venerdì 31 gennaio 2014

PRESENTAZIONE DEL SIGNORE anno A

PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
Ml 3.1-4
Così dice il Signore Dio: «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai.  Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani».
Eb 2.14-18
Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.
Lc 2,22.40
22 Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23 come è scritto nella legge del Signore: 24 «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. 25 Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26 Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27 Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28 anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: 29 Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, 30 perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza 31 preparata da te davanti a tutti i popoli: 32 luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele. 33 Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34 Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: 35 Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori. 36 C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. 37 Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.  38 Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. 39 Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. 40 Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
LA CELEBRAZIONE LITURGICA
1) La festività
La liturgia ha stabilito che, quando questa festa ricorre nella domenica, si proclamano le tre letture qui indicate; se la festa ricorre nel corso della settimana, si sceglie come prima lettura una delle due che precedono il Vangelo.
Il 2 febbraio, inoltre, è la festa della Candelora [denominazione derivata dalla somiglianza con il rito del Lucernare, nome che risalirebbe ad una ninfa di nome Egeria], con il rito della benedizione delle candele, di cui si ha testimonianza già nel X secolo e che trova riscontro nelle parole di Simeone: "I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti". Nel passato in questa giornata si benedivano i ceri che servivano ad illuminare le nostre chiese quando ancora non esisteva l’illuminazione elettrica. E sempre questa giornata, ancora oggi, rappresenta un momento importante per le persone consacrate che rinnovano la loro totale adesione a Cristo. Ma c’è da chiedersi quale rilevanza possa avere oggi questa festa per chi frequenta la chiesa e soprattutto per la gente comune. Senz’altro manca tale rilevanza. Al contrario Gesù presentato al Tempio appartiene a tutti coloro che non smettono di cercare e di sognare un futuro migliore per l’umanità come Simeone; che sanno vedere oltre, come Anna, e incantarsi davanti a un neonato, perché in esso ‘sentono’ Dio.
La festività odierna, di cui abbiamo la prima testimonianza nel secolo IV a Gerusalemme, venne denominata fino alla recente riforma del calendario festa della Purificazione della SS. Vergine Maria. La riforma liturgica del 1960 ha restituito alla celebrazione il titolo di presentazione del Signore, che aveva in origine.
2) La presentazione al Tempio
Nella notte della fuga dall’Egitto si era abbattuta sul popolo del Nilo la decima piaga: la morte dei primogeniti. I bambini degli Ebrei erano stati risparmiati grazie al sangue dell’agnello che segnava gli stipiti delle porte delle loro case. Da allora i primogeniti del bestiame e della prole erano considerati sacri al Signore per cui andavano riscattati con un sacrificio. Nel caso di un bambino la legge prescriveva il sacrificio di due tortore o due giovani colombe.
- La prima lettura proclama una nuova relazione con Dio, accompagnata da una radicale purificazione del popolo. Il problema a cui il profeta Malachia vuol rispondere è quello di una comunicazione autentica tra Dio e il suo popolo. Questo è possibile solo con un contatto più stretto con Dio. La storia di Israele che Malachia può contemplare ormai in tutta la sua estensione, dalle origini all'esilio, pone il problema del peccato: il popolo peccatore non è in grado di offrire un'offerta pura a Dio: da qui l'alleanza dell’angelo dell'alleanza, figura misteriosa che indica un nuovo legame tra Dio e il popolo.
- La seconda lettura è tratta dalla lettera agli Ebrei. Questa lettera inserita nelle lettere cattoliche di Paolo, può essere considerata più che una lettera quasi un'omelia, scritta in un greco perfetto ed elegante, in un linguaggio diverso da quello abituale delle lettere paoline. Al centro è posta la figura del Cristo, membro della famiglia umana. che mediare presso il Padre. Paolo vede un Cristo al di sopra degli angeli pur condividendo le sofferenze del limite temporale: nella condivisione totale può aiutare gli uomini resi schiavi dei desideri terreni quasi a difesa contro la morte; anzi può sconfiggere definitivamente il diavolo autore della morte [i termini in cui si esprime Paolo sono stati interpretati nel modo voluto dalla chiesa quando avvertì la necessità di dare ad essi un significato definitorio nei riguardi della persona di Gesù; oggi, forse, sarebbe utile dare (ai termini) un significato più spirituale].
- Il passo di Luca di oggi riporta indietro rispetto alla domenica scorsa che presentava un Gesù adulto, e torna agli epigoni del natale e la parola è di Luca, l’evangelista che offre il numero più grande delle notizie sull’infanzia di Gesù.
