martedì 30 dicembre 2014

MARIA MADRE DI DIO


Inizia l’anno civile. Come in altri casi, la chiesa cattolica vuol dare la sua impronta religiosa alla ricorrenza festeggiando la “Madre di Dio”: definizione assunta nel Concilio di Efeso nel 431.
Ma, se leggiamo il vangelo di Luca proposto dalla liturgia, ci troviamo di fronte ad una semplicità terminologica incantevole: non si parla nemmeno di angeli, ma di pastori che portano l’annunzio della nascita di Gesù.
Lc2,16-21
In quel tempo, [i pastori] 16 andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia.17 E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.18 Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori.19 Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20 I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. 21 Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Il versetto 19 parla di Maria in questi termini: Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
Luca, utilizzando il verbo symballein (mettere insieme, avvicinare due parti di un intero, da cui il termine simbolo), vuole evidenziare che Lei cerca di penetrare il senso dei fatti che sta vivendo. In lei, si potrebbe commentare, è rappresentata l’umanità intera, bisognosa di interiorità, poiché la corsa pazza verso gli appagamenti sensibili, anche i più leciti e tutt’altro che da disprezzare, non bastano.
Quel che importa del mistero di Maria è, quantomeno,  l’umanizzazione del divino nelle persone in cui risplende la luce del BENE. E perché questo avvenga ci vogliono ben altro che categorie le quali indicano piedistalli di gloria… terrena.
Nel “Catechismo della Chiesa Cattolica” Maria è definita in maniera sobria: Madre di Cristo e Madre della Chiesa.
E’ bello vedere vedere riflessa in Lei la luce di Dio, di cui parla il salmo 66 proposto dalla liturgia:

su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

giovedì 25 dicembre 2014

LA SANTA FAMIGLIA

Lc2,22-40

a legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore 23- come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - 24 e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. 25 Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26 Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27 Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28 anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: 29 «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,30 perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, 31 preparata da te davanti a tutti i popoli: 32 luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».
33 Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
34 Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35 - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
36 C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37 era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38 Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
39 Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. 40 Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Commento di J.M.Castillo

1. Questo racconto vuole, prima di tutto, evidenziare la fedeltà dei genitori di Gesù alle osservanze che imponeva la religione di Israele. In una famiglia così fu educato Gesù. È una cosa che impressiona, se pensiamo alla grande libertà poi avuta da Gesù di fronte a non poche osservanze di quella religione.
2. D’altra parte, in questo testo si parla di “purificazione”. Secondo la Legge di Mosé (Lv 12, 2-8), il parto e la mestruazione rendevano impure le donne. E, secondo Es 13, 1-2, i maschi primogeniti dovevano essere consacrati al Signore. In non poche cose la religione non accetta la nostra natura e la nostra umanità così com’è e stabilisce norme e riti per “purificare” quello che secondo le nostre convinzioni Dio ha fatto. Spesso le norme ed i rituali religiosi pretendono di imporsi alla natura ed all’umanità, in maniera tale che pretendono di essere più importanti di quello che ha fatto Dio. Queste cose generano resistenza e rifiuto della religione in non pochi ambienti. E così allontanano la gente da Dio, dalla fede, dalla Chiesa….
3. Simeone ed Anna sono persone esemplari in onestà, bontà, desideri di incontro con la salvezza e la soluzione che non diamo a questo mondo forse può venire da coloro che cercano Dio e credono in Lui. Questo rispetto verso gli anziani, verso la loro esperienza e la loro esemplarità si dovrebbe promuovere soprattutto in un tempo in cui gli eventi si succedono con tanta rapidità che ci sconcertano. In maniera tale che noi anziani corriamo oramai il pericolo di non voler imparare dai giovani. Così come i giovani possono anche disinteressarsi della cultura accumulata nell’esperienza degli anziani. Tutti dobbiamo rispettarci reciprocamente ed imparare gli uni dagli altri. 

