venerdì 3 agosto 2018

DOMENICA QUINDICESIMA T.O. anno B


Am 7, 12-15
In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: Vattene, veggente, ritìrati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno. Amos rispose ad Amasìa e disse: Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele.
Salmo 84
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: / egli annuncia la pace / per il suo popolo, per i suoi fedeli. / Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme, / perché la sua gloria abiti la nostra terra. // Amore e verità s’incontreranno, / giustizia e pace si baceranno. / Verità germoglierà dalla terra / e giustizia si affaccerà dal cielo. // Certo, il Signore donerà il suo bene / e la nostra terra darà il suo frutto; / giustizia camminerà davanti a lui / i suoi passi tracceranno il cammino. 
Ef 1, 3-14
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.

Mc 6,7-13
In quel tempo, Gesù 7 chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8 E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9 ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 10 E diceva loro: Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11 Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro. 12 Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Commento

INTRODUZIONE
Negli anni 70, epoca in cui Marco scriveva il suo vangelo, le comunità cristiane vivevano una situazione difficile, senza orizzonte. Umanamente parlando, non c’era futuro per loro. Nel 64, Nerone cominciò a perseguitare i cristiani. Nel 65, scoppiò la rivolta dei giudei della Palestina contro Roma. Nel 70, Gerusalemme fu totalmente distrutta dai romani. Perciò l’evangelista narra l’invio alla missione dei discepoli, affinché sia per loro fonte di luce e di coraggio.
La liturgia odierna verte, appunto, sulla missione che Gesù affida a Dodici, scelti a tale scopo. Per Marco la comunione con Gesù precede e nutre la missione; non si può annunciare ciò che non si vive. I Dodici l'hanno accompagnato già da un certo tempo, hanno ascoltato i suoi insegnamenti, hanno condotto vita comune con Lui. Ora devono lanciarsi nella missione predicando la conversione e offrendo la ‘buona notizia’, e non solo a parole.
La missione è una proposta di vita. Come tale allora deve avvenire nella massima povertà di mezzi, al di fuori di ogni ricatto. L'unica ricchezza che accompagnerà i Dodici è quella avuta dal Cristo: il messaggio e il dominio sui demoni, come segno della presenza del Regno.
Il disprezzo che i Nazaretani avevano mostrato per Gesù fu forse una delle ragioni per le quali, racconta Marco, Egli mandò i suoi apostoli in missione nelle regioni circostanti. Tolse così, a quelli che l’avevano conosciuto fanciullo, il pretesto di non credere alla buona novella, e inaugurò solennemente Egli stesso quella missione di preparazione e di evangelizzazione che non avrebbe dovuto interrompersi mai più.
La ristrettezza dei mezzi dovevano attenersi avrebbe evitato di mutare la missione in in un affare e li avrebbe spinto a volgere gli occhi a Dio in segno di  fiducia e avrebbe spinti a coltivare la ricchezza dello spirito suscitano le ricche energie della carità.
Marco pone delle condizioni all'annuncio, una sintesi per ricordare ai discepoli con quale stile sono chiamati ad annunciare il Regno.
I discepoli sono mandati ad annunciare il Regno a due a due. Non esistono navigatori solitari tra i credenti, tutta la credibilità dell'annuncio si gioca sulla sfida del poter costruire comunità. Parlare della comunità in termini astratti è bello e poetico. Convivere nella propria comunità, con quei membri del gruppo, affrontando ogni giorno insieme le varie difficoltà del quotidiano fa passare dalla teoria alla pratica. Fare comunione pone un limite alle ombre che abitano in ciascuno: senza eliminarle, la luce che porta il vangelo illumina e trasporta su un piano ben diverso dalla solita convivenza. L'annuncio della Parola coinvolge la vita delle persone; è il volto nuovo di una vita nuova, che crea legami profondi, diretti e stabili. E quando si riparte, non ci si porta dietro niente; il testimone riprende il cammino povero come si era presentato.
Le istruzioni del Signore per la missione dei Dodici non li risparmia dallo scandalo da lui subito nella sua città. Anzi, la regola prima e universale è proprio il contrasto tra la potenza dell'annuncio e la debolezza dei predicatori, testimoni sempre inadeguati rispetto al cambiamento radicale della vita che è chiesto, prima a loro e poi agli uditori. Una vita assolutamente nuova, non garantita, ma esposta e affidata alla potenza di Dio.

