venerdì 28 aprile 2017

I DUE DISCEPOLI DI EMMAUS


III DOMENCA DI PASQUA anno A

Lc 24, 13-35

13 Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme,14 e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.15 Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste;18 uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?».19 Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23 e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25 Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26 Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27 E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto. Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32 Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33 Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35 Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

 

Commento

 

1) L’ARTE DESCRITTIVA, IL RACCONTO, IL SUO SENSO PROFONDO

- Siamo di fronte ad uno splendido testo, che ci fa assistere ad una scena di straordinario fascino. Luca è un grande creatore di atmosfere che toccano la sensibilità e giungono nel profondo del cuore. E tutta la narrazione attraversa le varie fasi dello svolgimento dei fatti con grande pathos.

- Mi permetto, però, di aggiungere un PREAMBOLO, che, nel parlare del vangelo di Luca, è in un certo senso necessario.

Se è certo che l’evangelista è artista nell’uso della penna, un confronto tra arte e realtà storica non regge. Il mondo va spiegato soprattutto attraverso entrambe queste due vie (trascuriamo di parlare della via della scienza che ha fatto progredire e regredire la realtà creata…). L’arte, con il suo trascendere la realtà concreta, può aprire orizzonti sempre nuovi di conoscenza, in quanto svincolati dal confronto con la storia; ed è questa libertà di espressione, propria dell’arte, a stimolare il gusto del Bello, immancabile compagno del Bene. Lo scopo dell'arte consiste, come dice A.Tarkovskij, nell'arare e nel rendere soffice l'anima [dell'essere umano] in modo che sia atta a rivolgersi al bene.

La conoscenza storica, se legata soltanto ai fatti, potrebbe precludere la possibilità di scavare in essi; i quali, anche quando sono pochi e imprecisi, danno lo stimolo giusto all’artista e al ricercatore di fare quello scavo, che di interrogarli sempre più in profondità.

- Questo preambolo per dire che la storia raccontata sui discepoli di Emmanus è resa affascinante dal genio artistico di Luca, ma permette una lettura più vera e più ricca di quanto non sarebbe una semplice cronaca. Ammettiamo pure che i due non siano stati con Gesù e non abbiano dialogato con Lui come è scritto, ma ciò che è narrato di loro rispecchia l’umana realtà in ricerca di senso.

 

ATTRAVERSO E OLTRE I FATTI

- Il racconto, riportato solo da Luca (per pochi tratti anche da Marco), è reso con il linguaggio e con la prospettiva teologica, che ricapitola i temi più caratteristici di tutta la sua opera.

- E’ possibile che sia stato l’evangelista stesso a comporre il racconto a partire da tradizioni autonome.

- È cosa strana che gli studiosi non si siano ancora accordati sull'identificazione esatta del villaggio di Emmaus citato dall'evangelista Luca: tre o quattro località si contendono ancora questo onore.  

- Un’ipotesi di alcuni studiosi: siccome questa pagina di vangelo nei primi tempi delle comunità cristiane si porgeva ai fedeli il lunedì di Pasqua, la ‘fuga’ dei due discepoli era letta come una scampagnata fuori porta, che si concludeva con l'incontro con il Risorto. Eppure niente di più serio della loro partenza e del tornare sui propri passi.

- La costruzione e le parole usate nel racconto sono solo la splendida cornice di due elementi cardinali:

a) Il cammino, dall’alta valenza simbolica, rappresenta il momento dell’ascolto, durante il quale il messaggio della fede si fa strada lentamente, attraversando le vie del cuore e della mente.

b) Il compiersi della rivelazione del Cristo risorto è la soluzione del dubbio, che fa tornare alla Gerusalemme, luogo della presenza di Dio.

- L’inizio del cammino dei due era stato un allontanarsi dal Crocifisso, perché la crisi della croce sembrava aver seppellito ogni speranza. A motivo di ciò camminavano tristi, cercando di diluire  l'angoscia in un flusso di parole: conversavano e discutevano, senza ricordare nemmeno che la  morte di croce di Gesù era stata annunciata, non solo da Lui stesso, ma anche dalla Scrittura antica. Si trovavano paralizzati in quell'anfratto dell'esistenza che è il Sabato Santo, davanti a un sepolcro vuoto che avvolgeva e frantumava i bei ricordi dell’attesa e della speranza, e li sigillava con la parola ‘fine’.

Luca ci fa vivere l'abisso del dolore nel quale erano caduti, e il loro riemergere dallo sconforto, quando le parole avranno modo di snodarsi in un’invocazione toccante e pressante: Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto. E il Cristo non può non ascoltarli: resta ancora con loro e si fa riconoscere.

Se nell’ascoltare il Gesù che ancora non riconoscevano, il cuore ardeva nel petto, allo spezzare del pane i loro occhi si aprirono e lo riconobbero. Cantava la scrittrice tedesca Gertrud von le Fort: La polvere dei nostri atomi si raccoglie... / Tu entri nel cuore della nostra solitudine, / per dischiuderla come una porta spalancata... / Siamo un solo corpo e un solo sangue.

E' questo il paradosso di Emmaus: l'assenza diviene la presenza più autentica, al punto di divenire un fiume in piena che tracima. Chi, come i discepoli sulla strada di Emmaus, ha incontrato Cristo vivo e si è lasciato attrarre da Lui sino a vivere la sua stessa vita, può percorrere le strade de le infinite Emmaus di persone deluse; può farsi compagno di viaggio dell'infinita schiera di tristi viandanti, e innescare il fuoco della speranza nei loro cuori disperati.

 

COSA SIGNIFICA RICONOSCERE CRISTO

Aspettavano un Gesù diverso: Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele.

Ma la vittoria di Gesù è su un altro versante. È la vittoria della croce, che è difficile capire ed accettare. Anche dopo duemila anni, di fronte alla prova personale, alla fatica, alle delusioni, è difficile pensare che lì il Signore vince ed è presente risorto; che la strada la quale fa soffrire è quella che salva.

Anche il nostro è a volte un cammino per una strada in terra battuta e assolata che da Gerusalemme conduce a Emmaus. Anche noi siamo in fuga. Non crediamo più che le situazioni possano cambiare in meglio, che l'umanità possa una buona volta risorgere. Non ci fidiamo di ciò che dicono su Gesù gli altri, i cristiani, la chiesa, i preti… per di più non è finita: l’aridità tornerà ad assalirci ancora e torneremo a non crederci: se la fede non è radicata in noi, una qualche prova sconquasserà ogni certezza.

Riconoscere Cristo è riscoprirlo attraverso le crepe che si annidano in ogni situazione. Come dice in una breve e splendida poesia Leonard Cohen, C’è una crepa / in ogni cosa. / Ed è da lì / che entra la luce.

 

LO SCONTRO DEGLI EGOISMI NEL MONDO ODIERNO

Purtroppo la luce che passa tra le crepe trova un altro ostacolo più insidioso: ci assedia la voglia di pensare solo al quotidiano così com’è, chiudendoci nel nostro egoismo, forse perché, soprattutto oggi, non sappiamo cosa fare di fronte al garbuglio inestricabile di un mondo globalizzato. Né ci aiutano le politiche col loro parlare linguaggi del tutto opposti al loro interno, privi come sono del senso della VERA POLITICA, costruita su principi saldi, quali quelli che prima offrivano, bene e/o male, la religione, i principi morali, le buone tradizioni. Dobbiamo riconoscere che l’essere figli di una società tecnologica e multimediale, non gioca a nostro favore nel campo della fede. Ormai tutto deve poter accadere in tempo reale e noi non ci siamo ancora messi in cammino pretendendo di essere già a destinazione.

D’altra parte chi va a fare il confronto tra i fatti attuali e quelli dei discepoli di Emmaus?

Detta così, non è facile rispondere.

Don Tonino Bello si esprimeva con un altro linguaggio: il nostro occhio è spesso fermo su ciò che muore, ma non riusciamo a riconoscere quei germogli che già dicono il sorgere di una nuova alba. Non può recare liete notizie chi non proviene dal futuro.

 

c) PERSONALE

Non regge più, almeno secondo me, la concezione che fa della sofferenza lo strumento più efficace per collaborare con Cristo a salvare il mondo dallo sfacelo.

- La domenica scorsa, ho ascoltato in mezz’ora, le interviste della giornalista Lucia Annunziata. Sono state messe in evidenza le contraddizioni terribili provocate in seno al MOAS, operazione di salvataggio di migranti, divenuta in gran parte vero e proprio traffico di esseri umani da parte dei prepotenti. Quando ho visto ciò attraverso un video, sono rimasta inorridita. Terribili atrocità accadono a pochi chilometri di distanza dal nostro suolo: cadaveri recuperati ed altri corpi inghiottiti dalla acque, poveracci in preda alla fame e alla sete, donne incinte e bambini in lotta contro la sventura…

In preda al dolore, sono rimasta alcuni giorni senza poter commentare l’episodio descritto da Luca.

Come parlare di fede quando la carne viva di esseri umani  grida vendetta?

- La morte crudele della figlia Annie, distrusse le tracce della fede che Charles Darwin aveva in un universo intessuto di moralità e giustizia.

E Darwin è solo uno, fra migliaia di personaggi famosi della storia in preda al dilemma di non poter conciliare il credere in Dio con la morte e la sofferenza regnante dappertutto.

Qualcuno ha scritto che perfino Gino Strada, il celebre medico chirurgo fondatore di Emergensy, organizzazione di medici volontari presenti in molti paesi a soccorso delle vittime della guerra, da qualche tempo non sorride più, nemmeno quando viene intervistato in televisione. Dopo aver assistito a tante guerre, è profondamente deluso e dubita che l'uomo sia capace di costruire la pace. Vedi caso, la stessa tristezza che ha preso i discepoli di Emmaus!

- La tristezza invade anche me.

Eppure, ce l’ho impresso nel cuore: Colui che salva è sulla nostra stessa strada, cielo che prepara oasi ai nomadi d’amore (G. Ungaretti).

Testardamente, continuo a pregare. E riesco, col cuore in gola, a ripetere gli ultimi versi del salmo 15 proposto dalla liturgia:

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

Sì, sarai Tu stesso, o Dio, ad indicarmi il sentiero della vita.

Ma, ti prego, fallo trovare a tutti, anche allo sbandato e crudele bandito di Budrio (per citarne uno!).

Non accetterei la Tua salvezza, se solo uno come lui ne fosse privato.

Con bonomia Filippo Neri, il santo presbitero che ai bambini irrequieti ripeteva spesso State fermi se potete, soleva anche ripetere un’altra frase che fa al nostro caso: credo all’inferno perché così vuole la chiesa, ma ritengo che sia sempre vuoto.

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