sabato 29 settembre 2012

XXVI T.O. annoB


30 settembre 2012 - XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno B
Numeri 11, 25-29; Giacomo 5, 1-6

Marco 9, 38-43.45.47-48
38 In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva". 39 Ma Gesù disse: "Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: 40 chi non è contro di noi è per noi. 41 Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. 42 Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. 43 Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geénna, nel fuoco inestinguibile. [44] 45 E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geénna.[46] 47 E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geénna, 48 dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue".

Premessa
Marco è stato il primo a raccogliere detti e fatti ereditati dalla tradizione, uniti al vivo ricordo dei contemporanei; e li ha rifratti nelle sue scelte redazionali, sintetizzabili nella questione sorta tra i circoli cristiani giudaizzanti, non inseriti a pieno titolo nella prima comunità formatasi dopo la resurrezione di Cristo. Si tratta della questione che viene posta davanti a Gesù: può essere riconosciuto suo seguace chi non ha ricevuto un preciso mandato da Lui?
Oggi la questione potrebbe porsi in tanti altri modi, ma il senso è lo stesso; riguarda l’identità del cristiano cattolico, che confligge con l’abitudine a sentirsi ‘protetto’ dall’appartenenza dottrinale e pratica (sacramentale e quant’altro). Ma siamo sicuri che i cristiani critici in nome della cosiddetta fedeltà al Vangelo sappiano espungere dal Vangelo la verità che in esso traluce attraverso e oltre le parole? Il brano di oggi sottende un’indicazione del Maestro illuminante che riscalda il cuore al di là di ogni fanatismo.

Ciò che è essenziale cogliere nei primi tre versetti
Brevi note: i seguaci di Gesù si pongono allo stesso livello di Gesù nella frase “non ci seguiva” v. 38, al contrario di Lui che sottolinea il senso della sequela con l’espressione “nel mio nome” (v. 39), la quale significa: quel che conta è mettersi in sintonia con il senso profondo della sua relazione col Padre, da estendere anche al di fuori di un’appartenenza specifica. L’essenziale è nella frase del v. 41 "chi non è contro di noi è per noi", la cui spiegazione è anticipata nel v.40: chiunquei vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome…”. Essere alla sua sequela di Gesù non è un privilegio, non significa fare grandi opere (come gli esorcismi), ma rendere agli altri i servizi meno appariscenti, ma rispettosi del germe di Vita che è disseminato nel cuore di tutti e fruttifica nell’ascolto interiore.

Lo scandalo dei piccoli (v. 42)
Il significato dell’attenzione affettuosa di Gesù verso i piccoli si aggancia  a quello di cui si parlava nel brano della domenica scorsa, dove il termine è in contrapposizione con il voler essere il più grande (9,34) da parte dei suoi seguaci.  Lo scandalo in senso letterale indica una pietra e allude al comportamento immorale. Non fa riferimento alla sessualità, ma al comportamento nocivo alla vita degli altri, primo fra tutti il misconoscimento di ciò che Dio rivela a tutti coloro che sanno ascoltarlo.

L’auto-castigo della mutilazione
- Non c‘è alcun disprezzo, bensì la giusta valorizzazione delle potenzialità legate alla corporeità. Le frasi sono iperboliche e nello stesso tempo dense di significato: all’accesso della vera Vita possono essere di nocumento la mano che sa solo prendere, l’occhio che vede solo la propria immagine, il piede che non si sposta sulle strade della misericordia e della vicinanza.
- La Geenna. E’ un fossato ad est di Gerusalemme che nei tempi antichi era stata luogo di sacrifici umani sacrileghi e poi fu adibito all'incenerimento delle immondizie di Gerusalemme. Le parole di Gesù non si riferiscono ad una condanna nell’aldilà: sono l’esortazione pressante a vivere la vita terrena in piena apertura all’amore, sulle tracce lasciate da Lui. Le espressioni “il verme che non muore” e “il fuoco che non si estingue” (in connessione col testo di Isaia) indicano, la prima la putrefazione, la seconda la cremazione: due modi di estinguere in modo più o meno perfetto quel che è bene non resti di un corpo usato nella sete di possesso. O si entra con Gesù nella pienezza della vita già nell’oggi, o quando arriva la morte fisica, questa trova un corpo svuotato di vita.