martedì 23 dicembre 2014

MESSA DEL GIORNO DI NATALE


Is 52,7-10
Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: Regna il tuo Dio. Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion. Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.
Dal Salmo 97
Cantate al Signore un canto nuovo, / perché ha compiuto meraviglie. / Gli ha dato vittoria la sua destra / e il suo braccio santo. /// Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, / agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. / Egli si è ricordato del suo amore, / della sua fedeltà alla casa d’Israele. ///  T utti i confini della terra hanno veduto /la vittoria del nostro Dio. / Acclami il Signore tutta la terra, / gridate, esultate, cantate inni! /// Cantate inni al Signore con la cetra, / con la cetra e al suono di strumenti a corde; / con le trombe e al suono del corno / acclamate davanti al re, il Signore.
Eb 1,1-6
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? e ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio».
Gv 1,1-18 
1 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era, in principio, presso Dio: 3 tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. 4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5 la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. 6 Venne un uomo mandato da Dio il suo nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. 9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. 10 Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. 11 Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. 12 A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. 15 Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». 16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. 17 Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 18 Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

[Mi limito a fare una approssimativa (e rozza) analisi del prologo di Giovanni, sottolineando soltanto alcuni significati terminologici]

Analisi di Gv 1,1-18
 
1 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era, in principio, presso Dio:
Giovanni risale alle soglie della storia, fin nelle profondità di Dio, attingendo alla Genesi: “In principio Dio creò il cielo e la terra”. E’  da notare che si parla, non di un'azione, bensì di una esistenza che precede l’inizio della creazione.
3 tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
Eppure questo Dio vuole comunicare all'esterno di se stesso.
Il tutto, in greco panta, è, oltre che il cosmo nel suo complesso, tutto ciò che esiste, cioè ogni singolo essere nella sua individualità e nella sua storia.
4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
Per la prima volta appare in questo vangelo un tema caro a Giovanni, quello della vita, zoé, termine che indica la qualità di vita non soggetta alla morte, quindi divina, in contrapposizione a bĺos, la vita animale. La luce di cui si parla è la fonte della stessa vita, irradiazione divina nell’esistenza umana. L’evangelista propone, rispetto agli influssi della cultura greca, una visione ottimistica dell’agire di Dio nei confronti dell’umanità.
5 la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Ecco una coppia di nomi molto usata nella Bibbia: luce e tenebre. Le tenebre sono immagine del male. Siccome si parla di vittoria della luce, resta sottintesa la lotta tra bene e male, senza la quale l’essere umano non sarebbe libero di scegliere il bene. Certamente l’evangelista voleva incoraggiare la sua comunità, sottoposta ad un crescendo di ostilità, a dire di sì alla luce nonostante le difficoltà.
6 Venne un uomo mandato da Dio il suo nome era Giovanni.
Il discorso viene bruscamente interrotto da un nuovo personaggio, Giovanni, in ebraico Yohanan, che significa Dio è misericordia”.
7 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
La qualifica della testimonianza rievoca le vocazioni dei profeti come Mosè, Isaia, Geremia, o il profeta atteso annunciato da Malachia.
Col termine tutti si evidenzia il contesto universalistico in cui è immersa la prima parte del prologo.
8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa precisazione può rivelare la presenza di qualche polemica all'interno della comunità cristiana; forse i seguaci di Giovanni affermavano che fosse lui il vero Messia, quindi l'evangelista delimita la sua missione, pur esprimendo per lui grande stima.
9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Il discorso ritorna sul Logos e si focalizza sul suo incontro con l'umanità. Il Logos qui è ricordato come luce vera, in contrapposizione con le false luci che sarebbero apparse nel mondo, le quali non sono altro che ingannevoli idoli.
10 Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
C’è amarezza nello scrittore nel notare che il mondo non lo ha riconosciuto.
Questa mancato o tradito ri-conoscimento non aveva apportato alcun bene al popolo di Israele, nonostante i richiami di Dio attraverso i suoi profeti.
11 Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
Il Logos è venuto nella sua proprietà, espressa nell’aggettivo i suoi, cioè presso il popolo prediletto, primizia dell’umanità intera.
12 A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,
L’evangelista, distanziandosi dalla tradizione giudaica, parla di un Dio che è da accogliere, più che da da cercare. La locuzione figli di Dio indica un'appartenenza profonda a Dio vissuta nella fede: tali si diventa mediante la pratica costante di un amore che assomiglia a quello di Dio.
13 i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
Giovanni sottolinea, opponendoli, i due tipi di nascita, quella umana e quella divina. Generati da Dio non sono coloro che vengono al mondo come frutto del desiderio di sopravvivenza, ma coloro in cui si rende palese e si concretizza l’amore di Dio.
14 E il Verbo e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Questo versetto dà senso a tutto l'inno e introduce all'incarnazione del Logos, ultima tappa della storia di Dio che si comunica. L’espressione incarnazione, in greco sárkosis, non appare direttamente nel Nuovo Testamento e sarà adottato per la prima volta nel II secolo dal Padre della Chiesa Ireneo nella sua opera Contro le eresie, e diverrà comune a partire solo dal IV secolo, quando si accentueranno le discussioni e le diatribe cristologiche.
I vangeli di Matteo e Luca fanno una modifica rispetto a Giovanni: non parlano di carne ma di uomo; la loro stessa impostazione narrativa, che parte dalla genealogia e dal racconto della nascita di Gesù  e si sviluppa secondo una trama storica di eventi per approdare a una morte, è l’attestazione più limpida del legame intimo di Cristo con la carne, fatta appunto di avvenimenti, tempo, spazio, esistenza.
A lungo si potrebbe riflettere attorno a questo nodo d’oro nel quale anche il soprannaturale è carnale, come affermava Charles Péguy. Si potrebbe individuare il tessuto delle allusioni e dei rimandi alle categorie Parola e Sapienza, care all’AT, senza però escludere del tutto ammiccamenti al Logos greco, che si era infiltrato nello stesso giudaismo di Filone d’Alessandria d’Egitto (celebre pensatore giudeo-ellenistico del I secolo). Sarebbe anche possibile ritrovare una sottile ma efficace punta polemica contro l’affacciarsi, nella cristianità delle origini, di tentazioni gnostiche o docetiche, che rifiutavano la pesantezza, il paradosso in cui ci si imbatte in quel diventare carne, oppure come espressione mitica dell’agire atemporale di Dio.
La frase e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, fa riferimento alla tenda del santuario portatile di JHWH nel cammino dell'esodo. Il Dio che si rendeva presente nell'arca dell'alleanza, cioè nella legge, ora si rende presente in una carne mortale; la sua gloria significa la sua manifestazione.
15 Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
Giovanni Battista si fa garante della superiorità di Colui che sarebbe venuto.
16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.
Ritorna il termine tutti: mentre le formulazioni teologiche sono inevitabilmente inadeguate in quanto espresse con un linguaggio e una cultura destinati a mutare nel tempo, i gesti che comunicano vita sono compresi universalmente e in ogni epoca. E la prova che porta la comunità cristiana è quella di una risposta d’amore che risponde all’amore ricevuto. Risposta che permette al Signore di effondere ancora più forza d’amore e questo in un dinamismo senza fine che condurrà l’uomo alla crescita concreta.
17 Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
C’è un parallelismo tra Mosè e Gesù.
Tra i due membri della frase non vi è contrapposizione ma progressione, che va dalla legge alla verità: la seconda supera la legge soltanto perché dà completezza alla prima.
18 Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.
Nella conclusione Giovanni risale con uno slancio in verticale a Colui presso il quale era il Logos: a Dio in senso assoluto. La sottolineatura che Dio, nessuno lo ha mai visto e che l’Unigenito (cioè il prediletto) lo ha rivelato, serve a ricordare che l’essere umano non può vedere Dio a causa della sua condizione di limite; lo può indirettamente attraverso i suoi testimoni, soprattutto attraverso Cristo.

Riflessioni

- L’incarnazione significa che Dio si spoglia, in Cristo, di ogni suo potere ed autorità. Attraverso di lui si mette in comunione con l’umanità, assumendone ogni limite.
- La grandezza di Dio si rivela nel bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, il quale non ha altra grandezza che quella della sua umanità.
- Pedro Bloch (scrittore brasiliano) racconta simbolicamente quale dovrebbe essere la risposta umana al donarsi di Dio all’umanità: - Preghi Dio, piccolo? - Sì, ogni sera. - E cosa gli chiedi? - Niente. Gli domando se posso aiutarlo in qualche cosa.


giovedì 18 dicembre 2014

IV DOMENICA DI AVVENTO


Lc 1,26-38
[In quel tempo,] l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te.
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine.
Allora Maria disse all’angelo: Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?. Le rispose l’angelo: Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio. Allora Maria disse: Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola. E l’angelo si allontanò da lei.

Commento al Vangelo di p. José María CASTILLO
1. Il luogo: quello che si racconta a questo punto, di così fondamentale importanza per l’umanità, avviene in Galilea, la regione di quelli che in Israele si consideravano ignoranti, impuri, con i quali non si doveva entrare in relazione (M. Pérez Fernandez). Il disprezzo degli antichi per i galilei era così forte che nell’anno 362 d.C. l’imperatore Giuliano scrisse una lettera ad Artabio, nella quale parlava della “stupidità dei galilei” (G. Luchetti). Era famoso il detto di Yojanán ben Zakkai: “Galilea, Galilea, tu odi la Toráh”. In un popolo perduto, da un luogo così Dio si fa presente. È lo stile di Dio che si rivela in Gesù. Così sono le abitudini del Dio di Gesù.
2. La persona: centrale nel racconto è Maria, una donna sconosciuta e umile, della quale si dice che era “vergine”. Una parola che nel giudaismo di quel tempo designava una ragazza, a partire dalla sua pubertà fino al suo primo parto. Il racconto di Luca vuole sottolineare che il fatto prodigioso successo in Maria è molto più importante di quello della sua parente
Elisabetta. Il testo non parla di verginità biologica di Maria, ma della sua totale fedeltà a Dio. Il Magistero della Chiesa ha predicato sempre la verginità biologica di Maria. Ma una verginità simile può averla una donna alla quale si è praticata una inseminazione artificiale e dopo le si è praticato un cesareo. Questa donna sarebbe “madre” e “vergine” (K. Rahner). È evidente che la verginità di Maria si riferisce ad una qualità superiore concessale da Dio, l’essere madre di Gesù.

3. Il messaggio: da Maria nascerà il Messia atteso da Israele. E molto più di quello che aspettava. Questo testo è stato scritto quando già si aveva coscienza di quello che dice Paolo in Rm 1, 3-4: il figlio di Davide è stato costituito per mezzo della sua resurrezione Signore e Figlio di Dio. Sebbene Luca non conoscesse questo testo di Paolo, quello che dice il testo era già noto nella Chiesa. 

venerdì 12 dicembre 2014

III Domenica di Avvento

Dal Vangelo
Gv1, 6-8.19-28
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: "Tu, chi sei?".
Egli confessò e non negò. Confessò: "Io non sono il Cristo". Allora gli chiesero: "Chi sei, dunque? Sei tu Elia?". "Non lo sono", disse. "Sei tu il profeta?". "No", rispose. Gli dissero allora: "Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?". Rispose: "Io sono voce di uno che grida nel deserto : Rendete diritta la via del Signore , come disse il profeta Isaia". Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: "Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?". Giovanni rispose loro: "Io battezzo nell'acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo". Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.


[Dalle riflessioni del monastero di Bose]
Già in questi brevi versetti del prologo è sintetizzato tutto il senso della venuta di Giovanni, un uomo definito da Gesù “il più grande tra i nati di donna”, mandato da Dio. Sì, solo Dio poteva darci e inviarci un uomo come lui. Egli è il segno che “il Signore fa grazia” (questo il significato del suo nome), è un “testimone” (mártys), anzi è il primo testimone di Gesù in quel processo che quest’ultimo ha subito dalla nascita alla morte, processo intentatogli dal “mondo”, cioè dall’umanità malvagia, violenta, che ama solo se stessa.
Ministero difficile, faticoso, a prezzo della vita spesa e data, quello di Giovanni: nella consapevolezza di non avere luce propria, egli ha solo offerto il volto alla luce, ha contemplato la luce, è rimasto sempre rivolto alla luce, in modo così convincente e autorevole che chi guardava a lui si sentiva costretto a volgere lo sguardo verso la luce, verso colui di cui Giovanni era solo testimone. 
E cosa fa, come si atteggia un vero testimone di Gesù Cristo, cioè della “luce vera, quella che illumina ogni uomo”? In primo luogo si decentra e mette tutte le sue forze a servizio di tale decentramento, dicendo costantemente: “Non io, ma lui; non a me ma a lui vadano lo sguardo e l’ascolto”. Giovanni vive in sé il ministero della percezione della presenza di Dio, al quale l’aveva abituato il deserto in cui era cresciuto, e ora percepisce questa presenza di Dio in Gesù, che ormai è un uomo tra gli altri, è tra coloro che vanno da lui a farsi battezzare, è un suo discepolo.
Chi è dunque Giovanni il Battista? Se lo chiedono innanzitutto quanti vanno ad ascoltarlo, i giudei: Chi sei tu?. E Giovanni risponde con semplicità: “Non sono il Messia, il Cristo da voi atteso”. Gli chiedono ancora: “Sei tu Elia?” (colui che, profetizzato da Malachia, era atteso davanti al Signore nel suo giorno temibile) “Non lo sono”, risponde Giovanni. Infine gli chiedono: “Sei tu il profeta”, il profeta escatologico promesso a Mosè e simile a lui? Ma ancora, per la terza volta, Giovanni nega anche quest’ultima identità proiettata su di sé.
Gli dissero allora: ‘Chi sei? Che cosa dici di te stesso? Qual è la tua identità?’”. Ed egli risponde: Io sono soltanto una voce, una voce imprestata a un altro, eco di una parola non mia”.
In Giovanni nessun protagonismo, nessuna volontà di occupare il centro, di stare in mezzo, ma solo di essere solidale con gli altri.

[Mie brevi riflessioni sul problema dell’identità]
- L’argomento dell’identità si innerva in maniera fondamentale nell’esistenza umana. A me pare che, anche solo per sfiorarlo, si richiederebbe un trattato. Uso la strategia di parlarne da un’angolatura particolare: L’IDENTITÀ DI GENERE, oggi resa quanto mai complessa rispetto al passato. Infatti ovunque serpeggia la convinzione che la famiglia traballa anche nell’orizzonte concettuale e, quel che è peggio, ci si attarda su mille modi per ricrearla con scimmiottamenti di vario genere, destinati ad acuire un forte senso di vuoto; un vuoto che non si fa spazio di felicità solo perché lo si copre con dei palliativi.
- Forse può aiutare a capire un articolo pubblicato nel blog di MicroMega da CHIARA SARACENO che qui vi allego. Qui estraggo liberamente solo brevi considerazioni:
 …  non basta l’educazione sessuale intesa come informazione sugli apparati genitali di uomini e donne, a far maturare rapporti tra uomini e donne meno esposti al rischio di violenza e sopraffazione… occorre anche un’educazione sentimentale.
Non è utile neppure un’ipostatizzazione misterica della donna come Altro dall’uomo (oltretutto senza reciprocità): una simile ipostatizzazione rischia di provocare negli uomini non solo o tanto paura, ma disprezzo, senso di superiorità, svalutazione delle donne e di quanto fanno o aspirano a fare, autorizzazione al desiderio di possesso, violazione della libertà, fino alla violenza: dall’Altra irriducibilmente diversa, cristallizzata nella sua differenza, e perciò inconoscibile, all’altra inferiore e perciò utilizzabile a piacere, il passo è molto breve. Se si vuole operare contro la violenza forse è più opportuno togliere maiuscole, introdurre il plurale, e ragionare sul fatto che l’alterità è condizione normale nelle relazioni tra esseri umani, una condizione che mobilita sia l’uguaglianza nell’aspettativa reciproca di riconoscimento e rispetto, sia la conoscenza, per quanto sempre imperfetta, parziale, in progress – proprio come le identità.

Interessante anche il commento di MARIA CRISTINA [Bartolomei?]

