21 ottobre 2012 - XXIX DOMENICA T.O. annoB
Isaia 53, 10-11; Ebrei 4, 14-16
Marco 10, 35-45
35 In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e
Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: "Maestro, vogliamo che tu faccia
per noi quello che ti chiederemo". 36 Egli disse loro: "Che cosa
volete che io faccia per voi?". 37 Gli risposero: "Concedici di
sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". 38
Gesù disse loro: "Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il
calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono
battezzato?". 39 Gli risposero: "Lo possiamo". E Gesù disse
loro: "Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui
io sono battezzato anche voi sarete battezzati. 40 Ma sedere alla mia destra o
alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato
preparato". 41 Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi
con Giacomo e Giovanni. 42 Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: "Voi
sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano
su di esse e i loro capi le opprimono. 43 Tra voi però non è così; ma chi vuole
diventare grande tra voi sarà vostro servitore, 44 e chi vuol essere il primo
tra voi sarà schiavo di tutti. 45 Anche il Figlio dell'uomo infatti non è
venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per
molti".
Il calice, il battesimo ed il riscatto
Nella
tradizione ebraica il calice era
simbolo di morte, di martirio; e il battesimo era simbolo di ‘morte al
proprio passato’, quindi di conversione. Gesù propone il calice ed il battesimo
come mezzi di riscatto, da non considerare come una sorta di compensazione per
ottenere la pienezza della Vita; da inquadrare in un’ottica del tutto diversa,
su misura del distacco dal potere, in modo da mettere in primo piano i piccoli
e cioè gli ultimi (vedi brano della scorsa domenica).
Eppure nel
brano di oggi Marco si ferma su alcuni altri
capisaldi di questa buona novella
rivoluzionaria.
Il falso riscatto dell’antipotere
La lezione che Marco pone in bocca a Gesù
rende i seguaci avvertiti circa il vero proporsi, da parte di Gesù, contro ogni
potere.
Intanto c’è da osservare che già nell’Antica Alleanza era presente una delineazione del
concetto di vero potere, quale proviene dall’umile condivisione con chi conta
di meno. Bellissimo, a tale proposito, un grazioso apologo riportato in Giudici 9,7-21: una delegazione di tutte le piante
invita tre di loro, l’ulivo, il fico e la
vite, ad assumere la carica di re per assolvere al compito di rendersi utili a
tutti; ma i tre declinano l’invito a farsi re,
in quanto lieti unicamente della possibilità di essere d’aiuto agli altri.
Eppure il bisogno di ricevere da qualcuno il proprio riscatto induce le piante
ad estendere l’invito al rovo. E questo rivela la tipica arroganza di chi si
sente sicuro in quanto avvolto dell’appariscente fascino che il suo potere
emana: pur nella sua aridità, s’immagina frondoso ed elevato perché abbarbicato
al potere delle piante che lo sostengono; e perciò invita le altre piante a
piegarsi sotto la sua ombra, quasi fosse lui a crearla grazie ad un’altezza e
ad una robustezza non sue.
Ecco: farsi re dell’antipotere è un falso servizio, una falsa
moneta di riscatto.
Anche il servizio può non riscattare
Può essere deviante l’uso del servizio
quando subdolamente diviene altro potere.
Ecco: i seguaci di Gesù si sentono dei salvatori perché associati allo stesso
destino di Gesù. Due di essi si proclamano con presunzione – “vogliamo”, “possiamo” - disposti a bere il
calice e ad immolarsi per gli altri. Ma la loro pretesa di sedere alla destra
ed alla sinistra del Padre, mentre pone in moto la protesta degli altri dieci
che in realtà non sopportano la prevaricazione dei due, smaschera il falso
concetto che hanno di un servizio bacato. Nel calice amaro da bere e nel battesimo di
conversione
a cui i due, non meno degli altri, si dichiarano predisposti si insinua il
veleno di un’altra forma di potere, non meno ‘antievangelica’ di quella dei “governanti delle nazioni”. Per Gesù il servizio verso i piccoli ha una dimensione trasformativa, incentrata
su un altro modo di essere..
L’epiteto di Figlio dell’uomo,
cioè di colui che realizza la pienezza dell’umano e, in quanto tale, Figlio di Dio, dà al servizio di Gesù lo
spessore necessario per creare una nuova comunità di uomini veri, e perciò di figli
di Dio, quasi parto di una rinascita universale.
E in qual modo? riposando sulla mediazione di Gesù o impegnandosi
personalmente?
E’ errata l’una e l’altra
ipotesi. Come sarebbe presuntuoso fidarsi di sé, altrettanto sbagliata sarebbe
una delega totale a Lui dell’impegno personale. Riconoscere che Lui ci ha salvati non significa che la
salvezza suo tramite avvenga ‘automaticamente. Il servizio autentico si nutre
di un amore misterioso, tutto da scoprire: radicato nel profondo del cuore
umano.
Servizio ed Amore
Siamo di fronte alle parole più equivocate!
“Sono venuto per essere servo”: ecco la più spiazzante tra tutte le
definizioni che Gesù dà di sé. La rivoluzione dei valori proposta ed
abbracciata da Lui richiede un cambiamento di mentalità che non si può spiegare
a parole; che si può unicamente implorare con umiltà attingendo direttamente
alla Fonte. Tanto che Gesù sintetizza il senso di tale rivoluzione con una
negazione: “tra voi non così”.
Con sussiego riporto, sintetizzandolo, un pensiero di J.M. Castillo,
teologo della liberazione: E’ un fatto che nella
Chiesa si è compreso e giustificato il “ministero apostolico” come “sacerdozio”
dotato di “potestà” (Trento, sess. 23. DH 1764; 1771) e come “episcopato”
dotato di “potestà piena e suprema” (Vat. II, LG 22). Il problema che ha la
Chiesa con il Vangelo non sta nel possibile orgoglio, vanità o superbia che
possono avere alcuni ‘ministri’ = diaconi: è in un tipo di esercizio della
funzione, paritetico (se non superiore) a quello proprio di ogni altra forma di
potere.
L’amore
bisognoso di Dio per i mistici
A chi
spetterà allora il pegno del riscatto (per sé e, di conseguenza, per gli
altri)? Gesù lo assegna a “coloro per i quali
è stato preparato”. Gli esegeti
interpretano che Gesù si riferisse ai due che sarebbero stati crocifissi con
Lui. Ma il significato della frase è più estensivo.
La CHIAMATA non ha limiti se non
nell’arbitrio scambiato per libertà. Come potrebbe essere diversamente se Dio
nel ‘concedersi’ attraverso Gesù, dimostra di non voler restare chiuso nella
sua onnipotenza? Etti Hillesum, un’ebrea di fede non-ebraica, ma nemmeno
cristiana, diventa portatrice di gioia nell’inferno di Aushwitz. Scriveva: aiuto Dio aiutando gli altri. Raggi di
questa luce divina brillano ovunque nell’universo intero.
E Gesù si auto-commenta, dichiarando di volere essere identificato in
Colui che cammina accanto a noi: “sedere
alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo”.