sabato 25 giugno 2016




DOMENICA XIII T.O. anno C


Lc 9, 51-62
51 Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme. 52 e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53 Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54 Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55 Si voltò e li rimproverò. 56 E si misero in cammino verso un altro villaggio. 57 Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58 E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».  59 A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60 Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61 Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62 Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
 
COMMENTO per sommi capi
 Se finora Luca ha parlato degli insegnamenti di Gesù e delle Sue opere, ora si propone di evidenziare i tratti della figura di Gesù che, dopo aver predicato in Galilea, intraprende il cammino verso Gerusalemme, consapevole di dover morire.
= Ecco come si esprime nel primo versetto della pericope di oggi:
51 Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme.
Letteralmente il testo andrebbe tradotto così: Gesù rende duro il suo volto. Cosa vuole indicare Luca parlando di durezza del volto? Le immagini melliflue o ieratiche con le quali i pittori, dietro le descrizioni precedenti, avrebbero potuto dar forma al volto di Gesù (e purtroppo oggi di fatto lo si ritrae ancora in tal modo!) sono ben lontane da quella tratteggiato ora da Luca.
= Come mai c’è durezza nel volto di Gesù? Prendendo in considerazione la risolutezza di Gesù nell’imboccare la via stretta della Passione e morte, tale risolutezza rispecchia, non solo sofferenza ma anche paura: Gesù è in lotta con se stesso a motivo, non di presunta debolezza nella personalità, bensì della condizione umana alla quale è del tutto partecipe.
= La prima tappa della lunga marcia verso Gerusalemme è la Samaria, dove vigeva una ben nota setta ereticale, in continua tensione con gli ebrei e, di conseguenza, anche con Gesù. Varie volte nei vangeli si parla dell’ostilità dei samaritani nei riguardi di Gesù. Ma nei vv.53-56 della pericope di oggi viene evidenziata e proclamata la visione universalistica del Suo messaggio. Da qui la Sua severità verso Giacomo e Giovanni, i quali avevano preso le Sue difese, invocando la vendetta divina contro i samaritani. Invece il regno di Dio da Lui predicato è per tutti. E chi intraprende il cammino al Suo seguito deve sapere fin dall’inizio che sarà al seguito di un povero, il quale non ha -detto con una metafora- un luogo dove posare il capo; di un uomo che ha saputo rompere ogni legame affettivo naturale, e che, una volta impegnatosi nella missione, non si è più guardato alle spalle.
= Il ‘viaggio’ continua poi con tre piccoli episodi sul tema del seguire Gesù. I primi due sono in comune con Matteo (fonte Q); il terzo può essere stato scritto da Luca o appartenere a una fonte sconosciuta da Matteo.
Sottolineiamo unicamente le risposte di Gesù a coloro che hanno qualche replica da fare all’invito di Gesù a seguirlo.
v.58 E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo»
v. 60 Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
v.60 Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Come sempre, i termini con cui si esprime Gesù non sono da prendere alla lettera. Bisogna tenere presente che i vangeli nascono da una percorso fatto in seno a una comunità, e quindi col passar del tempo tanti particolari non possono essere una riproduzione esatta degli avvenimenti. Un esempio per tutti: Gesù non viveva di fatto in povertà così totale come emerge dal v.58. La replica di Gesù non non vuole estremizzare le condizioni della sequela, ma fa appello alla risolutezza che Lui esige dai discepoli di fronte ad una scelta tanto importante, dal momento che si reca a morire per risorgere e dare vita ad una comunità di credenti autentici. Guardare ad una morte che è promessa di risurrezione, cioè di vita senza limiti temporali, comporta una scelta di libertà. Chi capisce ciò deve districarsi dalle pastoie di ogni attaccamento umano.
Quale pedagogo potrebbe insegnare come si conquista libertà di decisione attraverso i suoi studi? Il maestro Gesù si presenta come l’aratore di se stesso per rivoltare continuamente il terreno in modo da liberarlo da ogni ostacolo fino ad affrontare la morte più difficile.
= Il vangelo di oggi è un vangelo "duro", e come tale non allegro.
= L'aratura in Palestina è un lavoro duro e anche un po' pericoloso. Se tu guardi a destra o a sinistra o peggio ancora ti guardi indietro, rischi non solo di non andare dritto, ma di farti male. Quindi bisogna guardare avanti e mai indietro.
C'è un Midrash che commenta il passaggio del Mar Rosso da parte degli ebrei. Essi scappano di notte dall'Egitto, ma si trovano di fronte il Mar Rosso. Non solo: dietro hanno gli egiziani armati fino all'inverosimile. Allora guardano a Mosè, molto arrabbiati, e gli dicono: "E ci hai condotti fino a qui solo per morire? E adesso? Non sarebbe stato meglio morire in Egitto?". Mosè non sa che rispondere e guarda in sù verso Dio. E Dio gli dice: "Mosè, non guardare avanti (il Mar Rosso), non guardare indietro (gli Egiziani), non guardare a destra e a sinistra (le colonne d'acqua); fa solo il prossimo passo e arriverai all'altra sponda".
= Abbiamo tanto da imparare dal vangelo. Dal vangelo letto, meditato in profondità, e soprattutto vissuto.
Due citazioni da Simon Weil
- (A proposito della durezza del volto ‘provato’ di Gesù): “Provo una sofferenza che aumenta senza fine, nell’intelligenza e al fondo del cuore, per l’incapacità in cui sono, di pensare insieme, nella verità, la sventura umana, la perfezione di Dio e il legame tra le due cose”.
- (A proposito della necessità di prepararsi a scelte non solo difficili e ricche di ideali, ma ‘BUONE’): “Possiamo anche battere militarmente Hitler, ma se non cambiamo la nostra idea di grandezza, niente potrà impedire in futuro a un adolescente sognatore di identificarsi, nella solitudine della sua stanza, con la grandiosa immagine del Fuehrer".
- Io (perdonatemi) non vorrei nemmeno l’immagine grandiosa di un Sant’Antonio, di una S. Rita, ecc. L’elenco sarebbe lungo.