Una prima considerazione sulle parole-chiave di Luca -ATTESA, MESSIA, VEDERE- potrebbe dare spessore al senso di questa festività, ben raffigurata da Simeone ed Anna, i quali ATTENDONO nella preghiera e nell’impegno umano e riescono ad avere occhi per VEDERE il MESSIA.
ANALISI di alcuni versetti di Luca
22 Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore
In Levitico 12,2-8 leggiamo che la madre di un figlio maschio doveva purificarsi trentatré giorni dopo la circoncisione, il che equivale a quaranta giorni dopo la nascita, prima di presentarsi al sacerdote e di offrire in olocausto o un agnello di un anno o, per i più poveri, una coppia di colombe o di tortore, una per l’olocausto e l’altra in espiazione del peccato. Il Vangelo di Luca non riporta dell’agnellino, ma solo delle tortore (o colombi), il che deporrebbe a favore di una condizione di ristrettezza in quel frangente.
Il gesto della presentazione al tempio del primogenito si riferisce ad Es 13,2: Consacrami ogni essere che esce per primo dal seno materno tra gli Israeliti: ogni primogenito di uomini o di animali appartiene a me.
Luca presenta la circoncisione del bambino come modalità di integrazione nell’Alleanza che Dio aveva stipulato con Abramo; e ciò in parallelo, ma non senza un contrasto significativo con Giovanni: non parla di alcun riscatto, ma di gesto espiatorio.
23 come è scritto nella legge del Signore:
Gesù non mancherà nel suo predicare e operare da adulto, di sottolineare che egli non è venuto per abolire la Legge, ma per compierla.
25 Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui.
Con l’Ora l’attenzione è rivolta verso Simeone, un personaggio rappresentativo dell’umanità profondamente religiosa, che si comporta rettamente con gli altri, da uomo concreto; eppure egli era fiducioso che la consolazione di Israele, la sua liberazione, si trovasse nell’istituzione giudaica a Gerusalemme, e non a Gerosolima che ha un senso geografico e laico: una distinzione questa, che sarà ricorrente nell’opera lucana.
26 Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Come un tempo Abramo (Gen 15,15), Giacobbe (Gen 46,30) e Tobia (Tb 11,9), anche lui, Simeone, potrà andare in pace perché ha visto realizzato ciò che aspettava.
29-33
Pare che questa preghiera non sia propria di Simeone, ma che sia Luca, il quale l’avrebbe composta e messa in bocca al vecchio, componendola, ispirandosi a testi di Isaia: non esisteva all’epoca delle stesura del vangelo l’interesse di conoscere con esattezza chi sia l’autore.
I termini servo e Signore, usati nel v.29 rispecchiano la mentalità veterotestamentaria di rispetto e sottomissione a Dio; manca ancora molto prima che questo bambino riveli il nuovo rapporto di Figliolanza con Dio Padre.
35 Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori.
Con l’ecco, Luca cerca di attirare di nuovo l’attenzione su Maria, la madre (il motivo dell’esclusione di Giuseppe è stato trovato in modi spesso diversi l’uno dalla’altro). Maria è invitata a riflettere sul grande capovolgimento che avrebbe introdotto in Israele la comparsa di Gesù, il suo rifiuto da parte di alcuni, per i quali sarebbe diventato un ostacolo (8,14) e la sua accettazione da parte di altri, per i quali sarebbe diventato fondamento o pietra angolare (cfr. Lc 20,17-18; Is 28,16). Inoltre, usando un’altra immagine (molto cara all’evangelista Giovanni, Gv 3,14; 8,28; 12,32.34) il Messia verrà innalzato come segno o stendardo, al quale alcuni aderiranno e che altri rifiuteranno completamente (Is 11,12). L’idea del rifiuto del Figlio porta Luca a proiettare, a mo’ di inciso parenetico, l’effetto di quel rifiuto sulla madre, in quanto personifica l’Israele fedele alla promessa.
Anche a te una spada trafiggerà l’anima (lett. la tua psiche, la tua vita) per dire: le tue aspirazioni. La spada è immagine tradizionale per indicare la Parola di Dio. Anche Maria dovrà lasciarsi interrogare da questa Parola. La sua anima, cioè le sue aspirazioni verranno troncate da una spada, intendendo per spada la morte del Figlio (cfr. Gv 19,25-27).
36 C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. 37 Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.
Da una parte Anna è ben radicata nel passato (genealogia) e nell’istituzione ebraica (il tempio); dall’altra, essendo vedova, è in relazione con il popolo di Israele che è vedovo del suo Dio, mentre come profetessa lancia un grido di speranza di fronte a questo disastro nazionale. A noi oggi dicono ben poco queste precisazioni, ma non era così per coloro ai quali era indirizzato il Vangelo di Luca e ben capivano di chi si parlava. D’atra parte il riferimento vuole mettere in chiaro che si parla di qualcosa di vissuto e concretamente esistito.
