Paolo fonda l’invito a diventare suoi imitatori: la sua richiesta non sarebbe priva di presunzione se lui stesso non fosse imitatore di Cristo.
La pericope di Marco inserisce al termine del primo capitolo del suo vangelo il racconto schematico della guarigione operata da Gesù verso un lebbroso. Mette in luce anche il suo rispetto della Legge  e quindi trova una opportuna collocazione prima delle cinque discussioni con scribi e farisei sulla validità di questa.

Analisi del vangelo

40 In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!».
Il breve episodio di guarigione di un lebbroso ha una forma generica; infatti è introdotto senza indicazioni di tempo e di luogo (ma ciò non esclude la sua storicità).
Il lebbroso ha fiducia in Gesù, si avvicina a lui con confidenza, con cautela, con umiltà. È l'unico caso, nel vangelo di Marco in cui un ammalato si presenta da solo, e non chiede la guarigione, ma la purificazione. In lui il desiderio del riscatto sociale è più forte della guarigione fisica.
L'atteggiamento del lebbroso e la sua supplica sono in rapporto con la sua condizione: per i rabbini un lebbroso era come un morto (2 Re 5,7; secondo Nm 12,12 il lebbroso è come un bimbo nato morto) e le prescrizioni di Lv 13, di cui una pericope è proposta nella prima lettura di questa domenica, sottolineano la gravità della malattia che rendeva anche impuri ritualmente.
La richiesta «Se vuoi, puoi purificarmi!» anziché “puoi guarirmi” sottolinea la prevalenza del bisogno di affrancamento dal peccato; altro dato significativo è il riferimento alla volontà di Gesù (caso unico in Marco, sempre preoccupato, nella sua catechesi, di dare al testo un valore cristologico).
41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: Lo voglio, sii purificato!
Con una frase perfettamente corrispondente alla richiesta del lebbroso, l'evangelista riferisce la reazione di Gesù. Quel che è tradotto Ne ebbe compassione, in greco orghistheís, in realtà significa “andò in collera”: forse Marco presenta un Gesù collerico con l’intento di evidenziare la sua capacità di immedesimarsi alla situazione del supplicante. Il gesto -tese la mano, lo toccò e gli disse-, che ha un riferimento al braccio di Dio o di Mosè nell'esodo per compiere prodigi, è scandito dall’evangelista in due momenti (il tendere la mano ed il toccare) nei quali emerge un commovente sentimento di relazione e di comunione con l’emarginato.
42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
La purificazione o guarigione è immediata, così che l'azione di Gesù si differenzia da quelle narrate nell'AT, anche se sembra vicina al modello del profeta escatologico (vedi l'episodio di Eliseo) che possiede appunto il potere di guarire.
43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: 44 Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro.
Gesù sembra preoccupato di restare nel rispetto della Legge e invita l’uomo con decisione e severità a fare quanto questa prescrive. L'ordine è accompagnato dall'ingiunzione di tacere, a cui si aggiunge l'espressione come testimonianza per loro, che pare avere una sfumatura negativa, forse in riferimento alla situazione della prima comunità cristiana, ancora debole nella fede in Cristo.
45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Alcuni esegeti sottolineano il capovolgimento della situazione: l’emarginato è riammesso nella società e Gesù ne è messo fuori. Altri mettono in rilievo la discrezione di Gesù: egli fa ed impone silenzio per non destare l’applauso, per sottrarsi al facile consenso degli altri, per suscitare la convinzione che lui non è un messia in cerca di gloria, o che voglia radunare attorno a sé la folla come un condottiero.

Poche considerazioni

- Ciò che uccide, prima che la malattia o la povertà, è la solitudine che crea una sorta di emarginazione. Ecco perché Gesù non vuole apparire come colui che compie un miracolo-spettacolo; piuttosto crea gesti fatti di contatto umano.
- La divisione tra puro e impuro non ha soltanto un carattere rituale-religioso; è propria di chiunque mette muri tra le persone, le collocazioni sociali, i popoli.
- La solitudine finale di Gesù rimanda alla solitudine del Getzemani e della Croce, dove egli sarà abbandonato da tutti. Ma è proprio questa solitudine, vissuta come ricchezza interiore, a produrre frutti di bene: Emmanuel Lévinas si esprime così: soffrire non ha senso, … ma la sofferenza per ridurre la sofferenza dell’altro è la sola giustificazione della sofferenza, è la mia più grande dignità… La compassione, cioè, etimologicamente, soffrire con l’altro, ha un senso etico. È la cosa che ha più senso nell’ordine del mondo.

venerdì 6 febbraio 2015

V Domenica T.O. anno B

I testi

Gb 7,1-4.6-7
Giobbe parlò e disse: «L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario? Come lo schiavo sospira l’ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, così a me sono toccati mesi d’illusione e notti di affanno mi sono state assegnate. Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba. I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ricòrdati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene».
Sal 146
È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.
      Risana i cuori affranti
      e fascia le loro ferite.
      Egli conta il numero delle stelle
      e chiama ciascuna per nome.
Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.
1Cor 9,16-19.22-23
Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!  Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo. Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io.
Mc 1,29-39
29 E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. 30 La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31 Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. 32 Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33 Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34 Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. 35 Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. 36 Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37 Lo trovarono e gli dissero: "Tutti ti cercano!". 38 Egli disse loro: "Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!". 39 E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
Veloce sguardo d’insieme sui testi
La prima lettura ritrae lo sconforto di Giobbe in un momento drammatico della sua esistenza, segnato dalla perdita della salute, dalla morte di persone care, dalle difficoltà persino nel suo lavoro. Lo sconforto è tale da non avere più nemmeno  un filo di speranza. Eppure egli non è introverso: -parlò e disse- perché il suo grido è rivolto verso Dio. Bene fa la liturgia ad introdurre subito dopo un inno di gioia e di lode.
Il salmo 146 è stato composto nel post-esilio durante la ricostruzione morale ed economica di Gerusalemme, per esortare altri esuli ad intraprendere il viaggio di rientro in patria; ricorda loro che
Dio sostiene gli umili, e abbatte gli empi, poiché l'umiltà è il porsi giusto davanti al Creatore.
La seconda lettura sintetizza nella frase -Guai a me se non annuncio il vangelo!- tutta l'intuizione e l'entusiasmo che hanno guidato Paolo dopo la sua conversione a Gesù: tanti anni passati a viaggiare e a parlare, ad incontrare persone e sostenere contrasti, affrontare difficoltà, fino al martirio, sostenuto e nutrito dalla passione di predicare il vangelo. Il suo comportamento si propone come esempio: cosa che egli può permettersi di fare, in quanto non sospinto, non da interesse personale, ma rivolto a tutti, senza distinguere giudei e greci, dotti e ignoranti, ricchi e poveri.
Il vangelo pone di fronte ad una giornata-tipo di Gesù: la lotta contro il male come compartecipazione al dolore umano, la preghiera, la predicazione. Il contesto della prima guarigione di Gesù, raccontata da Marco è domestico, tanto che riguarda la suocera di Simone.
Questa scelta dell’evangelista è strana per due motivi. Primo: è noto a tutti che nella cultura ebraica la donna si trovava su un gradino inferiore rispetto all'uomo: nel Talmud si trova scritto che è meglio che "le parole della Legge vengano distrutte dal fuoco, piuttosto che essere insegnate alle donne". Secondo: il miracolo avviene in luogo dove non ci sono folle di curiosi o di dubbiosi che cercano conferme dell'autorità messianica del Rabbì di Nazareth. Questi due elementi fanno intuire che Gesù non cerca la rilevanza pubblica o la spettacolarità del gesto.
Analisi del vangelo
29 E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni.
Marco nel suo vangelo ripete otto volte il termine subito per esprimere il carattere dell’immediatezza, dell’urgenza dell'attività di Gesù: la missione per cui è stato inviato.
C’è stretta continuità tra la sinagoga (ambiente ufficiale) e la casa (ambiente privato). Gesù, dopo aver frequentato il primo, vuole penetrare nel secondo, dove la dimensione del servire, propria di Gesù, non è impedita dall’autorità.
30 La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei.
La suocera di Pietro è febbricitante. La febbre, lo sappiamo, può essere segno di un lieve malanno o di una malattia mortale: qui diventa il simbolo di ogni stato di malessere dell'uomo. Pietro e Andrea vanno da Gesù e gliene parlano senza chiedere un intervento, né una guarigione: sono il modello del discepolo che fa della preghiera un momento in cui affida al Signore senza imporre la soluzione.
