Gv 6,21-31
41 Allora i Giudei
si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: Io sono il pane disceso dal cielo. 42 E dicevano: Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di
lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal
cielo?” 43 Gesù rispose loro: Non mormorate tra voi. 44 Nessuno
può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo
risusciterò nell’ultimo giorno. 45
Sta scritto nei profeti: “E tutti
saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato
da lui, viene a me. 46 Non
perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il
Padre. 47 In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48 Io
sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel
deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo,
perché chi ne mangia non muoia.51
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia
carne per la vita del mondo.
[Appena l’incipit della solita] RACCOLTA ESEGETICA
Il
Vangelo di questa domenica riporta nella sinagoga di Cafarnao, ove Gesù sta
tenendo un lungo discorso sul pane della vita. Gesù, riferendosi al passo
biblico relativo alla manna inviata dal cielo al popolo d'Israele nel deserto,
applica a se stesso il contenuto del messaggio biblico dicendo: Io sono il pane
disceso dal cielo.
I
presenti al sentire quell’affermazione si domandano: come può costui affermare
di discendere dal cielo? Non viene da Nazareth? Molti conoscono i suoi
genitori; ricordano persino i loro nomi. Non è quindi possibile che egli venga
dall'alto.
La
vicenda di Elia prefigurava questo mistero. Il profeta, perseguitato dalla
regina Gezabele, dovette fuggire. Dopo una fuga spossante, si accasciò stanco e
triste desiderando solo la morte. Mentre le sue forze, soprattutto quelle dello
spirito, venivano meno ecco un angelo del Signore scendere dal cielo,
svegliarlo dal torpore in cui era caduto e dirgli: "alzati e
mangia!".
Elia
vide vicino alla sua testa una focaccia e la mangiò. Ma tornò a coricarsi. Fu
necessario che l'angelo tornasse da lui per svegliarlo ancora, quasi a voler
significare la necessità di essere sempre svegliati dall'angelo e di continuare
a nutrirsi del ‘pane della vita’.
Le mille domande che mi assediano e si precisano attraverso
1) UN MISSIONARIO CHE NARRA UN TIPO DI
INIZIAZIONE
Perché i bambini sono felici? Perché sanno di essere
amati.
La felicità è qui, il senso
della vita è qui: sentirsi amati e poter amare.
Chi si lascia colmare dall’amore, farà traboccare
questo amore come sorgente che non secca, come la sorgente di Siloe che non
secca nella lunga arsura d’estate. È Dio, questa sorgente di Siloe, come
diceva Isaia. È Dio, il quale non desidera altro che effondere il suo amore, e
colmarci, e renderci capaci di amare.
In varie luoghi dell'Africa ho notato che, sebbene, un
antico rito di iniziazione, che (ora con minor durata) permette ai ragazzi di
diventare adulti e poter così assumere una vita di responsabilità con tutti i
suoi diritti e doveri. In questa esperienza di iniziazione, obbligatoria per
far parte del clan, viene chiesto al giovane di dire addio alla vita passata da bambino e di non voltarsi indietro quando
lascia i suoi genitori per andare nella foresta, sebbene la madre pianga a
causa della paura e del timore di perdere per sempre il proprio figlio.
Al giovane iniziato viene insegnata la saggezza degli antenati, i
comportamenti da assumere in ogni situazione di vita; gli vengono anche
presentati modelli di vita vissuta per imitarli. L'iniziato, in tal modo, deve
dimostrare di saper costruire la propria casa, di aver il coraggio di cacciare
animali pericolosi, superare varie prove di resistenza e di isolamento e
lasciarsi incidere sul proprio corpo un segno di appartenenza.
Alla fine di tutto, per accedere alla comunità degli
adulti, viene chiesto all'iniziato di affrontare il saggio maestro mascherato che lo aspetta sotto l'albero (simbolo
della vita), il quale lo esamina bene e poi gli chiede di avvicinarsi a lui e di imitare la nascita di un bambino.
Alla fine di tutto gli rivela che ora è
rinato ad una nuova vita, la vita della comunità degli adulti, i quali
ora possono contare su di lui in qualsiasi momento.
Da quel momento gli viene dato un nome nuovo, un
padrino che lo accompagna nella vita, gli viene preparato un bagno di
purificazione e lo si accoglie con danze e gioia grande. Da qui in poi
potrà assumere incarichi per il bene di tutti e potersi anche formare una
famiglia. Questa esperienza fatta, non potrà più dimenticarla perché viene
ritenuta sacra.
La comunità o il clan, solo ora lo potrà ritenere una
persona a pieno titolo, rimarcandogli che ha lasciato per sempre "quel
bambino che era prima e le cose usate nella sua infanzia". Ora avrà davanti a se nuovi ideali, un
modo nuovo di vivere e dovrà fare scelte coraggiose e responsabili, dove
potrebbe anche essere disposto a
perdere la vita per il bene della sua comunità.
Introduco le mie osservazioni:
Dunque la fede prenderebbe le
caratteristiche, nelle sue parti essenziali, dalla formazione ricevuta da
bambini…
2) UN’ESPERIENZA INTERESSANTE
Fu
un'iniziativa avviata nel 1987 dal cardinale Carlo Maria Martini arcivescovo
di Milano nella sua diocesi.
Consistette
in una serie di incontri a tema ai quali il cardinale invitò esponenti sia dichiaratamente
credenti sia non credenti; lo scopo fu quello di dare voce, su varie tematiche,
a chi non si definisce credente, al fine di confrontarsi con il credente e con
le ragioni della sua fede
Tali
incontri furono occasione di incontro e dialogo; gli interventi di alcune
edizioni furono raccolti in diverse pubblicazioni.