sabato 18 giugno 2016

DOMENICA XII T.O. anno C


DOMENICA XII T.O. anno C

 

Lc 9, 18-24

 

18 Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19 Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20 Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21 Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. 22 «Il Figlio dell’uomo -disse- deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». 23 Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24 Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà.
 
COMMENTO
 
18 Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare
Questo versetto rispecchia la percezione che ha Luca dell’identità di Gesù e della sua missione. Ce lo presenta costantemente pellegrino, in cammino verso Gerusalemme. La Sua missione aveva avuto inizio nel Tempio, simbolo del popolo dell’Antica Alleanza, e lì si consumerà sulla croce, fonte di risurrezione, per dare inizio al popolo della Nuova Alleanza, rappresentato dalla comunità dei discepoli.
Nella pericope di oggi Luca sembra ci voglia dare un’immagine sintetica di tutto ciò.
E’ da notare un dettaglio significativo. Il testo greco non dice Gesù si trovava in luogo solitario come dalla traduzione riportata dalla liturgia. La versione corretta dal greco è: si trovava da solo. La solitudine di Gesù nel pregare evidenzia il bisogno che Lui ha della comunicazione intima col Padre; nel mentre sottolinea l’immaturità dei seguaci, poco compresi del senso della Sua missione nel mondo, che tra poco toccherà a loro di continuare.
Uno de padri del deserto ci lascia questo memorandum: “Non  potrai trovare la fede se non la desideri come l’aria per respirare”. Ciò vuol dire che la fede deve essere implorata quale elemento indispensabile, come l’aria lo è per la vita naturale.
Mi pare interessante sottolineare pochi passaggi del percorso di fede necessario per considerarsi seguaci di Cristo: a) rendersi conto che la fede è fondamentale, b) abituarsi a considerarla più desiderabile di ogni altro bene; c) implorarla come nel salmo 62 (che leggiamo nella liturgia di oggi): O Dio, tu sei il mio Dio, / dall’aurora io ti cerco, / ha sete di te l’anima mia, / desidera te la mia carne /  in terra arida, assetata, senz’acqua. Il salmo ritrae la tensione verso un Dio da cercare ed amare, e la preghiera come sete fisica e spirituale perché ne sono coinvolti anima, corpo, esistenza, storia, speranza.
 
