venerdì 28 aprile 2017

I DUE DISCEPOLI DI EMMAUS


III DOMENCA DI PASQUA anno A

Lc 24, 13-35

13 Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme,14 e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.15 Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste;18 uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?».19 Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23 e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25 Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26 Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27 E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto. Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32 Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33 Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35 Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

 

Commento

 

1) L’ARTE DESCRITTIVA, IL RACCONTO, IL SUO SENSO PROFONDO

- Siamo di fronte ad uno splendido testo, che ci fa assistere ad una scena di straordinario fascino. Luca è un grande creatore di atmosfere che toccano la sensibilità e giungono nel profondo del cuore. E tutta la narrazione attraversa le varie fasi dello svolgimento dei fatti con grande pathos.

- Mi permetto, però, di aggiungere un PREAMBOLO, che, nel parlare del vangelo di Luca, è in un certo senso necessario.

Se è certo che l’evangelista è artista nell’uso della penna, un confronto tra arte e realtà storica non regge. Il mondo va spiegato soprattutto attraverso entrambe queste due vie (trascuriamo di parlare della via della scienza che ha fatto progredire e regredire la realtà creata…). L’arte, con il suo trascendere la realtà concreta, può aprire orizzonti sempre nuovi di conoscenza, in quanto svincolati dal confronto con la storia; ed è questa libertà di espressione, propria dell’arte, a stimolare il gusto del Bello, immancabile compagno del Bene. Lo scopo dell'arte consiste, come dice A.Tarkovskij, nell'arare e nel rendere soffice l'anima [dell'essere umano] in modo che sia atta a rivolgersi al bene.

La conoscenza storica, se legata soltanto ai fatti, potrebbe precludere la possibilità di scavare in essi; i quali, anche quando sono pochi e imprecisi, danno lo stimolo giusto all’artista e al ricercatore di fare quello scavo, che di interrogarli sempre più in profondità.

- Questo preambolo per dire che la storia raccontata sui discepoli di Emmanus è resa affascinante dal genio artistico di Luca, ma permette una lettura più vera e più ricca di quanto non sarebbe una semplice cronaca. Ammettiamo pure che i due non siano stati con Gesù e non abbiano dialogato con Lui come è scritto, ma ciò che è narrato di loro rispecchia l’umana realtà in ricerca di senso.

 

ATTRAVERSO E OLTRE I FATTI

- Il racconto, riportato solo da Luca (per pochi tratti anche da Marco), è reso con il linguaggio e con la prospettiva teologica, che ricapitola i temi più caratteristici di tutta la sua opera.

- E’ possibile che sia stato l’evangelista stesso a comporre il racconto a partire da tradizioni autonome.

- È cosa strana che gli studiosi non si siano ancora accordati sull'identificazione esatta del villaggio di Emmaus citato dall'evangelista Luca: tre o quattro località si contendono ancora questo onore.  

- Un’ipotesi di alcuni studiosi: siccome questa pagina di vangelo nei primi tempi delle comunità cristiane si porgeva ai fedeli il lunedì di Pasqua, la ‘fuga’ dei due discepoli era letta come una scampagnata fuori porta, che si concludeva con l'incontro con il Risorto. Eppure niente di più serio della loro partenza e del tornare sui propri passi.

- La costruzione e le parole usate nel racconto sono solo la splendida cornice di due elementi cardinali:

a) Il cammino, dall’alta valenza simbolica, rappresenta il momento dell’ascolto, durante il quale il messaggio della fede si fa strada lentamente, attraversando le vie del cuore e della mente.

b) Il compiersi della rivelazione del Cristo risorto è la soluzione del dubbio, che fa tornare alla Gerusalemme, luogo della presenza di Dio.

- L’inizio del cammino dei due era stato un allontanarsi dal Crocifisso, perché la crisi della croce sembrava aver seppellito ogni speranza. A motivo di ciò camminavano tristi, cercando di diluire  l'angoscia in un flusso di parole: conversavano e discutevano, senza ricordare nemmeno che la  morte di croce di Gesù era stata annunciata, non solo da Lui stesso, ma anche dalla Scrittura antica. Si trovavano paralizzati in quell'anfratto dell'esistenza che è il Sabato Santo, davanti a un sepolcro vuoto che avvolgeva e frantumava i bei ricordi dell’attesa e della speranza, e li sigillava con la parola ‘fine’.

Luca ci fa vivere l'abisso del dolore nel quale erano caduti, e il loro riemergere dallo sconforto, quando le parole avranno modo di snodarsi in un’invocazione toccante e pressante: Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto. E il Cristo non può non ascoltarli: resta ancora con loro e si fa riconoscere.

Se nell’ascoltare il Gesù che ancora non riconoscevano, il cuore ardeva nel petto, allo spezzare del pane i loro occhi si aprirono e lo riconobbero. Cantava la scrittrice tedesca Gertrud von le Fort: La polvere dei nostri atomi si raccoglie... / Tu entri nel cuore della nostra solitudine, / per dischiuderla come una porta spalancata... / Siamo un solo corpo e un solo sangue.

