venerdì 26 settembre 2014

XXVI Domenica T.O. anno A

1) I testi

Ez 18,25-28
Così dice il Signore: Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?  Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso. E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà.
Sal 24
Fammi conoscere, Signore, le tue vie, / insegnami i tuoi sentieri. / Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, / perché sei tu il Dio della mia salvezza; / io spero in te tutto il giorno. // Ricordati, Signore, della tua misericordia / e del tuo amore, che è da sempre. / I peccati della mia giovinezza / e le mie ribellioni, non li ricordare: / ricordati di me nella tua misericordia, / per la tua bontà, Signore. // Buono e retto è il Signore, / indica ai peccatori la via giusta; / guida i poveri secondo giustizia, /  insegna ai poveri la sua via.
 Fil 2,1-11
[ Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù ]: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.
Mt 21,28-32
In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28 Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna. 29 Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. 30 Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?. Dicono: “L'ultimo”. 31 E Gesù disse loro: In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32 E` venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli.

2 Veloce sguardo d’insieme sui testi

Ezechiele (prima lettura) sprona e incoraggia Israele nell'esilio a Babilonia, ricordandogli che ciascuno è arbitro della propria salvezza in quanto Il Signore è benevolo sia verso il giusto sia verso il peccatore che si converte.
Salmo 24 - l’autore riconosce la propria fragilità morale e si rivolge a Dio per trovare la via retta.
Paolo (seconda lettura) esorta i Filippesi a vivere le relazioni quotidiane con disponibilità e amore di comunione con i fratelli, sul modello di Cristo che dice di sì al progetto del Padre e fa esperienza della fatica che comporta l’impatto col quotidiano servizio agli altri.
Matteo - La parabola di questa domenica allude al rifiuto, da parte del popolo ebraico, di ascoltare Gesù; rifiuto che ha favorito l’accesso nella comunità cristiana dei pagani,  spesso più docili dei suoi seguaci alla CONVERSIONE DEL CUORE.
Si può dilatare il significato della parabola: sempre e dovunque l’essere umano è portato a trincerarsi in un ruolo, religioso o comunque di potere; ruolo che porta a tenere a distanza come indegno chi vive nella marginalità sociale (nel tempo di Gesù i pubblicani e le prostitute).
Il testo di Matteo fa riflettere sul bisogno di conservare il proprio cuore integro, svuotandolo di ogni piccineria e chiusura in se stessi. Solo in tal modo si può dare spazio al Dio misericordioso e, di conseguenza, agli altri ritenuti per vari motivi ultimi o secondi.

3 Analisi di Mt 20,1-16

28 Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna.
Matteo,  nello stesso capitolo 21 al v. 23, ha già parlato dell’interrogativo che si ponevano le autorità religiosa e politica circa il modo in cui Gesù affrontava i grandi temi della resurrezione dei morti, del comandamento più importante che orienta la vita e della fine del tempo: ha lui l’autorità per pronunziarsi su questi temi?
Gesù rimbalza la domanda alle Autorità: Che ve ne pare?, quasi a costringerle ad esprimere loro stesse un’opinione su quei temi; e per evitare lo scontro tu-a-tu, usa una parabola che ruota attorno alle immagini della vigna e della vita familiare, proprie della grande tradizione biblica
29 Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò.
Il secondo figlio risponde ossequioso e rispettoso al padre chiamandolo signore, ma non vuole andare a lavorare.
Nel verbo pentitosi (dal greco metamélomai), che ritroveremo al v. 32, c’è un richiamo alla predicazione del Battista e alla prima predicazione di Gesù, iniziata proprio con un appello alla conversione.
30 Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?. Dicono: “L'ultimo”.
Nel secondo figlio si vede il comportamento denunciato da Gesù nello stesso vangelo, al cap.7,21, dove polemizza contro farisei e scribi e pronunzia la frase: non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
31 E Gesù disse loro: In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.
La formula In verità vi dico sottolinea sempre l'importanza di quanto viene affermato.
I pubblicani e le prostitute erano due categorie assai disprezzate al tempo di Gesù, anche perché ben viste dai Romani.
Il testo, però, sembra suggerire che la divisione delle persone in categorie non è un buon metodo per capire chi entrerà nel Regno di Dio.
32 E’ venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli.
Molti autori concordano nell'attribuire questo versetto alla redazione di Matteo.
L'espressione la via della giustizia richiama tutto il messaggio biblico che può essere definito come l'accorato invito di Dio a chi è nell’errore perché si allontani dal male e ricerchi il bene. La troviamo, ad esempio, nella preghiera di Salomone all'inaugurazione del tempio di Gerusalemme (1Re 8,33), quando invoca il perdono per il popolo, se ritornerà a Lui.