19 Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Questo versetto dimostra quanto fosse diffusa l’idea che Gesù fosse la reincarnazione a) di Giovanni Battista, b) di Elia, il profeta destinato a ritornare in vita, c) di qualche profeta antico. In realtà tutti stentavano a riconoscere in Lui il vero Messia, tanto meno in vesti umili.
20 Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Luca riproduce con efficacia rappresentativa la risposta di Pietro, nella quale si traduce il suo posto in seno al gruppo, assieme alla sua immediatezza. Ma cosa intende dire Pietro con la sua risposta «Il Cristo di Dio»? Il greco Christos rende l'ebraico Mashiah, Messia, usato nell’AT per designare l'Unto, il consacrato da Dio in vista di una missione. Una risposta in cui risulta chiara la lontananza di Pietro dalla mentalità che Gesù voleva creare nei Suoi.
21 Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno.
Di fronte alla risposta di Pietro, Gesù assume un atteggiamento severo; infatti ingiunge di circoscrivere di segretezza quell’identità così spavaldamente recitata. Parecchi esegeti commentano che la figura del Messia in quei tempi era troppo politicizzata da passare inosservata e che quindi non andava diffusa prima che avvenisse un cambiamento di mentalità di grande rilevanza. E non pochi parlano della reticenza voluta da Gesù rispetto a quello che era considerato un segreto messianico; e per convalidare tale ipotesi richiamano il silenzio sulla Sua persona, che Gesù spesso imponeva dopo aver operato delle guarigioni o la liberazione da qualche potenza demoniaca.
Forse è meglio riflettere, in questa costruzione lucana dell’episodio, sul metodo pedagogico adottato dal Maestro per avviare i Suoi a riconoscere la necessità della sofferenza: verità troppo dura, che poteva spaventare chi voleva seguirLo senza un’adeguata formazione. Oggi può verificarsi qualcosa di peggio: accantonare la ricerca della vera fede o sostituirla con semplificazioni più allettanti: devozionalismo, infatuazioni varie per un santo, per un veggente ecc., e sempre con la speranza di ricevere un miracolo, un’assicurazione per la salute, ecc.… Altrettanto pericoloso è agganciare la fede ad ideali assoluti, eroici, col rischio di fanatismi pervasivi, che nulla hanno a che fare con la vera fede, fatta di intimo rapporto con Dio.
22 «Il Figlio dell’uomo -disse- deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Gesù si definisce Figlio dell’uomo. Questa espressione è utilizzata soltanto da Gesù per designare sé stesso (ben 83 volte nei Vangeli).
Può avere vari significati: 1) “uomo, essere umano”, magari con tono enfatico, come si trova in Ezechiele, per indicare la solidarietà con gli uomini a cui il profeta è mandato; 2) un essere a cui Dio conferisce un potere in un contesto di giudizio, come in Daniele 7,13 (appare sulle nubi del cielo): 3) un equivalente del pronome personale io, come si trova in testi rabbinici successivi al I secolo d.C. Probabilmente, scegliendo per sé questa designazione, Gesù combina insieme questi significati, con l’intento sia di correggere le attese messianiche correnti al suo tempo, di carattere trionfalistico, sia di indicare velatamente il suo ruolo di inviato di Dio che resta solidale con gli uomini fin nella sofferenza e nella morte, prima di essere glorificato e di assumere una funzione giudiziale escatologica.
Il deve è da illustrare correttamente. Non è la volontà del Padre a determinare la morte del Figlio. Piuttosto il Padre saprà trarre il massimo del bene dall’uccisione ingiusta del Figlio. Inoltre afferma la presenza silenziosa del Padre in una morte apparentemente assurda. Gli anziani, i capi dei sacerdoti e gli scribi, quindi la parte dominante nella religione giudaica, è principale responsabile della condanna alla morte di croce di Gesù..
23 Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. In questa frase posta in bocca a Gesù, egli soltanto tra gli evangelisti aggiunge ogni giorno. Si tratta di un dettaglio illuminante: le grandi epifanie di Dio si manifestano nella vita quotidiana. Per Luca c’è nella nostra storia, nella matassa spesso aggrovigliata di singoli fatti, un centro che sostiene il tutto. Egli pare suggerire che la croce di cui parla Gesù consiste nel vivere  la vita così com’è senza pretendere sconti e senza esigere privilegi. Non giova ottenere tutto dalla preghiera se poi si perde il contatto con la vita, fatta di gioie e di dolori.
La proposta di dover soffrire come Lui aiuta a dare alla sofferenza un senso, un significato. Maturare in questa direzione significa l’accettazione (non la passiva rassegnazione) del presente intessuto di costanza anche nella preghiera povera, che cioè non riesce a metterci in contatto con Dio, ma che sarà in grado, quando meno ce l’aspettiamo, di illuminarci su questo mistero.
24 Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la
Il termine ‘vita’ (psychê, anima), designa la persona umana nella sua totalità. Se uno pensa di salvare se stesso rifiutando le prove e le sofferenze della vita, va incontro alla propria rovina. Al contrario, perdendo se stesso, cioè mettendo a repentaglio la propria vita e i propri beni per gli altri, sulla falsariga delle scelte di Gesù, può conseguire la Vita non soggetta alla morte.
 
