PENTECOSTE
Gv 14; 23-26
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
23 Se mi amate,
osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un
altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
24 Se uno mi ama,
osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo
dimora presso di lui.
25 Chi non mi ama, non
osserva le mie parole; e la parola che vi ho detto non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
26 Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il
Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà
ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
La festa di Pentecoste
- In greco il termine pentēkostḗ (hēméra) significa
cinquantesimo giorno. Infatti nel mondo ebraico la festa di Pentecoste si
celebrava il cinquantesimo giorno dopo la pasqua.
Era anche chiamato festa
delle Settimane perché la sua ricorrenza cadeva sette settimane dopo la festa degli Azzimi [azzimo
era il pane non lievitato, che portarono con sé gli ebrei nella fuga frettolosa
dall’Egitto]. Da
allora ogni anno gli ebrei festeggiano la ricorrenza, ringraziando il Signore
per il raccolto del frumento.
- Solo
in seguito la festa venne collegata al ricordo dell’Alleanza del Sinai e
divenne festa memoriale della storia della salvezza di Israele. Secondo il rituale ebraico, la festa comportava il pellegrinaggio
a Gerusalemme e l’astensione totale da qualsiasi lavoro.
Gli evangelisti e
la Pentecoste
- Matteo e Marco non
parlano esplicitamente della Pentecoste, ma ne accennano in modo indiretto; in
particolare Marco parla dello Spirito nel cap.13 al versetto v.11, dove Gesù avrebbe dichiarato: E
quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete
dire, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: perché non sarete voi a
parlare, ma lo Spirito Santo.
Lo stesso Marco pone al centro del
suo vangelo la trasfigurazione, che sostituisce i racconti della risurrezione.
Egli focalizza un concetto: seguire Gesù significa lasciarsi trasformare da
Lui, come chi, incontrando il fuoco, si infiamma senza bruciarsi.
-
Giovanni allude alla Pentecoste attraverso il ricordo del giorno in cui
Maria di Magdala incontrò per prima il Risorto. L’evangelista aveva già
ritratto Gesù nel momento della morte con una frase incisiva: Chinato il capo, consegnò lo spirito,
aggiungendo che, subito dopo, fuoriuscì dal costato aperto sangue e acqua,
anch’essi segni dello Spirito.
-
E’ Luca a parlare specificamente della Pentecoste negli Atti degli Apostoli.
-
Ma la differenza tra gli evangelisti nella narrazione ha
poca importanza. Centrale, invece, è la comprensione del significato profondo
dell’essere e dell’agire dello Spirito: Gesù, morendo e risorgendo (nello
stesso momento), non solo rivela il suo vincolo di amore col Padre, ma anche lo
offre in dono a chi lo segue.
Chi è lo Spirito Santo
- L’Antico Testamento, non contiene una vera e propria indicazione
sullo Spirito Santo quale persona divina; piuttosto parla di lui come forza
divina che produce la vita naturale cosmica, e soprannaturale in quanto è
elargitore dei doni profetici e degli altri carismi.
Pian
piano si farà strada la concezione di Spirito-Persona, specialmente nel Vangelo
di Giovanni (nei capitoli 14-16), dove Gesù afferma di pregare il Padre perché
mandi il Paraclito a sostenere nella fede i suoi discepoli e ad ammaestrarli
nella verità.
- Il termine greco Paraclito risale al linguaggio giuridico. Letteralmente significa chiamato vicino, ed ha l'equivalente
latino in ad-vocatus, da intendere come difensore o soccorritore,
per estensione consolatore.
Nella Bibbia ebraica ritroviamo la
categoria del paraclito nel libro di Giobbe, invocato da Giobbe perché lo difendesse
dallo stesso Elohim.
Un pensiero del
monaco Benedetto Calati (ormai morto) su: lo
Spirito Santo e la chiesa:
“Occorre recuperare il senso della ministerialità, del servizio.
La gerarchia, in quanto composta da servi
servorum Dei, non può avere altra teologia se non quella basata sull'insegnamento
di Gregorio Magno e di tutta la teologia dei Padri. Una teologia non
manualistica, sulla quale la chiesa gerarchica ha fatto il brutto e il bel
tempo. Una teologia che miri al recupero della conciliarità o sinodalità, con
potere, non solo consultivo, ma deliberativo.
Sul sinodo Paolo VI espresse un pensiero geniale, ma il sinodo è
stato di fatto annullato proprio perché non ha forza operativa: è sempre e soltanto
il papa a decidere. Invece, dare forza deliberativa al sinodo dei vescovi già
sarebbe una speranza, perché com'è adesso non conclude nulla. E’ tempo di
aprire le porte del sinodo anche ai laici, uomini e donne, al popolo cristiano,
con discrezione e secondo le leggi della carità. Ma la carità deve essere
incarnata nella storia, sul modello di Cristo Gesù. Non è da dimenticare che il Risorto dà lo Spirito Santo a tutti
gli uomini, non soltanto alla chiesa….
Essenziale è,
poi, favorire attivamente il dialogo ecumenico, con le chiese sorelle e con le
altre religioni. Questo è il secondo grande momento che favorisce la speranza.
Il padre Jacques Dupuis, che ha scritto cose bellissime sulla teologia del
dialogo ecumenico, indica orizzonti minimi che noi non riusciamo a mettere in
pratica, e manca poco che non vengano condannate le sue opere. Ma che
ecumenismo è mai questo!”
Poveramente la
mia poesiola
anche in te inerte pietra
si sprofonda il cuore del mondo
ruvida levigata lucente incolore
t’attraversano strati di anni cicli vicende
ti lasci baciare dai raggi del sole,
ti lasci bagnare infangare scartare
silente attorno non guardi ma ascolti
né ti turbi se a tuoi siti ti strappano
ad Artefice divino od umano affidata
il senso non chiedi di tua apparenza
forse soffrendo al gioco ti presti che
bella-brutta utile-nociva ti rende
se poi in polvere torni, sogni
d’esser ricreata dalle mani di Dio
pronta chissà a fornir la materia
a nuovi ciel e terra nuova