venerdì 28 giugno 2013

XIII domenica T.O. annoC

30 giugno 2013 XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno C
1Re 19, 16b.19-21; Galati 5, 1.13-18
Luca 9, 51-62
51 Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52 e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53 Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme, 54 Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55 Si voltò e li rimproverò. 56 E si misero in cammino verso un altro villaggio. 57 Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58 E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59 A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60 Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61 Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62 Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».
PREMESSA
a) Il senso della chiamata di Gesù
Per capire la chiamata di Gesù a seguirlo, bisogna partire dalla sua identità di chiamato dal Padre.
Il brano del Vangelo precedente si era concluso con un rimprovero duro di Gesù ai discepoli, i quali, avendo visto un tale che cacciava i demoni nel nome di Gesù senza essere al suo seguito, gliel'aveva impedito: "Non glielo impedite!", aveva ordinato Gesù.
Nel brano di oggi Gesù si propone come chi ha detto un sì fatto di ascolto, docilità, generosità, fermezza. E proprio su queste caratteristiche si fonda la risposta che Gesù si attende da coloro che chiama. La sua chiamata non dipende da una selezione sostanziata di privilegio, ma piuttosto dalla risposta personale di ciascuno.
 b) Gesù e il disegno salvifico universale
Gesù, dopo aver operato in Galilea, cammina inesorabilmente verso Gerusalemme: nell’approssimarsi alla fine pone le premesse perché il suo impegno missionario nella terra si perpetui attraverso coloro che chiama a seguirlo.
I rabbini del tempo non sceglievano i discepoli; ne erano scelti. In Gesù si verifica il contrario, poiché suo scopo non è quello di trasmettere un insegnamento, bensì di proporsi con la sua stessa vita, fatta di concreto avvicinamento alle persone, senza limiti di appartenenza.
Nell'intero capitolo 9 affiora la tensione caratteristica di tutti gli scritti di Luca: l’orientamento verso i grandi orizzonti dell’universalismo, a cominciare dai territori circostanti la Palestina. Basti ricordare i passi samaritani del suo vangelo nella parabola del buon samaritano (presente soltanto in Luca) e nel racconto della guarigione operata sui dieci lebbrosi, l’unico dei quali torna a ringraziare; inoltre una prova ex silentio dello stesso carattere universalistico c'è nel racconto della guarigione della siro-fenicia, verso la quale Gesù in un primo momento si comporta da ebreo con una nota di disprezzo, che subito attenua.
I samaritani rappresentano simbolicamente la chiamata universale che serpeggia in tutti i grandi profeti della terra; ma, per limitarci alla Bibbia, è bene ricordare Simeone, evocato dallo stesso Luca in altri passi: in 2.31-32 egli canta così il suo saluto al piccolo Gesù: “… Salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti”; e in 3,6 “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”: dove Gesù si identifica in tutti gli uomini in quanto figlio di Adamo.
Sullo schema dell’universalismo di Luca la liturgia odierna propone le due letture. Nella prima -1Re 19,16.19-21– è evocato l’episodio della vedova di Sarepta, straniera, soccorsa da Eliseo (un ‘convertito’ tramite l’influenza del profeta Elia). Nella seconda -Gal 5,1.13-18– Paolo così si esprime: “Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà”: parole, queste, che hanno come orizzonte la liberazione universale delle coscienze.
c) Le aggiunte redazionali
Sono poche, ma bisogna tenerne conto: ne accenneremo nelle note esegetiche seguenti.
ALCUNE NOTE ESEGETiCHE
51 Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme.
Nel testo lucano il compimento dei giorni è affidato al termine greco analempsis, usato in 2Re 2,9-11 col significato di assunzione, ascensione: in quel testo si parla di Elia rapito in una nube di fuoco, quindi non morto (per questo molti attendevano che Elia ritornasse a vivere sotto altre spoglie; e Gesù poteva essere Elia redivivo). E’ da notare che per Luca il compimento della missione di Gesù sarebbe avvenuto nel momento dell’ascensione.
La frase prese la ferma decisione, se si è attenti alla filologia, va tradotta così: egli rese duro il volto; espressione che dipinge (come sa fare Luca) lo sguardo di Gesù, fermo nel guardare a Gerusalemme, luogo della resa dei conti sulla sua missione messianica.  