Una nota sul numero 84, multiplo di 12 (12 x 7), allusione alle 12 tribù di Israele,  e sul numero 7, che ha, fra l’altro, valore di globalità.
39 Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret.
Per la quinta ed ultima volta si ricorda il compimento effettivo della Legge da parte dei genitori di Gesù.
40 Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Si chiude così la prolungata -teologicamente parlando- permanenza di Gesù e dei suoi genitori in Galilea.
Luca sottolinea la crescita armonica del bambino: la sapienza darà progressivamente a Gesù una visione più profonda del disegno di Dio su di lui.
RIFLETTENDO
Che cosa può significare oggi "presentare il proprio bambino al Signore"? Certamente significa riconoscere che i figli sono un dono di Dio e appartengono anzitutto a Lui. Ma il significato va dilatato: tutti abbiamo da riconoscere che persone e cose considerate ‘proprie’ appartengono a Dio, e a Lui dobbiamo offrirle perché tutto purifichi.
In un tempo senza storia, costantemente teso al godimento del presente e all'ultima novità con la quale soddisfare pseudo-bisogni, in quanto immediati, incombe il bisogno dei bisogni: entrare nel tempio del cuore e lasciarlo purificare da tante scorie che lo appesantiscono e soffocano.
Maria, insieme a Gesù, si lasciò trafiggere il cuore dalla spada del Dolore perché fosse purificato (il cuore): una spada che non dona morte, ma vita, e vita a TUTTI.
- Associami, o Dio, a Gesù e a Maria. Te ne renderò lode come Anna, e non finirò mai di ringraziarti come Simeone.

venerdì 24 gennaio 2014

III Domenica T. O.

III Domenica T.O. anno
Is 8.23-9,3
In passato il Signore umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come  si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Mádian
1Cor 1.10-13.17-23
Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire. Infatti a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «Io invece di Cefa», «E io di Cristo». È forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo? Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo.
Mt.12-23
12 Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea,13 lasciò Nazaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14 perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: 15 Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! 16 Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta”. 17 Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino. 18 Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.19 E disse loro: Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini. 20 Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21 Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22 Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. 23 Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
INTRODUZIONE GENERALE
Con questa terza domenica del Tempo Ordinario si riprende la lettura del Vangelo secondo Matteo.
Il brano di oggi ritrae l'inizio del ministero di Gesù, ed è, al tempo stesso, una mirabile sintesi perché ne comprende gli elementi essenziali. Infatti il cristianesimo ha il suo centro fondativo nella Chiamata di Gesù a “seguirlo”.  A questo modello di Chiamata si ispirarono le prime comunità cristiane; il che ha un valore storico.
1) Per introdurre le Letture c’è da tener presente che gli appassionati della Verità,  i ‘chiamati’, non sono ricercatori di verità storiche. La Verità è di e per tutti. La Bibbia, sia nell’AT sia nel NT, è rivelativa di tale Verità, e perciò non è destinata unicamente ad una categoria di persone: Il Messia è nelle attese del cuore umano sempre ed ovunque.
2) Per illustrare questo concetto qualche esemplificazione.   
- M. Buber racconta: Si diceva che alle porte di una città c'era un mendicante, il quale affermava di sapere chi era il Messia. Un rabbino, appena sentita la notizia, si mise subito in viaggio, desideroso di sapere chi fosse. Quando arrivò alla città, effettivamente trovò alle porte della città un uomo che mendicava. Gli fece la domanda: Mi hanno detto che tu sai chi è il Messia. E' vero?. Ed egli rispose: Sì, è vero. Allora il rabbino incalzò: Ti prego, allora, dimmelo: Chi è il Messia?. La risposta del mendicante fu: Tu!
- Madre Teresa diceva: Dio non ha mani, ha solo le nostre mani; non ha piedi, ha solo i nostri piedi. Lasciamoci usare da Lui e il mondo sarà ricolmo d'amore.
- Etty Hillesum nel suo stupendo Diario scrisse in una striscia di giornale a sua disposizione: Non siamo noi, Signore, che un giorno chiameremo in causa le tue responsabilità e che ti diremo: "Dov'eri tu o Dio?". Ma sarai tu che un giorno chiamerai in causa le nostre responsabilità e che ci dirai: "Tu dov'eri, o uomo?"
3) Fatte queste due premesse accenniamo alle Letture.
Isaia (prima lettura) propone il testo profetico citato nel vangelo di Matteo. Il messaggio che unisce il testo di Isaia al vangelo è l’esperienza della salvezza espressa come irruzione della luce in un contesto di tenebra.