E' questo il paradosso di Emmaus: l'assenza diviene la presenza più autentica, al punto di divenire un fiume in piena che tracima. Chi, come i discepoli sulla strada di Emmaus, ha incontrato Cristo vivo e si è lasciato attrarre da Lui sino a vivere la sua stessa vita, può percorrere le strade de le infinite Emmaus di persone deluse; può farsi compagno di viaggio dell'infinita schiera di tristi viandanti, e innescare il fuoco della speranza nei loro cuori disperati.

 

COSA SIGNIFICA RICONOSCERE CRISTO

Aspettavano un Gesù diverso: Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele.

Ma la vittoria di Gesù è su un altro versante. È la vittoria della croce, che è difficile capire ed accettare. Anche dopo duemila anni, di fronte alla prova personale, alla fatica, alle delusioni, è difficile pensare che lì il Signore vince ed è presente risorto; che la strada la quale fa soffrire è quella che salva.

Anche il nostro è a volte un cammino per una strada in terra battuta e assolata che da Gerusalemme conduce a Emmaus. Anche noi siamo in fuga. Non crediamo più che le situazioni possano cambiare in meglio, che l'umanità possa una buona volta risorgere. Non ci fidiamo di ciò che dicono su Gesù gli altri, i cristiani, la chiesa, i preti… per di più non è finita: l’aridità tornerà ad assalirci ancora e torneremo a non crederci: se la fede non è radicata in noi, una qualche prova sconquasserà ogni certezza.

Riconoscere Cristo è riscoprirlo attraverso le crepe che si annidano in ogni situazione. Come dice in una breve e splendida poesia Leonard Cohen, C’è una crepa / in ogni cosa. / Ed è da lì / che entra la luce.

 

LO SCONTRO DEGLI EGOISMI NEL MONDO ODIERNO

Purtroppo la luce che passa tra le crepe trova un altro ostacolo più insidioso: ci assedia la voglia di pensare solo al quotidiano così com’è, chiudendoci nel nostro egoismo, forse perché, soprattutto oggi, non sappiamo cosa fare di fronte al garbuglio inestricabile di un mondo globalizzato. Né ci aiutano le politiche col loro parlare linguaggi del tutto opposti al loro interno, privi come sono del senso della VERA POLITICA, costruita su principi saldi, quali quelli che prima offrivano, bene e/o male, la religione, i principi morali, le buone tradizioni. Dobbiamo riconoscere che l’essere figli di una società tecnologica e multimediale, non gioca a nostro favore nel campo della fede. Ormai tutto deve poter accadere in tempo reale e noi non ci siamo ancora messi in cammino pretendendo di essere già a destinazione.

D’altra parte chi va a fare il confronto tra i fatti attuali e quelli dei discepoli di Emmaus?

Detta così, non è facile rispondere.

Don Tonino Bello si esprimeva con un altro linguaggio: il nostro occhio è spesso fermo su ciò che muore, ma non riusciamo a riconoscere quei germogli che già dicono il sorgere di una nuova alba. Non può recare liete notizie chi non proviene dal futuro.

 

c) PERSONALE

Non regge più, almeno secondo me, la concezione che fa della sofferenza lo strumento più efficace per collaborare con Cristo a salvare il mondo dallo sfacelo.

- La domenica scorsa, ho ascoltato in mezz’ora, le interviste della giornalista Lucia Annunziata. Sono state messe in evidenza le contraddizioni terribili provocate in seno al MOAS, operazione di salvataggio di migranti, divenuta in gran parte vero e proprio traffico di esseri umani da parte dei prepotenti. Quando ho visto ciò attraverso un video, sono rimasta inorridita. Terribili atrocità accadono a pochi chilometri di distanza dal nostro suolo: cadaveri recuperati ed altri corpi inghiottiti dalla acque, poveracci in preda alla fame e alla sete, donne incinte e bambini in lotta contro la sventura…

In preda al dolore, sono rimasta alcuni giorni senza poter commentare l’episodio descritto da Luca.

Come parlare di fede quando la carne viva di esseri umani  grida vendetta?

- La morte crudele della figlia Annie, distrusse le tracce della fede che Charles Darwin aveva in un universo intessuto di moralità e giustizia.

E Darwin è solo uno, fra migliaia di personaggi famosi della storia in preda al dilemma di non poter conciliare il credere in Dio con la morte e la sofferenza regnante dappertutto.

Qualcuno ha scritto che perfino Gino Strada, il celebre medico chirurgo fondatore di Emergensy, organizzazione di medici volontari presenti in molti paesi a soccorso delle vittime della guerra, da qualche tempo non sorride più, nemmeno quando viene intervistato in televisione. Dopo aver assistito a tante guerre, è profondamente deluso e dubita che l'uomo sia capace di costruire la pace. Vedi caso, la stessa tristezza che ha preso i discepoli di Emmaus!

- La tristezza invade anche me.

Eppure, ce l’ho impresso nel cuore: Colui che salva è sulla nostra stessa strada, cielo che prepara oasi ai nomadi d’amore (G. Ungaretti).

Testardamente, continuo a pregare. E riesco, col cuore in gola, a ripetere gli ultimi versi del salmo 15 proposto dalla liturgia:

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

Sì, sarai Tu stesso, o Dio, ad indicarmi il sentiero della vita.