4 Considerazioni

- La marginalità sociale può diventare occasione per evitare il conformismo, proprio di chi vive adagiato nel ‘suo’ ruolo, nella ‘sua’ religione, nel “così fan tutti”.
- Nella coscienza di tutti si annida un lato oscuro, derivante soprattutto dalla falsa consapevolezza che siamo noi ad essere nel giusto, mentre sono gli altri a fare le cose più detestabili. Questo sentirsi collocati dalla parte giusta si rispecchia nell’eterno gusto della chiacchiera nutrita delle colpe degli altri. Oggi si chiacchiera nei talk-show (che il processo di accelerazione telematica rende accessibili ai più, a preferenza di produzioni più impegnate), i quali alimentano il gusto morboso di pensare e di parlare male dei ‘soliti altri’;  di mettere sul piedistallo personaggi spesso di scarso spessore, o persone meritevoli, ma facendole diventare oggetto idolatrico (l’idolo si adora, ma non stimola al bene). Il tutto  contribuisce a rendere incapaci di guardare dentro se stessi.
- La storia offre un quadro terrificante della contrapposizione tra chi si assume il compito di farsi giustiziere (spesso in nome di Dio!) contro il colpevole. Sono tanti gli episodi di vendetta a cui assistiamo nella società ad ogni livello… Chi può negare che si tratta di un impoverimento dei valori, causato dall’assenza o almeno dalla lontananza di Dio nell’orizzonte umano?
- Pochi giorni fa papa Bergoglio, riferendosi alla persecuzione odierna dei cristiani, ha detto a Ronald Lauder, presidente del congresso ebraico mondiale: Nel mondo ci sono ancora grandi sofferenze, prima è stato il vostro turno, adesso è il nostro. Dunque siamo tutti a turno, a farci male l’uno contro l’altro?

- Personalmente so di essere come tutti; me ne accorgo investigando ogni mio più segreto pensiero. Ma so anche che la via di uscita è la preghiera che mi fa invocare Dio col salmista: insegnami… guidami… istruiscimi.

venerdì 19 settembre 2014

DOMENICA XXV T.O. anno A

1) I testi

Is 55,6-9
Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

Sal 144
Ti voglio benedire ogni giorno, / lodare il tuo nome in eterno e per sempre. / Grande è il Signore e degno di ogni lode, / la sua grandezza non si può misurare. / Paziente e misericordioso è il Signore, / lento all'ira e ricco di grazia. / Buono è il Signore verso tutti, / la sua tenerezza si espande su tutte le creature. / Giusto è il Signore in tutte le sue vie, / santo in tutte le sue opere. / Il Signore è vicino a quanti lo invocano, / a quanti lo cercano con cuore sincero.

Fil 1,20-27
Fratelli, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.

Mt 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola : 1 Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2 Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3 Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4 E disse loro: “Andate anche voi nella vigna, quello che è giusto ve lo darò”. 5 Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6 Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state lì tutto il giorno senza far niente?”. 7 Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. 8 Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino a primi”. 9 Venuti quelli delle cinque del pomeriggio ricevettero ciascuno un denaro. 10 Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11 Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12 dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13 Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14 Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15 Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16 Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.