31 Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Il verbo usato per la guarigione -prendendola per mano- ha a che fare con la resurrezione, e il verbo usato successivamente -ed ella li serviva- indica un servizio perenne, continuo, quello che caratterizza il vero discepolo: è un guarito che serve, un risorto che si mette a servizio del Regno.
La liberazione della suocera di Simone sottende l’emancipazione da tabù consolidati almeno in ceti settori della popolazione, il contrarre impurità toccando una donna inferma. Gesù dimostra a fatti che dinanzi a una creatura nel bisogno, non vi è regola alcuna né divina né umana che arresti il porgere la mano. Pensiamo al sevizio delle donne a Gesù e ai Dodici (Lc 8,1-3) e al servizio delle mense nella Chiesa primitiva (At 6,2), ma soprattutto al fatto che i guariti nascono al ringraziamento, alla lode, all’annuncio e al fare agli altri ciò che è stato fatto a loro.
32 Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati.
Vedendo che Gesù è in contatto con questa area privata, la popolazione di Cafarnao si affolla attorno a Lui. I malati rappresentano tutti coloro che hanno bisogno di aiuto e gli indemoniati i fanatici di ideologie violente.
33 Tutta la città era riunita davanti alla porta.
Il luogo qui indicato ricorda quello della porta della città dove al mattino si teneva il giudizio del condannato. Al contrario, Gesù presso la porta della casa di Simone emette un giudizio di salvezza per chi è perduto. 
34 Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Qui appare il cosiddetto segreto messianico (un motivo teologico ricorrente in Marco) per il quale Gesù impone a tutti -demoni, miracolati, discepoli- il silenzio sulla sua persona.
35 Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava.
Marco in realtà si rivolge al catecumeno: vuol fargli capire che entrare in comunione con Dio è possibile, non nel chiasso e nel frastuono, bensì nel silenzio e nel segreto, quando nessuno vede e nessuno ascolta.
36 Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37 Lo trovarono e gli dissero: "Tutti ti cercano!".
Simone si mette alla guida e trascina gli altri a cercare Gesù per convincerlo a cedere all’aspettativa degli abitanti della città. Ma la loro ricerca nasce da una tentazione egoistica; lo considerano come il guaritore senza capire in che cosa consista la signoria di Dio, che è di amore senza se e senza ma.
38 Egli disse loro: "Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!".
Gesù rifiuta la proposta e invita i discepoli ad accompagnarlo nella missione attraverso la Galilea. Il verbo andiamocene è indicativo, non di un rifiuto di Gesù per gli ammalati, ma di un rifiuto per ciò che la massa poteva vagheggiare: il capo-popolo.
39 E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
L’attività di Gesù in Galilea è simile a quella che ha svolto nella sinagoga di Cafarnao: in tutta la regione, normalmente di sabato, egli annuncia la vicinanza di Dio; cerca di convincere tutti gli oppressi che la loro situazione è stata ed è un’ingiustizia umana che non può essere giustificata invocando la volontà divina; per questo continua la connessione e la contrapposizione tra proclamazione della “buona notizia” del Regno ed espulsione dei demòni (fanatismi violenti che impediscono la convivenza umana).
Riflessioni
- Viene spontaneo farsi delle domande ingenue sulla realtà di liberazione definitiva annunciata da Gesù: in che cosa consiste? perché Egli non ha eliminato durante la sua missione terrena tutte le forme di male e di malattia? La risposta non è facile per chi non riconosce che il mistero non va indagato, ma vissuto nell’attesa di un “definitivo” che non può mai esserci in una realtà temporale.
- La liberazione portata da Gesù è davvero definitiva; non però nel senso fisico e materiale, dal momento che anche le guarigioni erano relative e provvisorie (i guariti sarebbero poi anch'essi morti), ma è mirata ad alimentare la dimensione interiore dell'essere, che l'evangelista Giovanni chiama "vita eterna": di questa potremo intuire il significato solo se entreremo nel mistero pasquale, che è di morte e nello stesso tempo di resurrezione a nuova vera Vita.
- Gesù è la prossimità amante di Dio a chi sta male, nel piccolo e nel grande. La chiave di lettura per leggere i suoi miracoli di Gesù, è la misericordia divina che non dobbiamo stancarci di invocare, non perché Dio attenda le nostre suppliche, ma perché siamo noi ad avere bisogno di allenamento a non contare soltanto sui nostri poveri mezzi.
- Quando abbiamo troppe cose da fare e non abbiamo più il tempo per pregare, forse è quello il momento in cui ritagliarci un tempo per Dio.
- Il Tutti ti cercano è quasi un rimprovero, o almeno una pretesa: perché se n'è andato da Cafarnao? Ma Dio non si "possiede"; si cerca e, con pazienza, si attende.