Da quando il “femminicidio” è diventato fiction TV e “impegno” per veline ed artiste ormai in disarmo dal viso mummificato dai lifting, i delitti si sono moltiplicati. L’effetto emulazione, come è ovvio, ha fatto il suo corso. Ma non importa, il “femminicidio” è di sinistra ed in tanti ci campano. Ci mancava solo la “festa del femminicidio” con tanto di vetrina nazionale: ora siamo a posto. Quando il femminicidio si chiamava “delitto d’ onore” (questo è) non lo si “festeggiava” ed una grossa fetta di mercato non ci campava sopra. Occorreva aggiungerci un pizzico di malizia, fare riferimento a quel “femmina” che tanto ricorda “malafemmina”. L’ignobile usanza di ospitare giornalmente in Tv le “vittime” ben agghindate e truccate, con tanto di finte lacrime alla cipolla della conduttrice “empatica”, non ha altro risultato che abbassare drammaticamente i costi dei programmi TV ed avvolgere in un velo di finzione (fiction, appunto) anche il dramma più estremo: sarà spettacolo o realtà? … Intanto arrivano la saturazione ( del pubblico), l’ effetto emulazione (per gli assassini) e i delitti aumentano. Forse se si smettesse di parlare finalmente di femmine e maschi, di gay e di etero, e si parlasse di Rita, Luca, Paola, Andrea … tutti ne avremmo giovamento. Gli omicidi sono omicidi, punto. I diritti individuali sono diritti individuali, punto. Aggiungerci inutili connotazioni”sessuali” non fa che dividere le tifoserie e qualcuno, purtroppo, ancora, nel nostro infelice Paese, potrebbe trovare dei distinguo, delle giustificazioni, nel fatto che si uccida una “malafemmina”. Nei fatti è così.
… Mah, io vedo del gran razzismo: la donna “diversa”, la donna “migliore”, l’ uomo “peggiore”, “diverso”… Le diversità ci sono anche tra individuo ed individuo, e molto maggiori della pretesa dicotomia uomo/donna. Io vedo esseri umani ugualmente preoccupati per la disoccupazione, le risorse che non bastano, lo sfratto, il costo dei figli, delle malattie… Quanto al potere, questo è dato esclusivamente dal denaro: una donna ricca, avrà immancabilmente il “potere” su ogni uomo povero. La natura si ipotizza abbia dotato i sessi di un diverso tipo di aggressività, anche se non sempre quello femminile pare più introspettivo, quello maschile più esteriorizzato. Se non prendiamo in considerazione solo la violenza fisica ma anche quella intellettuale e morale, non so chi potrebbe “vincere” la partita. Ci sono donne che distruggono psicologicamente e finanziariamente – con tutto quello che ne consegue, suicidi compresi – i loro compagni.
E, ragionando al di fuori della coppia, quanti di noi preferirebbero avere come nemico – sul lavoro, nelle relazioni sociali – un uomo piuttosto che una donna? A certe trasversali malizie, certe bassezze, molti uomini non arrivano… No, le donne non sono migliori, né diverse. In fondo amano il potere ed il denaro esattamente come e più degli uomini, anche se forse li utilizzano in modo diverso. Migliori sono solo i singoli, Luca, Pietro, Anna, Lucia.

… La relativa facilità dei corsi di laurea “umanistici” nei confronti delle scienze dure non depone a favore dei primi. Infatti in Parlamento, di matematici, ingegneri, fisici, abituati a lavorare con dati “misurabili” ed incontrovertibili e non soprattutto con le parole che li piega a proprio favore, ce ne sono pochi. Solo un caso? Detto questo sono le singole intelligenze che fanno la differenza, sempre. E’ l’ apertura mentale e la cultura del singolo che, conscio di non essere onnisciente – qualsivoglia formazione abbia conseguito – sa scegliere, circondarsi ed ascoltare solidi collaboratori.

venerdì 5 dicembre 2014

IMMACOLATA CONCEZIONE della B. V. MARIA


I testi

Gn 3,9-15.20
[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: Dove sei?. Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?. Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: Che hai fatto?. Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente: Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno. L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.
Salmo 97
Cantate al Signore un canto nuovo, / perché ha compiuto meraviglie. / Gli ha dato vittoria la sua destra / e il suo braccio santo.
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, / agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore, / della sua fedeltà alla casa d’Israele.
Tutti i confini della terra hanno veduto / la vittoria del nostro Dio. / Acclami il Signore tutta la terra, / gridate, esultate, cantate inni!
Ef 1,3-6.11-12
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.
Lc 1,26-38
In quel tempo, al sesto mese, 26 l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te. 29 A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30 L’angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine. 34 Allora Maria disse all'angelo: Come avverrà questo, epoiché non conosco uomo?. 35 Le rispose l'angelo: Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36 Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37 nulla è impossibile a Dio. 38 Allora Maria disse: Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola. E l'angelo si allontanò da lei.

Premessa

Per fare una breve presentazione di questa festività mi servo delle parole semplici ed essenziali di J.M.Castillo.
Nella festa dell’Immacolata, la Chiesa celebra il fatto che Maria, la madre di Gesù, non sia stata macchiata dal peccato originale. Questo vuole dire che Maria è stata una donna particolarmente gradita a Dio. Di più non possiamo sapere. Perché il racconto di Adamo ed Eva non è storico, ma mitico, quindi non è esistito il paradiso originale, allora non è stato commesso alcun peccato e quindi questo peccato non si trasmette da padre a figli, come ha detto Agostino. Inoltre, nessun peccato è una macchia. Quest’idea corrisponde a criteri di magia, non di religione.
Questa festa risponde all’ideale di perfezione coltivato dalle teologie dell’antichità e del Medioevo. Poi è stata oggetto di ampie discussioni durate vari secoli. Fino a che nell’anno 1854 è stato definito dal papa Pio IX che Maria “è stata preservata immune da ogni macchia di colpa originale” (DH 2803). In definitiva qui si esprimeva l’ideale del puritanesimo greco assunto dalla Chiesa antica, cioè l’ideale secondo il quale “la purezza, più che la giustizia, è lo strumento cardine della salvezza” (E. R. Dodds).
Il vangelo ci insegna che la madre di Gesù è stata una donna semplice, di un popolo povero e perduto. L’idea che Maria aveva di se stessa era che era una schiava (doÚlh). Schiava “di Dio”. Ma la condizione di schiava in quei tempi era la condizione dei semplici e dei sottomessi Questo è più importante della “purezza senza macchia”, per quanto importante sia. La devozione a Maria ci deve portare ad essere come “schiavi”, con una condotta umile e senza pretese di essere gli eletti o i migliori.