3 Veloce sguardo d’insieme sui testi
In tutti e quattro i testi risuonano gli stessi insegnamenti:
Isaia scuote i deportati in Babilonia per indicare i criteri di Dio, il quale largamente per-dona (=sommamente dona): se essi saranno riscattati e potranno tornare in Israele, non sarà per loro merito ma per iniziativa gratuita del Signore.
Salmo 144 – Qui gli stessi concetti sono espressi sotto forma di lode al Signore: la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Egli è vicino a chi lo invoca con cuore sincero. 
Paolo, in carcere, riceve da Filippi, la più amata comunità “europea”, Epafrodito che gli porta consolazione e denaro: è una visita inattesa, la quale lo aiuta a sostenere le angustie e la prigionia di Efeso.
Ed ecco la sua riflessione: assediato dalla quotidianità e prigioniero del proprio corpo in cui avverte la fatica di vivere, è disponibile continuare a vivere se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, cioè continuare a prodigarsi per gli altri.
Matteo - Nella parabola l’autore del vangelo di Matteo si sforza di dirimere una controversia sorta tra quegli ebrei convertiti che mal sopportavano di essere trattati alla pari dei gentili. Egli li ammonisce a non attendere ricompense adeguate ai propri sforzi: la giustizia di Dio si ispira a criteri che superano ogni logica umana. C’è da dedurre che la migliore ricompensa è saper vedere tutto alla luce di Dio anziché del lanternino umano.

4 Analisi di Mt 20,1-16

1 Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
È questa la quinta delle sette volte in cui Gesù paragona il Regno dei Cieli a situazioni particolari.
L’immagine della vigna compare soltanto in Matteo in tre parabole, sempre come richiamo di YHWH al popolo di Israele, presso il quale esistevano grandi latifondi e i braccianti venivano assoldati giorno per giorno secondo le necessità del lavoro.
Il fatto che sia il padrone, e non un suo incaricato, ad uscire all’alba in cerca di operai, dimostra quanta importanza si desse al lavoro.
2 Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna.
Il denaro, moneta d’argento che pesava circa 4 grammi, era la paga abituale per gli operai.
3 Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4 E disse loro: “Andate anche voi nella vigna, quello che è giusto ve lo darò”. 5 Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto.
6 Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state lì tutto il giorno senza far niente?”.
La proposta di lavorare nella vigna viene ripetuta varie volte nel corso della giornata: il lavoro normalmente terminava proprio verso le cinque, al momento del tramonto, e quindi gli ultimi chiamati hanno dato un contributo lavorativo quasi nullo.
7 Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Dunque la loro chiamata si deve più al desiderio del padrone di aiutarli che all’effettivo bisogno del loro lavoro.
8 Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino a primi”.
Colui che era stato presentato inizialmente come il padrone, viene ora chiamato signore: l’evangelista vuol far comprendere che il suo comportamento rappresenta quello del Signore.
9 Venuti quelli delle cinque del pomeriggio ricevettero ciascuno un denaro.
10 Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro.
11 Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone
12 dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
13 Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro?
In questo versetto compare il termine amico, usato solo da Matteo, che significa compagno, collega: lo stesso che Gesù usa nel rivolgersi a Giuda.
14 Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te:
15 Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”
Si legge dietro le righe che nella comunità di Matteo circolava la mormorazione, quel movimento sotterraneo che aggrega diverse persone le quali si fanno forza vicendevolmente con il loro malumore per poi esprimersi in accuse e lamentele.
L’etimologia del termine invidioso è illuminante: in-videre, significa “non vedere”, “vedere contro”, ed esprime lo sguardo torvo di chi  si chiede: perché lui sì e io no?; perché a lui come a me che meritavo di più?. L’invidia acceca.
L’evangelista pone in contrapposizione il maligno e il buono, aggettivi che si riferivano rispettivamente al diavolo, contrapposto all’unico buono; e ciò per mettere in rilievo che nella nuova alleanza la Legge dovrà essere sostituita dall’Amore gratuito.
16 Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.
La tecnica letteraria (chiasmo) apre, intercala e chiude la parabola con la ripetizione di ciascun termine per tre volte con l’intento preciso di imprimere nella memoria ciò che si vuole comunicare.