Paolo (seconda lettura)  scrive ai cristiani di Corinto, dove egli stesso aveva fondato la sua comunità, piccolo nucleo di chiesa: una chiesa vivace, ma dove presto serpeggiò la divisione. C'era chi si era fatto discepolo di Apollo, un giudeo-alessandrino della scuola di Filone; c'erano dei giudei-cristiani provenienti dalla Palestina che volevano far riferimento solo a Pietro, mentre altri si vantavano di ‘essere di Paolo’. Era sorto perfino un partito di Cristo! Ma Paolo reagisce con forza: Cristo è stato forse diviso? Paolo è stato crocifisso per voi? Nell'invito a bandire ogni divisione pervenendo a una "perfetta unione di pensiero e di sentire" c’è la consapevolezza profonda che aprirsi al Regno di Dio e alla sua giustizia vuol dire scoprire una relazionalità umana fatta di rapporti che uniscono le persone le une alle altre, e che, proprio dentro questo tessuto unitivo, esprimono la realtà del Regno di Dio, presente ‘dove i fratelli si amano’.
Matteo narra l'inaugurazione del ministero di Gesù e la scelta dei primi discepoli. Emergono alcuni elementi che ritroveremo lungo il suo vangelo: il riferimento alla Galilea, l’uso del materiale fornito dal vangelo di Marco (il primo evangelista in ordine di tempo) e l'attenzione nel mostrare Gesù come colui che agisce secondo la volontà e le promesse di Dio.
4) Forse essere cristiani adulti OGGI vuol dire mettersi in gioco. E' stato comodo ridurre la chiamata come rivolta ai preti e alle suore. Quella sarà una forma di chiamata, eventualmente. Ma Dio è, lo ripetiamo, il punto di riferimento segreto, nascosto nel cuore umano.
ANALISI di di MATTEO 12-23
Il testo si divide in due parti: i vv. 12-17 presentano l'inizio della predicazione di Gesù, mentre i vv. 18-22 descrivono la chiamata dei primi quattro discepoli. Il v. 23 funge da conclusione. La liturgia non propone i vv. 24-25, i quali sono introduzione e transizione al discorso della montagna.
12 Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea,
L'attività di Gesù inizia quando il Battista non è più sulla scena (per il suo arresto; cfr. Mt 14,3-4). I due personaggi, Gesù e Giovanni, legati l’uno all’altro, ora si presentano anche nella loro diversità.
Nella indicazione del v.12 si nascondono due informazioni su Gesù.1. Anche Gesù ha paura. Il Battista, suo maestro, è stato arrestato e lui, suo discepolo, teme che possa accadergli la stessa cosa; per questo si rifugia in un posto più sicuro. 2. Gesù è interpellato da quanto successo: il Battista è stato imprigionato, legato, messo a tacere e adesso chi annuncerà la verità? Gesù sembra dire: "Prenderò io il suo posto".
La dizione si ritirò -da ritirasi anechōrēsen- è tipica di Matteo quando vuole indicare come sfuggire ad una situazione di pericolo. Ma l’azione di ritirarsi risponde innanzitutto al disegno di Dio di portare a compimento l’annuncio del profeta Isaia. Inoltre il ritiro è luogo di elaborazione della perdita, di confronto con la paura, di assunzione della solitudine e della propria responsabilità.
La Giudea –Giuda era uno dei patriarchi più importanti-  è posta al nord, ed era disprezzata perché abitata da poveri, bifolchi, gente violenta. Mentre Giudea è termine latino, il termine greco è Galilaia. Ebbene, proprio in questa regione disprezzata perché ‘abitava nelle tenebre’, è sorta la Luce della presenza di Dio in Gesù.
13 lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14 perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia 15 Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!
Lo spostarsi di Gesù da un villaggio tranquillo, Nazaret o Nazara, la sua patria (Mt 13,54), per fare di Cafarnao la sua città (Mt 9,1), risponde a una precisa intenzione: la decisione di collocarsi nel vivo della condizione umana di frontiera. La città è nel territorio di Zabulon e di Neftali, le tribù assoggettate nell'VIII sec. a.C. da parte degli Assiri  e rimaste, nonostante un tentativo di rigiudizzazione in epoca maccabaica, un crogiuolo di etnie. Lo stesso riferimento sulla riva del mare, rievoca il tragitto che collegava l'Egitto e la Siria (Galilea significa curva delle genti). Il tutto, sembra dire l'evangelista, a voler chiarire con quale personaggio hanno a che fare i suoi lettori-seguaci. Il meticciato etnico-etico-religioso è l'ambiente che Gesù ha scelto di abitare.
16 Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta.