ANALISI TESTUALE
7 Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri.
Dinanzi alla chiusura mentale della gente della sua comunità, Gesù lascia Nazareth ed inizia a percorrere i villaggi nelle vicinanze. Ma i ‘missionari’ possono andare da soli: devono andare due a due, perché due persone rappresentano la comunità meglio di una sola e si possono aiutare a vicenda. Hanno potere sugli spiriti immondi; cioè devono essere di sollievo agli altri nella sofferenza; e, attraverso la purificazione, devono aprire le porte di accesso diretto a Dio.
8 E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9 ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
Poi dà loro minuziose istruzioni sul modo di comportarsi; non devono portare provviste (pane) e nemmeno bisaccia, cioè la sacca tipica dei mendicanti per conservare quanto potrebbero ricevere per il cammino; tanto meno debbono portare denaro, che darebbe loro la sicurezza di non rimanere sprovvisti nel caso non ricevessero niente.
10 E diceva loro: Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì.
Gesù aggiunge altre istruzioni sul contatto con le genti che i discepoli incontreranno e quale deve essere la loro reazione in base all’accoglienza che riceveranno. Non si parla di andare nelle sinagoghe, istituzione giudaica: sarebbe cosa contraria allo scopo dell’invio.
Devono accettare l’ospitalità che viene offerta loro senza cambiare casa, per non indisporre la buona volontà della gente né oltraggiare l’ospitalità offerta. Non devono informarsi su chi li accoglie; devono accettare quello che viene loro offerto senza mostrarsi restii nei confronti delle usanze del posto. Per i Dodici, il nuovo Israele, questa istruzione implica un cambiamento radicale di mentalità: entrare in casa di pagani disprezzati dai Giudei, e dipendere da loro per la sopravvivenza. Con ciò, Gesù vuole che dimentichino la loro identità giudaica per mettersi sul piano dell’umanità.
11 Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro.
Può accadere che un gruppo (un luogo) rifiuti di accettare la presenza degli inviati.
Se accade questo, devono lasciare quel luogo, ma, andandosene, devono fare un gesto di accusa, ciò che facevano i Giudei uscendo da un territorio pagano; ora significa che i veri pagani, quelli che non conoscono il vero Dio, sono quelli che si oppongono all’uguaglianza e solidarietà umane; non si definisce il pagano in base alle credenze, ma in base al modo di comportarsi.
12 Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse,
Ricevute le istruzioni, i Dodici si mettono in cammino. Non si precisa dove vanno né quanto dura il viaggio. Ma l’attività che svolgono non coincide per niente con quella assegnata loro da Gesù.
Anzitutto, si dedicano a proclamare, esortando a emendarsi (si convertisse), cosa di cui Gesù non ha fatto menzione; cioè, fanno loro il messaggio del Battista al popolo giudaico, esortando a un cambiamento individuale, senza proporre un ideale alternativo di società; al contrario per Gesù, l’emendarsi doveva essere solo una condizione per costruire la società nuova o regno di Dio.
13 scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
L’espulsione di demòni e l’atto di curare sono in parallelo con i gesti effettuati da Gesù a Cafarnao prima di esporre il programma universalista e di rompere con l’istituzione giudaica (ma non impongono le mani come si dice di Gesù in 6,5).
I Dodici, da una parte, liberano dall’adesione fanatica al sistema giudaico (espulsione dei demòni); dall’altra, suscitano nel popolo abbattuto la speranza di un messia davidico restauratore della gloria della nazione (l’ungere con olio, ricorda l’unzione dei re d’Israele).
Tutto indica che essi si rivolgono solo a Giudei e che perseverano nella loro mentalità riformista; non propongono l’alternativa-Gesù, ma il rinnovamento d’Israele.

ALDA MERINI – UNA PERSONA ‘LIBERATA’

