giovedì 19 gennaio 2012

Riflessioni sulla chiesa

Mia premessa: Una lettera che ho copiato per mandarla ad alcuni, perché in essa ho identificato elementi che alimentano il mio desiderio di essere nella chiesa sulla scia dei buoni semi che ho sempre trovato in essa. Qui inserisco pochissimi stralci, rimandando al sito indicato-sotto chi fosse interessato a riflettere sulla lettera nella sua interezza.
Stralci insufficienti, ma tali che permettano di capire, a coloro che fanno dei motivi del dissenso il loro modo di essere nella chiesa, quanto fermento positivo può esserci DENTRO la chiesa, se si sa mantenere un equilibrato senso circa ogni realtà terrena, mai del tutto perfetta; e soprattutto lo spirito costruttivo della vera fede che è sempre profetica; e i profeti pagano di persona. [Quanto duro è privilegiare la via stretta! Più facile è rimproverare, battendo il petto [non il proprio!], in nome del primato di Cristo e del Vangelo] di chi ha il maledetto potere,.
Ecco i pochi richiami:

Lettera di alcuni preti del Triveneto
Dopo la lettera di Natale del 2009 riguardo al Dio in cui non crediamo e al Dio in cui crediamo, dopo quella del 2010 su Gesù di Nazareth, avvertiamo il desiderio di comunicare le nostre esperienze e sofferenze, le nostre convinzioni e speranze riguardo alla Chiesa, guidata dallo Spirito di verità e libertà.
Siamo preti convinti e desiderosi sempre più di testimoniare il Vangelo in questa Chiesa cattolica; ad essa siamo profondamente grati per la fede ricevuta e nutrita; per le testimonianze di fedeltà e coerenza al Vangelo di tante donne e tanti uomini, a cominciare dalle nostre famiglie; per la Parola che continuamente ci provoca e consola; per i sacramenti celebrati con le comunità che serviamo, soprattutto per l’Eucaristia; per la ricchezza spirituale, culturale, umana sperimentata; per lo straordinario patrimonio di profeti e martiri a cui attingiamo luce e sostegno nel nostro cammino.
È questa profonda gratitudine che ci sostiene fortemente nel considerare le ombre e i tradimenti al Vangelo di cui la cronaca è cruda testimone e nell’affrontare la complessità della situazione presente.
Chiedendo coerenza prima di tutto a noi stessi…..
Ci riconosciamo preti nella Chiesa comunità di fede…
La Chiesa vissuta, quindi, nel suo insieme non come fine, ma segno, “sacramento di salvezza” nella storia, nella misura in cui, guidata dalla forza dello Spirito, riesce ad essere fedele al Dio di Gesù e al Vangelo.
Il fine è il Regno di Dio, ‘il sogno’ di Dio sull’umanità: la giustizia, l’uguaglianza, l’accoglienza, il perdono, la pace, il bene…
La Chiesa è nello stesso tempo “santa e peccatrice”, sempre da “convertire”, perché formata da uomini e donne con le loro fragilità, perché istituzione storica segnata da condizionamenti, parzialità, errori….
Crediamo la Chiesa profetica, coraggiosa nell’annuncio del Vangelo, fedele e coerente nella testimonianza, con scelte chiare, da tutti leggibili, che sa dire: “ sì, sì; no, no”.Contro ogni privilegio………..

Sottoscrivono i preti: Pierluigi Di Piazza (Udine); Franco Saccavini (Udine); Mario Vatta (Trieste); Giacomo Tolot (Pordenone); Piergiorgio Rigolo (Pordenone); Alberto De Nadai (Gorizia); Andrea Bellavite (Gorizia); Luigi Fontanot (Gorizia); Albino Bizzotto (Padova); Antonio Santini (Vicenza)
(Il testo integrale della lettera all’indirizzo internet www.centrobalducci.org)



mercoledì 11 gennaio 2012

Del buon uso dell'ateismo (da UOMINI IN CAMMINO)

Giulio Giorello, SENZA DIO. Del buon uso dell’ateismo, Longanesi, Milano 2010
Un inno alla libertà: questo è per me, in estrema sintesi, il libro di Giorello. Al di là delle difficoltà che offre a chi vi si avventura (linguaggio filosofico, citazioni che erano familiari nei lontani anni del liceo, sintassi aggrovigliata...) un messaggio risuona forte e chiaro: chi sceglie di credere sia rispettoso di chi non crede; non a parole, ma praticando una vera convivialità tra corpi pensanti cose diverse in modi diversi.
Continua il cammino del nostro “gruppo-ricerca”: un capitolo alla volta, a volte mezzo, sempre seguito da discussioni appassionate. E’ la vita di ciascuno e ciascuna che si impasta con ciò che andiamo leggendo e approfondendo... e più si cammina più ci viene voglia di camminare.
Anche nel capitolo 5, l’ultimo, è stato un avanzare faticoso: ogni tanto ci guardavamo con occhi scoraggiati... per fortuna l’esperienza accumulata lungo i capitoli precedenti ci ha insegnato la formula magica: andiamo avanti, avanzando capiremo. Ed è stato così. Abbiamo attraversato il deserto medievale in cui si esercitavano i filosofi alla Anselmo di Aosta: in un mondo di illetterati i pochi “intellettuali” (preti e signori, guarda caso) competevano tra loro dimostrando, con logica ineccepibile, che Dio è “ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore”. E Cartesio concludeva che in quel “tesoro” che è l’idea di Dio nella nostra mente scopriamo non solo che “Dio ha tutte le perfezioni”, ma pure che “l’esistenza è una di esse”. Fino all’incredibile interrogativo di Pascal, che dovrebbe ammutolire gli agnostici miscredenti: “Perché una vergine non potrebbe partorire? Una gallina non fa le uova senza il gallo?” (p. 183). Evidentemente Pascal sapeva bene che per far nascere un pulcino bisogna che l’uovo venga fecondato con il contributo del gallo. Quindi nessuna “vergine” potrà mai partorire: il suo corpo si limita a produrre uova, ovuli... come le galline.
Quando la filosofia si applica al soprannaturale diventa teologia. Già, la teologia... Anch’essa è una scienza, attività del pensiero umano intorno al trascendente. Ma qui la questione si complica, perchè il presupposto fondamentale della teologia è la “divina rivelazione”, materia squisitamente non scientifica, indimostrabile, non misurabile. E storicamente soggetta all’autorità dispotica di una gerarchia fascista, che si autoperpetua dominando le coscienze, imponendo obblighi e divieti in nome di assunti dogmatici. Insomma: se lo è la scienza, a maggior ragione lo deve essere la teologia. Che cosa? Luogo di convivialità di ogni pensiero, di tutte le differenze... il luogo più alieno all’autorità che si possa concepire. Solo così ci sembra che ricupererebbe la sua dimensione autenticamente scientifica. Come la filosofia, al cui mondo dovrebbe umilmente e consapevolmente appartenere.
Per fortuna chi non è gerarchicamente sottoposto a quella autorità sta conducendo la propria ricerca teologico-filosofica in totale libertà, soggetta solo alle regole della ricerca stessa. Sono donne e uomini che, come nelle Comunità di Base e nei gruppi di autocoscienza, femminili e maschili, possono gridare alto e forte che “il patriarcato è morto” e scelgono di sottrarre il proprio consenso alle gerarchie, a chi vuole controllare coscienze e ricerca, a chi vuol mantenere in vita magistero e maestri...
Il bivio è tra una “scienza aperta”, tutta dedita a indagare la materialità dell’immanente, e una “teologia chiusa” nel fortino dogmatico di una dottrina sulla trascendenza, sul divino... che costringe alla disoccupazione e alla fame i propri dipendenti che cercano di scalfirne il muro, non potendoli più mandare al rogo. La liberazione viene da fuori, come spesso accade: dalle donne, dagli atei come Giorello, dalle comunità di base, dalle teologie della liberazione, da tutti e tutte coloro per cui il patriarcato delle gerarchie e del dogmatismo è davvero morto; a loro va la nostra riconoscenza e il nostro riconoscimento. Sono loro che nutrono, soprattutto, la nostra voglia e il nostro piacere di ricercare, alimentando lo strumento della cooperazione e dello scambio. La laicità ci appare sempre più come la cifra decisiva della ricerca, anche nel campo cosiddetto teologico. Aria nuova per la scienza e per il mondo!
Beppe
della cominità di base di Pinerolo