Ma, ti prego, fallo trovare a tutti, anche allo sbandato e crudele bandito di Budrio (per citarne uno!).

Non accetterei la Tua salvezza, se solo uno come lui ne fosse privato.

Con bonomia Filippo Neri, il santo presbitero che ai bambini irrequieti ripeteva spesso State fermi se potete, soleva anche ripetere un’altra frase che fa al nostro caso: credo all’inferno perché così vuole la chiesa, ma ritengo che sia sempre vuoto.

venerdì 21 aprile 2017

II Domenica di Pasqua


II DOMENICA di PASQUA

 

Gv 20, 19-31

19 La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». 22 Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».

24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25 Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».

26 Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 27 Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». 28 Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».

30 Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. 31 Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

 

Commento

 

1) ELEMENTI ESEGETICI CRITICI

- Pare agli esegeti più critici che l’autore del IV vangelo abbia ripreso e drammatizzato il tema del dubbio, che originariamente compariva nella narrazione della apparizione ai discepoli. Poiché nessun altro racconto evangelico di una apparizione dopo la resurrezione presta tanta attenzione all’atteggiamento di una persona nei riguardi di Gesù Risorto quanto la storia di Tommaso, egli sarebbe diventato nel vangelo di Giovanni la personificazione di un tale atteggiamento di dubbio. E forse l’esortazione che suona come un imperativo al v.27 - e non essere più incredulo ma credente! - è una forma concisa di un detto originariamente associato alla missione di Gesù: rivelare la presenza di un Dio Padre a tutti.

- La confessione di Tommaso al v.28 - Mio Signore e mio Dio! - serve ad uno scopo teologico ben definito: se Tommaso è divenuto il portavoce del dubbio apostolico, l’evangelista non lo abbandona a quella parte non invidiabile, ma sistema le cose in modo che le ultime parole pronunciate da un discepolo nel Vangelo siano espressione di piena fede cristiana. Ma la cristologia estremamente sviluppata di questa confessione appartiene ad un periodo posteriore.

- Anche il detto del v.29 - Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno! - riflette un problema teologico dell’ultimo scorcio del I secolo, epoca in cui i testimoni oculari apostolici  si stavano estinguendo; esso può contenere una più antica beatitudine, scritta in maniera nuova.

- L’unico fatto fondamentale che può trovarsi alla base di tutta la drammatizzazione, è che Tommaso  era uno di quelli che inizialmente non credettero quando Gesù apparve ai discepoli; e i versetti di questa pericope allora, sono il culmine, il punto più alto della cristologia e della fede.

- L’unione dei titoli ‘Signore’ e ‘Dio’ non è una novità storica assoluta. Compare nella letteratura religiosa pagana ed è rappresentata nel Dominus et Deus noster ostentato dall’imperatore Domiziano, il quale era probabilmente l’imperatore in carica quando il Vangelo fu scritto, e contro le cui pretese era diretto il Libro dell’Apocalisse. Nondimeno gli studiosi sono d’accordo che la fonte di Giovanni di questi titoli è biblica, perché combina i termini usati dai LXX per tradurre YHWH (=kyrios) e Elohim (= theos). L’espressione più simile alla formula giovannea è quella del salmo 35,23: Mio Signore e mio Dio.

- L’uso neotestamentario del termine Dio per Gesù, all’epoca in cui fu scritto il IV vangelo, non era ancora divenuto una formulazione dogmatica, ma era presente in un contesto liturgico o celtico.

Per Gioanni è, piuttosto, una risposta di lode al Dio che ha rivelato se stesso in Gesù Cristo. Allora le parole che Tommaso dice a Gesù sono la voce del popolo che ratifica l’alleanza che il Padre ha fatto di sé attraverso Gesù. Come Osea (Os 2,25) aveva promesso, un popolo che prima non era un popolo, ora ha detto: Tu sei il mio Dio.

 

2) SGUARDO AL TESTO in alcuni punti salienti

- L’apparizione di Gesù avviene otto giorni dopo, cioè quando la comunità si ritrova per l’Eucaristia [Nei vangeli Gesù non concede mai manifestazioni private o visioni particolari].

La scema è ambientata nel luogo più popolato di ricordi: il cenacolo, una semplice sala al piano superiore di un edificio della vecchia Gerusalemme. Là infatti avrà inizio il ministero apostolico, là saà donato lo Spirito Santo, là sarà offerto all’umanità il segno della riconciliazione, e ora proprio là Tommaso, uno degli apostoli, vive l’esperienza di un incontro speciale con il Risorto, il quale gli farà sentire in cuore che il miracolo più grande…è credere!

- L’insistenza sul dato cronologico delle due apparizioni -  il primo giorno dopo il sabato - mostra l’intenzione dell’evangelista di presentare l’incontro di Gesù con i suoi nel cenacolo come il prototipo dell’assemblea domenicale della comunità cristiana.

- Nella prima apparizione Tommaso, conosciuto come Didimo (il nome Tommaso in aramaico, tradotto in greco significa gemello) non era con gli altri discepoli quando Gesù si era manifestato risorto e quando essi gli gli avevano annunziato - Abbiamo visto il Signore - Lui non negava questa possibilità, ma aveva un disperato bisogno di credere consapevolmente.

- Il fatto che Gesù abbia dovuto dire due volte pace a voi, significa che prevaleva tra i discepoli lo spavento. E’ chiaro che anche gli apostoli, i quali avevano una grande familiarità con Gesù, facevano fatica a credere alla sua resurrezione.

- La seconda apparizione, otto giorni dopo la Pasqua, sembra invece essere quasi una apparizione particolare, riservata in modo speciale a Tommaso per mostrare da un lato il cammino dal dubbio alla fede, dall’altro per invitare tutti a credere, anche senza vedere, attraverso l’incontro con l’annuncio dei testimoni del Risorto.

È proprio questo aspetto quello sul quale la tradizione bizantina ha concentrato la propria attenzione, al punto tale che questa domenica è comunemente chiamata “dell’incredulità di Tommaso”.

Gesù sembra servirsi della limitatezza dell’orizzonte di Tommaso per insegnare qualcosa a tutti.

Se Tommaso brilla per la sua incertezza, non è che gli altri discepoli fossero certi nella loro fede (cosa che il famoso quadro del Caravaggio rende benissimo dove, quasi in secondo piano, le facce degli altri due discepoli esprimono la curiosità, la meraviglia e lo stupore che derivano da un grande dubbio).

Gianfranco Ravasi, il noto biblista, commentando questa pagina dice: Questo equilibrio, certamente difficile, tra segno e adesione, se da un lato ci invita a liberarci da una religiosità che vuole moltiplicare a ogni passo miracoli e apparizioni per stimolare e quasi drogare la fede, dall’altro ci esorta a non concepire la fede come un affondare nell’oscurità del mistero. Il mistero cristiano non è un gorgo di tenebra e di assurdità, ma un infinito orizzonte di luce.

La fede è l’incontro dell’uomo con Gesù vivente, che ha vinto la morte. Questo incontro diventa l’inizio di una nuova relazione della persona umana con Cristo, il quale vive in intimità la sua relazione filiale col Padre e ne rende partecipi tutti coloro che accettano di credere.

- Non sappiamo se Tommaso abbia messo oppure no il suo dito nelle ferite di Gesù e la sua mano nello squarcio del costato. Il finale infatti ci svela la vera intenzione dell’Autore e lo scopo che persegue: si tratta del credere senza vedere da parte dei futuri credenti, i quali, a differenza dei primi discepoli, non fruiranno più di alcuna apparizione di Gesù e tuttavia crederanno.

- Nell’epoca dei Padri della chiesa si è sviluppato un tratto distintivo della Domenica: la gioia. Lo vediamo anticipato già nel vangelo odierno: E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

- Le due parti del racconto mostrano la dinamica della comunità nascente di cui Tommaso faceva parte. Egli vive il passaggio dall’incredulità alla fede, e lo contagia agli altri. Quindi Tommaso non solo non è incredulo, ma vero apostolo, ed esplode nella più grande professione di fede di tutti i vangeli.

Ebbene, nonostante questo, Gesù replica: Perché mi ha veduto hai creduto. Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto. L’esperienza della risurrezione di Gesù non è un privilegio concesso duemila anni fa a un piccolo gruppo di persone, ma è dono offerto a tutti coloro che accoglieranno il messaggio e lo tradurranno nell’operosità missionaria. L’assenza di Tommaso è un regalo che Gesù fa alle generazioni future, noi compresi. Infatti l’incredulità di Tommaso è la nostra. Il suo proverbiale voler mettere il dito nella piaga, ci permette di essere testimoni con lui. Il Maestro lo invita a toccare con mano ed è come se anche noi potessimo sfiorare quelle piaghe. E’ allora che Tommaso cade in ginocchio, esclamando: Mio Signore e mio Dio! L’incredulità dell’apostolo dà modo di apprezzare ancora di più il dono inestimabile che fa Dio, toccando il fondo del nostro cuore e facendoci scoprire nelle piaghe dl Crocifisso la via di accesso alla vera FEDE.

 

3) Altre suggestioni tra citazioni e riflessioni personali

Gregorio Magno dice: a noi giovò più l’incredulità di Tommaso che non la fede degli apostoli.

Padre Lev Gillet, che firmava le sue opere con lo pseudonimo “monaco della chiesa d’oriente”, commentando l’episodio di Tommaso diceva: “Il vangelo ci mette in guardia contro ogni presentazione del messaggio cristiano che eliminasse la croce e la crocifissione. Ci sono alcuni che addolciscono e umanizzano il Cristo fino a farne un soave e amabile maestro di morale, così come altri gnostici o altri che si riempiono di idee di incarnazione, di trasfigurazione, di deificazione e che, nella loro concezione della salvezza, non hanno più posto per la croce. Noi sappiamo che un Cristo che non porti il segno dei chiodi non è autentico..

- L’episodio di Tommaso suggerisce ancora un altro pensiero. Possiamo oggi toccare con le nostre mani la carne martoriata del Salvatore? Certo, questa possibilità è data ad ogni essere umano perché Gesù viene in una maniera invisibile e reale nelle creature che ci circondano, e soprattutto nel volto del fratello.

- La pasqua può essere una sfida: anche noi, come Gesù, possiamo risorgere ed essere apostoli/e della risurrezione.

(Parlo usando la prima persona al plurale, ma mettendo in causa me stessa).

Le nostre fughe frettolose o le nostre pietre pesanti possono non avere l’ultima parola.

Possiamo fare esperienza del fermarci e dello stare ai piedi di Gesù, in ascolto della sua Parola. La quale, poi, ci dirà di andare, indicandoci il cammino da percorrere.

Scommettiamo sull’Amore, tessendo legami, non solo con chi è cosa piacevole ed utile fraternizzare, ma anche con chi ha solo un briciolo di fede e per di più sommerso dalle prove, tanto da non riuscire a trovare la bussola della fede, e della gioia della fede

Non basta dire ‘la parola buona’. Ascoltiamo piuttosto, facendo nostre le difficoltà altrui anche con il semplice ascolto.

domenica 16 aprile 2017

Pasqua di Risurrezione Anno A


Pasqua di Risurrezione anno A

Gv 20,1-9

1 Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2 Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!".

3 Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro.

4 Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5 Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6 Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7 e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8 Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9 Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

[10 I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.]


Commento



1) La ricorrenza liturgica e il suo significato

 

= La Domenica delle Palme, che la scorsa settimana i cristiani di tutte le confessioni hanno celebrato alla stessa data, ha aperto le liturgie della settimana santa, culminanti nella notte pasquale.

= I racconti pasquali si differenziano tra di loro: diversità a proposito della scoperta del sepolcro vuoto e dell’incontro con il Risorto, varietà dei personaggi implicati e dei percorsi con cui arrivano a credere. In Luca le donne sono tre più le altre donne (24,10), in Marco le donne sono tre (Mc 16,1), due in Matteo (28,1) e una in Giovanni. E nessun vangelo descrive la risurrezione di Gesù, ma tutti e quattro offrono indicazioni su come incontrare il risorto. L’apocrifo Vangelo di Pietro [scritto verso il 150 d.C.] descrive in maniera fantasiosa la risurrezione, così come verrà poi presentata iconograficamente dall’ XI sec. in poi.

= Se il fatto in sé della resurrezione non è raccontato da nessun autore del Nuovo Testamento, la fede nella risurrezione va al di là di ogni racconto: è da essa che prende senso la morte come passaggio alla vera Vita e che prende senso la vita umana, l’impegno etico, la donazione generosa, il servizio umile, lo zelo di comunicare l’amore di Dio a tutti.

Il filo conduttore che unisce al Risorto è la testimonianza di coloro che hanno vissuto quella prima esperienza di Gesù come colui che ha compiuto la sua missione nella terra fino al versamento del sangue, e che ci indica come farla divenire feconda anche in noi.

La missione (non il proselitismo!) del cristiano è testimoniare la fede nella risurrezione.

Se la nostra generazione è nell’insieme poco interessata alla risurrezione, è perché la collega soltanto alla morte. Gesù invece la collega anche alla vera Vita. C’è, nella tradizione cristiana, una parola non cristiana che dice Memento mori, ricordati che devi morire. La parola cristiana è invece: ricordati che devi risuscitare. La vita cambia se la si vive come preparazione alla risurrezione.

[Proprio pochi giorni fa a Tanta e Alessandria d’Egitto abbiamo visto la violenza esercitata da chi si oppone a chi ha questa fede: da tempo i copti in Egitto sono vittime di ripetute violenze e stragi; e nonostante queste, essi non rinunciano a testimoniare la propria fede anche pubblicamente].

 

2) Uno sguardo al testo del vangelo di Giovanni

 

= Il cap.20 del vangelo di Giovanni (l'ultimo capitolo, poiché il 21° è stato aggiunto in una successiva redazione) contiene l'episodio della tomba vuota e tre apparizioni: la prima a Maria di Magdala (20,11-18); la seconda ai discepoli senza Tommaso (20,19-23); la terza ai discepoli con Tommaso (20,24-29).

La scena che leggiamo nel brano di oggi, si svolge davanti al Sepolcro Vuoto di Gesù.

Il racconto è molto lineare: Maria aspetta l’alba per andare al sepolcro. Arrivata, lo trova vuoto e pensa ad un furto; perciò si ferma lì, sicura che il corpo è nei pressi di quel luogo.

Successivamente entrano in scena Pietro e l’altro discepolo. La tradizionale inaffidabilità femminile in ambito testimoniale viene scardinata dal rapporto circostanziato di Simone e dell’altro. Se si ammette per quest’ultimo l’identificazione con Giovanni, ossia con l’autore del IV vangelo, il testo diviene ancor più stupefacente: scritto verso la fine de I secolo, cioè a distanza di diversi decenni dagli avvenimenti narrati, riesce a trasmettere l’afflato vivissimo che certamente deve aver caratterizzato quei momenti.

L’altro discepolo si accorge che la pietra sepolcrale è stata rimossa e, senza entrare nel sepolcro, fugge di corsa ad avvertire Pietro. E questi è il primo ad entrare (perché è stato il primo a sperimentare la fedeltà del Signore nella sua infedeltà?). Assieme vedono il lenzuolo che prima era voluminoso per il fatto che raccoglieva il cadavere di Gesù ed ora è disteso, caduto. D’altra parte l’unica cosa che c’era da vedere in quel luogo erano le bende mortuarie. Ma che cosa avevano di speciale quelle stoffe? Giovanni vuole semplicemente affermare che queste non costituiscono una prova certa per autenticare la risurrezione del Cristo. Il lenzuolo, diremmo oggi, poteva unicamente fungere da ‘indizio’ della Risurrezione; ma se esso non fosse stato nutrito da un atto di amore profondo per il Maestro di vita, Gesù, non si sarebbe approdati da nessuna parte.

 = Due elementi dominano l'intero racconto: l'incapacità di capire da parte di di tutti i personaggi, e un notevole movimento diffuso, che dà l'idea del trambusto, dell'inquietudine, dell'agitazione. In ciò possiamo leggere l'ansia del primo nucleo della chiesa nascente, che cerca i segni del Risorto. E in questa ricerca si delineano diversi atteggiamenti: c'è l'affettuosa apprensione di Maria, la veloce e agile intuizione del discepolo amato, la lentezza, forse prudente, di Pietro.

Ciò che unisce i tre personaggi è la comune collaborazione: ognuno dice all'altro il poco che ha visto o intuito, e così, insieme, arrivano a capire qualcosa, solo qualcosa, di ciò che è successo. Nella Chiesa la fede non è mai un fatto privato, ma un comune cammino nel Cristo risorto.

= Il cammino della fede, lungo e travagliato, è ancora agli inizi; non è ancora arrivato al punto tale da trasformare questi disorientati testimoni in araldi della fede. Ecco perché i due discepoli se ne tornano di nuovo a casa. A loro mancava ancora un tassello importante: Non avevano, infatti, ancora compreso le Scritture, che avrebbero dato loro una completa e più profonda comprensione del mistero di cui furono inconsapevoli testimoni. Per questo si dovrà attendere il dono dello Spirito nella Pentecoste (Gv 16,13).

Non è da trascurare un particolare: il sudario, non menzionato al momento della sepoltura, qui, invece, è meticolosamente descritto: ... il sudario, che gli era stato posto sul capo, non era per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Tale menzione ha una duplice finalità: da un lato, suggerisce che il cadavere non è stato trafugato, come aveva dimostrato di temere la Maddalena; e dall'altro, viene evidenziata la sostanziale differenza rispetto alla risurrezione di Lazzaro, il quale esce dalla tomba ancora avvolto dalle bende e dal sudario, segno di una morte solo momentaneamente sconfitta, ma non definitivamente vinta. Gesù, invece, se ne libera da solo, subito e in maniera  definitiva: segno di una morte che non ha più alcun potere su di lui.

In vero i primi ‘testimoni’ non avevano alcuna idea della realtà della risurrezione: attingevano alla Scrittura nozioni alquanto vaghe, riferite al giudizio universale.

= Tutte le religioni che prevedono la reviviscenza o quantomeno la non-estinzione dell’anima del defunto, presuppongono la fine della vita terrena, dopo la quale la persona (riappropriandosi o meno di un corpo) inizierebbe un'esperienza nuova: rinasce.

Solo successivamente il Cristianesimo afferma la verità, sanzionata con un dogma, che la risurrezione di Gesù in anima e corpo, anticipa e preannuncia la risurrezione della carne per tutti gli uomini.

 

3) Suggestioni

 

Sarebbe cosa buona sospendere, almeno a Pasqua il consueto operare e mettersi in puro ascolto della sconvolgente rivelazione del Crocifisso; dare ascolto alla voce che il cuore riconosce e che dice attraverso il salmo: Cercate il mio volto!

Chi ne è capace oggi, quando domina un ben altro concetto di festa? Chi saprà fare spazio al Dio di Gesù? La sfida è quella di far precedere alla ‘festa’ la scena della croce, mettendo a tacere spiegazioni e aspettative troppo umane, per credere in modo nuovo, da risuscitato.

Quanto a me, si impone un’altra suggestione terra terra: non può bastare la fede nel Risorto se non la si vive concretamente, riconoscendo i segni della risurrezione nella bocca sfamata, nella famiglia stentatamente ricostruita, nel poveraccio che gusta un abbraccio che gli è stato negato, nel cuore ‘confortato’ a fatti, nella guerra evitata attraverso la presa di responsabilità di contribuire a creare una cultura di pace a partire dal pochissimo che si può fare… Di Dio si potrà parlare quando si sarà fatto risorgere qualche disperato e qualche situazione disperata…

 

4) Una mia poesiola di decenni fa

 

Pasqua di risurrezione

Pasqua è passaggio

da frantumi di vita alla vita totale

il cui seme è divenuto germoglio

di primavera dopo l’inverno

Pasqua è tappa

d’incessante cammino dall’ingresso

trionfale -nel cui sfondo è la Croce-

verso la Vita che non muore

Pasqua è Origine pura

da cui veniamo e che in segreto

accompagna ogni sogno

di liberazione totale

Pasqua è mistero

pegno di risurrezione

dal dolore dalle prove dal male

che attraversa l’Universo

Pasqua sia per te speranza

mai del tutto compiuta

che alimenta il desiderio

di vita di vita di vita

Non andare o amico/a

oltre tal desiderio

Questo basta a rendere vera

la pasqua parziale dell’oggi

 

 

 

 

 

 

sabato 8 aprile 2017

DOMENICA DELLE PALME - PASSIONE E MORTE DI GESÙ


DOMENICA DELLE PALME - PASSIONE E MORTE DI GESÙ

                                                                                 

Mt 26,14-66
In quel tempo, 14uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti 15e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. 16Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo. 17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 18Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». 19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. 20Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. 21Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». 22Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». 23Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. 24Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». 25Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto». 26Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». 27Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, 28perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. 29Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio».30Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 31Allora Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge. 32Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». 33Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». 34Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». 35Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli. 36Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». 37E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. 38E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». 39Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». 40Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? 41Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 42Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». 43Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. 44Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. 45Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. 46Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». 47Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. 48Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». 49Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. 50E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. 51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. 52Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. 53O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? 54Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». 55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. 56Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono. 57Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. 58Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire. 59I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; 60ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, 61che affermarono: «Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”». 62Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». 64«Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo». 65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; 66che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». 67Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, 68dicendo: «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?». 69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». 70Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». 71Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». 72Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». 73Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». 74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. 75E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
27,1Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. 2Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato. 3Allora Giuda – colui che lo tradì –, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, 4dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». 5Egli allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. 6I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». 7Tenuto consiglio, comprarono con esse il «Campo del vasaio» per la sepoltura degli stranieri. 8Perciò quel campo fu chiamato «Campo di sangue» fino al giorno d’oggi. 9Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: E presero trenta monete d’argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, 10e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore. 11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». 12E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla. 13Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». 14Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. 15A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. 16In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. 17Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». 18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. 19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». 20Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. 21Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». 22Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». 23Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!». 24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». 25E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». 26Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. 27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. 28Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, 29intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». 30Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. 31Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo. 32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. 33Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», 34gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. 35Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. 36Poi, seduti, gli facevano la guardia. 37Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». 38Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. 39Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo 40e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». 41Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: 42«Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. 43Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». 44Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo. 45A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. 46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». 48E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. 49Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». 50Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. 51Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, 52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. 53Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. 54Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!». 55Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. 56Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo. 57Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. 58Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. 59Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito 60e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. 61Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria. 62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, 63dicendo: «Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore, mentre era vivo, disse: “Dopo tre giorni risorgerò”. 64Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: “È risorto dai morti”. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». 65Pilato disse loro: «Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete». 66Essi andarono e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono le guardie.
 

Commento

 

1) In cerca di veridicità storica

 

PREMESSA

Il molto materiale che questa domenica offre la liturgia non permette un lavoro esegetico adeguato e completo. Né sarebbe utile inseguire la trama del racconto, in cui non pochi dettagli si collocano tra tradizione e documentazione in maniera indistinta.
Cerchiamo, allora, di discernere cosa è essenziale, non senza chiederci perché l’evangelista di riferimento, Matteo, li racconta. E’ in gioco l’identità di Gesù in rapporto a Dio, in modo che anche noi, suoi fratelli, possiamo stabilire lo stesso rapporto. E non solo perché cristiani, ma in quanto esseri umani.
a) IL PROCESSO GIUDAICO
Il vangelo di Matteo, soprattutto nella parte riguardante la passione e morte di Gesù, contiene parecchie pagine innestate su una trama molto antica, detta protovangelo, il quale, a sua volta, è fondato sul Credo antiochieno, il più antico di tutta la chiesa.
Sullo sfondo del processo che determina la condanna a morte di Gesù c’è il Sanhedrin, trascrizione aramaica della parola greca sinedrio composto da settanta membri più il sommo sacerdote.
Al vertice delle accuse contro Gesù ci sono le parole di Gesù, che riportiamo (vv.63-65): Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio. Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo. Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia.
La bestemmia di Gesù riguarda l’evocazione del messia così come è descritto nel testo di Daniele: …il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto (Dn 7,14).
E’ fuor di dubbio che l’autore del IV Vangelo, Matteo, appartiene ad una comunità giudaica, la quale contestava la propria origine.
b) IL PROCESSO ROMANO
Eppure, il sinedrio giudaico non poteva emanare la sentenza di condanna a morte per un motivo religioso del tutto estraneo ai governatori romani.
Entra, perciò, in campo Ponzio Pilato.
Chi era storicamente Pilato?
Gli archeologi italiani hanno scoperto a Cesarea Maritma un’iscrizione: Pontius Pilatus Praefectus Judaicae Regionis. Inoltre c’è una testimonianza del filosofo giudeo di formazione greca, Filone, che descrive Ponzio Pilato come una arrogante governatore, capace solo di concussioni, violenze, ecc.  Un altro testimone della sua violenza è lo storico Giuseppe Flavio.
Mentre l’evangelista Luca si ferma soprattutto sul privilegio pasquale di liberare un condannato a morte durante la pasqua e sul sogno fatto dalla moglie, il racconto esclusivo di Matteo è il lavarsi le mani di Pilato.
c) LA CROCIFISSIONE
Nella solenne scena della crocifissione, tra tanti dettagli che pongono interrogativi esegetici, ce ne sono alcuni ricchi di significato:
1) lo squarcio del velo del tempio. Quando si squarcia qualcosa, si vede ciò che sta dietro. Quel che è vero e ci interessa sapere non è l’avvenuto, ma lo scopo che si propone evangelista nel raccontarlo. Egli, profondo conoscitore dell’AT, vuole evidenziare la profonda, rivoluzionaria pagina aperta da Cristo nella storia ebraica: Dio non appartiene soltanto al popolo giudaico; è il Dio di tutti, anche se e il mistero del suo ESSERE resta sempre avvolto nell’oscurità del mistero (ma si comunica all’interno della coscienza umana). Questa oscurità del mistero racconta Amos nei suoi versi: farò tramontare il sole a mezzodì / e oscurerò la terra in pieno giorno (sono questi i segni in cui scatta il giudizio di Dio).
2) La risurrezione dei morti: anche le tombe si aprono per ‘commentare’ la risurrezione.
3) Il bere aceto e fiele è sulla base del salmo 69: quando avevo sete mi hanno dato aceto.
4) Lo spartirsi i vestiti è detto in base al salmo 22 (21): si dividono le mie vesti / e sul mio vestito gettano la sorte.
5) lo scherno della folla è ripreso dal libro della Sapienza e dal salmo 22: Ha confidato in Dio; lo liberi ora, se gli vuol bene.
6) Le ultime parole di Gesù sono la citazione dell’inizio del salmo 22: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? E’ il momento terribile del silenzio di Dio. [Questo però trova nella chiusura del salmo, il Magnificat più gioioso - nella tradizione giudaica, citando le prime battute di un testo biblico si voleva citare tutto il testo nella sua integrità - ].
7) La spartizione della tunica. Anche questo dato è scritto sula griglia di vari riferimenti biblici, che troviamo, in particolare, nel salmo 22:… spartiscono le mie vesti, / sul mio mantello hanno gettato le sorti…

 

2) Il salmo 22

 

Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d'Israele.

3) Sentimenti vari davanti al Crocifisso

 

- Per il francescano P. Michelini, alcuni dettagli che descrivono la morte di Gesù sono talmente inquietanti, come ad esempio il grido dalla croce, da essere imbarazzanti. Ma, appunto perché tali, non possono essere stati inventati di sana pianta. Certamente Gesù sarà stato sopraffatto dall’angoscia quando ripeté le parole del salmo: Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?
- Molte domande si affollano nella mente: Chi poteva essere l’Elia che invocava Gesù? Forse il profeta che sarebbe tornato. Ma che cosa avrebbe potuto fare? farlo scendere dalla Croce? Evidentemente si tratta di un grande fraintendimento: Gesù non sta chiedendo l’aiuto di Elia, ma sta chiamando il Padre. E il Padre non interviene; e ciò potrebbe apparire scandaloso.
- C’è anche la “lancia del centurione” (un altro centurione), che secondo alcuni importanti testimoni testuali di Matteo, viene ucciso proprio dal colpo di lancia di un soldato. Perché?
- E poi la madre di Gesù, che è presente sotto la croce, come nel Vangelo di Giovanni. Qualcuno ha scritto – ed è un’ipotesi interessante – che Maria, la Madre di Gesù, non è più semplicemente lei e Gesù non è più semplicemente il Figlio di Maria: nella Passione di Matteo, Maria è definita la madre di Giacomo e di Giuseppe, cioè dei suoi fratelli, quindi come Madre della Chiesa.
- Da Davide Maria Turoldo: No, credere a Pasqua non è / Giusta fede: / troppo bello sei a Pasqua! / Fede vera / È al venerdì santo / Quando tu non c’eri lassù / Quando non una eco risponde / Al suo alto grido / E a stento il Nulla / Dà forma / Alla tua assenza.
Da Jan Twardowski:
Inizia dalla Risurrezione / Dal sepolcro vuoto / Da Nostra Signora della Gioia / Allora perfino la croce allieterà…/ Non fate di me una piagnucolona / Dice Nostra Signora / Una volta era così / Ora è diverso / Inizia dal sepolcro vuoto / Dal sole / Il vangelo si legge come le lettere ebraiche / Dalla fine.

 

4) Personale

 

Nel guardare il Crocifisso, quand’ero piccola, lasciavo scorrere le mie lacrime e gli promettevo che io mai l’avrei lasciato solo a soffrire. E questo significava per me tante cose.
Ora incontro il Crocifisso nelle tante persone lacerate dalle privazioni e dal Dolore. Per loro verso meno lacrime, ma farei al di là del possibile. Soprattutto imparo un nuovo modo di amare.
Non è poca cosa, nella mia vita, l’incontro (sia pure virtuale) con i crocifissi della terra.
Eppure io, davanti a Gesù Crocifisso, non mi addoloro più per lui. Penso al paganesimo trionfante dell’era attuale. Il crocifisso, diventato un monile, e talvolta prezioso, non dice nulla d’importante ai più. E ciò è per me motivo di dolore: non mi bastano i devoti e – oso confessarlo – nemmeno i credenti col nome di cristiani. Il mio sguardo è proteso a quella grande parte di umanità, che vive soltanto di soddisfazioni terrene, e che quindi è povera e vuota del vero, unico senso della vita.
Comunque, grazie, Gesù, per come ti proponi a me nell’esistenza, dalla tua croce.