5 Considerazioni

- La giustizia è importante, ma rischia di sfociare nell'arida contabilità dei meriti; Dio invece va oltre la giustizia: davanti a Lui contano il bisogno e le necessità dei singoli.
- Un brevissimo cenno al confronto tra l’epikeia greca e la Misericordia divina di cui parla la Bibbia: nell’Etica Nicomachea Aristotele aveva determinato il rapporto tra epikeia (=equità) e giustizia: l’equo è, sì, giusto, ma agisce guardando le cose come le può guardare soltanto un Dio.
- Bisogna avere gli occhi bendati per non vedere le contraddizioni insanabili della giungla terrena, non solo di ieri, ma anche di oggi: si agita l’allarme di possibili guerre, alcune delle quali sono già in atto qua e là; c’è una marcata crisi nell’economia, nelle famiglie e nei costumi; serpeggia un senso di sfiducia nella politica e nella giustizia (non sempre giusta nemmeno dal punto di vista legale); è terrificante la disumanizzazione, di cui il taglio delle teste e gli episodi di violenza, che prosperano perfino all’interno delle famiglie, sono macabro segnale, et cetera. Da dove ci verrà la salvezza se non sappiamo invocare l’aiuto di Dio, anche con un semplice grido di aiuto rivolto a Lui?
- Ecco le frasi  dai testi liturgici che trovano risonanza in me e ripropongo a chi legge:
a) Isaia: i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie.
b) Sal 144: Il Signore è vicino a quanti lo invocano.
c) Paolo: Comportatevi in modo degno del vangelo di Cristo [in modo rispettoso della dignità umana].
d) Matteo: Amico, io non ti faccio torto – oppure sei invidioso perché io sono buono [anche con i peccatori]?.



giovedì 11 settembre 2014

ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

1) I testi

Nm 21,4b
In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè:Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero. Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti. Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita. Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.
Sal 77
Ascolta, popolo mio, la mia legge, / porgi l’orecchio alle parole della mia bocca. / Aprirò la mia bocca con una parabola, / rievocherò gli enigmi dei tempi antichi. / Quando li uccideva, lo cercavano / e tornavano a rivolgersi a lui, / ricordavano che Dio è la loro roccia / e Dio, l’Altissimo, il loro redentore. / Lo lusingavano con la loro bocca, / ma gli mentivano con la lingua: / il loro cuore non era costante verso di lui / e non erano fedeli alla sua alleanza. / Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa, / invece di distruggere. / Molte volte trattenne la sua ira / e non scatenò il suo furore.
Fil 2,6-11
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è Signore!, a gloria di Dio Padre.
Gv 3,13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: 13 Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14 E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. 16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

2 La festività

La festività odierna che interrompe il normale ciclo delle domeniche, ha maggiore rilevanza per i cristiani orientali, i quali la considerano quasi una seconda Pasqua.
La Chiesa cattolica, molte Chiese protestanti e la Chiesa Ortodossa la celebrano il 14 settembre, anniversario del ritrovamento della Croce, avvenuto il 320 da parte di sant'Elena (madre dell’imperatore Costantino).
Nei secoli questa festività incluse anche la commemorazione del recupero della Vera Croce, strappata dall'imperatore Eraclio nel 620 dalle mani dei Persiani.

3 Veloce sguardo d’insieme sui testi

La prima lettura racconta che gli israeliti, dopo essersi ribellati a Dio e a Mosè, vengono puniti. Rientrati in sé, chiedono a Mosè di intercedere presso Dio. Il serpente, segno di morte terrore fallimento sofferenza, diventa segno di vita, allo stesso modo in cui la croce, segno di paura e di morte, diventa segno di Vita.
Il salmo 77 [78 nella Vulgata] con tutta probabilità risale al tempo della riforma di Giosia, che tentò di liberare la Samaria, operando la scissione dalla tribù di Giuda.
Il salmo da cui sono tratti i versetti della liturgia odierna, descrive la sofferta ricerca di Dio da parte dell'autore, la sua impotenza e le domande che lo tormentano.
Accorato il grido del richiamo di Dio che risuona nel salmo: Ascolta, popolo mio la mia legge.
Paolo nella lettera ai Filippesi riprende un inno antico che circolava tra i cristiani, il quale canta l’obbedienza di Gesù al Padre: non l’obbedienza forzata a una volontà superiore e non compresa, ma l’adesione interiore a tutto un programma di vita da non sprecare, da far divenire strumento di dono, cioè di amore.
Giovanni racconta il preannuncio della Pasqua e morte di Gesù attraverso le sue parole rivolte a Nicodemo (il notabile giudeo che si era recato da lui di notte, perché timoroso di subire l'ostracismo dei suoi pari). La quintessenza del discorso è nella distinzione tra Legge antica e Nuova: per raggiungere la pienezza della Vita non è sufficiente condurre una vita secondo la legge di Dio così come era intesa dai farisei, ma bisogna avere in sé la Vita, così come si realizza in Gesù.