Le più belle poesie
si scrivono sopra le pietre
coi ginocchi piagati
e le menti aguzzate dal mistero.
Le più belle poesie si scrivono
davanti a un altare vuoto,
accerchiati da argenti
della divina follia.
Così, pazzo criminale qual sei
tu detti versi all’umanità,
i versi della riscossa
e le bibliche profezie
e sei fratello a Giona.
Ma nella Terra Promessa
dove germinano i pomi d’oro
e l’albero della conoscenza
Dio non è mai disceso né ti ha mai maledetto.
Ma tu sì, maledici
ora per ora il tuo canto
perché sei sceso nel limbo,
dove aspiri l’assenzio
di una sopravvivenza negata.
Alda Merini, da “La Terra Santa” 1983
Io sono certa che nulla più soffocherà la mia rima,
il silenzio l’ho tenuto chiuso per anni nella gola
come una trappola da sacrificio,
è quindi venuto il momento di cantare
una esequie al passato.
Alda Merini, da “La Terra Santa”
Corpo, ludibrio grigio
con le tue scarlatte voglie,
fino a quando mi imprigionerai?
anima circonflessa,
circonfusa e incapace,
anima circoncisa,
che fai distesa nel corpo?
Alda Merini, da “La Terra Santa”
Io sono folle, folle, folle d’amore per te .
io gemo di tenerezza perché sono folle, folle, folle
perché ti ho perduto .
Stamane il mattino era cosi caldo
che a me dettava quasi confusione
ma io era malata di tormento
ero malata di tua perdizione.
Alda Merini, da “Folle, folle, folle di Amore per te”
A tutti i giovani raccomando:
aprite i libri con religione,
non guardateli superficialmente,
perché in essi è racchiuso
il coraggio dei nostri padri.
E richiudeteli con dignità
quando dovete occuparvi di altre cose.
Ma soprattutto amate i poeti.
Essi hanno vangato per voi la terra
per tanti anni, non per costruivi tombe,
o simulacri, ma altari.
Pensate che potete camminare su di noi
come su dei grandi tappeti
e volare oltre questa triste realtà
quotidiana.
Alda Merini, da “La vita facile”
Le mie impronte digitali
prese in manicomio
hanno perseguitato le mie mani
come un rantolo che salisse la vena della vita,
quelle impronte digitali dannate
sono state registrate nel cielo
e vibrano insieme
ahimè
alle stelle dell’Orsa maggiore.
Alda Merini
Spazio spazio, io voglio, tanto spazio
per dolcissima muovermi ferita:
voglio spazio per cantare crescere
errare e saltare il fosso
della divina sapienza.
Spazio datemi spazio
ch’io lanci un urlo inumano,
quell’urlo di silenzio negli anni
che ho toccato con mano.
Alda Merini, da “Vuoto d’amore”
Bacio che sopporti il peso
della mia anima breve
in te il mondo del mio discorso
diventa suono e paura.
Alda Merini
Non avessi sperato in te
e nel fatto che non sei un poeta
di solo amore
tu che continui a dirmi
che verrai domani
e non capisci che per me
il domani è già passato.
Alda Merini, da “Folle, folle, folle di Amore per te”
Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.
Alda Merini, da “Clinica dell’abbandono”
Solo un mano d’angelo
intatta di sé, del suo amore per sé,
potrebbe
offrirmi la concavità del suo palmo
perché vi riversi il mio pianto.
La mano dell’uomo vivente
è troppo impigliata nei fili dell’oggi e dell’ieri,
è troppo ricolma di vita e di plasma di vita!
Non potrà mai la mano dell’uomo mondarsi
per il tranquillo pianto del proprio fratello!
E dunque, soltanto una mano di angelo bianco
dalle lontane radici nutrite d’eterno e d’immenso
potrebbe filtrare serena le confessioni dell’uomo
senza vibrarne sul fondo in un cenno di viva ripulsa.
Alda Merini
Bambino
Bambino, se trovi l’aquilone della tua fantasia
legalo con l’intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati
e tua madre diventerà una pianta
che ti coprirà con le sue foglie.
Fa delle tue mani due bianche colombe
che portino la pace ovunque
e l’ordine delle cose.
Ma prima di imparare a scrivere
guardati nell’acqua del sentimento.
Alda Merini
Il Poeta raccoglie i dolori e sorrisi
e mette assieme tutti i suoi giorni
in una mano tesa per donare,
in una mano che assolve
perché vede il cuore di Dio.
Ma la città è triste
perché nessuno pensa
che i fiori del Poeta
sbocciano per vivere molto a lungo
per le vie anguste della grazia.
Alda Merini, da “Alla tua salute, amore mio”
Amore,
vola da me
con l’aeroplano di carta
della mia fantasia,
con l’ingegno del tuo sentimento.
Vedrai fiorire terre piene di magia
e io sarò la chioma d’albero più alta
per darti frescura e riparo.
Fa’ delle due braccia
due ali d’angelo
e porta anche a me un po’ di pace
e il giocattolo del sogno.
Ma prima di dirmi qualcosa
guarda il genio in fiore
del mio cuore.
Alda Merini, da “Alla tua salute, amore mio”
Accarezzami, amore,
ma come il sole
che tocca la dolce fronte della luna.
Non venirmi a molestare anche tu
con quelle sciocche ricerche
sulle tracce del divino.
Dio arriverà all’alba
se io sarò tra le tue braccia.
Alda Merini, da “Alla tua salute, amore mio”
Sono folle di te, amore
che vieni a rintracciare
nei miei trascorsi
questi giocattoli rotti delle mie parole.
Ti faccio dono di tutto
se vuoi,
tanto io sono solo una fanciulla
piena di poesia
e coperta di lacrime salate,
io voglio solo addormentarmi
sulla ripa del cielo stellato
e diventare un dolce vento
di canti d’amore per te.
Alda Merini, da “Alla tua salute, amore mio”
Del tutto ignari della nostra esistenza
voi navigate nei cieli aperti dei nostri limiti,
e delle nostre squallide ferite
voi fate un balsamo per le labbra di Dio.
Non vi è da parte nostra conoscenza degli angeli,
né gli angeli conosceranno mai il nostro martirio,
ma c’è una linea di infelicità come di un uragano
che separa noi dalla vostra siepe.
Voi entrate nell’uragano dell’universo
come coloro che si gettano nell’inferno
e trovano il tremolo sospiro
di chi sta per morire
e di chi sta per nascere.
Alda Merini, da “La carne degli angeli”
“Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita”


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