Analisi di Lc 1,26-38

In quel tempo, al sesto mese,
Il sesto mese è quello della gravidanza di Elisabetta.
26 l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret,
E’ da notare il parallelismo tra Giovanni Battista e Gesù: anche a Maria, come a Zaccaria, viene mandato l'angelo Gabriele, il messaggero che nell’AT svela a Daniele i tempi della fine; è dunque l'angelo che apre il tempo del compimento delle promesse divine.
Rispetto al racconto dell'apparizione di Gabriele a Zaccaria, ora cambia lo scenario: non appare più il tempio di Gerusalemme, ma un'insignificante borgata, Nazaret, localizzata nella semipagana Galilea, la quale non gode di buona fama ed è totalmente ignorata; comunque Luca la chiama città forse perché i villaggi della Galilea sono stati i luoghi privilegiati della predicazione di Gesù.
27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Gabriele non si rivolge a un uomo, Zaccaria, rappresentante dell’istituzione religiosa, ma ad una donna vergine, la quale, secondo le regole giudaiche, non convive ancora con l’uomo che ha sposato (stando alle usanze del tempo, Maria doveva avere tra i 12 e i 13 anni). Poiché lo sposo appartiene alla casa di Davide, il bambino sarà legalmente discendente di Davide. Di Maria si dice solo il nome (che significa ‘amata’, ‘prediletta’ da Dio) e non la discendenza.
28 Entrando da lei, disse: Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te.
La prima parola dell'angelo è chaire, che nella Bibbia greca viene rivolta alla Figlia di Sion, quartiere di Gerusalemme, per indicare la città. La seconda parola, kecharitomene, è di difficile traduzione: può essere resa con piena di grazia, intendendo come grazia la bellezza, la benevolenza di Dio. La locuzione il Signore è con te è un saluto di assicurazione della protezione divina, molto frequente nell'AT quando è rivolto ad un personaggio per affidargli una missione importante (vedi ad esempio Isacco, Giacobbe, Mosè, Gedeone…).
29 A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo.
Il saluto non provoca timore in Maria ma turbamento per la grandezza del suo contenuto; infatti si domandava, cioè cominciava a riflettere sul significato dell’elogio.
30 L’angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
La costruzione lucana rispecchia fedelmente la profezia con cui Isaia aveva indicato il Messia: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele (nome che significa ‘Dio è con noi’).
32 Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre
Luca riprende espressioni della profezia di Natan. Interessante è, però, l'ordine dei titoli, che viene ripreso al contrario: per Natan, il figlio atteso è figlio di Dio perché è re; Gesù è re perché è Figlio dell'Altissimo, locuzione equivalente a Figlio di Dio, usata nella Bibbia per indicare il Messia.
33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine.
La casa di Giacobbe indica le dodici tribù, l’Israele escatologico (cioè proiettato verso un destino di eternità).
34 Allora Maria disse all'angelo: Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?
Numerosissime ipotesi sono state formulate sul significato di questa domanda. E’ certo che Luca non vuole offrire la trascrizione letterale di un dialogo; piuttosto usa un procedimento letterario destinato a preparare l’annuncio dell’opera dello Spirito.
35 Le rispose l'angelo: Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio.
Anzitutto bisogna sgombrare dalla mente un rapporto con i miti greci, nei quali si parla dell'unione sessuale tra una donna e una divinità. Inoltre non è da dimenticare che la prospettiva di Luca è cristologica, non mariologica; detto in altri termini, egli non presenta Maria come se si trattasse di una dea.
Lo Spirito opera attraverso Maria il grande intervento divino della salvezza: la copre con la sua ombra, cioè la trasforma con la Grazia (di nube si parla nella Trasfigurazione; anche il santuario si considerava coperto da una nube).
36 Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile:
Il tema di fondo che accomuna l'annunciazione di Maria a quella di Zaccaria è: la potenza di Dio è all'opera. L'insistenza su questa potenza divina lascia supporre che ai tempi in cui scrive Luca ci fosse nella comunità cristiana un certo scetticismo a proposito del concepimento verginale.
37 nulla è impossibile a Dio.
La frase, da una parte è scontata, dall’altra può dare luogo a varie interpretazioni, tra le quali  è bene porre al centro, anziché l’aspetto miracolistico, quello che mette in rilievo l’opera di Dio nella creatura umana, chiamata all’esistenza perché rispecchi la sua immagine  (ma è da tener presente un monito: è vero che la forza creatrice di Dio non ha limiti, però è altrettanto essenziale la collaborazione umana, sul modello di Maria che risponde col suo sì nel seguente versetto).
38 Allora Maria disse: Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola. E l'angelo si allontanò da lei.
Dichiarandosi serva del Signore, Maria non fa un atto di umiltà; piuttosto si attribuisce un titolo ricco di significato, quale si addice a chi si pone al servizio di Dio nel compiere la missione affidata da Dio. Le seguenti parole -avvenga per me secondo la tua parola- sono da leggere nella prospettiva della gioia e del desiderio che davvero si realizzi la parola dell'angelo.

Riflessioni

- Senza negare la necessità di un ripensamento del ruolo della donna (anche) nella chiesa, sembra che la pienezza di grazia di cui è investita Maria voglia sottolineare la realizzazione piena dell'individuo, non nell'occupare un posto o nell'avere un potere, ma nell'aderire con libertà e decisione alla chiamata ricevuta da Dio; e questo vale per ogni donna ed ogni uomo indistintamente.
- Il mistero di Maria è anche il mistero di ciascuno di noi. Dire che Dio ha posato su di lei il suo sguardo nel momento del concepimento, non significa farne una privilegiata (quanto è angusto il termine privilegio!). Come nota l'apostolo Paolo: [Dio] ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo.
- Onorare Maria significa vedere in lei, anziché la donna eccezionale, l’opera meravigliosa che Dio è disposto a compiere in chi ricambia il suo amore. Ci sia di aiuto Lei, assieme a tutti coloro che, invece di fermarsi a guardare le brutture di questo mondo ingiusto, si è caricato di responsabilità e si è inventato il modo di dare spazio alla Bellezza e alla Giustizia di Dio. Fanno eco a tale atteggiamento i versi del salmo di oggi: Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha fatto meraviglie…. ha rivelato la sua giustizia.