Nel linguaggio simbolico della Bibbia, le tenebre indicano il caos precedente alla creazione (Gn 1,2), l’oppressione sofferta dagli schiavi in Egitto (Es 10,21.22; 14,20), il dominio assiro (Is 8,22), l’esilio in Babilonia (Is 42,7; 47,5; 49,9).
17 Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino.
Da allora: non è un'indicazione generica, ma la proclamazione solenne dell’inizio della missione di Gesù. La stessa espressione riapparirà in 16,21 come inizio della predicazione, nonché  della passione, morte e risurrezione. Il verbo convertire nel testo greco dei vangeli si trova espresso in due maniere: indica un ritorno religioso a Dio e significa un cambio di mentalità: è il secondo che incide sul comportamento; infatti gli evangelisti, Matteo in particolare, evitano il primo termine. Con Gesù, il Dio con noi, non c’è più da tornare verso Dio, ma c’è da orientare diversamente la propria esistenza: vivere per gli altri.
La conversione è finalizzata al fatto che il regno dei cieli è vicino. Questo non è ancora realtà, perché il regno dei cieli si realizzerà, non tanto nell’aldilà, ma con l’accoglienza nella vita del messaggio delle beatitudini. Matteo, che scrive per una comunità di ebrei, evita di usare questo termine e parla soltanto di Dio, in modo da non offendere la sensibilità dei suoi lettori
18 Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.
Rispetto al testo di Marco, che è la fonte prima di Matteo, egli presenta in modo più ordinato ed esplicito le indicazioni sui due fratelli, anche se la modalità del racconto resta sobria.
Matteo, da buon ebreo, chiama mare il lago di Genezaret, sulle cui rive all’epoca era fiorente l'industria della pesca. Gesù incontra e chiama i suoi primi discepoli sul luogo di lavoro. Sebbene pescatori, i due potevano benissimo avere una buona preparazione culturale (nonostante il giudizio negativo che leggiamo in Atti 4,13). Dal testo possiamo dedurre che essi fossero proprietari delle reti e delle barche e quindi in una situazione economica piuttosto buona.
Simone e Andrea hanno nomi greci, quindi provengono da una famiglia abbastanza aperta. Simone in particolare è conosciuto per la testardaggine, e perciò ha il soprannome ‘pietra’; la sua caparbietà e durezza è testimoniata lungo tutto il vangelo.
che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori: si richiama la profezia contenuta nel libro di Ezechiele, capitolo 47, versetto 10: il tempo del messia sarà un tempo di abbondanza per i pescatori.
19 E disse loro: Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini.
Il gioco di parole vi farò pescatori di uomini ha il suo riferimento in Ger 16,16: Ecco, io invierò numerosi pescatori, dice il Signore.
vi farò: Gesù per dare avvio alla sua comunità non chiama monaci, come gli esseni; o persone pie, appartenenti al clero, i sacerdoti; o persone potenti, i benestanti, cioè i sadducei teologi, gli scribi. Chiama gente normale, i pescatori (questo titolo verrà abbandonato presto dalla chiesa che ha preferito l’epiteto pastori).
Pescare significa tirare il pesce fuori dal suo habitat naturale per dargli la morte; invece pescare gli uomini significa tirarli fuori dall’acqua, simbolo del male e della morte, per per dare loro Vita che non finisce
20 Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Stando al racconto evangelico, Pietro e suo fratello non conoscevano Gesù; sorprende quindi la prontezza della loro risposta, che però può essere indice del fascino e del potere persuasivo delle parole e della persona di Gesù.
La risposta alla chiamata di Gesù è espressa con il verbo tecnico seguire, che indicava l'atteggiamento dei discepoli nei confronti dei maestri ebrei (i rabbini). Ora non sono i discepoli a scegliersi il maestro; è Gesù a scegliere liberamente i suoi. Inoltre i suoi discepoli sono invitati ad essere, non soltanto ascoltatori, ma  collaboratori.
21 Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò.
I nomi Giacomo e Giovanni nettamente ebrei, con il patronimico di Zebedeo, accennano a un gruppo di persone apparteneni a circoli giudaici più legati alla tradizione.
La chiamata dei figli di Zebedeo è un duplicato della prima, anche se Matteo aggiunge qualche particolare (la barca, il padre). Anch'essi seguono immediatamente Gesù. E' interessante notare come in questo primo gruppo siano presenti i tre discepoli che saranno protagonisti dei momenti salienti della vita pubblica di Gesù: Pietro Giovanni e Giacomo; saranno loro i testimoni della trasfigurazione, come della resurrezione della figlia di Gairo e della preghiera nel Getzemani.
