venerdì 22 luglio 2011

Risposta al terzo commento di Mauro e chiusura del discorso

Carissimi Mauro e carissimi tutti/e
Niente affatto lusingata perché a me interessa soltanto la verità del mio essere e di tutto, mi chiedo se tu, Mauro, potresti avere la forza di reggere un Donne-Cosi bis da vero conduttore: cosa difficile ma possibile, solo se avessi tempo e costanza nel misurarti con la mancanza di questo senza demordere.
Comunque a me interessava anzitutto che si capissero le mie intenzioni e che potessi scusarmi, com’è giusto, della mia eclissi, anzi sparizione, per un lungo periodo. Interessava, anzi interessa, che non si usi Donne-Cosi facendolo diventare altro da quello che a stento, a mala pena, continuava a rappresentare per molti i quali, anche se in apparenza distratti, hanno sempre colto con intuito inconsapevole ma insistente quel quid che c’era di sostanza. Mi dispiace che le donne mi abbiano capito “fino ad un certo punto”, come è logico avvenga in tutto ciò che è umano; che non se la sentano di reggere da sole, o meglio: da conduttrici,un nuovo Donne-Cosi.
Grazie, Mauro, per avere detto finalmente la verità del mio propormi nel e dopo il sito. Agli altri chiedo perdono per le mie mancanze con tutta la sincerità che spero mi riconoscano e dichiaro la mi immensa benevolenza di sorella.
Davvero tu mi hai permesso, con la tua diagnosi precisa e generosa, di chiarire il mio comportamento-ultima fase; anche se ai referenti il mio modo di esprimermi risultareasse poco comprensibile e/o quant’altro.
Potessi travasare in questo scritto la piena dei miei sentimenti ne sarei felice. Ma la felicità non è mai piena in questa terra.
Vostra Ausilia

mercoledì 20 luglio 2011

Ultima risposta alla lettera di G. Zanon

"Senza troppi distinguo, senza troppe sottigliezze teologiche, senza inutili remore": così ti esprimi, riproducendo proprio il tuo modo di essere e di fare, di cui non ti faccio alcun torto. Per te va bene così. Ed io, che ammiro il tuo cuore, la tua generosità e la tua semplicità, tutta la mia stima.
Ma, tolto l'aspetto personale, che conta moltissimo nel campo dei rapporti interpersonali, la cosa non funziona per tutto ciò che deve assumere un carattere pubblico, meglio: sociale.  Quando, ad esempio, Ernesto fa quello che fa, davvero ammirevole, e tanto, deve avere ANCHE visibilità, se vogliamo che incida sulla formazione dell'opinione pubblica.
Ecco il punto: la nostra rivoluzione-per deve essere, sì, come il granello di senape, ma deve essere socialmente efficace. E, a tal fine, è FONDAMENTALE avere idee di un certo spessore, che non sto qui ad indicare. Il fatto che tu ti trovi bene a lavorare con "chi fa", non basta a definire ciò che fa. Alzare la voce, denunziare, eccetera, vale, e come!, ma dipende dal complemento oggetto. Per me quello che noi dovremmo fare è essere presenza storica che non cerca spazi e pubblicità, ma si impegna ad essere buona semente per abbattere il muro di un'opinione pubblica deformata da tante idee sbagliate su ciò che è saacro e quindi sul valore del sacerdozio (che, tanto per dire un particolare non secondario, non può essere solo maschile con l'appendice del femminile!), sul rapporto Popolo di Dio e Chi, in esso, esercita un ministero. Soprattutto bisogna avere in mente a caratteri cubitali che la nostra è una questione di FEDE.....
Qui anche il mio discorso è pprossimativo per timore di appesantirlo, ma quel che escludo è che non bisogni fare dei distinguo. Altro che!!!
Comunque, meglio con te parlare sul piano del bene che ci vogliamo e sul bene che vogliamo anche per la nostra chiesa.
Ti abbraccio con sentimenti di stima per quel che sei e quel che fai, nonostante ci tenga a rimarcare la differenza di vedute.
Ausilia