4 Analisi di Gv 3,13-17

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
Nicodemo, il cui nome deriva da nike=vittoria e dêmos=popolo, significa vincitore del popolo. Giovanni lo usa per sottolineare la sua appartenenza al gruppo dei farisei che erano fanatici osservanti della Legge e perciò attendevano un Messia interprete ed osservante della Legge.
13 Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo.
La frase colui che è disceso dal cielo è parallela alla frase che troviamo nel Battesimo di Gesù, in cui l’evangelista afferma, per bocca del Battista, di aver visto discendere su Gesù lo Spirito come una colomba dal cielo. Il termine cielo ha un senso qualitativo: è l’ambito della azione di Dio; quindi discendere dal cielo equivale a ricevere la pienezza dello Spirito.
Figlio dell’uomo è locuzione che indica il prototipo di un’umanità nuova grazie alla pienezza dello Spirito, di cui Gesù è inondato.
14 E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,
C’è qui il riferimento all’episodio della storia d’Israele (prima lettura), accostato alla morte di croce di Gesù: come il serpente di Mosè era un segno di vita che liberava dalla morte, così l’innalzamento del Figlio dell’uomo sarà un segno di quella Vita che libererà l’umanità dalla morte definitiva.
15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
- abbia: fin dalla prima volta in cui in questo vangelo appare il tema della vita eterna (cioè indistruttibile) è riferito, non alla realtà futura, (avrà), ma a quella presente; da qui il congiuntivo presente (abbia).
La funzione che i farisei attribuivano alla Legge quale fonte di vita, viene sostituita dalla persona di Gesù, Figlio dell’uomo, nel quale si manifesta l’amore del Padre.
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio è amore che desidera manifestarsi e comunicarsi. Gesù incarna tale manifestazione e comunicazione, sicché chi aderisce a lui realizza la sua esistenza in una qualità di vita capace di superare la morte.
E’ da ricordare che nel cristianesimo primitivo era radicata la convinzione che in vita si era già nella condizione di risorti. Nel vangelo di Filippo (apocrifo gnostico molto interessante, scritto in lingua copta nella seconda metà del II secolo) si legge: “Chi dice prima si muore e poi si risorge erra. Se non si risuscita prima, mentre si è ancora in vita, morendo, non si risuscita più”.
17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Per la prima volta nel vangelo il verbo mandare (da apostéllō=invio) è adoperato in maniera teologica: Gesù è il nuovo liberatore che dà inizio al nuovo esodo.
La salvezza attraverso il Figlio di Dio, richiede la cooperazione umana, la quale è sostanziata, non di sforzi ascetici o di sacrifici, ma della costante pratica di un amore che assomigli a quello di Gesù (il quale a sua volta si modella sul Padre), cioè amore fedele, gratuito ed incondizionato.

5 Considerazioni

- La parola “croce” deriva probabilmente dal sanscrito krugga che significa bastone; i Greci la chiamarono stauròs, palo; gli Ebrei 'es, albero. Questi nomi indicano l'origine primitiva della croce come supplizio: un albero o un palo al quale i condannati venivano confitti con chiodi, o legati con funi, oppure impalati.
- Nell'Antico Testamento la croce era quasi sconosciuta; però i cadaveri dei giustiziati venivano appesi, ad accrescimento della loro ignominia.
- La croce risponde al bisogno atavico di congiungere la verticalità, intesa come elevazione del terreno al divino, con l’orizzontalità che è sguardo dilatato verso la terra: la congiunzione delle due dimensioni indica la realizzazione della pienezza, alla quale l’essere umano aspira.  
- Nella croce, sia quella monumentale che vuole esprimere il trionfo sulla morte, sia quella formato piccolo, divenuto oggetto ornamentale strumentalizzato da una moda consumistica, viene tradito il vero senso che solo la fede può darle.
- Il simbolo della croce dovrebbe farci volgere lo sguardo a tutti i crocifissi di sempre: i poveri, gli ammalati, i vecchi, gli sfruttati, le persone portatrici di handicap, i torturati senza pietà, i beffeggiati, i condannati al non-perdono per-sempre, tanti altri che vivono il dolore e l'emarginazione da società ingiuste.
- E’ da evitare il duplice pericolo di esaltare una croce triste che è inutile piagnistei e/o una croce trionfalistica, propria dei vincitori terreni. La vera croce è quella che simboleggia il mistero del dolore, il quale non può essere fine a se stesso, ma è efficace strumento di amore integrale.

