martedì 23 dicembre 2014

MESSA DEL GIORNO DI NATALE


Is 52,7-10
Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: Regna il tuo Dio. Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion. Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.
Dal Salmo 97
Cantate al Signore un canto nuovo, / perché ha compiuto meraviglie. / Gli ha dato vittoria la sua destra / e il suo braccio santo. /// Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, / agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. / Egli si è ricordato del suo amore, / della sua fedeltà alla casa d’Israele. ///  T utti i confini della terra hanno veduto /la vittoria del nostro Dio. / Acclami il Signore tutta la terra, / gridate, esultate, cantate inni! /// Cantate inni al Signore con la cetra, / con la cetra e al suono di strumenti a corde; / con le trombe e al suono del corno / acclamate davanti al re, il Signore.
Eb 1,1-6
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? e ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio».
Gv 1,1-18 
1 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era, in principio, presso Dio: 3 tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. 4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5 la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. 6 Venne un uomo mandato da Dio il suo nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. 9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. 10 Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. 11 Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. 12 A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. 15 Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». 16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. 17 Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 18 Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

[Mi limito a fare una approssimativa (e rozza) analisi del prologo di Giovanni, sottolineando soltanto alcuni significati terminologici]

Analisi di Gv 1,1-18
 
1 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era, in principio, presso Dio:
Giovanni risale alle soglie della storia, fin nelle profondità di Dio, attingendo alla Genesi: “In principio Dio creò il cielo e la terra”. E’  da notare che si parla, non di un'azione, bensì di una esistenza che precede l’inizio della creazione.
3 tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
Eppure questo Dio vuole comunicare all'esterno di se stesso.
Il tutto, in greco panta, è, oltre che il cosmo nel suo complesso, tutto ciò che esiste, cioè ogni singolo essere nella sua individualità e nella sua storia.
4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
Per la prima volta appare in questo vangelo un tema caro a Giovanni, quello della vita, zoé, termine che indica la qualità di vita non soggetta alla morte, quindi divina, in contrapposizione a bĺos, la vita animale. La luce di cui si parla è la fonte della stessa vita, irradiazione divina nell’esistenza umana. L’evangelista propone, rispetto agli influssi della cultura greca, una visione ottimistica dell’agire di Dio nei confronti dell’umanità.
5 la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Ecco una coppia di nomi molto usata nella Bibbia: luce e tenebre. Le tenebre sono immagine del male. Siccome si parla di vittoria della luce, resta sottintesa la lotta tra bene e male, senza la quale l’essere umano non sarebbe libero di scegliere il bene. Certamente l’evangelista voleva incoraggiare la sua comunità, sottoposta ad un crescendo di ostilità, a dire di sì alla luce nonostante le difficoltà.
6 Venne un uomo mandato da Dio il suo nome era Giovanni.
Il discorso viene bruscamente interrotto da un nuovo personaggio, Giovanni, in ebraico Yohanan, che significa Dio è misericordia”.
7 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
La qualifica della testimonianza rievoca le vocazioni dei profeti come Mosè, Isaia, Geremia, o il profeta atteso annunciato da Malachia.
Col termine tutti si evidenzia il contesto universalistico in cui è immersa la prima parte del prologo.
8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa precisazione può rivelare la presenza di qualche polemica all'interno della comunità cristiana; forse i seguaci di Giovanni affermavano che fosse lui il vero Messia, quindi l'evangelista delimita la sua missione, pur esprimendo per lui grande stima.
9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Il discorso ritorna sul Logos e si focalizza sul suo incontro con l'umanità. Il Logos qui è ricordato come luce vera, in contrapposizione con le false luci che sarebbero apparse nel mondo, le quali non sono altro che ingannevoli idoli.
10 Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
C’è amarezza nello scrittore nel notare che il mondo non lo ha riconosciuto.
Questa mancato o tradito ri-conoscimento non aveva apportato alcun bene al popolo di Israele, nonostante i richiami di Dio attraverso i suoi profeti.
