16 settembre 2012
Isaia 50, 5-9a ; Giacomo 2, 14-18
Marco 8, 27-35
27 In quel tempo, Gesù partì con i suoi
discepoli, verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada
interrogava i suoi discepoli dicendo: "La gente, chi dice che io
sia?". 28 Ed essi gli risposero: "Giovanni Battista; altri dicono
Elia e altri uno dei profeti". 29 Ed egli domandava loro: "Ma voi,
chi dite che io sia?". Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo".
30 E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. 31 E cominciò a
insegnare loro che il Figlio dell' uomo doveva soffrire molto ed essere
rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso
e, dopo tre giorni, risorgere. 32 Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo
prese in disparte e si mise a rimproverarlo. 33 Ma egli, voltatosi e guardando
i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: "Va' dietro a me, Satana!
Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". 34 Convocata la
folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: "Se qualcuno vuol venire
dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35 Perché chi
vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per
causa mia e del Vangelo, la salverà".
Alcuni, pochi, spunti per scoprire i significati meno evidenti nella lettura del vangelo
Premessa
“All’alba
del cristianesimo, fin verso gli anni 80, non esisteva il problema
di credere ai dogmi: essi non erano stati ancora formulati. Solo negli
scritti giovannei, intorno agli anni 80-85, apparve la necessità di
credere ad un dogma ritenuto fondamentale: Gesù è Figlio di Dio.
E’ ormai assodato che il Vangelo
di Marco sia il primo dei quattro. Consta di 16 capitoli, e l’ottavo di oggi fa
da spartiacque tra l’attesa di un Messia potente, portatore di salvezza
duratura al suo popolo e un Messia che si fa carico del dolore del mondo, quale aveva preconizzato il profeta Daniele* nella figura del servo sofferente.
Tra Messia atteso e Messia inatteso
Era
comune l’attesa del Messia, (in ebraico
Mashiah, in greco Christòs), che significa "unto", “consacrato”: re,
profeti e sacerdoti, al momento della loro elezione, venivano consacrati
mediante una unzione con olio profumato. Nelle parole entusiaste di Pietro: “Tu
sei il Cristo” [Matteo aggiunge: "il
Figlio di Dio vivente" (Mt 16, 16) che potrebbe, però, essere una
esplicitazione dovuta alla fede della Chiesa dopo la Pasqua] prevale il senso trionfalistico del termine. Gesù accetta
l’epiteto di Cristo, ma ne dà una precisa spiegazione: per Lui accettare il
dolore e la morte significa farsi dono di Dio all’umanità, per raggiungere la
pienezza diella Vita. Non per nulla Gesù parla di sé come Figlio dell’uomo**.
Messianismo d’amore
Ecco tre piste per essere
seguaci di Cristo: a) rinnegare se
stessi, nel senso di non-appartenere a se-stessi, bensì al Signore
(cfr. Is 31,7); b) prendere
la propria croce, in vista di una
fedeltà radicale; c) seguirlo, come
specifica Giacomo nella seconda lettura, lontano da sogni di potenza, nella
fraternità e nel servizio ai bisognosi. Il suo non è un destino inevitabile e
catastrofico, ma una via di amore che trasforma già oggi la fragilità della
vita umana in Vita piena.
Precisazioni su Gesù Figlio di Dio
Nel catechismo abbiamo la risposta
confezionata: "Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio". Affermazione 'corretta', ma inutile se non scuote una mentalità chiusa alla
trascendenza (chiuso alla trascendenza è chi vede le cose senza scoprire altro, quale solo l’artista sa cogliere). Pratiche rituali e sacramenti sono
svuotati di senso se non sono richiamo
al Mistero di un Dio-che-si-rivela. Ecco il vero punto fermo su cui insistere:
perché Dio si rivela? Perché si fa chiamare Padre e dà in Gesù un associato
alla condizione di umana precarietà? Che farne di un Dio chiuso nella sua onnipotenza?
I mistici sperimentano l'immedesimazione alla figliolanza divina e parlano di
un Dio che si dona e chiede - soltanto chiede – altrettanto dono.
Personali
Armando e Lucia - Comprendiamo il “Chi vuole
seguirmi, prenda la sua croce...”, che abitualmente viene citato, specie da chi
parla “al volo” del vangelo, come un invito a non evitare la sofferenza-dolore
– quasi una necessità per assomigliare a Gesù – e inducendo i superficiali,
anche dotti, a pensare che il cristianesimo sia “per il dolore” anziché per la
gioa. Dall’analisi del testo deduciamo quanto sia necessario cambiare opinione e di rivestirsi di un nuovo pensare, cosa che riusciva difficile agli stessi apostoli.
Ausilia - Grazie, Gesù, di esserti fatto dono per me. La mia vita sia un grazie, anche quando mi smarrisco, anche quando non so amare e non mi resta che lasciarmi amare .
Note
* Isaia presenta il servo
sofferente come un profeta che è discepolo sperimentato, uno che ascolta in
modo permanente. Per lui non si dà nessuna nuova partenza senza ascolto: ogni
mattina il Signore risveglia il suo orecchio, affinché entri in una sapienza
nuova e misteriosa, che supera e sconvolge le prospettive e le attese umane. Il profeta
descrive un suo sogno, nel quale vede la successione di quattro imperi
rappresentati da bestie, raffiguranti la disumanità degli imperi, cancellata
definitivamente dal Figlio dell’uomo.
**
Nel sogno di Daniele (cap. 7, 13-14) il Figlio dell’uomo è prototipo di
un’umanità garantita dalla sua consacrazione a Dio, sicché il termine è usato come sinonimo di Figlio di Dio.
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