22 Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Il cambiamento radicale per poter seguire Gesù si dimostra anche con l’abbandono del padre umano. La comunità dei discepoli riconoscerà come padre Dio, la cui paternità si manifesta nel comunicare a tutta l’umanità vita incessante. E ciò, non in disprezzo dell’origine biologica, ma per includere la stessa in una chiamata di carattere più esteso e più profondo.
23 Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
Questo riassunto amplia il testo di Marco. Le sinagoghe erano luoghi di istruzione e di preghiera. Dicendo le loro sinagoghe Matteo vuole distinguere, come farà in tutto il suo vangelo, i seguaci di Gesù dagli altri giudei.
il vangelo del Regno è un termine tecnico: in greco vangelo significa buona notizia: l’annuncio comporta parole e gesti che si illuminano a vicenda. In questo senso vangelo indica non solo la venuta del Regno di Dio, ma tutto quanto l'evangelista racconta nella sua opera; e molto più che l'annuncio del vangelo sono le guarigioni ad attestare che il regno di Dio è operante.
Con l'indicazione ogni sorta è indicato il valore universale dell'attività di Gesù.
IN CERCA DI  CONCLUSIONE
Riassumendo dagli esegeti:
Ec-clesia vuol dire letteralmente "chiamati fuori". La chiesa, secondo il pensiero di Gesù, è quello spazio dove la gente vive diversamente dagli altri: in una società dove tutti pensano a lavoro, famiglia e figli, Gesù propone uno stile diverso. E’ fatto prioritario vivere con compassione e tenerezza, esprimere la vitalità con leggerezza, elasticità, adattamento, sorriso, umanità. Ma nessuno viveva così a quel tempo: i discepoli di Gesù erano diversi dagli altri, costituendo un gruppo diverso. Per questo Gesù fu osteggiato: non perché il suo messaggio era cattivo, ma perché era diverso da quello comune. La chiesa è questa cosa: tutti vivono in un modo ma alcuni ("i chiamati fuori" dalla mentalità del mondo) vivono diversamente; vogliono seguire ideali e valori diversi. Ecco la Chiesa: la comunità dei "diversi", dei "chiamati fuori". Siamo tutti assetati di un proprio nido di sicurezza; ma non può essere questo il luogo del Regno di Dio. Dio ha la sua dimora ovunque ci sia una ec-clesia di “chiamati”, innamorati della Verità.
Esprimendomi in modo personale:
Io posso raccontare la mia esperienza. Benché in maniera spesso contraddittoria, dati i luoghi ecclesiali frequentati, ho vissuto l’esperienza comunitaria con vivacità; e ciò non ha mai contraddetto la sete di Dio e il desiderio di condivisione con gli altri.
Ma gli altri che ho sempre cercato erano i prediletti di Gesù: i bisognosi. Per loro “ho lasciato tutto”, anche l’ardente desiderio di realizzazione personale. E’ vero, mi manca –ormai in maniera diversa da prima- la possibilità di raggiungere i bisognosi; e mi manca il supporto istituzionale.
Mi chiedo ancora se la mia è stata un’utopia inutile, improduttiva; o se, forse, il mio seme deve aspettare di marcire per produrre germogli.
La mia conclusione è la scommessa con Dio che, sì, MI HA CHIAMATO, in ogni situazione ed in ogni situazione esistenziale.
 

venerdì 17 gennaio 2014

II domenica T. O. anno A


II Domenica T.O. anno A
Is 49, 3. 5-6
Il Signore mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele - poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza - e ha detto: È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d'Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra.
1Cor1,1-3
Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!
Gv 1-29-34
29 In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: 30 Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: 31 "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me". Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele. 32 Giovanni testimoniò dicendo: Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33 Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo". 34 E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio.
1) INTRODUZIONE
Oggi è la II domenica del tempo ordinario.
Il termine ordinario è, da un punto di vista letterale, un tempo non interrotto da eventi significativi. Potrebbe essere perciò un tempo amorfo  per chi vuole evitare la stanchezza e la noia dell’abitudine; ma potrebbe essere un tempo illuminato da luce senza intermittenza e vivificato da calore assiduo: luce e calore provenienti da una Fonte non fatta di piccole novità che invecchiano. La differenza sta tutta nella Fonte della novità: quella sostanziata di cose transeunti, e quella sostanziata di Verità.
Apriamo subito una parentesi che ci permetta di puntare l’attenzione sulla parola-chiave della liturgia di questa domenica: il VEDERE ILLUMINATO. Infatti nel breve racconto dell'evangelista Giovanni, si può cogliere la dinamica attraverso la quale il Precursore giunge alla splendida conclusione del versetto 34 E io ho visto e ho testimoniato, dopo essere partito dall’ Io non lo conoscevo del versetto 31.