lunedì 11 luglio 2011

Alcuni commenti sulla questione celibataria e dintorni

Concordo con  te cara Ausilia il problema è legato alla  struttura gerarchica della chiesa. Per quanto concerne “la buccia di banana” di cui si parla mi infastidirebbe sapere che l’apertura al sacerdozio uxorato  sarebbe dovuta al fatto che ciò costituirebbe il male minore .La questione è legata all’ esclusione  della donna  dal potere, alla sua discriminazione nei secoli portata avanti dalla “chiesa “ costituita da uomini, che la  hanno identificata  come colei che porta il male in sé, basti pensare ai diversi gradi di subordinazione e dominazione a cui la donna è stata  sottoposta. La teologia ,poi  ha sempre avuto qualche problema ad ammettere la piena personalita’ della donna ,basti pensare ad Agostino. La misoginia di cui la chiesa cristiana era  portavoce sfociò nei secoli XVI e XVII nella caccia delle streghe. Il cristianesimo ha poi   identificato le virtù femminili con l’ubbidienza, l’umiltà, il servizio, creando anche una stretta connessione tra donna e peccato, tra peccato e sessualità.. Ancora oggi si esercita o si prova a farlo il controllo sul nostro corpo. Ancora oggi la moglie di un prete è avvertita come diabolica, tentatrice, corruttrice di virtù. Una rivale di Dio. Quando poi si decide di sposare un sacerdote occorre assumersi tutte le conseguenze che questa scelta porta con sé a livello familiare e sociale. Con il dialogo ,la semplicità ,la testimonianza anche silenziosa si possono mutare le opinioni. Con l’ aggressività si ottiene solo una netta chiusura. E’ sulla concezione culturale, antropologica ,teologica della donna che si deve lavorare .Occorre parlarne con i giusti toni, per dare a chi ci ascolta la possibilità di capire, riflettere, come e perché si è giunti alla legge sul celibato, scardinare pregiudizi ,vedere le cose con uno sguardo nuovo. Bianca
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Quello che colpisce di più è il silenzio delle donne che avrebbero qualcosa da dire, tra le quali mi metto anche io- Un po' perchè distratte dai problemi di tutti i giorni, un po' perchè forse stanche di vedere un sistema che va avanti sempre nella stessa maniera... Però la mia più cara amica mi ha sollecitato ad intervenire scavalcando tutti questi "limiti" e se ciò può essere utile a qualcuno, o a cambiare la mentalità di fondo allora ecco il mio modesto intervento. "La donna è mobile qual piuma al vento, muta d'accenti e di pensier". In questa nota aria si riassume un po' la mentalità di fondo per quanto riguarda l'utilità della donna in ambito ecclesiale, o forse è meglio dire "ecclesisastico". L'importante in questo contesto che la donna "scelga" di non restare "muta d'accenti" ma, al di là delle rivendicazioni, ricordare la sua "dignità" di essere umano al pari dell'uomo, cosa che in qualsiasi contesto democratico sarebbe ovvia, ma che in ambito ecclesiale incredibilmente stenta. Joelle
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Giuseppe se è vero che conosci Ausilia, sai anche cosa lei intenda per "spiritualità". Non devozioni intimistiche, non caccia al miracolo, non fuga dalla realtà, ma piena immersione in essa. La spiritualità di cui parla Ausilia è la strada per andare al fondo dei problemi. Il celibato opzionale, il sacerdozio femminile... sono argomenti su cui si può lottare, fare rivoluzioni epocali e poi "dentro" rimanere gli stessi di prima. Come persone e come chiesa. Tanto di cappello a chi si impegna attivamente come Ernesto, come Stefania e come immagino anche te e altri. Ma senza spiritualità il rischio è di faticare inutilmente e in questo senso il richiamo di Ausilia è sempre azzeccato. Tanto più azzeccato quanto più rimane la sola a dire certe cose tra di noi.Mauro Borghesi

sabato 9 luglio 2011

Seconda risposta alla mail di Giuseppe

Giuseppe afferma:
Mi domando se il nostro confronto è la lotta col potere gerarchico o se invece il nostro impegno non sia piuttosto un confronto col vangelo e con i suoi valori. Che mi importa dei paludati signori che pontificano...quando, come la statua di Nabuccodonosor ...  siamo qui per vivere e far vivere il vangelo e sui valori di esso cerco il confronto con chi vuole impegnarsi per i preti sposati e per le donne coinvolte con preti.

Con questi paludati signori, come lichiami e non a torto, abbiamo da fare se ci proclamiamo appartenenti alla ciesa cattolica, altrimenti - nulla di male, certo - siamo senza una chiesa oppure in un'altra chiesa. A me piace la chiarezza, ed è per questa che si fa questione circa il celibato dei preti.
C'è una contraddizione di fondo nei soggetti che si scatenano contro, o peggio, ignorano con disprezzo, i paludati; si battono per sostenere che sono-rimangono appartenenti al presbiterio, vogliono amministrare i sacramenti ( e alcuni lo fanno con arbitrio), hanno l'angoscia esistenziale (sic!) perché desacralizzati etc.; parlano di chiesa alternativa, ma dove è questa chiesa se non nell'invisibiltà (come chiesa)? E poi pretendono sposarsi contro la legge a cui si sono legati con una promessa, senza chiedere un permesso o spiegare umilmente i propri motivi che sono seri. E le donne a parlare di innamoramento-amore per un prete, a pretendere che i preti si sposino o ad accettare compromessi!!! E' questo il vivere e far vivere il vangelo?
Certamente confrontarsi col Vangelo è essenziale, ma non possiamo ignorare la storia; non possiamo far finta che tutto ci autorizzi a stare nella chiesa così com'è attraverso la trasgressione, legittima, se vogliamo, ma da clandestini.... Preferisco almeno la denuncia, la messa in evidenza dei controsensi della storia quando ha fatto il suo tempo: o anche l'uscita anonima, ma reale. Se mio marito avesse fatto la scelta del pastorato valdese, sarebbe stato meglio che continuare a soffrire come ha sofferto.
Io, però, per conto mio, debbo essere sincera: alla frequenza dei sacramenti ci tengo, come anche ad i molti tesori di sapienza cumulati (tra tante astruserie, se vogliamo), al bene che si fa in certi luoghi, al fatto che nelle feste religiose ci sia gente sinceramente credente che partecipa col senso del sacro (non idloatrico)... eccetera eccetera.
E vorrei farl camminare la storia........................................... E' per questo che mi piace questionare sul celibato e su quello che esclude la donna nei posti-chiave della vita della chiesa....
Tronco qui, e forse mi sono espressa precipitosamente, ma nutro la speranza di trovare corrispondenza attiva. Vostra Ausilia  

giovedì 7 luglio 2011

domenica 3 luglio 2011

Una prima risposta a Giuseppe

Caro Giuseppe, assieme agli altri,
Nel numero due dici delle cose che accetto perché le affermi con convinzione, ma non mi convincono.
Il tuo parlare nei termini “ne f... del potere ecclesiastico, è il vangelo che ci interessa, è il fratello che ci chiama, è la carità di Cristo che ci spinge!, trovo disprezzo per la chiesa del potere, e allora ti contraddici: disprezzare, è peggio che lottare-per.. E lottare si può senza volere vittorie di Pirro, come quella che ti esaltava nell'augurare che la legge celibataria trovasse una sua contraddizione e un inciampo (traduco con termini soft) attraverso la sicura caduta sulla buccia di banana della pedofilia...
Tutto l’aiuto caritatevole che si può esprimere nel quotidiano privato acquista una rilevanza storica quando ha una portata universalizzante, non se si pone come antidoto unico agli innumerevoli disagi dell’umano; dovrebbe essere, più che rimedio ad una strutturazione che inclina-male, un dovere laico di coscienza per tutti, e certamente lascia il fatto di sostanza immutato.
Il Vangelo! Siamo noi soli che ci accorgiamo della legge d’amore evangelico, anche se questa viene indurita da una struttura radicalmente, antropologicamente, sbagliata! Non ho paura di parlare di sbaglio, errore. La storia ne è disseminata, e il cammino di liberazione deve percorrere le vie impervie della verità e della chiarezza. Il vangelo non può genericamente essere applicato a singole situazioni consacrate dalla storia umana fallibile… Siamo noi tutti, persone di fede, chiamati ad intraprendere le vie meno facili della cultura; e non parlo di quella raffinata ed elevata, ma di quella che incide sul modo di trattare l’umano.
Quello che noi donne non riusciamo a fare capire a voi uomini, è che lo statuto del femminile non deve essere discriminante in nessun modo, nemmeno se ricoperto da adoranti, svenevoli esaltazioni….
La questione femminile, affrontata in materia di carattere religioso-spirituale, ha una portata e n o r m e , anche negli aspetti più comuni dell’umano, figurarsi in quello del potere. Il concetto di gerarchia, pur valido al di là della voglia di azzerarlo, unito a quello dell’esclusività maschile, è pestifero, e nemmeno la devozione mariana riesce a contrastarlo, anzi…
Abbiate pazienza, ma io considero che gli argomenti siano complessi, tanto quanto sono semplificati nella tua penna, e perciò mi fermo qui, perché è già serio quanto ho detto a te e, implicitamente anche ad Ernesto, nonché a chi ha orecchie per intendere.
Ad altra risposta in seguito!
Ausilia (che lotta nel cercare di capire e squinternare  i problemi reali in profondità).