52 e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53 Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
E' plausibile il fatto che Gesù mandi avanti dei discepoli nel villaggio: il pernottare di un gruppo numeroso richiede una certa preparazione. Inoltre si tratta di un villaggio samaritano, e tra Giudei e Samaritani non vi erano buoni rapporti dopo la prima deportazione in Mesopotamia.
Nell’invio dei discepoli si può leggere anche la missione post-pasquale dei discepoli, con i messaggeri che precedono la venuta del Messia e preparano la sua accoglienza (Mt 3,1).
54 Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?».
La punizione che Giacomo e Giovanni invocano richiama un'azione simile compiuta dal profeta Elia (2Re 1,10-12).
55 Si voltò e li rimproverò.
L’espressione si voltò è tradizionale: presuppone che il maestro preceda i discepoli.
56 E si misero in cammino verso un altro villaggio. 57 Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada».
Può darsi che Gesù, visto il rifiuto dei Samaritani, abbia deviato il suo cammino, prendendo la strada che per giungere a Gerusalemme attraversa la Perea. Ma a Luca interessa soprattutto presentare Gesù in viaggio, con un preciso significato simbolico: egli non ammaestra, cammina tra la gente e compie gesti tesi a suscitare un modello di verità al di fuori di formule consacrate dalla tradizione. Infatti nel v. 57 si vede Gesù stabilire con un ignoto adepto una comunione di vita e di destino con lui.
58 E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
Si tratta di una sentenza di tipo sapienziale, che si può trovare anche nella letteratura greco-romana e giudaica. Si accenna alla condizione dell'essere umano, vagabondo, fragile o minacciato, simile alla condizione degli animali. (Non sembra però che Gesù con queste parole abbia voluto rappresentare la globalità della sua esistenza; infatti sappiamo da altre fonti che egli aveva una casa a Cafarnao e che alcune donne al suo seguito lo assistevano economicamente).
59 A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60 Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Poter prima seppellire il padre ha valore non solo temporale, ma di priorità nella gerarchia dei valori. Già Eliseo aveva chiesto di poter salutare i genitori prima di seguire Elia, (1Re 19-20), ed è possibile che Luca vi si ispiri. E' normale che il detto abbia ricevuto numerose correzioni e interpretazioni, nel tentativo di spiegare il suo contenuto piuttosto oscuro e di attenuare la sua scandalosa radicalità. Bisogna probabilmente capire metaforicamente la prima menzione dei morti, che sono i morti spirituali, sinonimo nel giudaismo di peccatori. Ciò corrisponde alla visione che Gesù aveva di Israele, un popolo di peccatori al quale Dio gratuitamente si rivolge e condona il debito. Il detto risulta però comprensibile solo alla luce della realtà annunciata da Gesù: la vicinanza del Regno di Dio.
61 Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62 Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».
Questo passaggio è omesso da Matteo. Sembra che Luca l’abbia aggiunto come commento per rendere comprensibile, nella situazione post-pasquale, l'esigenza inaudita contenuta nella risposta di Gesù: l'autorità del Maestro supera quella di Elia. Il verbo scelto per indicare il commiato è tipico di Luca: apotassein significa salutare, ma anche abbandonare e quindi tocca il tema, caro a Luca, della rinuncia a tutto per essere suo discepolo.
Mentre Matteo parla di regno di Dio da annunziare sotto l’aspetto dell’ammaestrare, Luca propone tale regno come un mettersi in cammino dietro Gesù. Non per nulla i primi cristiani erano chiamati quelli della via, della strada (di Gesù).
IL NOMADISMO CRISTIANO
Ne facciamo cenno [attingiamo a G. Ravasi] sulla griglia di un mistico islamico persiano del 1100-1200, Farid ed-Din 1Attar, con la sua parabola degli uccelli, i quali si raccolgono attorno all’upupa, simbolo della sapienza, e le chiedono di trasvolare verso il mistero. L’upupa invita a volare sempre oltre; e molti periscono in varie peripezie; solo trenta arrivano, dopo aver visto altrettanto trenta mondi scomparire e meravigliosamente ricrearsi.
L’ultimo uccello rimasto vivo è l’upupa. Questa, prima di morire anch’essa, dice: Morire nella ricerca non è forse preferibile al soffocare nella immondizia quieta?