La
sede degli incontri variò di anno in anno, anche in relazione della crescente
eco che l'iniziativa ebbe e che portò ad un numero sempre maggiore di pubblico.
L'iniziativa
si prolungò, di anno in anno, sino al 2002, anno delle dimissioni di Martini
dal suo incarico pastorale a Milano per raggiunti limiti d'età.
Questa esperienza mi porta a farmi una domanda
più precisa: chi è l’ateo?
Ecco alcune risposte (non mie, che sono luoghi
comuni)
a) Gli atei sono spesso
immaginati come intolleranti, immorali, depressi, ciechi alla bellezza della
natura e dogmaticamente chiusi all’evidenza del soprannaturale. Persino John
Locke, uno dei grandi patriarchi dell’Illuminismo, credeva che l’ateismo non
dovesse affatto essere tollerato perché promesse, patti e giuramenti,
che sono i legami delle società umane, non possono avere alcuna presa su un
ateo. Ciò accadeva più di 300 anni fa. Ma, negli Stati Uniti attuali, poco
sembra essere cambiato. Ben l’87% della popolazione afferma di non aver mai dubitato dell’esistenza di
Dio; meno del 10% si qualifica atea e pare che la sua reputazione stia sempre
più deteriorandosi. Siccome gli atei sono spesso tra gli individui più
intelligenti e scientificamente preparati di una società, sembra importante
ridimensionare i miti che impediscono loro di giocare un ruolo più importante
nel nostro contesto nazionale.
Se si dovesse
fare una simile statistica nel nostro Paese le cose cambierebbero di poco.
b) Gli atei
credono che la vita sia priva di significato
Al
contrario, sono le persone religiose che spesso si preoccupano che la vita sia
priva di significato e immaginano che possa essere solo redenta dalla promessa
della felicità eterna oltre la tomba. In generale, gli atei sono piuttosto
convinti che la vita sia preziosa. Si carica la vita di significato vivendola
pienamente. Le nostre relazioni non hanno bisogno di durare per sempre per
diventare significative. Gli atei tendono a considerare questa paura priva di
senso.
c) L’ateismo è dogmatico
Ebrei,
musulmani, altri, affermano che le loro scritture hanno una conoscenza dei
bisogni dell’umanità talmente approfondita che potrebbero solo essere state
scritte sotto la direzione di una divinità onnisciente. Un ateo è semplicemente
una persona che ha preso in considerazione tale affermazione, ha letto i libri
e ha trovato l’affermazione stessa ridicola. Non c’è bisogno di prendere tutto
per fede, o essere in alternativa dogmatici, per rigettare credenze religiose ingiustificate.
Come ha detto Stephen F. Roberts, Io
sostengo che siamo entrambi atei, solo che io credo in un dio di meno rispetto
a voi. Quando capirete perché rifiutate tutti gli altri possibili dèi, capirete
anche perché io rifiuto il vostro.
d) Un’alternativa
Forse
il più terribile miscredente è l’INDIFFERENTE
ESPONGO,
COME POSSO, UN MIO PENSIERO
Anzitutto spiego perché il discorso che riguarda il vangelo di
Giovanni al cap. 6 nei versetti 41-51 mi fa ripiegare dalla solita ricerca
esegetica alla ricerca, forse tutta mia, di una lettura che vada otre
l’esegesi, per un motivo: leggendo la pericope odierna, mi son chiesta: ma a
chi serve, per chi è scritto il vangelo? solo per i praticanti cattolici? Ma
Dio non ha a cuore tutta l’umanità?
Le parole lette in Giovanni Se
uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne
per la vita del mondo, mi suonano tristi: l’eternità sarebbe solo per chi mangia il
pane-Gesù; e la vita consegnata da Gesù
al Padre sarebbe per il mondo, e non per tante altre vite che non conterebbe
nulla
Forse la fede è un grande aiuto per l’umanità che non lo sa
trovare in se stessa e vede spesso il vuoto attorno a sé: vuoto di senso
principalmente, frustrazione al suo bisogno di vivere a cui nessuna religione,
cultura ecc. sa dare una risposta, o è qualcosa di di più profondo?
E che cosa è la rivelazione?
Certamente non è quella che ci hanno insegnato, poiché ci sono
tanti e diversificati concetti che la spiegano.
Non mi prolungo.
EPPURE IO CREDO.
Anzitutto se racconto la mia esperienza interiore, non la
propongo tale e quale ad altri. Ma si tratta di una via percorribile per
alcuni.
E, siccome a me interessa tutta l’umanità, anzi tutto il mondo
(oltre la terra, oltre le galassie), penso a Nietzsche che parlava di un
mal-tradotto superuomo, il quale in realtà sarebbe stata una umanità piena quale mai si era realizzata, ma che sarebbe
stata l’umanità del futuro… (e morì pazzo per aver concepito tale possibilità).
Io credo alla possibilità di un’umanità rinnovata; ad un’umanità
costruita da chi vede tutte le incongruenze della vita e si impegna con se
stesso ad agire come se fosse possibile fare qualcosa per il bene di chiunque,
‘come se Dio agisse attraverso di me’. E’ stato detto “chi cambia se stesso può
cambiare il mondo”.
E, sapendo di non potercela fare, ricorro a quattro forze:
quella della preghiera, quella dell’amore per TUTTI, quella dell’accettazione
della mia incapacità, quella di non rifiutare il mio patrimonio religioso, sia
pure deformato qual è. Non voglio eliminare le tradizioni dalla mia vita: una
Messa partecipata nonostante l’indigeribilità di usi ed abusi ‘sacri’ vale più
dell’esegesi più alta. Credere, in ultima analisi, è, vuole essere, per me sentirmi
parte di questa umanità non perfetta, ma che qualcuno si deve portarsi sulle
spalle ‘sua sponte’, come Cristo…….