Chiesa e Regno
Contrariamente ad una convinzione che si insinua in una stanca esegesi evangelica, il testo offre l’opportunità per rimarcare la differenza tra Chiesa come strumento del Re­gno, e quest’ultimo sconfinante nel cuore della Divinità. 

sabato 22 settembre 2012

XXV T.O. anno B


23 settembre 2012 

Sap 2,12.17-20;  Giac 3,16-4,3
Mc 9,30-37
30 In quel tempo, partiti di là Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31 Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà". 32 Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. 33 Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: "Di che cosa stavate discutendo per la strada?". 34 Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35 Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti". 36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37 "Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato".

UNA PREMESSA (per individuare l’approccio, in questo blog, al vangelo della domenica)
I Vangeli ed alcune categorie di potenziali lettori: a) i praticanti, spesso privi di un corretto ed efficace riferimento al significato dei testi; b) i cattolici critici, i quali si dichiarano cattolici, pur lamentando ‘l’apparato dottrinale e sacramentale della chiesa contro la fedeltà al Vangelo’ e talora dando luogo ad alternative teoriche e pratiche autoreferenziali; c) gli assetati di spiritualità mistica che si nutrono di visioni spiritualistiche quasi sempre di stampo orientale; d) i non-credenti o atei, che si attengono soltanto a principi ed a valori dedotti dall’uso incondizionato della razionalità;  e) i Mistici cattolici a cui mi ispiro.
- In questo studio sintetico si ritiene possibile additare A TUTTI la via seguita da questi ultimi, i quali si accostano alla Parola di Dio nella consapevolezza che in essa sia racchiusa come in uno scrigno la vocazione umana alla compiutezza divina già in questa terra: attraverso l’intimità col Mistero di Dio, rivelato in Gesù Via Verità Vita, e da tradurre in ogni aspetto della vita personale ed associata.
Pochi elementi di analisi del testo
GESÙ SULLE STRADE
Gesù itinerante, ormai si dirige verso Gerusalemme dove consumerà il dono di sé. E’ giunta l’ora di svelarsi quale l’atteso Figlio dell’uomo (cioè nella  pienezza dell’essere umano partecipe del divino). Usa cautele nello svelare il segreto del suo messianismo: proteso, non a rispondere ad attese trionfalistiche, bensì a rendere partecipi i suoi seguaci del suo stesso percorso non facile. In altre parole sono essi stessi che debbono conquistare la realizzazione del loro sogno: Gesù non si fa idolo rassicurante per nessuno; è pronto a donare la sua vita, ma non a regalarla. E perciò non è capito.

IN UNA CASA SI SIEDE PER DARE SPIEGAZIONI
C’è  bisogno di dare spiegazioni da Maestro. Perciò lo fa in una casa, dove si siede, come era solito fare ogni maestro, e CHIAMA all’ascolto i Dodici (in realtà ancora non c’è netta differenza tra apostoli e discepoli). A. Maggi commenta: è strano, è una casa, una casa palestinese, non è molto grande, perché Gesù deve chiamare? Perché lo seguono, ma non lo accompagnano, non gli sono vicini interiormente.

UNA SPIEGAZIONE AVVALORATA DA GESTI
Quello che viene chiamato bambino è in realtà un ragazzotto, un servitorello, secondo una corretta traduzione del termine greco; si tratta, insomma di uno che conta poco e può solo servire, data la concezione del tempo. Ci vuole uno siffatto a rappresentare l’annichilimento del Messia. E Gesù lo pone in mezzo e lo abbraccia… un modo tenero per raffigurare  il criterio della credibilità: NON DIRSI, MA FARSI SERVO.

‘CHI ACCOGLIE ME, NON ACCOGLIE ME, MA COLUI CHE MI HA MANDATO’
La radicalità di Gesù è compendiata in questa frase. Attraverso di Lui bisogna risalire alla misteriosa Divinità, la quale non se ne sta chiusa nel suo splendore, ma si rivela. Come commentare il significato di questo rivelarsi se non ricorrendo all’immagine del Padre? Ascoltare il Figlio fa sprofondare nel cuore della Divinità. Gesù non è venuto a proclamarsi Dio, ma a proporre, attraverso Se stesso, il Padre col suo disegno di comunione con l’umanità; come se dicesse: non guardate nemmeno a me. Un modo, questo, per indicare la via del difficile decentramento dall’io (a fatti!) per attingere il divino. In questo si ritrova la comune figliolanza allo stesso Padre. Ed allora l’umanità non può perire nella vanità propria di tutte le cose; c’è posto per la felicità, già da ora, e proprio nell’impotenza. 

RIFLESSIONE di Lucia e Armando – Quei dodici che confabulano su chi tra loro sia il più grande, rivelano la difficoltà di comprendere un insegnamento troppo impegnativo. La loro ambizione, stolta ed indelicata, ci mette all’erta: anche noi siamo esposti allo stesso pericolo. Anche quando siamo impegnati seriamente nella vita cristiana e nella sua pubblica accettazione, potremmo servirci e profittare delle cose più sante per soddisfare l’orgoglio e conquistare prestigio. Servirsi di Dio anziché servirlo, ecco il rischio che siamo invitati a superare!
POESIOLA di Ausilia: Ti ho parlato sempre come a persona / fratello padre amico confidente segreto / da bambina mi rapivano il cuore e baciavo / le piaghe di Te crocifisso e volevo aiutarti  *  Essere-Creatore-Onnipotente-Tutto / ti farebbero estraneo ed assente / ti sento spirito e vita che creato ti fai / impotente al dolore al limite al male / oh amore

sabato 15 settembre 2012

XXIV domenica T.O. AnnoB


16 settembre 2012

Isaia 50, 5-9a ; Giacomo 2, 14-18

Marco 8, 27-35
27 In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli, verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: "La gente, chi dice che io sia?". 28 Ed essi gli risposero: "Giovanni Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti". 29 Ed egli domandava loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo". 30 E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. 31 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell' uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32 Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. 33 Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: "Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". 34 Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35 Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà".

Alcuni, pochi, spunti per scoprire i significati meno evidenti nella lettura del vangelo

Premessa
“All’alba del cristianesimo, fin verso gli anni 80, non esisteva il problema di credere ai dogmi: essi non erano stati ancora formulati. Solo negli scritti  giovannei, intorno agli anni 80-85, apparve la necessità di credere ad un dogma ritenuto fondamentale: Gesù è Figlio di Dio.
E’ ormai assodato che il Vangelo di Marco sia il primo dei quattro. Consta di 16 capitoli, e l’ottavo di oggi fa da spartiacque tra l’attesa di un Messia potente, portatore di salvezza duratura al suo popolo e un Messia che si fa carico del dolore del mondo, quale aveva preconizzato il profeta Daniele* nella figura del servo sofferente.

Tra Messia atteso e Messia inatteso
Era comune l’attesa del Messia, (in ebraico Mashiah, in greco Christòs), che significa "unto", “consacrato”: re, profeti e sacerdoti, al momento della loro elezione, venivano consacrati mediante una unzione con olio profumato. Nelle parole entusiaste di Pietro: “Tu sei il Cristo[Matteo aggiunge: "il Figlio di Dio vivente" (Mt 16, 16) che potrebbe, però, essere una esplicitazione dovuta alla fede della Chiesa dopo la Pasqua] prevale il senso trionfalistico del termine. Gesù accetta l’epiteto di Cristo, ma ne dà una precisa spiegazione: per Lui accettare il dolore e la morte significa farsi dono di Dio all’umanità, per raggiungere la pienezza diella Vita. Non per nulla Gesù parla di sé come Figlio dell’uomo**.

Messianismo d’amore
Ecco tre piste per essere seguaci di Cristo: a) rinnegare se stessi, nel senso di non-appartenere a se-stessi, bensì al Signore (cfr. Is 31,7); b) prendere la propria croce, in vista di una fedeltà radicale; c) seguirlo, come specifica Giacomo nella seconda lettura, lontano da sogni di potenza, nella fraternità e nel servizio ai bisognosi. Il suo non è un destino inevitabile e catastrofico, ma una via di amore che trasforma già oggi la fragilità della vita umana in Vita piena.

Precisazioni su Gesù Figlio di Dio
Nel catechismo abbiamo la risposta confezionata: "Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio". Affermazione 'corretta', ma inutile se non scuote una mentalità chiusa alla trascendenza (chiuso alla trascendenza è chi vede le cose senza scoprire altro, quale solo l’artista sa cogliere). Pratiche rituali e sacramenti sono svuotati di senso se non sono richiamo al Mistero di un Dio-che-si-rivela. Ecco il vero punto fermo su cui insistere: perché Dio si rivela? Perché si fa chiamare Padre e dà in Gesù un associato alla condizione di umana precarietà? Che farne di un Dio chiuso nella sua onnipotenza? I mistici  sperimentano l'immedesimazione alla figliolanza divina e parlano di un Dio che si dona e chiede - soltanto chiede – altrettanto dono.

Personali
Armando e Lucia - Comprendiamo il “Chi vuole seguirmi, prenda la sua croce...”, che abitualmente viene citato, specie da chi parla “al volo” del vangelo, come un invito a non evitare la sofferenza-dolore – quasi una necessità per assomigliare a Gesù – e inducendo i superficiali, anche dotti, a pensare che il cristianesimo sia “per il dolore” anziché per la gioa. Dall’analisi del testo deduciamo quanto sia necessario cambiare opinione e di rivestirsi di un nuovo pensare, cosa che riusciva difficile agli stessi apostoli.
Ausilia - Grazie, Gesù, di esserti fatto dono per me. La mia vita sia un grazie, anche quando mi smarrisco, anche quando non so amare e non mi resta che lasciarmi amare .
  
Note
* Isaia presenta il servo sofferente come un profeta che è discepolo sperimentato, uno che ascolta in modo permanente. Per lui non si dà nessuna nuova partenza senza ascolto: ogni mattina il Signore risveglia il suo orecchio, affinché entri in una sapienza nuova e misteriosa, che supera e sconvolge le prospettive e le attese umane. Il profeta descrive un suo sogno, nel quale vede la successione di quattro imperi rappresentati da bestie, raffiguranti la disumanità degli imperi, cancellata definitivamente dal Figlio dell’uomo.
** Nel sogno di Daniele (cap. 7, 13-14) il Figlio dell’uomo è prototipo di un’umanità garantita  dalla  sua consacrazione a  Dio, sicché il termine è usato come sinonimo di Figlio di Dio.

sabato 8 settembre 2012

XXIII Domenica T.O.annoB


09/09/2012
Isaia 35, 4-7a;  Giacomo 2, 1-5

Marco 7, 31-37
31 In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33 Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: "Effatà", cioè: "Apriti!". 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: "Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e parlare i muti!".
[Pochi scarni punti, rispettosi della verità dei fatti.
Le aggiunte omiletiche le lasciamo ad altri]

la liberazione attraverso la corporeità
Premessa - La liturgia tiene presenti i cardini della fede presenti, da una parte nell’A. T., dall’altra nella nascente comunità ecclesiale; e quest’ultima vede in Gesù a) un messaggio universale b) da incarnare nel battesimo cristiano.
- Se non si vuole aggiungere un’ennesima omelia alle molte altre, occorre inquadrare la catechesi odierna del brano (che va sotto il nome del vangelo di Marco) in riferimento a tali cardini, con tutti i limiti di ogni interpretazione. In particolare, nella stesura del testo risalente al tempo in cui Gicomo scrive, c’è la volontà di giustificare la piega sacramentale che la chiesa cattolica comincia a sviluppare la dottrina, nonché di tener presente l’ideale universalistico da dare al messaggio messianico.
- Il gioco tra simboli e realtà può condizionare una lettura orientata alla ricerca della verità che si rivela in Gesù. Perché i simboli sono sostanza di ogni parola e, usati senza un minimo di accorgimento, possono nuocere nella ricerca della porzione di verità a cui l’essere umano può accedere già durante il percorso temporale.
- Gesù si offre come rivelazione del Mistero di Dio attraverso la corporeità. Il seme della Verità è nascosto nella debolezza della carne; perciò Egli se ne prende cura in un ‘corpo a corpo’, che si fa invocazione di grazia dal cielo e richiesta di umano ascolto.