LA MIA PREGHIERA
Gesù
perché soffoco
anche stando dietro a te?
Forse desidero troppo la meta
e non so continuare
il faticoso cammino
Aiutami!


venerdì 21 giugno 2013

Vangelo XII T.O.

23 giugno 2013 XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno C
Zaccaria 12, 10-11; 13,1; Galati 3, 26-29
Luca 9, 18-24
18 Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19 Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20 Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21 Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. 22 «Il Figlio dell’uomo -disse- deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». 23 Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24 Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».

PREMESSA
Per prima cosa bisogna inquadrare lo svelamento dell'identità di Gesù, così come è riportato nel testo di Luca, in un contesto di preghiera fatta in intima solitudine, anche se nella tacita presenza dei suoi. La preghiera è domanda che sale dalla terra al Cielo, è l’unico contatto possibile con la trascendenza; e perciò richiede il silenzio e la solitudine, sostenuti dalla compartecipazione dei pochi che, pur senza capire, sanno stare-accanto dal punto di vista esistenziale.
In Luca, come negli altri evangelisti, l’identità di Gesù non è proclamata da lui stesso, ma chiesta come riconoscimento ai suoi; e ciò, non all'inizio, ma dopo un lungo cammino assieme a loro, che l'hanno guardato ed ascoltato, e sono stati testimoni del suo operato.
Per mettere in rilievo cosa emerge direttamente dal brano proposto oggi bisogna partire dalla convinzione, propria degli studiosi più documentati dal punto di vista esegetico, che in principio c’era il kerigma, non Gesù di Nazaret; ciò che gli evangelisti hanno stato scritto rispecchia  la testimonianza dalla chiesa in seno alla quale li hanno redatti. E’ certo che Luca è stato assiduamente vicino a Paolo. E quando tutti hanno l'abbandonato perché ormai vecchio [ahimè che tristezza fa quest’abbandono nei riguardi de un uomo della grandezza di Paolo!], in 2Tim 4,11 lasciava una frase: “Di fronte all’abbandono di tutti, solo Luca è rimasto con me”. Una frase attraverso la quale emerge l’umanità di Luca: e non è poca cosa per poter apprezzare i tratti con i quali egli ha saputo ‘dipingere’ l’atteggiamento della fede professata da lui e proposta a chiunque apra uno spiraglio verso di essa nel proprio intimo..
A - La confessione di Pietro
v.20 Tu sei il Cristo di Dio. Siamo di fronte ad un atto di fede, non ad una formula canonica.
L’articolo determinativo sottrae Cristo, l'Unto [Cristo significa unto] alla serie dei profeti; come se Pietro avesse voluto dire: tu sei un dippiù di loro. L’aggiunta di Dio potrebbe essere intesa in riferimento a Mt 16,16 “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”, ma è prevalente l’idea che associa il Messia al ‘liberatore dalle mani dell’esercito d’occupazione’ (cfr. Lc 23,35).
Gesù applica a se stesso l’appellativo di Figlio dell’uomo, uiòs tù anthròpu, dove uomo indica l'essere umano, non il maschio, in greco anèr. L’espressione è ricorrente nei Vangeli. La sua traduzione letterale può sembrare curiosa e ridondante perché ogni essere umano è figlio di un essere umano. Tuttavia nella tarda tradizione ebraica (vedi l'espressione aramaica che costituisce il testo base per la traduzione greca)  aveva una forte connotazione messianico-escatologica (cfr. Dan7,13-14).
v.21 Egli ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. Gesù, sconcertando, mette silenzio anche sulla definizione di Pietro. Mette in guardia dalle professioni di fede che potrebbero trasformarsi in propaganda nella stessa esaltazione della croce.
B - La sofferenza in Gesù e nell’umanità
La sofferenza di Gesù nei vangeli è proposta e segno della sequela di Gesù. Ma essa si pone sul solco della sofferenza universale: inspiegabile perché dietro di essa si annida l’altra presenza ancor più enigmatica del male. Contro tale mostro che morde l’esistenza dei sofferenti e dei soli nella terra, apre uno spiraglio di luce soltanto la condivisione. Questa  nella chiesa cattolica è celebrata come carità e come servizio; invece è autentica soltanto se tradotta in gesti non reclamizzati, semplicemente concreti, propri di una fede dilatata a chiunque ne sia capace.
1) QUALCHE VOCE LAICA.
Thomas S. Eliot: così si esprime: “people change, and smile: but the agony abides (la gente cambia, riesce a sorridere, ma l’agonia-lotta della sofferenza permane); con ciò egli denunzia l’ssurdità del male che la causa. Franz Kafka propone: “Tutte le sofferenze che sono attorno a noi dobbiamo patirle anche noi. Noi non abbiamo un solo corpo, ma abbiamo una crescita, e questo ci conduce attraverso tutti i dolori, in questa o quella forma”.
2) NELL’ANTICA ALLEANZA
Testo fondamentale è quello Qoèlet: Giobbe denuncia polemicamente Il rischio della semplificazione teoretica o del dogmatismo ideologico, contro gli amici teologi. Isaia, cap.53, presenta la figura anticipatrice della via proposta da Cristo, il Servo di YHWH, il quale assume su di sé la sofferenza umana. La si potrebbe commentare attraverso un autore dei tempi nostri, Paul Claudel: “Dio non è venuto a spiegare la sofferenza, è venuto a riempirla della sua presenza”.
3) NEI VANGELI
I vangeli sono percorsi dal dramma di Cristo crocifisso. La tradizione cristiana delle origini fu proprio una narrazione della passione e morte di Cristo. Il male fisico e morale, la morte e lo scandalo della sofferenza furono subito considerati centrali nell’annunzio cristiano, anche se illuminati dalla speranza nella risurrezione. Diversamente dalle cosiddette “Vite degli eroi”, molto popolari nel mondo greco-romano, il cristianesimo ha dato una prevalenza sorprendente proprio alla sconfitta del suo fondatore sotto l’impeto del male.
3) NELE TESTIMONIANZE PROFETICHE CRISTIANE
Esse ricorrono con insistenza, anche se senza una continuità scontata. Una tra tante la leggiamo attraverso le parole di Meister Eckhart (1260 ca.-1327): “nulla sa più di fiele del soffrire, nulla sa più di miele dell’aver sofferto; nulla di fronte agli uomini sfigura il corpo più della sofferenza, ma nulla di fronte a Dio abbellisce l’anima più dell’aver sofferto”.
4) NEL CLIMA ATTUALE
Oggi il culto della contemporaneità consuma tutto nell’immediatezza attraverso le banalizzazioni del consumismo, delle velocizzazioni vuote del web e del digitale; e trova una sua roccaforte nella cultura laicista (che riduce il corpo a pura biologicità e trova rifugio nel mondo asettico della tecnica), nonché nell’humus politico sociale proprio di un ciclo storico che sembra involversi per esaurimento dei punti fermi del passato, corrosi dalla troppa crescita e dall’espansione globale.
C’è da chiedersi come possa realizzarsi un dialogo, un incontro tra la grande tradizione profetica e mistica ed il caos attuale. Gli spazi stessi della mistica ridondano di variegate espressioni nelle quali si nacondono insidie diversificate ed omologhe.
Aiuta alla riflessione una citazione tratta dalla dichiarazione del vescovo di Orano, Algeria, Pierre Claverie, dopo il sacrificio dei sette monaci trappisti, quaranta giorni prima di essere a sua volta assassinato: "Non è forse essenziale per un cristiano essere là, nei luoghi della sofferenza, di abbandono? Dove potrebbe mai essere la Chiesa di Gesù Cristo se non fosse innanzitutto là? Per quanto possa sembrare paradossale, la forza, la vitalità, la speranza, la fecondità della Chiesa proviene da lì. Non da altrove né altrimenti. Tutto il resto è solo fumo negli occhi, illusione mondana. La Chiesa inganna se stessa e il mondo quando si pone come potenza in mezzo alle altre, come un'organizzazione, seppur umanitaria, o come un movimento evangelico spettacolare. Può brillare, ma non bruciare dell'amore di Dio, forte come la morte (Ct 8, 6)”.
Ma mi permetto di notare che tutti gli appelli alla chiesa si riducono a flatus vocis in quanto rivolti ad un’astrazione: concrete sono le persone che hanno nome e cognome e che si possono raggiungere nella prossimità esistenziale.