Solo i mistici sono capaci di uno sguardo illuminato sulla realtà di se stessi e del mondo. Ma  i mistici non sono una categoria di persone eccezionali, bensì persone che sanno vedere oltre le apparenze.
Qualche esempio:
E’ interessante ricordare il detto di un laico come Arnoldo Foà, attore, regista, doppiatore e scrittore italiano, spentosi il 16 gennaio scorso: le cose vere sono eterne (cioè capaci di non-finire).
Riandando alla mistica collaudata storicamente, tipico è il caso di una fanciulla vissuta nel XVI secolo spagnolo, e che sarebbe divenuta la futura Teresa d'Avila. All’età di sette anni tentò di fuggire via dalla casa paterna con un suo fratellino per farsi decapitare dai mori. Spiegò ai suoi genitori: Sono scappata perché voglio vedere Dio, e per vederlo bisogna morire.
VEDERE DIO è il desiderio di tutti coloro che, stanchi di essere sepolti entro le macerie di desideri caduchi, aspirano a contemplare in tutto il mistero di Dio. Nessuno può farlo da sé; bisogna aprirsi al manifestarsi, al farsi vedere di Dio.
La tematica del VEDERE è presente anche nelle prime due letture:
a) Is 49, 3. 5-6
Questi versi costituiscono uno dei  quattro canti del servo sofferente, dove si parla di colui “che si è caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori” come se il castigo si fosse abbattuto su di lui. E c’è una una investitura del profeta, al quale Dio promette: È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d'Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra.
b)  1Cor1,1-3
Nella lettura di questo brano, Paolo mette davanti agli occhi dei cristiani di Corinto, affetti da rivalità, divisioni, indifferenza reciproca, la superiore unità di tutti coloro che formano la Chiesa di Dio. Il Grazia e pace a voi è saluto tipicamente cristiano; anzi, più che saluto è annuncio gioioso, dichiarazione rassicurante. La grazia è l'amore totalmente gratuito di Dio che ha raggiunto il suo culmine nel dono che ha fatto Gesù della sua vita. La pace è l'insieme di tutti i beni che si possono desiderare, e cioè la pienezza della comunione con Dio e tra gli uomini. È questa l'identità cristiana che accomuna tutti i credenti, anche se appartengono a confessioni diverse, e raggiunge anche i non-credenti.
2) ANALISI TESTUALE
29 In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: 30 Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto:
Questa pericope è la risposta alla domanda “Tu, chi sei” rivolta a Gesù, di cui parla lo stesso evangelista in 8,25.
Erano trascorsi quaranta giorni da quando aveva versato l'acqua del Giordano sul suo capo e l'aspetto di Gesù doveva essere tanto mutato che il Battista, vedendolo, rimase sconvolto. Certamente il Battista aveva tanto desiderato e sperato di incontrare Gesù. E il momento è arrivato. Nel dire vedendo, non parla della sua percezione visiva, perché sa che la realtà più vera rimane sempre nascosta; egli parla della sua esperienza spirituale di Gesù attraverso la figura dall’Agnello. I discepoli del Battista non potevano sapere che cosa volesse dire il loro maestro, perché nel tardo giudaismo era ignota l'immagine di un redentore come agnello. Noi invece sappiamo che nel Nuovo Testamento agnello ricorre quattro volte  e sempre in riferimento a Gesù. Sappiamo che fin dagli inizi la comunità cristiana vide Gesù come egli vide se stesso, e cioè come il servo di Dio, innocente, sofferente e paziente, raffigurato da Isaia. Sappiamo che in aramaico talja significa sia agnello che servo, e che in Gv19,36 Gesù viene paragonato all'agnello pasquale, come si desume dal fatto che la crocifissione ebbe luogo in coincidenza con la Pasqua ebraica e addirittura con l'ora stessa in cui nel tempio venivano immolati gli agnelli per il sacrificio pasquale. Ma forse soprattutto sappiamo: che l'agnello immolato è immagine di un amore e di una obbedienza che vanno fino alla Croce.
L'agnello è definito di Dio; cioè è donato da Dio all'umanità.
L’agnello è colui che toglie il peccato del mondo!
C'era nell’AT il giorno dell'Espiazione (Yom Kippur), in cui veniva preso un capro, sul quale venivano caricate simbolicamente tutte le colpe del popolo. Poi veniva mandato a morire nel deserto. Da questo fatto è nata l'espressione ‘il capro espiatorio’ per indicare la persona che prende su di sé colpe non sue; tutti i popoli in ogni tempo hanno fatto i sacrifici per liberarsi dalle proprie colpe.
L'opera di questo agnello, figura quanto mai inerme e fragile, è poderosa:  toglie, cioè distrugge  il peccato del mondo. Il peccato del mondo è la forza del male, che è ribellione a Dio, rifiuto egoistico e inimicizia contro di Lui. È il peccato con l’articolo determinativo e al singolare, cioè il peccato comune a tutta l’umanità.
[L’aspetto sacrificale dell’Agnello ha avuto un percorso storico che merita un qualche approfondimento. Per questo rimandiamo alla NOTA CONCLUSIVA di questo post].
31 “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele.
Nelle azioni e titoli vertiginosi che il Battista applica a Gesù si coglie la sorpresa e la gioia intima del testimone, innamorato di lui, felice di poter estendere la rivelazione che ha ricevuto.
32 Giovanni testimoniò dicendo: Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui.
Giovanni Battista fonda le sue affermazioni sconvolgenti sull'esperienza fatta subito dopo il battesimo di Gesù: egli ha contemplato e ha capito che Gesù, possedendo in pienezza (questo è il senso del rimanere) lo Spirito, lo può a sua volta comunicare. La colomba è immagine equivalente ad agnello per mitezza: le sua caratteristiche in quanto volatile si addicono a raffigurare la discesa dall’alto dello Spirito.
33 Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo".
Giovanni, essendo vero profeta del Signore, non rende testimonianza a Gesù in virtù di una voce ascoltata nell'intimo del suo cuore o delle sue orecchie, ma perché il Signore gli ha rivelato chi è in verità Gesù
4 E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio.
Si conclude così il passo del Vangelo di questa domenica. La conoscenza di Gesù a cui perviene Giovanni è una conoscenza non chiusa su di sé, ma diffusiva e irraggiante. Si tratta di un movimento pasquale che fa passare dalle tenebre dell’ignoranza alla luce della conoscenza.
L’espressione Figlio di Dio si riferisce nei vangeli al Messia.
La prima formulazione dottrinale che identifica in Gesù la Persona divina risale al concilio di Nicea, tenutosi nel 325, convocato e presieduto dall’imperatore Costantino, il quale si proponeva, per fini politici, di dare unità alla chiesa.
NOTA CONCLUSIVA
L’aspetto sacrificale della figura dell’Agnello ha determinato l’impostazione ecclesiastica fondata sul celibato dei pastori della Chiesa, divenuti “casta sacerdotale” sul modello veterotestamentario.
Un celibato inteso come rinunzia totale, appunto sacrificale, espiatorio (dei peccati soprattutto sessuali!) del consacrato, di genere maschile e non sposato, e solo di conseguenza esteso al genere femminile sottomesso a quello maschile.
L’influenza di questo aspetto va oltre la stessa casta e oltre la chiesa che si definirà cattolica. Ha creato un clima che tutt’oggi si respira, indirettamente, anche nelle chiese dove il celibato ecclesiastico non è praticato e al di là dei confini del cristianesimo [ma forse la tendenza è preesistente allo stesso cristianesimo, e quindi si dovrebbe pensare ad un fattore antropologico].
Un celibato che  favorisce fanatismi nella gente comune, avida di un sacro idolatrico protettivo, anche per via dell’austerità, spesso formale, dei “consacrati”.
Nella chiesa che si definirà cattolica, il fenomeno ha radici nel senso dato all’Agnello sacrificale, come risulta dalla vita di un dotto  padre della Chiesa, Gerolamo, traduttore della Bibbia in latino nella così detta Vulgata. La sua morte avvenne nel 420, proprio nell’anno in cui il celibato (da lui propugnato in modo fanatico in contrasto col fatto che era largamente disatteso) venne imposto al clero da una legge dell’imperatore Onorio. E’ vero che lo stesso Gerolamo dovette avere dei ripensamenti sul senso di austerità di vita che egli vedeva collegato al celibato. Così egli riproduce il senso di colpa da cui Dio lo vuole guarire in un passo delle sue memorie: Cosa vuoi ancora da me Signore? Mi sembra di averti dato tutto. Cosa resta?; e il Signore gli risponde: dammi il tuo peccato.
Non pare che Gerolamo avesse ‘capito’ il senso della sua illuminazione.
Tanto più potrebbe capirlo oggi la gente comune, affascinata dal consacrato, diverso dagli altri anche in virtù del suo celibato.
Non sarà l’illuminismo (con lécrasez l’infâme di Voltaire) a sradicare un’idea cosi miope di celibato; e non basta nemmeno l’elaborazione della psicologia del profondo. Ma questa può aiutare a vedere il celibato consacrato (o comunque per scelta superiore), non come restrizione, bensì come orientamento delle energie vitali nella direzione di una pienezza di realizzazione umana su un piano diverso da quello biologico.