Da Teresa d’Avila:
- La preghiera è un intimo rapporto di amicizia, un trattenimento con Colui da cui sappiamo di essere amati.
- Ho trovato Dio il giorno in cui ho perduto di vista me stessa.
- [citazione approssimativa:] nella maturità spirituale le ‘estasi’ scompaiono (Teresa di Gesù, Il castello interiore, 1981), in quanto un'autentica esperienza spirituale consente di pervenire ad un miglior equilibrio psicologico, capace di integrare, gradualmente, affettività e ragione, corpo e psiche.
- La santità non consiste nel fare cose ogni giorno più difficili, ma nel farle ogni volta con più amore.

sabato 11 giugno 2016

XI DOMENICA T.O. anno C



XI DOMENICA T.O. – 12 Giugno 2016

 

Lc7,36-8,3

In quel tempo, 36 uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37 Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38 stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39 Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». 40 Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41 «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42 Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43 Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44 E volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45 Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46 Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47 Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48 Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49 Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50 Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».
1 In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici 2 e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; 3 Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

 

COMMENTO - RACCONTO

 

Il racconto di Luca

Il vangelo di Luca ha degli elementi che differiscono da quelli analoghi riportati dagli altri evangelisti. Anzitutto l’episodio sembra aver luogo in Galilea e non a Betania; e non si riferisce ad un tempo anteriore alla passione, bensì al periodo dell’evangelizzazione di Gesù. La donna ha anche altri tratti inconfondibili, descritti solo da Luca.
La narrazione corre veloce, senza preamboli.
La scena che riproduce l’episodio della cosiddetta “donna del profumo” è di elevata efficacia espressiva. I toni, toccanti, delicati ed appassionanti, mettono in risalto l’audacia e la tenerezza tutta femminile della donna il cui cuore non è del tutto intaccato dal e nonostante il peccato.
Ritenendo che sia giunto il momento giusto per incontrare un Profeta di Dio che non teme il contatto con le donne, che parla di perdono e di amore come nessun altro uomo al mondo, la donna trova il modo di accostarlo. Si introduce nella casa del fariseo Simone senza essere stata invitata e forse spera che nessuno, tranne Gesù, si accorga di lei.
Si apre lo scenario.
La donna, armata del suo vaso di alabastro contenente un  profumo pregiato, ma soprattutto della sua intraprendenza, si pone dietro di Gesù e subito scopre che i Suoi piedi sono impolverati.
Non ha preghiere rituali da recitare perché ignora del tutto ogni norma di pietà legata ad atti esteriori; e non ha nemmeno l’idea della separazione netta tra puro e impuro, bene e male, giusto ed ingiusto, di cui facevano sfoggio i dotti religiosi del suo tempo. Eppure sa escogitare il modo per chiedere tacitamente la sua redenzione a quel Profeta di cui aveva sentito parlare; e la implora col lavacro delle lacrime e il profumo della gratuità.
Il testo la riproduce nell’atto di  piegarsi fino a raggiungere i piedi di Gesù (non la testa, come in Marco e Matteo). Ed ecco: li bagna con le sue lacrime, quasi a voler disciogliere i suoi mali e i legami che stringevano il suo cuore; li bacia e li asciuga con i suoi capelli, sfidando il pericolo di essere riconosciuta come chi espone senza pudore la sua bellezza femminile. Invece, lei aspira in cuor suo soltanto a vedersela restituita integralmente, incontaminata; vuole una bellezza nuova, di persona rigenerata; il profeta, ne è sicura, opererà il prodigio.
Quando cosparge i piedi di profumo, l’atmosfera si impregna di un aroma intessuto di sentimenti delicati. Mai come ora, lei aveva donato amore. Contrita, consegna a Gesù le catene che imprigionano suo cuore, e nella liberazione ritrova la forza di attingere a radici profonde sepolte nel suo intimo, forse da tempo soffocate.
Tra la donna e Gesù corre un’intesa spirituale. Funziona il linguaggio, finora sconosciuto alla donna, del perdono e dell’Amore. Lei non parla, non chiede nulla; parlano invece le lacrime che continuano a sgorgare dal suo cuore spezzato dal pentimento, ma oltremodo fiducioso. E Gesù la lascia fare. Sa leggere nei suoi gesti il desiderio di rinascita e di Amore disinteressato, più grande del suo peccato.

 

Il dialogo tra Simone e Gesù

Il testo di Luca si muove in un’ottica distante da quella degli altri evangelisti che invece sottolineano come l’unzione della donna sia un gesto simbolico, anticipatore della morte di Gesù.
Allora continuiamo a leggere il testo di Luca come unità narrativa unica e ricostruiamo la sua narrazione con la nostra sensibilità (e fantasia).
Il fariseo Simone che aveva invitato Gesù, è infastidito dalla presenza di quella donna ‘pubblica’. La vede ingombrante a casa sua. Non è farisea, non è rabbina, non è colta; non è che una peccatrice. Ma ciò che lo irrita maggiormente è l’atteggiamento di Gesù, il quale non se la toglie sbrigativamente dai piedi. In cuor suo rimugina: «v.39 «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
La percezione che Simone ha del fatto è miope. E perciò Gesù risponde al suo richiamo severo, sottraendosi ad un dialogo serrato con lui che avrebbe confrontato il Suo agire con il codice di purità farisaica. Preferisce assumere la veste della moderazione del buon pedagogo, ricorrendo alla tecnica della parabola che può dare adito a trovare un punto di accordo almeno per via di qualche principio.
Rileggendo i vv.41-43, vediamo che tale accordo si raggiunge. Ma Gesù procede oltre e fa la Sua lezione sul perdono e sull’amore che non conteggia in nessun modo. Poi cerca di toccare il cuore di Simone, promuovendo l’incontro autentico con lui.
Ma alla fine Gesù si rivolge alla donna e le dice con grande autorevolezza: 48: «I tuoi peccati sono perdonati». E aggiunge, v.50:  «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!»
Il fariseo esce di scena in silenzio.

 

E noi?

Cerchiamo di non fare come quel tale che, al termine del racconto, concluse (ma siamo fuori campo: le parole non sono nel testo di Luca): “Ti ringrazio, Signore, perché non sono un fariseo”.

Dio ce ne liberi se dovessimo identificarci con costui!

domenica 5 giugno 2016


X DOMENICA T. O. – 5 giugno 2016

 

Lc 7,11-17


In quel tempo, 11 Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. 12 Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 13 Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». 14 Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!».15  Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
16 Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo
». 17 Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

 

PREMESSE INDISPENSABILI

 

Come leggere i Vangeli

= Da parte di chi legge i vangeli è necessario abbandonare l’idea di trovare, sia tutti i detti e fatti così come sono descritti, sia una corretta cronaca e biografia di Gesù.

= Nei vangeli è registrata soltanto la fede pasquale, cioè quanto i primi evangelizzatori, fervidi credenti dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, hanno saputo assimilare e consegnare alla tradizione del N. T.

= Oggi noi abbiamo il dovere di coltivare la ricerca spirituale in modo da compiere assieme a Gesù, pellegrino instancabile lungo le vie della Palestina, il suo stesso percorso conclusosi con la morte e la risurrezione. Non possiamo limitarci ad avere una fede senza conoscenza e senza quella trasformazione interiore, che ci permetterà di raggiungere, con la fine della vita temporale, il trapasso alla vera Vita.

 

Alcuni cenni su Luca

 

Ecco la sintetica descrizione che troviamo di lui nel “Canone Muratoriano”: medico che, dopo l’ascensione di Gesù, Paolo prese con sé come compagno di viaggio. Egli scrisse in nome proprio e secondo il suo punto di vita, per quanto non avesse visto personalmente il Signore nella carne”.

Quindi Luca non è testimone diretto, ma utilizza, da grande studioso ed attento esegeta,  i dati raccolti nei racconti orali dei primi discepoli (il kerigma), non senza confrontarli con quelli dell’A.T.; li ordina e li riscrive quasi dipingendoli (perciò è corsa fama che fosse pittore!), in un greco raffinato, con rigore, eleganza, incisiva vivacità letteraria.

 

LA TEOLOGIA DI LUCA NELL’EPISODI DEL VANGELO DI OGGI

 

= Gesù si trova davanti ad una scena di dolore e di morte e, mosso da pietà, opera la risurrezione, cambiando il dolore in gioia. Il tutto è ricalcato sulla morte e risurrezione di Gesù, su cui si basa la fede del cristiano, la cosiddetta fede pasquale. Questa apre ai credenti l’orizzonte che trasforma la morte in inizio della vera Vita.

E’ il solo Giovanni a parlare dello stretto legame tra la morte e risurrezione di Gesù. L’esperienza di Gesù rende possibile a noi credenti lo stesso prodigio di trasformazione, tramite la preghiera.

= Ne consegue che non possiamo interpretare il miracolo  di cui parla l’episodio come fatto magico. Leggendo attentamente e pregando il testo, l’orizzonte si dilata pian piano fino a che Dio concede la luce intellettuale per poter capire che la morte di chi crede è Risurrezione. E’ questo il vero miracolo.

= Non è difficile accostarsi a questo mistero. Se spieghiamo ad un bambino cosa è la fede, dopo avergli insegnato a pregare, cioè a “parlare con Gesù”, egli capirà. Noi invece facciamo molta  fatica, e dobbiamo chiederci perché.

 

E’ vera risurrezione quella di cui parla Luca?

 

C’è da dire che l’episodio sembra scritto nel periodo post-pasquale, ma  è presentato come se fosse accaduto prima della morte di Gesù. Da ciò si desume che il contenuto è frutto dell’elaborazione dei suoi seguaci, permeati della fede pasquale. Il racconto si propone di parlare di tale fede in forma analogica, attraverso il racconto.

 

ALCUNI APPROFONDIMENTI

 

 = Nell’episodio, a prima vista, pare che il termine Signore, Kyrios (in ebraico JHWH, cioè Dio), sia attribuito a Gesù. Ma Luca non vuole proclamare l’ingresso in scena del  Kyrios, né quella di un guaritore o di un operatore di miracoli. Rileggiamo il versetto 13, ascoltando il commento di Ravasi: Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei. Non si dice che Gesù, vedendola, ne ebbe compassione, ma che, vedendola (Gesù), il Signore (Il Padre che è nei cieli, Kyrios ) fu preso da grande compassione per lei. Usare misericordia è atteggiamento umano, avere compassione, cioè assumere su di sé il dolore dell’altro, e non con un atto sporadico di condivisione, è azione divina, alla quale il credente si può accostare.

= Ed ecco un altro termine rilevante. Quando il ragazzo riceve l’ordine di rialzarsi, il comando è espresso col termine greco Eghèrtheti, risorgi. La traduzione alzati è impropria; il verbo greco è caratteristico della risurrezione; e la risurrezione è operata da Dio attraverso Gesù.

= L’episodio ha il suo equivalente soltanto nella risurrezione di Lazzaro, di cui parla Giovanni. Luca, ammiccando, come è solito fare, all’Antico Testmento, vede in Gesù il nuovo Elia, il profeta che aveva risuscitato il figlio della vedova sirofenicia.

- E’ bene ricordare che nelle antiche culture era frequente l’utilizzo del genere letterario della risurrezione di un morto. Basti pensare a quanto la cultura egizia ha prodotto per il culto dei morti.