[Mia mamma –cultura seconda elementare- nelle feste, quando tutti vogliono condividere il ‘riposo’ con parenti ed amici, faceva immancabilmente le sue visite agli ammalati relegati dentro un corpo in disfacimento, e nessuno dei 'sani' lo sapeva]
Gesù
crocifisso come tutti i crocifissi
della storia
grazie per il tuo tacito invito
ad accettare il calice
che tu hai bevuto
ogni giorno ed ogni notte




venerdì 14 giugno 2013

16 giugno 2013
XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno C
2Samuele 12, 7-10.13; Galati 2, 16.19-21
Luca 7, 36-8,3
In quel tempo, 7,36 uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37 Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38 stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39 Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». 40 Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41 «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42 Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43 Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale
ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44 E, volgendosi
verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45 Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46 Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47 Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48 Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49 Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50 Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!». 8,1 In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici, 2 e alcune donne che
erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni; 3 Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.
Attraversiamo alcune note esegetiche
Il brano contiene al suo interno elementi discordanti: chiaro indizio di prevalenza della costruzione teologica sulla verità storica. Eppure nulla ne offusca la suggestiva bellezza: forse perché la bellezza è una sfaccettatura della verità.
La donna
Non viene precisata la tipologia del peccato che la marchia. Molti hanno pensato ad una prostituta, ma poiché Luca rimane sul vago, si può pensare che in essa siano raffigurati genericamente i peccatori convertiti nelle comunità ecclesiali durante i primi tempi della loro formazione. E’ vero che vengono aggiunte notizie esplicite – ad esempio: è ben nota peccatrice (è nota anche al fariseo, v.39), esprime dolore e pentimento con le lacrime prima che con l'olio profumato, v.38 – ma nella descrizione prevalgono caratteristiche che la assimilano ad altre figure evangeliche segnate da impietosa emarginazione sociale.
L’attenzione lucana verso le donne
Una corretta esegesi disincaglia la donna da riferimenti a peccati di carattere sessuale (riguardanti le donne!). Infatti  in Gesù è insistente il riferimento all'Annuncio messo in relazione con la cura dei corpi attraverso guarigioni miracolose da malattie tabuizzate quali punizione divina (vedi il caso delle lebbra, ma non solo), e la restituzione dell'emarginato/a alla dignità personale contro preconcetti diffusi che costituivano una vera e propria mutilazione sociale.
E' chiaro che questa donna è figura rappresentativa dei piccoli, cioè coloro che non contano.
Misericordia divina e giustizia umana
Per Gesù è giusto chi entra nell’ottica della Misericordia divina: termine da non mistificare identificandolo in una pietà caritatevole, pronta a dare dall’alto senza condivisione. Da qui lo spazio dato, in ogni passo evangelico di guarigione, all'invito ad una fede da concretizzare nella vita e da tradurre in ospitalità del diverso (espressione, questa, che abbiamo svuotato di senso a via di enfatizzarla e di ripeterla con senso di appropriazione).
I gesti della donna e di Gesù
Sono inequivocabili. Basta guardare ai particolari descritti: il tacito, segreto inoltrarsi della donna dietro i piedi di Gesù (sporgenti dal divano su cui era sdraiato a mensa, come si usava allora); le lacrime asciugate con i capelli, i baci assieme ai profumi versati (tutti aspetti che possono essere deviati nell'immaginario proprio perché suggestivi).
Cosa vuole esprimere questa donna? riconoscimento del proprio peccato o riconoscenza davanti a un perdono già ottenuto? Sarebbe miope soffermarsi su queste considerazioni. Meglio è vedere il suo comportamento sotto il profilo della capacità femminile di intuire l'apertura di Gesù nel cogliere segni di amore nei suoi gesti .
Bisogna essere cauti nello specificare i caratteri di questo amore, perché certe interpretazioni potrebbero svilirne il senso. Solo chi è puro di cuore può capire; e per puro non si intende senza peccato, bensì improntato del divino.
Tra gli esegeti si parla
di portata rivoluzionaria dell'annuncio e della missione di Gesù. Si afferma che il kerygma rovescia una situazione di rilevanza sociale: Simone, il giusto che disprezza la prostituta, compare come colui che ama Gesù meno della donna, e questa, additata al pubblico ludibrio, viene abbondantemente elogiata da Gesù per il comportamento insistentemente contrapposto a quello di Simone (nominato tre volte: coincidenza strana con l'omonimo Simone-Pietro?).
L'ostacolo principale alla conversione del fariseo è proprio la sua giustizia. Nella sua mentalità due erano le caratteristiche richieste al profeta: chiaroveggenza (egli avrebbe dovuto sapere di che donna si trattava) e osservanza della Legge  (quindi non poteva lasciarsi toccare da una donna impura).
Comunque, se il traduttore greco ha scelto il termine tecnico dell'amore cristiano, agapan, vuol dire che non era assente nelle prime comunità cristiane la percezione che l’annuncio evangelico fosse sostanziato di fiducia in un Dio misericordioso, a prescindere dalle capacità taumaturgiche e da ogni senso di prodigalità umanitaria.
Il perdono divino
Non è Gesù a concederlo. I profeti non perdonano i peccati; aiutano, illuminando il cammino di coloro che aspirano alla pienezza dell’amore al di là di ogni peccato. La frase messa in bocca a Gesù, “la tua fede ti ha salvata: va in pace”, è ripetizione usuale in tutti i gesti  compiuti da lui verso i beneficati. Una pace che non è tanto armonia, ordine, concordia, sicurezza, prosperità, quanto  appello alla comunione con Dio e con il prossimo.
I ministeri della Parola e del Servizio 
Sono evocati nell’ultima parte del brano di oggi in riferimento a donne che erano parte viva nella costruzione embrionale delle comunità ecclesiali. Solo il testo di Luca informa che si tratta di persone guarite da Gesù, in particolare donne, in testa alle quali pone Maria detta Maddalena (da Magdala, cittadina posta sulla costa occidentale del lago di Genezaret): e lo fa per avvalorare l’aspetto storico della sua esistenza, con l’aggiunta che fu guarita da sette demoni, e cioè da un caso di possesso particolarmente grave (forse la follia). Sappiamo come l’esegesi successiva distingue le Marie citate nei vangeli, ma a noi preme, in questo lavoretto, andare oltre i dati forniti dal testo di Luca e della sua attenzione per le donne. Preme ricevere una lezione di vita nella ed oltre la storia. [Aggiungo timidamente che preme un cambiamento di rotta nella nostra cultura maschilista: che il termine servizio riservato alle donne sia esteso di fatto agli uomini in ogni ministero].
Deduzioni devianti
Prevalgono ancor oggi, e in maniera paradossale.
Parlo di due fenomeni della vita politico-sociale e cristiana di oggi, a prima vista diversi l’uno dall’altro, ma ugualmente importanti nella loro estremizzazione. Il messaggio evangelico  viene inquadrato secondo un criterio di
a) povertà radicale, che dovrebbe eliminare la pomposità di tutto l'apparato clericale in nome della fedeltà al vangelo;
b) purezza del cuore, intesa come sinonimo di libertà da vincoli legalistici di sorta.
Non sto qui a sviluppare questi accenni per economia di spazio. Esemplifico (consapevole del pericolo di ogni esemplificazione):
Papa Francesco è stato richiamato (!) da autori schierati a
a) non cadere nei tranelli degli errori propri dei compromessi storici circa la povertà della chiesa. Lui ha candidamente dichiarato: come vorrei una chiesa povera! Gli illuminati non vorrebbero il condizionale; lo considerano quasi come un segnale di incertezza, di debolezza, e vogliono monitorare le sue mosse [come lo ritengono ingenuo!]; 
b) aprire le maglie delle costrizioni legalistiche dell’istituzione ecclesiale, concedendo il matrimonio ai preti, l’accesso delle donne al sacerdozio, il matrimonio ai gay, eccetera (un vero e proprio livellamento che costringa il carisma profetico   dentro una legge ugualitaria).
Quel che si dimentica è ciò che dimentica la politica oggi: la capacità di rispettare, meglio: di avere sempre in prospettiva, nell'orizzonte, l’utopia, senza pretendere di piegarla alla banale eppure necessaria legge dettata dalle urgenze della concretezza.
Manca la compassione per la storia fatta di errori. Manca il senso che può dare soltanto l'eterno che trascende il tempo al didentro del tempo stesso.

Gesù
non ho né l'umiltà né l'audacia
della donna del vangelo
sono superba e sfiduciata
le mie lacrime sono
pietre congelate
Se le trasformerai in perle
 si compenetreranno di
LUCE