11 Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
Il Logos è venuto nella sua proprietà, espressa nell’aggettivo i suoi, cioè presso il popolo prediletto, primizia dell’umanità intera.
12 A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,
L’evangelista, distanziandosi dalla tradizione giudaica, parla di un Dio che è da accogliere, più che da da cercare. La locuzione figli di Dio indica un'appartenenza profonda a Dio vissuta nella fede: tali si diventa mediante la pratica costante di un amore che assomiglia a quello di Dio.
13 i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
Giovanni sottolinea, opponendoli, i due tipi di nascita, quella umana e quella divina. Generati da Dio non sono coloro che vengono al mondo come frutto del desiderio di sopravvivenza, ma coloro in cui si rende palese e si concretizza l’amore di Dio.
14 E il Verbo e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Questo versetto dà senso a tutto l'inno e introduce all'incarnazione del Logos, ultima tappa della storia di Dio che si comunica. L’espressione incarnazione, in greco sárkosis, non appare direttamente nel Nuovo Testamento e sarà adottato per la prima volta nel II secolo dal Padre della Chiesa Ireneo nella sua opera Contro le eresie, e diverrà comune a partire solo dal IV secolo, quando si accentueranno le discussioni e le diatribe cristologiche.
I vangeli di Matteo e Luca fanno una modifica rispetto a Giovanni: non parlano di carne ma di uomo; la loro stessa impostazione narrativa, che parte dalla genealogia e dal racconto della nascita di Gesù  e si sviluppa secondo una trama storica di eventi per approdare a una morte, è l’attestazione più limpida del legame intimo di Cristo con la carne, fatta appunto di avvenimenti, tempo, spazio, esistenza.
A lungo si potrebbe riflettere attorno a questo nodo d’oro nel quale anche il soprannaturale è carnale, come affermava Charles Péguy. Si potrebbe individuare il tessuto delle allusioni e dei rimandi alle categorie Parola e Sapienza, care all’AT, senza però escludere del tutto ammiccamenti al Logos greco, che si era infiltrato nello stesso giudaismo di Filone d’Alessandria d’Egitto (celebre pensatore giudeo-ellenistico del I secolo). Sarebbe anche possibile ritrovare una sottile ma efficace punta polemica contro l’affacciarsi, nella cristianità delle origini, di tentazioni gnostiche o docetiche, che rifiutavano la pesantezza, il paradosso in cui ci si imbatte in quel diventare carne, oppure come espressione mitica dell’agire atemporale di Dio.
La frase e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, fa riferimento alla tenda del santuario portatile di JHWH nel cammino dell'esodo. Il Dio che si rendeva presente nell'arca dell'alleanza, cioè nella legge, ora si rende presente in una carne mortale; la sua gloria significa la sua manifestazione.
15 Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
Giovanni Battista si fa garante della superiorità di Colui che sarebbe venuto.
16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.
Ritorna il termine tutti: mentre le formulazioni teologiche sono inevitabilmente inadeguate in quanto espresse con un linguaggio e una cultura destinati a mutare nel tempo, i gesti che comunicano vita sono compresi universalmente e in ogni epoca. E la prova che porta la comunità cristiana è quella di una risposta d’amore che risponde all’amore ricevuto. Risposta che permette al Signore di effondere ancora più forza d’amore e questo in un dinamismo senza fine che condurrà l’uomo alla crescita concreta.
17 Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
C’è un parallelismo tra Mosè e Gesù.
Tra i due membri della frase non vi è contrapposizione ma progressione, che va dalla legge alla verità: la seconda supera la legge soltanto perché dà completezza alla prima.
18 Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.
Nella conclusione Giovanni risale con uno slancio in verticale a Colui presso il quale era il Logos: a Dio in senso assoluto. La sottolineatura che Dio, nessuno lo ha mai visto e che l’Unigenito (cioè il prediletto) lo ha rivelato, serve a ricordare che l’essere umano non può vedere Dio a causa della sua condizione di limite; lo può indirettamente attraverso i suoi testimoni, soprattutto attraverso Cristo.

Riflessioni

- L’incarnazione significa che Dio si spoglia, in Cristo, di ogni suo potere ed autorità. Attraverso di lui si mette in comunione con l’umanità, assumendone ogni limite.
- La grandezza di Dio si rivela nel bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, il quale non ha altra grandezza che quella della sua umanità.
- Pedro Bloch (scrittore brasiliano) racconta simbolicamente quale dovrebbe essere la risposta umana al donarsi di Dio all’umanità: - Preghi Dio, piccolo? - Sì, ogni sera. - E cosa gli chiedi? - Niente. Gli domando se posso aiutarlo in qualche cosa.


Nessun commento: