mercoledì 18 maggio 2011

Carlo Castellini riporta citazione di Zizola sulla beatificazione di G. P. II

Il giornalista e scrittore GIANCARLO ZIZOLA traccia un profilo equilibrato e critico del papa polacco salito dopo soli sei anni, agli onori degli altari come beato. Sostanziosi ed essenziali i riferimenti all'eccellente BIOGRAFIA, di ANDREA RICCARDI,“GIOVANNI PAOLO II. LA BIOGRAFIA”,San Paolo, Cinisello Balsamo, 2011, pp. 561, Euro 24,OO, secondo il quale Giovanni
Paolo II, si proponeva con la mobilitazione carismatica di massa di costruire una risposta valida sul lungo periodo della crisi di identità del cattolicesimo.
Il testo.
Il processo canonico apertosi per una deroga di BENEDETTO XVI poco dopo la morte del papa polacco nel 2005 si è concluso in modo non meno fulmineo e così, in appena sei anni, KAROL WOJTYLA si trova circonfuso di gloria celeste
mediante la cerimonia di beatificazione in San Pietro il 1 maggio.
Sono state annunciate di contorno veglie di preghiera, canti, concerti e mostre una folla mostruosa di due milioni di persone tale da bloccare la vita normale di Roma, nel giorno abitualmente dedicato alla Festa Universale del Lavoro.
Una sovrapposizione fastidiosa che in epoca di discernimento conciliare del valore del tempo storico sarebbe stata facilmente e ovviamente evitata. L'apoteosi del beato ha trascinato inevitabilmente con sé anche il rilancio del movimento dei “Papa Boys” che si erano dovuti morsicare la lingua per
rinviare di sei anni l'esclamativo “Santo subito”! obbedendo alle discipline canoniche imposte da RATZINGER.
Come era facilmente prevedibile, l'aureola si conferma ancora una volta un utile strumento di glorificazione, meno un buon servizio al discernimento della grandezza storica del soggetto posto sugli altari. L'occasione favorisce l'approccio agiografico, il panegirico degli “exempla virtutis”, meno l'analisi mediante strumenti critici e indipendenti della complessità storica della sua opera.
Per di più il tempo troppo breve lasciato alle indagini e alle verifiche multilaterali nell'istruttoria canonica sulle virtu' cristiane “esercitate in grado eroico” del Servo di Dio lungo l'intera sua vita ha rivelato quanto la decisione finale fosse in certa misura già scritta, comunque funzionale non solo alla rimozione di una matura verifica critica, ma anche alla conferma e
alla messa in garanzia di un paradigma ecclesiologico che in GIOVANNI PAOLO II aveva celebrato il suo trionfo, ma che non esce dalla prova della storia con virtu' incontestabili, anzi ha già rivelato AMBIGUITÀ E LIMITI: L'EQUIVOCO SPIRITUALISTA.

martedì 17 maggio 2011

Un pensiero

C'è un ateo, che va da un rabbino e gli chiede: "Insegnami la tua fede mentre io sto su un piede solo. Il rabbino lo manda a quel paese. Ma c'è un rabbino un po' più tollerante, un po' più buono, un po' più comprensivo, al quale lui si rivolge e gli fa la stessa perentoria domanda: "Insegnami come si fa ad aderire alla tua fede, mentre che sto, dritto in piedi, su un piede solo". Il rabbino gli risponde: "Ama il prossimo tuo come te stesso e non te ne importare d'altro. Il resto è commento".

sabato 14 maggio 2011

Armando sul libro di Ratzinger "Gesù di Nazaret"

Forse non esco molto dai consueti temi degli interventi nei diversi blog.
Mi pare che chiedersi un parere su "Gesù di Nazaret, dall'ingresso in Gerusalemme fino alla isurrezione" dell'attuale papa, sia in linea o possa entrare in linea con il nostro discorrere. Io sto rileggendo questo libro (regalatomi dai miei nipoti), anzi l'ho già riletto, perché non voglio perdere particolari importanti e a volte fugantaj incertezze interpretative.
Mi piace in esso il tono pacato e umile, rispettoso delle recenti conclusioni esegetiche: proprio attraverso la incarnata esposizione di queste si ha l'impressione di riattingere, attraverso una via pù corretta e persuandente, ciò che prima si pensava rimanendo però nella necessità di rinunziare a vedere tutto in coerenza. A volte mi sembra che il teologo mi abbia spiato dentro e abbia aggiunto ciò che doveva rendere coerenti i diversi punti de mio sapere biblico, e indirettamente di fede.
Mi piacerebe che su questo gli amici di queste conversazioni, dicessero le proprie impressioni (magari dopo qualche tempo, quando si è potuto ripenetrare nei contenuti del testo).

Che ne dite?   Armando

domenica 8 maggio 2011

Joelle e la sua replica

Tu, Ausilia, dici: "E questo (il mistero), pur lasciandomi nell'ignoto, richiede la mia parte." Non sono d'accordo sul fatto che il Mistero ci lasci totalmente nell'ignoto, tutt'altro! Perchè se così fosse non avremmo alcuna spinta a cercare e a fare la nostra parte...Solo quando si hanno le tracce si è portati a proseguire la ricerca, altrimenti non esiste motivo. Se nella mia "scatola di cartone" (così chiamo la "realtà di ciò che appare") non ci fossero balenii di luce, resterei quieta nel mio perimetro, ma quegli sprazzi (ma a volte veri fasci di Luce) che bucano questa realtà mi portano a "sentire" la realtà del Mistero, che diviene sempre meno Mistero, man mano che lo Spirito si apre a riceverla! Compatisco le persone che decidono di credere solo a ciò che si vede e si tocca (senza analizzare le loro motivazioni) come fossero pezzi di carne buttati nel teatro di questa (per loro) unica esistenza! Magari persone degnissime, ma è come se portassero una valigia carica d'oro, inconsci del suo contenuto...sacrificando così ciò che c'è di più prezioso.
Joelle 

venerdì 6 maggio 2011

Quel che di sbagliato c'è nel mondo

Ieri una conversazione con persone nelle quali non c'è chi non si possa riconoscere si parlava di quali rimedi andrebbero adottati in Italia per sollevare le condizioni della gente povera fino a rischiare la miseria assoluta. Si è detto di tutto, e il discorso è sfociato nella considerazione globale su problemi di carattere mondiale. Non vi ripeto ciò che ciascuno potrebbe dire alla pari di loro sul prepotere, su ciò che vi si oppone in maniera sempre inadeguata, sulla previsione di una sicura catastrofe verso la quale staremmo precipitando. E allora la ribellione sarebbe l'unico modo per snidare ogni malefatta.  
Ci si muove sempre su sistemi e principi massimi: tutti hanno la loro parte di torto. La sintesi è che tutto è sbagliato per colpa di questo e di quello. Dio, la fede, chi fa del bene, richiamano, in questi discorsi, la fatica di Sisifo, col suo voler far rotolare con sforzi enormi un masso verso l'alto, per vederlo sempre precipitare giù.

La storia non insegna niente a nessuno. Cristo, in pratica, non ha fatto niente perché la sua resurrezione non dice niente a moltissimi. Certamente l'Apocalisse biblica non fa prevedere un futuro splendido, e pochissimi la conoscono, come quasi nessuno attinge alla Bibbia ed ai tesori di grazia che potrebbero essere la nostra garanzia di salvezza.
Cosa ho da evidenziare io in questo desolante quadro?
Penso sempre a quanto la beghina percepiva come risposta alle sue insistenti domande sul male nel mondo: "TUTTO SARA' BENE". Penso all'epoca dello Spirito profetizzata da Gioacchino da Fiore. Non annego in un mare di risposte che hanno molto del vago. Non mi rifugio come  in un buco, nel posto privilegiato della mia coscienza, ma da esso mi metto a contatto col mistero, bussando alla porta che separa la realtà-di-ciò-che-appare dalla Realtà del Mistero. E questo,  pur lasciandomi nell'ignoto, richiede la mia parte. E allora mi propongo di fare diventare vita reale la mia Speranza teologale, ogni momento e in ogni piccola cosa del mio vissuto. Oh se ciascuno mettesse il suo mimimo contributo a far trionfare il bene sul male!
Facciamo presto, sempre e in ogni modo, tutto quello che possiamo noi nel nostro piccolo e nel nostro Grande. Scaviamo nella possibilità di concorrere alla nuova creazione, continua, la quale faveva dire alla Hillesum nell'inferno di Auschwitz: "Dio vuole essere aiutato", e, forte del suo sì, spandeva il seme della speranza e perfino di una felicità, che non fosse fine a se stessa.
Ausilia  




domenica 1 maggio 2011

Ma da dove viene il male del mondo?

Alla domanda si risponde in tanti modi. Perfino nel mondo laico si risponde che tutto dipende da noi. Non c'è teologia o buon senso che possa dare una risposta adeguata. E' vero che l'essere umano è un gran 'guastatore' qunando agisce secondo il proprio egoismo (quasi sempre, anche in maniera mistificata), ma accollargli la colpa di generare il male è... un po' troppo.
Io cerco una risposta quando mi trovo di fronte alle vittime innocenti colpite da atroce dolore, come fa scuola Dostoevjskij. Il dato di fatto è che in noi c'è la speranza ad alimentare una via di uscita, forse anche cercando qualche consolazione. C'è la fede per chi si abbandona al mistero con la fiducia che il senso del male, pur nella sua inesplicabilità, può trasformare la disperazione in  ricerca profonda di senso oltre il sentire umano, nella certezza che tutto, anche dolore e male non significano impossibilità di costruire pezzo per pezzo un'umanità affratellata anziché abbandonata al destino (non sono le parole che aiutano, ma l'aiuto reciproco concreto). E' soprattutto la capacità di mettere a posto dell'odio l'amore.
Anche il Dio in cui crediamo in diversi modi (anche negandolo), non può non essere che dalla nostra parte. Il male non può venire da Lui. E la nostra fratellanza non può escludere Lui, presente in chi subisce il male, regalandoci uno squarcio per scorgere in seno al mistero un seme di verità al di là dei nostri poveri ragionamenti.
Ausilia