5 Poesiola

il cielo alla terra si è unito? / anche noi siamo sottratti alla morte? // m’angustiano queste domande / solo nel cuore cerco risposte // fosse solo un istante la vita terrena / dello Spirito è dono d’amore // sul male e sul dolore prospera libertà / di dire quel sì a far nuovi // Cieli e terra


venerdì 5 settembre 2014

DOMENICA XXIII T.O. anno A

1) I TESTI della liturgia odierna

Ez33,1.7-9
Mi fu rivolta questa parola del Signore: O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. 
Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato.
Sal 94
Venite, cantiamo al Signore, / acclamiamo la roccia della nostra salvezza. /  Accostiamoci a lui per rendergli grazie, / a lui acclamiamo con canti di gioia. / Entrate: prostràti, adoriamo, / in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. / È lui il nostro Dio / e noi il popolo del suo pascolo, / il gregge che egli conduce. / Se ascoltaste oggi la sua voce! / Non indurite il cuore come a Merìba, / come nel giorno di Massa nel deserto, / dove mi tentarono i vostri padri: / mi misero alla prova / pur avendo visto le mie opere.
Rm13,8-10
Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai, e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso. La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.
Mt18,15-20
In quel tempo Gesù disse: 15 Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16 se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17 Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18 In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. 19 In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20 Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.

2) SGUARDO D’INSIEME SUI TESTI

= Il tema fondamentale della liturgia odierna verte sulla costruzione salda della ekklesia di fratelli e sulla necessità di impedire che al suo interno attecchiscano conflitti disgregatori. A tal fine Matteo fa pronunziare da Gesù un discorso comunitario, di cui abbiamo riscontro in altri testi biblici: Ezechiele, preceduto dal Levitico e seguito dalla Regola di Qumran. Si tratta della correzione fraterna [locuzione oggi poco usata e ancor meno sentita].
Ecco i passaggi indicati dall’evangelista per mantenere la pace dentro la comunità:
a) Bisogna fare di tutto per ammonire il fratello che pecca contro di te… (è da notare la personalizzazione), cioè quando il disordine non è ancora comunitario, e quindi è preferibile il dialogo personale.
b) Se questo non basta, è il caso di ripetere lo stesso gesto davanti a testimoni, cioè a persone garanti, in quanto a conoscenza del fatto; cioè quando il disordine circola tra alcuni membri della comunità.
c) Se anche questo tentativo non raggiunge l’obiettivo di far ascoltare l’ammonimento, non si può tenere all’oscuro della cosa la comunità nel suo insieme; la frattura non è più un caso privato e va affrontata seriamente, senza lasciarla incancrenire all’interno del gruppo. Matteo usa la frase:  [l’errante] sia per te come il pagano e il pubblicano. Ezechiele nel caso analogo si esprimeva così: egli morirà per la sua iniquità.
Sia  la frase del profeta sia quella dell’evangelista  possono dare luogo ad interpretazioni forzate equivoche. Si tratta davvero di rispetto per la libertà di ciascuno, anche quando si persiste nel male? o la frase è applicata a Dio, quasi vigesse anche per Lui la legge del taglione? In realtà l’iniquità di cui parla Ezechiele è un termine che spazia tra normatività e fedeltà comunitaria. Non si può con questa frase dimenticare quanto in tutta la Bibbia si parli di misericordia di Dio che non ha limiti (il limite è costituito dal rifiuto personale).
- La riflessione da fare più utile verte su questo fondamentale aspetto misericordioso di un Dio Padre proteso verso tutta l’umanità. Egli, attraverso Gesù e i suoi profeti si propone a tutti, ma non si impone ad alcuno.
= Anche Paolo, al sottoproletariato di cui è composta la comunità dei cristiani di Roma, annuncia un messaggio di salvezza e di misericordia. La vita all'interno della comunità romana non è certo facile (come non lo è all'interno delle altre chiese). Egli reagisce alle tensioni che l’attraversano, data la convivenza tra credenti di origine ebraica e credenti di origine pagana: due culture a confronto, due mondi diversi che si contrappongono con le loro pre-comprensioni. Ma egli, ormai saldamente ancorato al Cristo delle Beatitudini, non ha dubbi nel proclamare: La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.
= Stupendo, accorato e pressante, nel salmo 94, il monito [da considerare rivolto a noi che leggiamo dopo tanti secoli]: Se ascoltaste oggi la sua voce! / Non indurite il cuore….

