venerdì 24 febbraio 2017


DOMENICA VIII T.O.anno A

Matteo 6,24-34


24 Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona. 25 Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? 26: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? 27 E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? 28 E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. 29 Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? 31 Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? 32 Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. 33 Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34 Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.

 

Sal 61

Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia salvezza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: mai potrò vacillare.
      Solo in Dio riposa l’anima mia:
      da lui la mia speranza.
      Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
      mia difesa: non potrò vacillare.
In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio.
Confida in lui, o popolo, in ogni tempo;
davanti a lui aprite il vostro cuore.

 
Commento
 
- Inizio il commento partendo dal salmo che la liturgia propone, ma di cui in chiesa si leggono soltanto poche quartine.
Vi consiglio di utilizzarlo come preghiera.
Questo carme, letto nella sua interezza, contrappone due modelli di fiducia: quella riposta in se stessi, e quella riposta in Dio. Il salmista canta la fiducia in Dio attraverso una ricchissima simbolica militare: rupe, roccia, riparo, rifugio...  e perciò fa presumere una situazione di pericolo; intanto indica che per trovare la salvezza c’è una via sola (se provate a rileggere i pochi versetti, noterete che l’aggettivo ‘solo’ nel senso di soltanto, è ricorrente): confidare in Dio che è sempre pronto ad offrire protezione.
Gli ultimi due versetti (tra quelli scelti dalla liturgia) sono rivolti al popolo, cioè a tutti: Confida in lui, o popolo, in ogni tempo; / davanti a lui aprite il vostro cuore.
Nel linguaggio biblico, il cuore è la coscienza, il centro propulsore della personalità oltre che della vita; ma quando il cuore resta chiuso in se stesso, forse resta sorpreso a vedersi tanto pieno, e per giunta con la voglia di riempirsi ancor più. Le cose di cui è pieno alla fine risultano ingombranti, inutili e dannose, tanto da restare soffocato.
- Forse è Matteo che oggi, nell’illuminante v.33, offre la chiave per capire quanto sia importante non scambiare la giusta avvedutezza nel procurarsi il necessario (cibo e vestito) con l’assillo continuo a conservarlo per un domani.
Gesù raccomanda: Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
E’ da esaminare questo avverbio, prima, per non cadere nella trappola del cuore chiuso di cui parla il salmo. Questo prima non rimanda ad un dopo, perché non ha un significato temporale, bensì modale: è la risposta ad un come, e quindi si tratta di una priorità di carattere qualitativo. Gesù non vuol dire: cercate ciò che vi è utile, ma non dimenticate di scegliere il bene più grande. Il bene più grande non è, come sembra ad una lettura superficiale, un assoluto relativo. L’aggiunta delle altre cose è soltanto il sovrappiù che Dio è disposto a donare a ch lo cerca in modo assoluto. Quando si riesce a capire che cosa comporti la scelta del Bene, gli altri beni impallidiscono. Non per nulla la pericope odierna inizia con un aut-aut, o questo o quello: bisogna scegliere tra la condizione di chi cerca il Regno oppure quella di chi cerca i beni terreni.
- Gesù presenta tale scelta perentoria come ammonizione perché sia evitato il grande pericolo di cadere nella trappola tesa da qualcuno che, se gli si lascia spazio, vuole farla da padrone della sua esistenza. Matteo lo chiama Mammona, un appellativo che è la trascrizione di una parola aramaica (la lingua di Matteo e di Gesù), Mamòn, presente anche negli scritti di Qumran, e che significa danaro, possesso: è il dio denaro che ha tanti adoratori.
Chi ha fatto la scelta dei soldi diventa preda di una avarizia insaziabile che può produrre ingiustizie, corruzioni, violenze. Lo sanno bene, oggi, i signori delle varie mafie nazionali e internazionali, i mercanti di droga e di prostituzione che riciclano il loro denaro sporco alle spalle dei poveri.
- La scelta del Bene sommo, essendo totalizzante, potrebbe dare luogo a degli equivoci. Uno, forse il primo, è quello di ritenere che la scelta, essendo assoluta, sia destinata ad essere praticata da persone eccezionali, disposte a dare tutta la vita a Dio con voti, cioè coloro che in seguito saranno chiamati consacrati. Con tutto il bello che c’è in questa scelta, c’è da dire che ne derivano altri equivoci, non ultimo quello di fare del laico un cristiano di serie B. Ma non ci addentriamo nell’argomento per ritornare al discorso di Gesù, collocandolo nei suoi tempi.
- Rileggendo la pericope, notiamo che, subito dopo il severo ammonimento, Gesù porta nelle sue parole la propria esperienza di uomo vissuto a Nazareth tra gente semplice e laboriosa, nell’ambiente sereno di pace che la natura sa offrire. Perciò il suo ammonimento, pur se chiaro e netto, non è minaccioso; piuttosto assume toni suadenti, che invitano alla contemplazione. E’ come se Lui dicesse: impara  da ciò che vedi attorno a te. Dio ha per tutti la stessa cura di una mamma amorosa, come proclama la prima lettura di oggi: Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se ciò fosse, io non ti dimenticherò mai (Is.49,15).
- A non pochi pare che qui Cristo faccia una lezione di buon senso: cerca il giusto mezzo, fa’ scelte equilibrate…
Rispondo a costoro con una citazione da Teresa d’Avila: I predicatori non ottengono che gli uomini si liberino, perché quelli che predicano hanno troppo buon senso. Purtroppo ne sono privi, per avere invece il gran fuoco dell’amore di Dio. E’ per questo che la loro fiamma riscalda poco.
- Ci sono altre categorie di persone, che con il loro modo di praticare la proposta evangelica la impiccioliscono. Menzioniamone due: a) quella degli osservanti dei precetti solo poche volte all’anno: nella tarda  mattinata della domenica tutta la famiglia va a messa col vestito più bello e qualcuno tira dalla tasca il borsellino per l’elemosina; alla sera e alle feste familiari si fa un po’ di bagordo: non altro di religioso. Anche la pratica del volontariato, tanto utile socialmente, spesso ha modo di giustificare la sua assenza di continuità, e Dio sa quante volte l’assistito resta solo… b) la categoria dei giovani che sono cristiani ferventi e trovano gruppi altrettanto ferventi. Capita spesso che essi, quando passano ad un’età posteriore e si ritrovano accasati, non solo perdono l’entusiasmo, ma non sanno orientarsi bene in altro contesto; e allora pian piano il loro cristianesimo si immiserisce, fino ad essere tradotto unicamente in frequentazione di chiese che, possibilmente, non sappiano di muffa, dove i riti siano quasi scomparsi e dove ci sia il “prete gusto” a rendere aggiornata e  attraente la Messa. E, se non trovano niente di loro gusto, niente messa!
 
BREVE RIFLESSIONE SULL’OGGI
- La conclusione del brano (v. 34) è particolarmente densa di saggezza. Gesù, pur con le sue ripetute raccomandazioni ad evitare l’ansia per il domani, non promette ai suoi discepoli un futuro senza preoccupazioni. Piuttosto ricorda che esso (il futuro) non è a nostra disposizione e non è gestibile secondo i nostri progetti, che è meglio affidarlo a Dio.
Il discorso di Gesù riportato da Matteo sembra a non pochi una richiesta fuori dal mondo: contrasta molto con la nostra cultura, che vorrebbe pianificare ogni cosa. In una congiuntura socio-economica in cui il lavoro diviene precario o in cui è perfino difficile ritrovarlo quando si è perduto, in cui solo qualcuno riesce ad assicurarsi su tutto, a vivere di polizze e di garan­zie, e perciò esclama: questa è la vera provvidenza di Dio!
Il non preoccupatevi di Gesù non spinge al disimpegno, non invita ad un’attesa passiva dell’intervento di Dio, che induce all’irresponsabilità, ma propone una fede che ci fa credere all’essenziale, liberandolo da tutto ciò che ostacola la pienezza della vita, che è nell’interiorità. Il discepolo deve bandire da sé il tipico atteggiamento dell’uomo religioso pagano: non moltiplicare le preghiere per essere esaudito, non affaticare Dio con richieste insistenti, non vivere con angoscia e paura davanti a Lui, ma semplicemente credere che egli è un Padre che ama anche chi non lo merita.
Se c’è un compito sempre urgente per il discepolo, esso consiste nella ricerca del regno di Dio: occorre cioè cercare che Dio regni veramente nella nostra vita, vivendo quella giustizia che richiede condivisione di ciò che si ha, comunione in ciò che si spera, saldezza fiduciosa in ciò in cui si crede.
Questo atteggiamento non è facile, soprattutto quando la precarietà ci invade. Ma proprio in questa vita che passa ci è chiesto di aderire all’oggi di Dio. Il domani è di Dio e non ci appartiene. Arte del cristiano è dunque saper vivere l’oggi, l’hic et nunc, qui ed ora, come adesione alla realtà e ora decisiva dell’ascolto della voce di Dio.

 

      Solo in Dio riposa l’anima mia:
      da lui la mia speranza.

 

venerdì 17 febbraio 2017

VII Domenica T.O. anno A


VII Domenica T.O. anno A

Matteo 5,38-48

 

In quel tempo disse Gesù ai suoi discepoli: 38 Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; 39 ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; 40 e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41 E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. 42 Da’ a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle. 43 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; 44 ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, 45 perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 46 Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47 E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48 Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
 

Commento

 

Il brano di oggi continua il discorso della montagna. Punto di partenza in esame è la legge del taglione, Occhio per occhio e dente per dente. Anche se il detto sembra fondato su un criterio di vendetta, poteva essere utile ad impedire gli eccessi della violenza vendicativa, come leggiamo nel canto selvaggio di Lamek, il quale si vantava di vendicarsi, non sette volte come Caino, ma settanta volte sette.
Gesù propone un nuovo modo di arrestare la reazione a catena della violenza: una pratica di non-violenza, di resistenza attiva.
In questa logica sono inseriti, nei pochi versetti del brano odierno, dei casi, che sono esempi di violenza, i quali non si ritorcono contro il nemico, ma lo mettono in condizione di farlo riflettere. Il caso dello schiaffo (v.39) si riferisce all’ambito della vita quotidiana e sociale; il caso intravisto nel v.40 riguarda un processo per pignoramento, nel quale sono intraviste le situazioni di ingiustizia sociale e strutturale: le istituzioni, poste a servizio della giustizia, possono divenire strumenti di ingiustizia (per fare qualche esempio attuale possiamo ricordare il caso Cucchi, o pensare alla violenza della burocrazia con la sua impersonalità e indifferenza nei riguardi dell’individuo). Il caso del v. 41 si riferisce a prestazioni coatte, ad angherie, a forzature nel piegare la volontà altrui, e all’abuso che abbraccia il piano fisico e sessuale, psicologico e spirituale; il caso del v.42 riguarda l’insistenza di una domanda per ottenere denaro e prestiti.

 

L’AMORE AL NEMICO

- Certamente Matteo ha ricevuto dalla tradizione un brano molto antico, nel quale si riportava l’insegnamento di Gesù circa l’amore verso i nemici, presentato come la strada maestra per imitare la misericordia di Dio. Partendo da questo brano e usando altro materiale dalla tradizione, Matteo ha composto il discorso delle antitesi, nel quale ha mostrato come l’amore debba ispirare scelte radicali di vita, con le quali si praticano i comandamenti di Dio, ma si va infinitamente al di là di quanto essi, presi alla lettera, significano.
- Rispetto alla dimensione negativa di ogni antitesi, a cui corrisponde la parte positiva del Ma io vi dico, l’ultima, al v.44, può sembrare paradossale: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori.
Siamo di fronte al più grande, sconvolgente, insolito comandamento, che, se praticato, potrebbe aprire un nuovo orizzonte antropologico (un mondo nuovo di giustizia e di pace). Per immaginarlo, bisogna riandare a Genesi, all’atto primordiale in cui Dio creò l’essere umano, (fatto) a sua immagine e somiglianza; e non, come invece credevano i pagani, formato secondo la natura disuguale e arbitraria.
- Qui, soprattutto attraverso il vangelo di Matteo, Cristo appare didaskalos, maestro. Il suo insegnamento è giunto al culmine: Egli sta per pronunziare le parole più alte circa i comandamenti.
Fino ad allora nel mondo giudaico era stata predominante unicamente la Torah, cioè la parola per eccellenza di Mosè e del Dio dell’A; né Matteo aveva in mente di sostituirla, sia pure per bocca di Gesù. Il suo vangelo si limita a scavare dentro quella parola che è antica, e nel medesimo tempo forte e vigorosa, pronta a nuovi germogli.
Intanto in seno alle comunità cristiane maturavano lentamente le coscienze, anche grazie all’autorevolezza di Gesù, il quale diceva e nel medesimo tempo operava, parlava e guariva.
- Ciò che divide l’Antico Israele dal Nuovo è solo il peccato, che è rifiuto della Parola di Dio; rifiuto che può abitare anche dentro il Nuovo. Quindi la differenza tra l’uno e l’altro non è tra antico e nuovo, ma tra falso e vero. Il vero Israele è un Israele dello spirito che trovava un terreno fertile soprattutto nell’ambito del mondo pagano, in quanto, svincolato della Legge, aveva minore difficoltà ad accettare la novità evangelica.
- Intanto le persecuzioni subite dai cristiani fanno sì che si irrobustisca la loro coscienza. In mezzo alla tempesta la parola di Gesù appare l’unico motivo di certezza. Il Dio dell’AT agisce anzitutto nell’Inviato, il Cristo. E Lui è la fonte di una rigenerazione conquistata soprattutto con la morte d croce, e che che fa scoprire ai discepoli la dimensione universale dell’Amore di Dio, ma ancora non li trova del tutto preparati ad accogliere questo nuovo radicale imperativo.

 

LA DIFFERENZA CRISTIANA

- Nelle Scritture Antiche vi sono testi che non solo giustificano l’odio per il nemico, ma lo richiedono, soprattutto se il nemico personale è sentito anche come nemico di Dio. Nei salmi troviamo frasi tremende di imprecazione contro il nemico. Emblematico è il caso del salmo 139: Non devo forse odiare chi ti odia, detestare i tuoi avversari, Signore? Li odio con odio implacabile, li ritengo miei propri nemici! Anche negli scritti di Qumran si trovano tracce di questo modo di pensare: Amerai i figli della luce e odierai i figli delle tenebre.
- Nel secolo scorso c’è stata una ricca fioritura di studiosi a tale proposito. Tra gli studiosi scettici circa la messa in pratica di tale precetto, merita di essere ricordato David Flusser, ebreo che era affascinato e in attento ascolto di Gesù; eppure ha detto che il comando di amare il nemico era l’unico a non trovare realizzazione, a dover restare utopia. Il che de-storicizza il precetto, il quale, invece, ha trovato piena traduzione nell’esistenza di tanti, anche in quella degli appartenenti al mondo laico e/o non cristiani, ma in piena coerenza coi valori umani. Tra parentesi c’è da sottolineare che l’utopia resta infeconda se resta teoria astratta, se rifiuta il confronto con la storia, quindi con l’evoluzione della mentalità, della cultura e soprattutto della sensibilità umana.
- Gesù toglie ogni possibilità alla deriva di una società che si rifiuta di credere che non sia possibile un amore totale, nella fede al trascendente.
E’ questo il significato dell’essere (v.48) perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
C’è forse da precisare che l’amore al nemico non è un sentimento da coltivare soltanto attraverso pratiche e scienze umane. Solo il Dio-Amore, invocato con costanza può indurre a sfidare i confini dell'ordinario. Infatti per amare sino alla fine l'altro, bisogna accettarlo anche là dove termina la sua dolcezza, la sua simpatia, la sua bellezza, e iniziano i difetti, l'insopportabilità, i peccati. L'amore vero, che ha il suo fondamento in Dio, non conosce frontiere, è come la pioggia, come il sole…..
- Gesù non manca di suggerire la strategia più importante per amare chi non ci ama: pregate per i vostri persecutori (v.44). Chi prega prende sul serio le parole di Gesù.

 

CITAZIONI

- da Teresa d’Avila: State certi, se avrete fatto progressi nell'amore del prossimo ne avrete fatti anche nell'amore di Dio.

- Insisto sulla carità, perché senza di essa tutto è perduto.

- da Agostino d’Ippona: Interroga il tuo cuore: se è colmo di carità possiedi lo Spirito di Dio.

- da Einstein: Solo quelli che sono così folli da pensare di cambiare il mondo, lo cambiano davvero.

Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l'inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare.



PERSONALE

- E’ tanto dirompente la reazione emotiva suscitata dal radicalismo proposto dal comandamento dell’amore al nemico, che me la sento anch’io nascosta in qualche angolo della coscienza. Ma sento anche che collocare l’amore del nemico nel regno dell’utopia è negare il fulcro della fecondità del messaggio di Cristo
- Stavo chiudendo quel po’ che ho scritto in questo commento, quando mi interrompe la telefonata di una mia grande amica.
Mi confida che non riusciva ad amare la futura suocera di sua figlia, perché aveva sempre da brontolare sui  difetti di lei. Quand’ecco le giunge notizia che la suocera aveva un tumore alla gola.
Riporto le sue parole: da allora non mi sono stancata di avvicinare a lei persone che possano aiutarla; ed ho sentito di amarla. Ne ringrazio Dio.    

venerdì 10 febbraio 2017

Domenica VI T.O. anno A


VI DOMENICA T.O. Anno A

 

Mt 5,17-37

 17 Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. 18 In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. 19 Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. 20 Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. 21 Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. 22 Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. 23 Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24 lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. 25 Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. 26 In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! 27 Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; 28 ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. 29 Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. 30 E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna. 31 Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; 32 ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio 33. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; 34 ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; 35 né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. 36 Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. 37 Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.

 

Commento

 

a) Introduzione

- Il Tempio è stato distrutto e Israele sta cercando quell’unità che non è più possibile attorno al Santuario di Gerusalemme, caduto assieme alla città santa nelle mani dell’impero romano nel 70.

Ora, nel cercare una nuova ortodossia rispetto alla Legge, o meglio una rinnovata fedeltà ad essa, la Chiesa di Matteo si interpella su qual è la novità del cristianesimo rispetto alla potenza della Torah.

Il Gesù di Matteo si propone di far capire che attraverso di lui la Legge e i Profeti erano, già prima della sua vicenda terrena, una realtà aperta al Nuovo.

- Ed eccoci alla seconda parte del Discorso della Montagna, consistente in sei esempi.

Matteo pone nella bocca del Cristo un preliminare chiarificatore: Lui non è venuto per cancellare la Legge e i Profeti, ma per farne conoscere e sperimentare la pienezza.

Poco prima le Beatitudini hanno proposto il mondo nuovo di cui il discepolo deve farsi specchio chiaro, in grado di incarnare la piena umanità a cui la Legge tendeva, e che Gesù ha reso possibile con la sua vita. Egli, allora, non propone l’abrogazione, la fine della Legge; non è la sua fine, ne è piuttosto il fine (cfr Rm 10,4), in quanto la traduce nella concretezza delle situazioni. Prima bastava osservare le varie prescrizioni, ora bisogna che esse si misurino con le storia; il discepolo dovrà cioè scegliere, tra le possibilità offerte dalla situazione contingente, quella che la Legge non può prevedere.

- La formula ma io vi dico non si fonda su alcun passo scritturistico; piuttosto ricorda i discorsi di rivelazione (io, il Signore, l’ho detto) e degli oracoli profetici (così dice il Signore). L’avversativo ma, non è usato per affermare il contrario di quanto la Legge prescriveva nel passato. Esso interroga la coscienza umana; invita a vedere in Gesù l’esemplare comportamento del figlio che non vuole rattristare il Padre; ne precisa e amplia il significato; svela nuovi orizzonti…

- Era forte però nella cultura giudaica l’inclinazione ad interpretare in modo restrittivo i comandamenti. Quindi Gesù, nel momento in cui raccomanda l’osservanza della Legge, la interpreta in senso profetico: i comandamenti, che ne rappresentano il centro propulsore, debbono essere interpretati in funzione dell’amore per Dio e  per i fratelli.

- Ma ogni cambiamento di tendenza esige una lenta trasformazione nella mentalità dei convertiti.

La comunità di Matteo, che abbiamo presupposta incantata nel discorso delle Beatitudini, deve affrontare un radicale, difficile passaggio dalle usanze e dalle minuziose osservanze ebraiche ad una pratica di vita tutta fondata sul messaggio d’amore proposto da Gesù, carico di utopia.

- La problematica restava aperta. Anche Paolo dovette pronunciarsi su questo argomento e fu molto duro, accusando la Legge di essere, addirittura, complice del peccato. Matteo invece assume una posizione più conciliante: si limita ad indicare l’incompletezza della Legge, senza mancare di cogliere quei valori che in essa erano racchiusi. L’evangelista appare consapevole di dover costruire una didassi per i nuovi catechizzandi, tutta basata sullo spirito dell’Antica Legge, in modo da farla giungere a compimento attraverso Cristo. Egli usa ben 12 volte il verbo dare compimento (pleroô) per indicare l’adempimento di singoli brani dell’A, il nuovo modo di intenderli e praticarli.

- Per compiere un rivoluzionamento simile bisogna usare un criterio interpretativo che consista in ciò che Gesù ha insegnato e praticato nella sua vita, fino all’atto supremo di accettare la morte su una croce.

- Anche nel contesto dell’Alleanza Antica tutta la legge era considerata come espressione della volontà di Dio e Israele era tenuto ad osservarla, e non solo esternamente, ma con tutto il cuore. Al centro della legge c’erano i dieci comandamenti, che rappresentavano le linee fondamentali del comportamento all’interno della comunità. Non per nulla il decalogo al tempo di Gesù faceva parte della preghiera quotidiana dei giudei. Eppure a livello popolare era forte l’inclinazione a interpretare in modo restrittivo i comandamenti, facilmente considerati come proibizioni di certi comportamenti, senza una precisa attenzione ai valori di fondo in essi delineati. Quindi Gesù, nel momento in cui raccomanda l’osservanza della legge interpretata in senso profetico (la Legge e i Profeti), mette in luce come i comandamenti, che ne rappresentano il centro e il motivo ispiratore, debbano essere interpretati; e cioè in funzione dell’amore di Dio e dei fratelli.

Alla persona nuova delle beatitudini, al discepolo, è quindi chiesto un dippiù. Questo non è quantitativo, nel senso che fa accumulare adempimenti di precetti, ma qualitativo, incentrato nella totalità e coerenza della persona, che si misura nel rapporto con gli altri e che ha condotto Gesù a dare la sua vita, in realizzazione della volontà del Padre, nel pieno compimento della legge dell’amore.

 

b) Le sei antitesi

Matteo offre nel suo vangelo sei esempi attraverso sei antitesi, che non contrappongono l’Antico col Nuovo, ma esprimono un confronto tra la Torah e gli elementi ispirati in essa espressi e il ripiegamento delle coscienze su se stesse, privo di anima.

 

1 L’omicidio

- Il primo comandamento su cui Gesù richiama l’attenzione è quello che proibisce l’omicidio. Su di esso si basa infatti la possibilità stessa della convivenza sociale. Gesù lo richiama per sottolineare come la sua osservanza non deve essere fatta coincidere con la semplice astensione dall’atto formale dell’omicidio. Vi sono infatti diversi comportamenti che, privando l’altro della sua dignità, comportano la sua emarginazione, anche se non direttamente la sua eliminazione fisica. Gesù richiama quindi all’esigenza di un rapporto con l’altro che non sia mai di sopraffazione. Infatti la novità evidenziata da Lui, se mette il rapporto con il prossimo alla base del rapporto con Dio, deve anzitutto interrogare la propria coscienza, ed evitare che le reazioni emotive di fronte ad un torto subito non degenerino in odio e in vendetta. Nell’AT si praticavano sanzioni varie contro gli atti di ira, fino all’essere sottoposti al giudizio, al sinedrio e al fuoco della geenna. Si puniva la colpa, ma si pensava poco alla triste conseguenza della rottura con Dio (anche oggi esiste la problematica del rapporto tra punizione e guarigione spirituale e morale del peccatore).

- Seguono poi due esempi pratici coi quali si spiega in modo positivo quale deve essere il comportamento abituale del discepolo. Nel primo di essi Gesù afferma che, se uno sta facendo la sua offerta nel tempio e si ricorda di avere uno screzio con un suo fratello, deve interrompere la sua azione e portarla a termine solo dopo essersi riconciliato con lui. Nel secondo si propone l’accordo tra le due parti. 

2 L’adulterio

La seconda antitesi riguarda il sesto comandamento. L’interpretazione di Gesù si ispira al decimo precetto del decalogo, al non desiderare. Questo verbo (in greco epiphumesai) indica il desiderio efficace, la progettazione. Nel mondo semitico lo sguardo è concepito come un gesto che riflette l’intenzione del cuore e della volontà. Il guardare con avidità la donna è già espressione del possesso che su di essa si vuole avere. Nel testo non si tratta del desiderio sessuale dell’uomo verso la donna, che fa parte tra l’altro dell’ordinamento della creazione, ma del considerare la donna come un oggetto di cui impossessarsi anche con lo sguardo. Ebbene: è  proprio questo il peccato, perché è nella profondità della coscienza che si misura la colpa. Ad esempio, se la scelta mentale del compiere adulterio non si realizza concretamente, l’unico che può giudicare è Dio che legge il cuore umano. (Ma nel testo emerge che si tratta di un’eccezione, la quale oggi rivela la sua debolezza in quanto non tiene conto del fatto che può essere anche il marito a tradire la moglie). 

3 Il divorzio

Gesù pone nel matrimonio l’esigenza della scelta totale dei due coniugi.

E’ probabile che l’eccezione famosa della  porneia sia stata introdotta nella chiesa di Matteo in casi molto limitati, i quali non intaccano il principio fondamentale su cui si basa il matrimonio

4 Il giuramento

Agli inizi dell’era cristiana vi era nel giudaismo la tendenza a proibire i giuramenti fatti direttamente nel nome di Dio. Gesù invece proibisce qualsiasi forma di giuramento, escludendo tutta una serie di formule di cui ci si serviva per evitare l’uso del nome divino: infatti giurare sul cielo, sulla terra, su Gerusalemme, oppure sulla propria testa, significa ancora giurare in nome di Dio, poiché ciascuna di queste realtà appartiene a lui.

La condanna non solo del giuramento falso ma di ogni tipo di giuramento è in funzione della sincerità che deve prevalere nella vita di una comunità. Se non si tiene nella debita considerazione la parola dell’altro, è impossibile che si verifichi quello scambio che porta a una vera comunione fraterna. La possibilità stessa di comunicare si basa sulla fiducia nell’altro, sul fatto che egli abbia scelto liberamente di mettere a disposizione di tutti la propria esperienza e ricerca religiosa.

5 La legge del taglione

La legge del taglione sarebbe una grande conquista se corrispondesse alla norma della giustizia distributiva. Invece si adottava la legge di Lamech che troviamo in Genesi: sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette. Cristo, però, vuole introdurre il principio della superiorità dell’amore rispetto alla giustizia. Questo propone gesti di generosità estremi, e lo dimostra in tre celebri esempi: la guancia, la tunica, il miglio.

6 L’amore per il nemico

Tra le varie sfaccettature del’amore, Matteo pone la sincerità.

Nella lingua greca, così come nelle lingue semitiche, la duplicazione di una parola rafforza il suo significato, per cui sì,sì esprime una reale affermazione.

Per l’evangelista la giustizia del discepolo deve superare quella degli scribi e dei farisei, e non perché egli sia tenuto ad osservare precetti più rigidi di quelli insegnati da costoro, ma perché egli deve farlo con una mentalità e uno spirito nuovi.

E amare il nemico è cosa tanto difficile perché ci si perde nell’uso delle parole.

Al contrario per commentare questa antitesi basta richiamare alla mente la purezza del cuore e la semplicità del cuore del credente.

 

O Dio, come è utile il salto che hai fatto fare all’umanità! Hai mandato in mezzo a noi un fratello, una maestro, un apripista perché anche possiamo trovare la giusta via che conduce a Te e agli altri!

O mamma di Gesù, nostra prima sorella nella fede e nell’amore, sta’ sempre accanto, o meglio, dentro il cuore di tutti, anche degli induriti (forse dalle prove, forse dalle scelte sbagliata cui non sanno riprendersi da soli).

venerdì 3 febbraio 2017

V Domenica T.O. anno A


V DOMENICA T.O.anno A
 
Mt5,13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «13 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. 14 Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15 né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
 
Commento

 

Breve premessa

 

- Vorrei anzitutto ricordare a chi legge quale è la prima condizione per l’ascolto efficace della Parola di Dio: esorcizzare il fondamentalismo che si nasconde nelle parole del testo, quando si prendono nella loro materialità, quasi che il significato fosse un tutt’uno con la parola. Paolo di Tarso lo dice senza attenuanti di sorta: la lettera uccide. Ravasi così si esprime: le letture fondamentaliste, con tutta la buona fede, sono l’uccisione della Bibbia.

Il vero senso di ogni parola biblica è nel non-detto che, dopo lungo percorso, acquista quel dato significato.

Il lettore per raggiungere il corretto significato biblico, non si può affidare all’intuito personale; deve avere un minimo di pre-conoscenza che gli permetta di individuare chi ha detto quelle parole, a chi, dove e quando le ha detto, qual è la situazione in cui esse sono nate. Ad esempio il “Gesù disse” può trarre in inganno. L’evangelista (non solo Matteo) può inserire in un certo contesto le parole che forse Gesù ha pronunziato in altro tempo, luogo, situazione. E possono intervenire tanti elementi storici che l’evangelista utilizza in modo da comunicare un preciso contenuto. Senza dimenticare che l’ultimo passaggio è quello che va dall’autore allo scrittore, col suo stile, le sue conoscenze linguistiche e quant’altro.

Inoltre l’esegesi biblica più difficile non è quella riguardante l’AT, bensì quella riguardante i vangeli, perché essi sono il frutto terminale di un processo che conosce tante tappe, l’una diversissima dall’altra.

- Chi non è avvezzo a scavare dentro il testo al fine di cogliere gli aspetti essenziali delle parole evangeliche, può ricavare da queste poche nozioni un certo scoraggiamento. Però vale la pena studiare un commento adeguato, e poi riascoltare le parole testuali in silenzio, nell’interiorità…. Qui, nello spazio vuoto creato per amore, avviene la comunicazione tra Dio e l’anima.

Un elemento non irrilevante può fare deviare dall’ascolto interiore: il solipsismo. Non basta il raccoglimento e l’incontro col divino. Dio ama tutte le creature e tutto il creato e, se si incontra Lui per davvero, non si può mettere da parte la comunità nella quale si è inseriti. E questa è necessaria; con essa bisogna misurarsi concretamente. L’amore di Dio ha la capacità di coniugare i tutti e il singolo. E, siamone certi, è la cosa più difficile.

   

Matteo e il suo progetto

 
- Matteo usa con appassionata diligenza varie fonti e le organizza, non senza metterci del suo: ha un progetto profondo di chiesa, e si commisura con l’identità dei destinatari, i quali sono: 1) i giudeo-cristiani, cioè i giudei convertiti al cristianesimo, i quali costituivano la maggioranza; 2) gli ebrei semiti che avevano studiato in scuole rabbiniche; 3) i pagani, cioè i provenienti dal mondo ellenico e da quello romano.
Matteo è catechista di discepoli già convertiti, che volevano approfondire la conoscenza del cristianesimo.
- L’evangelista ha ritratto Gesù quando predicava le Beatitudini, ma alla fine sembra aver timore che i discepoli siano rimasti colpiti soltanto dalla sublimità delle parole, dimenticando che ora tocca a loro un rinnovato e concreto impegno a tradurle in pratica.
Il Gesù di Matteo continua ad essere sempre presente nella comunità-chiesa. Senza la sua presenza non c’è chiesa. Ed è attraverso di essa che i credenti dovranno realizzare il regno dei cieli (l’uso dell’espressione regno dei cieli anziché regno di Dio conferma  l’ebraicità, il semitismo di Matteo).
- Con questa consapevolezza dobbiamo leggere il brano di oggi con le sue metafore, del sale, della città che sta sopra un monte, della lampada da mettere sopra il candelabro, della luce, delle opere buone che rendano gloria al Padre.
- Rileggiamo il v.16, il quale, dopo l’uso dell’impersonale in tutte le beatitudini tranne che alla fine, introduce un discorso personalizzato, rivolto ai discepoli: Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli. (E’ da notare la ripetizione del voi e del vostro).
- La luce è qualcosa di impalpabile, abita nel profondo e traspare all’esterno. Così è l’essere umano abitato dallo spirito delle beatitudini, simile al Cristo che è la luce del mondo come si legge proprio all’inizio del Vangelo di Matteo: Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta. Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”. La luce dei discepoli che deve illuminare è il riflesso della luce che viene dal Cristo stesso e, sempre come Chiesa, siamo chiamati alla fede e alla sequela del Cristo, lui che è la luce. Se perdiamo questa relazione con Lui, possiamo anche essere una città sul monte, ma siamo una città morta, senza vita.
- Sale e luce sono due elementi fatti anche per esser donati; e sono in pienezza nella misura in cui si consumano. Il sale è qualcosa anche di nascosto che si perde nella massa, eppure dà il suo contributo fondamentale. Così avviene anche per la luce: basta una piccola fiamma per sconfiggere il buio.
- I rabbini d’Israele erano soliti ripetere: La Toràh è come il sale e il mondo non può stare senza sale. Facendo propria questa immagine e applicandola ai discepoli, Gesù sa di usare un’espressione che può suonare provocatoria. Non smentisce la convinzione del suo popolo che ritiene le sacre Scritture sale della terra, ma afferma che anche i suoi discepoli lo sono, se assimilano la Parola e si lasciano guidare dalla sapienza delle beatitudini.                                
- Queste metafore non sono sovrapponibili, e pertanto suggeriscono aspetti diversi: la città sul monte ricorda che la chiesa deve diventare un punto di riferimento per il cammino dell’umanità (e non si tratta di proselitismo); l’immagine della lucerna fa capire che compito della chiesa non è illuminare se stessa, ma ciò che la circonda; la luce è innanzitutto la Parola di Dio e la sua Legge.
- Infine è utile notare che il testo matteano non parla di ‘opere buone’, ma di opere belle, palesando così l’esigenza di trasparenza nell’agire dei discepoli. Essi nella loro vita concreta devono rendere perciò visibile la bellezza della luce divina, e non per attirare l’attenzione su se stessi, bensì per permettere a tutti di intuire qualcosa del volto splendente del Padre.
- Il punto più alto della teologia di Matteo è il suo porre la presenza di Cristo nella chiesa come il culmine del progetto divino, che è lo stesso dell’AT (Matteo lo ripete con insistenza): la presenza di YHWH nel suo popolo, Israele, ora è assicurata dalla presenza di Gesù, il quale comunica il suo rapporto filiale col Padre ai suoi discepoli.

 

Nota personale

 
Mi fa male confrontarmi con persone che sono stanche di sentire le letture della liturgia ascoltando parole non sentite e contagiate da un clima ecclesiale stanco e fiaccato da un ritualismo senz’anima, nonché dalla cultura del sensazionale, del mordi e corri, ecc.; persone che si rifugiano là dove persiste un certo affiatamento tra persone, i sacramenti sono semplice festa ed è cancellato il ritualismo (identificano col rito!), fino a fare a meno di….
Ma voglio trasportare questo senso di disagio alla situazione di un’anziana, anzi di una vecchia quale mi sento orgogliosa di essere, e mi chiedo se e come potrei sentirmi-chiesa se non facessi un coraggioso uso della Parola studiata con amore e custodita nel mio cuore, senza aspettare contatti concreti, tanto meno da parte di una comunità.
Eppure ho la gioia di dire che vivo gioiosamente la Parola di Dio con tutti i senza. Altri vive una solitudine esistenziale più nera della mia.