Il luogo - La circostanza geografica viene evidenziata dallo strano percorso di Gesù, che offre a Marco un'occasione per riferirsi ai territori pagani limitrofi della Galilea: Tiro, Sidone, la Decapoli. L’itinerario, geograficamente, è inverosimile, ma vuole indicare l’azione di Gesù verso i popoli pagani.
 
I sordomuti nella tradizione profetica - Nella tradizione profetica, la sordità o la cecità sono figure della resistenza al messaggio di Dio (Is 6,9; 42,18; Ger 5, 21.23; Ez 12,2). Perciò la prima lettura fa riferimento al profeta Isaia quando annuncia, con fervide parole d’incoraggiamento all’ascolto, la liberazione definitiva con il rientro del popolo d'Israele dall'esilio babilonese.

In disparte - Per agire con il sordomuto, Gesù lo separa dalla folla, cioè dal numeroso gruppo di seguaci che non provengono dal giudaismo: ha bisogno di un contatto con la singola persona attraverso il suo corpo.

L’azione di Gesù sugli organi dell’udito e della parola - Gesù agisce prima sull’udito, necessario per potersi esprimere, e quindi sulla lingua (nella cultura giudaica si pensava che la saliva fosse fiato condensato). Gli altri gesti fanno entrare nella dinamica di un miracolo volto alla liberazione dall’isolamento: come si esprime Isaia in 35,6:  “la lingua del balbuziente griderà di gioia”. Quello di alzare gli occhi verso il cielo è lo stesso compiuto alla moltiplicazione dei pani, quindi basilare per non cadere nella trappola del semplice miracolismo. Il sospiro di Gesù seguito dal termine aramaico “Effatà” = apriti, è un’ulteriore segno di veridicità dei fatti che sta dietro la narrazione: un Gesù che si serve ‘appassionatamente’ di mezzi umani per farsi un varco nella ricettività e portare la liberazione.

Ha fatto bene ogni cosa -  Alla folla viene attribuito un ruolo importante per disegnare il rapporto tra la rivelazione di Gesù e la rivelazione antica al momento della creazione: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona" (Gn. 1, 31, ma anche Sir 39,16).

Personale – Gesù, tocca il mio cuore ansioso di verità. Te lo pongo avanti con le sue chiusure che rifiuto, ma che continuano a condizionarmi. So che la verità è nel tuo sospiro volto verso il cielo e nella forza con cui pronunzi il tuo Effatà. Voglio ascoltarti a preferenza di altre religioni e culture spirituali, per le quali nutro rispetto. Non sono io che scelgo Te, ma sei Tu che scegli me.

sabato 1 settembre 2012

Domenica XXII T.O.annoB



Comandamento d’amore
Deuteronomio 4, 1-2. 6-8; Giacomo 1, 17-18. 21b-22.27

Marco 7, 1-8.14-15.21-23
In quel tempo, 1 si riunirono intorno a lui i farisei e alcuni scribi, venuti da Gerusalemme. 2 Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate 3 - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi 4 e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti - , 5 quei farisei e scribi lo interrogarono: "Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?". 6 Ed egli rispose loro: "Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: "questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. 7 Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. 8 Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini".
14 Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: "Ascoltatemi tutti e comprendete bene! 15 Non c' è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro". 21 Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, 22 adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23 Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l'uomo".

Premessa
- Il tentativo di forzare il testo si annida nella lettura più attenta. Allora mi pongo una domanda di fondo, tralasciando per questa volta altri aspetti importantissimi, come quello del significato di purezza del cuore. Tanto meno faccio riferimento ai dogmi, consapevole della necessità del velo di formulazioni che qualsiasi struttura stende sulla verità.
- L’aspetto di fondo da cogliere è la novità dell’incarnazione dell’amore di Dio in Gesù. Già nell’Antica Alleanza molti passi biblici si riferiscono alla rivelazione dell’amore di Dio anche attraverso la sua ‘ira d’amore tradito’ contro i trasgressori. La novità è nel fatto che Gesù presenti la sua persona quale incarnazione umana di tale amore divino. E a questo proposito non bisogna dimenticare che termini (tutte le parole sono simboli!) quali Figlio e Padre sono da Lui usati per esprimere il suo ineffabile intimo rapporto con la Divinità.
- Il comandamento dell’amore di cui parla Gesù potremmo definirlo un ossimoro (usando una vocabolo moderno): cioè fa tutt’uno di due elementi che si contraddicono, l’obbligo della Legge e la libertà dell’amore.

Il comandamento della Torah
Scribi e farisei in realtà hanno capito cosa dice Gesù e per questo sono venuti da Gerusalemme a contestarlo, coinvolgendo in tale contestazione anche coloro che gli sono vicini. Tutti sono ben lontani da ogni distinzione tra legge di un inesistente stato e fede come dono d’amore di Dio che richiede una risposta libera. Dà invece preoccupazione l’insistenza di Gesù, unita al suo ascendente carismatico, nell’intaccare l’autorità di tante tradizioni costruite a difesa della Legge (Torah), la quale costituisce il cardine di coesione di tutto il popolo. Invece non viene avvertita la portata universale che il cristianesimo attribuirà a Gesù; si resta ancorati alla tradizionale linea difensiva della Legge di fronte ad influenze religiose delle varie popolazioni attigue (e tale sarà l’atteggiamento di fronte all’invadenza dello stato romano, col quale si dovrà scendere a compromessi). La preoccupazione di tutti è comprensibile: come mai Gesù, profeta carismatico e maestro di vita, si arroga il diritto di interpretare la quintessenza della Torah e di  appropriarsi del suo vero senso?

La novità di Gesù
Gesù è vicino alla sua cattura e sente l’urgenza di rivelare la sua identità. Senza insistere sull’universalità della sua rivelazione (cosa che avverrà dopo la Pentecoste), Egli  chiede a chi lo avvicina l’ascolto del cuore: dal momento che il suo (cuore) di carne umana è in unione intima con Dio, può trascinare l’essere umano nello stesso circuito divino.

“Ogni dono perfetto viene dall’Alto”
Giacomo nella II lettura afferma: «ogni buon regalo, ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce». Gesù non insegna che non si debbono osservare le leggi di Mosè, ma che solo l’Amore divino può illuminare il cammino umano verso la verità di se stesso, perché essa è fuori di lui, ha la sua dimora stabile in seno al Mistero di un Dio che si offre in dono. In linguaggio moderno si direbbe che ogni etica laica ha bisogno di un freno alle smodatezze corruttrici, frutto della debolezza e precarietà terrene, attraverso il sussidio del trascendente presente in ogni aspetto della vita personale ed associata: economia, cultura (in particolare quella giuridica rispettosa dei diritti umani), arte, attività ludica, eccetera.

Riflessioni personali
Il comandamento d’amore postula la libertà, perché non ci può essere amore senza libertà. Il nodo dell’ossimoro si scioglie: se si è amati, bisogna, è necessario (ecco perché si parla di comandamento) accettare il dono per metterlo a frutto. Chi capisce e sa apprezzare tale dono, AIUTA DIO [anche Lui ha bisogno di una risposta d’amore], come dice la Hillesum, a ridare all’umanità smarrita la Speranza. Anche oggi, in questa crisi globale, c’è motivo di sperare. Una beghina, mistica del XII secolo, per tutta la vita chiedeva a Dio: perché il male? Si salverà questo mondo? Solo alla fine della sua vita Dio le diede la certezza che “alla fine TUTTO SARA BENE”. ‘Le ragioni della speranza’ sono riposte nel dono dell’Amore di Dio attraverso Gesù: solo che si usi la libertà, scegliendo ciò a cui Lui invita.