3) ANALISI DEL TESTO DI MATTEO

15 Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;
16 se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.
Gesù si richiama e amplia quanto prescritto nel libro del Levitico 19,17-18 per esporre il caso di un fratello che si è comportato male: il verbo, nel greco hamartánō, significa io pecco, ed è lo stesso che Gesù applica a se stesso in Gv 8,46 in forma interrogativa per negare una tale accusa.
Risalta la ripetizione della particella se ogni volta che si introduce una condizione.
I suggerimenti perché la comunità si comporti correttamente verso il fratello deviante sono tali da spingere chi è offeso a non rimanere chiuso in se stesso; ad imitare il pastore che va in cerca della pecora smarrita.
17 Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
Il conflitto tra i componenti deve essere portato a conoscenza di tutta la comunità soltanto dopo che siano stati esauriti tutti i tentativi di soluzione, da quello individuale a quello con i testimoni.
Il sia per te pone l’accento sull’individualità. Però la frase come il pagano e il pubblicano sottolinea che, quando l’altra parte resiste all’amore, la comunione tra i fratelli è rotta, e il colpevole va amato come si amano i nemici e si prega per i persecutori (Mt 5,44). Va ricordato che Gesù che non esclude né peccatori né pubblicani dal suo amore; infatti mangia con essi (Mt 9,10-11), per essere come il Padre che, come troviamo in Mt 5,45 fa sorgere il suo sole sui cattivi e suoi buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Questo insegnamento conferma quanto già espresso nelle parabole della zizzania e della rete.
18 In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
A Cesarea di Filippo, quando Simon Pietro aveva riconosciuto Gesù come il Cristo, il Figlio del Dio vivente, Gesù si era rivolto solo a Pietro; ora si rivolge a tutti i discepoli. L’espressione, presa dal linguaggio rabbinico, ha il significato di insegnare dichiarando vera o no una dottrina, ma in questo contesto, dove si parla di rapporti comunitari, ha il significato di concessione o meno del perdono: il fratello che non perdona lega (impedisce) l’amore e il perdono di Dio verso di lui. Colui che perdona scioglie (libera, rende possibile) tale amore e perdono.
19 In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà.
L’unità alla quale i componenti della comunità di Gesù sono chiamati non è quella di pensare tutti nello stesso modo, bensì di vivere tutti nella pratica dello stesso amore. Nel Talmud si afferma che: se due si riuniscono per studiare le parole della Torah, la Shekina (Gloria di Dio) è in mezzo a loro. Gesù si sostituisce alla Legge e la sua presenza manifesta la Gloria di Dio. Al centro del Padre Nostro c’era la richiesta di avere Gesù come pane di vita quotidiano  -Mt 6,11-. Al centro della comunità cristiana non c’è più la Legge, ma Gesù col suo insegnamento.
20 Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.
Va sottolineata la piccolezza del numero: la presenza di Gesù è assicurata da due o tre persone. Lo stesso non viene detto per le folle.
Se ne può dedurre la necessità di una comunità: la vera fede non è da cercare né nelle folle né nell’intimismo individuale. Gesù cammina con la sua comunità, rivelando la  presenza di Dio in mezzo ad essa. Come commenta Origene (grange teologo, vissuto a cavallo tra II e III secolo), appena si realizza la sinfonia tra i fratelli, ecco che si trova anche Lui presente in mezzo a loro.

4) UNA FRASE DA PAOLO PER LA NOSTRA VITA

Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole....