venerdì 27 luglio 2012

DOMENICA TEMPO ORDINARIO Anno B


2Re 4, 42-44 Ef 4, 1-6
Giovanni 6, 1-15
1 In quel tempo, Gesù passò all' altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade, 2 e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3 Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4 Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5 Allora Gesù, alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?". 6 Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7 Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane, non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo". 8 Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9 "C’é qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos'é questo per tanta gente?". 10 Rispose Gesù: "Fateli sedere”. C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12 E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto". 13 Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. 14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: "Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!". 15 Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.
1. premessa
Il miracolo del pane è l’unico presente in tutti e quattro i Vangeli. Marco e Matteo ne riportano addirittura due redazioni. Viene interrotta la lettura di Marco nella liturgia domenicale e subentra Giovanni, l’unico degli evangelisti che non riporta la cena di Gesù a Pasqua, ma che mette a fuoco elementi importanti del suo significato: il necessario passaggio dalla mentalità profetica dell’A.T., bene incarnata nel Battista, a quella del Figlio di Dio che si fa prodigo del cibo di Vita per tutti, fino ad identificarsi ben presto in esso col dono della sua vita.
Al tempo della scrittura evangelica nei quattro evangelisti c’era la consapevolezza di tale passaggio; consapevolezza filtrata dalle elaborazioni comunitarie successive alla morte di Gesù, ma che Giovanni orienta verso la formazione di comunità di credenti. Il suo dire è molto coerente, né nuoce cogliervi elementi carichi di accostamenti biblici e di simbolismo. Se si preoccupa di usare simbolismi e richiami biblici ormai tramandati nelle comunità del suo tempo, lo fa per porre in primo piano a) l’invito a trascendere il bisogno di miracolo e di profezia carismatica, (a cui il mondo oggi più di prima è legato con una miriade di tendenze e scuole ‘spiritualiste’ e con le sue deviazioni devozianaliste della fede), b) ad introdurre al senso della Rivelazione del Padre in Lui.
La liturgia sottolinea la congiunzione e il superamento tra nuovo e passato: in 2Re,4, 42-44 Eliseo [leggi!] offre un pre-copione del miracolo del pane, e Paolo in Ef.4, 1-6 afferma l’epilogo a cui deve indurre la condivisione del pane: “c’è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre”.
Rappresentative sono le figure di Filippo e di Andrea: il primo rispecchia l’attesa tradizionale di un Messia-restauratore; il secondo si mostra più disponibile ad accettare un Messia che annunzia la novità della sua condividione dei bisogni umani, chiedendo soltanto una FEDE libera da illusorie credenze.
La figura del re che si profila nell’interpretazione miope dei tempi di Gesù e da cui Lui fugge ‘da solo’, forse è ancor oggi attuale, quando si cerca di imbrigliare la novità evangelica nei dommatismi e nel ritualismo: ma anche il fare dall’anti-dommatismo e dell’anti-ritualismo un motivo di contestazione in nome del Vangelo, nasconde un inaridimento del senso della storia di Gesù, che non si è conclusa con la sua morte, ma attende l’integrale compimento del destino dell’umanità ‘alla fine dei tempi’, tanto che l’Apocalisse si conclude con il “Vieni, Signore Gesù”.
 2)un racconto pieno di simboli e di richiami
a) E’ primavera: la molta erba richiama i pascoli e il Sal­mo del buon pastore; l’erba è segno dell’abbondanza di vita e della fecondità del tempo messianico (“Abbondi il frumento nel paese…, la sua messe come l’erba dei campi.” Sal 72,16).
b) La moltitudine: in un primo momento dell’episodio si parla di folla; poi, nel bel mezzo dell’atto miracoloso, si parla di uomini.
c) Il monte  è simbolo della casa, della gloria di Dio dove venne stipulata l’alleanza con Mosè, come anche del Tempio. Con questi richiami, il luogo può ben essere ovunque si raccolgano delle persone che vogliono un Dio presente.
d) I nu­meri: cinque pani e due pesci for­mano il sette, simbolo della pie­nezza. C’è un rapporto tra il numero dei pani (cinque) e il numero degli uomini (cinquemila), sia perché è il numero della prima comunità cristiana secondo il Libro degli Atti, al capitolo 4, sia soprattutto perché i multipli di 50 indicano, nell’Antico Testamento, l’azione dello Spirito. “Pentecoste”, termine greco che significa ‘cinquantesimo giorno dopo la Pasqua’, è il giorno dell’effusione dello Spirito. Gli apostoli sono dodici, quante le tribù d’Israele, e i pezzi avanzati sono dodici cesti, che da popolo eletto si dovrà fare umanità…
e) Il pane d’orzo è pane di primizia perché l’orzo è il primo dei cereali che matura, primo pa­ne nuovo. Forte è il richiamo ad Eliseo, come indicato nella prima lettura.
f) La distribuzione: Gesù si fa servo degli uomini sdraiati-adagiati, secondo l’usanza degli uomini liberi, e “distribuisce” loro il pane e il pesce. Ecco perché il miracolo della moltiplicazione dei pani perde il suo aspetto numinoso e diventa modello di condivisione nel nome della Fede in Lui.
g) I frammenti e l’unità: Alla fine Gesù disse: "Raccogliete i pezzi avanzati" che in greco suona piuttosto "radunate i frammenti". I pezzi avanzati sono segno di abbondanza, ma anche di dispersione. Gesù vuole che tutto si ‘riunisca” come sottolineerà Paolo.
 3. alcune note personali
Wilma Chasseur immagina la trovata di Andrea di ricorrere ad un ragazzo generoso, una primizia d’uomo, che sente la richiesta di Gesù rivolta ai discepoli e tira Andrea per la tunica, mostrandogli le cose che la madre previdente gli ha infilato nella sacca; e le pare di vedere il sorriso di Gesù che si compiace della proposta di sfamare le persone senza ricorrere al danaro (che non avevano), ma utilizzando quel poco che lui aveva con sé.
D.M.Turoldo affermava: «Credo sia più facile moltiplicare il pane, che non distribuirlo. C’è tanto di quel pane sulla terra che a condividerlo basterebbe per tut­ti». [C’è da aggiungere: anche quando ciò si facesse, la vera fame di Dio resterebbe insaziabile senza la parola di verità pronunziata da Gesù].
Armando e Lucia. In noi gioca un ruolo prepotente il bisogno di ‘storia’, di concretezza che poco si confà con il modo di fare storia degli scrittori biblici: per noi storia è ciò che è accaduto, per loro storia è ciò che serve o che è utile a descrivere ed a penetrare la realtà del personaggio che sta nella scena. Ma forse oggi difettiamo proprio di capacità di entrare nel simbolismo, mentre ci adagiamo senza volerlo, sulle interpretazioni critiche di questo o di quello. Ci ravvediamo: forse quel simbolismo era pascolo abituale ai tempi della scrittura di Giovanni ed era il modo più appropriato per enunciare il disegno di Gesù nello sfamare le persone insoddisfatte delle precarietà della vita terrena e per enucleare il punto chiave della via necessaria  a saziarsi della fede nella rivelazione del Padre in Lui.



sabato 21 luglio 2012

XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno


La compassione di gesù-pastore
Geremia 23, 1-6 ; Efesini 2, 13-18
Marco 6, 30-34
In quel tempo, 30 gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31 Ed egli disse loro:"Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po' ". Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32 Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33 Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. 34 Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

[Focalizziamo alcuni passaggi di questo brano con l’aiuto di parecchi esperti]
v. 30 Gesù in ascolto. Lascia raccontare  dagli inviati=apostoli l’esperienza fatta. Non obietta nulla, non mette in rilievo manchevolezze, riguardanti l’insegnamento di cui Lui non li aveva incaricati. Ascolta…. Quale passo importante per far enetrare nel cuore il suo grande messaggio!
v. 31 Venite in disparte”. Il vangelo di oggi segna un passaggio verso la moltiplicazione dei pani, quale sarà narrata nei versetti che daranno seguito a quelli di oggi. Ecco perché Gesù, invece di dettare ai Dodici specifici contenuti dottrinali, si limita a prestare attenzione alla loro stanchezza, che arriva al punto di ‘non aver tempo per mangiare’. Con i suoi gesti di comunione con loro soli a soli, vuol far trasparire il senso profondo del suo grande Annuncio (difficile da dire a parole): farsi e fare tutti partecipi della vita di comunione che Lui realizza col Padre.  
v. 34 “Ebbe compassione di loro”
L‘avere compassione è un termine tecnico dell’AT e anche del NT, ed è adoperato esclusivamente per Dio. Gli uomini hanno misericordia, ma solo Dio ha compassione. Che non è sentimento, ma dono di amore radicato nelle viscere, cioè nella stessa carne; dono che fa accostare l’altro nei suoi bisogni, tanto intensi quanto smarriti nella ricerca dello straordinario. Gesù comprende e fa suo il bisogno di aiuto da parte di chi corre dietro al carisma, con l’attesa qualcuno o qualcosa li possa ‘saziare’ per davvero; e sa che ciò peggiora la situazione di sbandamento. Sì, quella folla era fatta di persone che  “erano come pecore senza pastore”. Non erano veri pastori le autorità religiose: già Geremia (prima lettura) lamentava che i pastori fossero diventati mercenari i quali pascevano se stessi. E Paolo (seconda lettura) precisa: “Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito”. Gesù in questo brano si prefigura il Buon Pastore che si preoccupa dello smarrimento della folla e insegna… che cosa? Tutto ciò che si collega ai suoi gesti di compassione: saranno questi a guidarla, più che le sue stesse parole, nella comprensione dell’amore di comunione con Dio a cui Egli vuole ri-chiamare l’umanità col suo esempio.

RIFLESSIONI PERSONALI
Ausilia. Mi limito a qualche citazione: da G. Ravasi: “oggi l'immagine del Pastore ci dice poco o quasi nulla e l'uomo d'oggi rifiuta sdegnosamente il ruolo di ‘pecora. Eppure, egli vi è dentro in pieno; senza che ce ne accorgiamo, noi ci lasciamo guidare supinamente da ogni sorta di manipolazione e di persuasione occulta. Da Nietzsche: "Rovesciai tutte le pietre di confine, inseguii i desideri più pericolosi. Nulla è vero, tutto è permesso: così parlai a me stesso; vivere come io ne ho voglia o non vivere affatto. Ma, ahimè, ho io ancora una meta? Un porto verso cui corra la mia vela? Un buon vento? Ah, solo chi sa verso dove naviga sa anche quale vento è buono, favorevole alla navigazione. Se non c'è una meta, se si va a finire nel nulla, non c'è nemmeno una direzione del cammino. Che cosa mi è restato? Un cuore stanco, una volontà instabile, ali per svolazzare qua e là, la schiena spezzata" (Così parlò Zaratustra). Da Ermes Ronchi:il primo insegnamento: «come guardare», prima ancora di «come parlare»; uno sguardo che abbia commozione e tenerezza, le parole e i gesti seguiranno. Se ancora c’è chi si commuove per l’ultimo uomo, questo uomo avrà un futuro”.
Wilma Chasseur. Oggi più che mai c'è un bisogno viscerale di sentirsi capiti, accolti per quel che si è, incoraggiati e non ostacolati; e il Vangelo odierno ci dice da CHI dobbiamo andare in quei momenti. "Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi ed io vi ristorerò, venite in disparte e riposatevi un po'". Un po' di relax… Quanta premurosa attenzione da parte del Maestro verso i suoi, attento alle loro esigenze come il migliore dei padri che comprende anche le loro stanchezze. Contento di ascoltare ciò che i suoi hanno da dirgli: questa volta è Lui che ascolta. Il Maestro che di solito insegnava, ora tace e ascolta... La capacità di ascolto è forse ciò di cui ha più bisogno il mondo di oggi. L'uomo moderno stanco, stressato, non ha tanto bisogno di una parola quanto di… un orecchio che ascolti.
Armando e Lucia
I nostri nipotini non sanno cosa fa il pastore e non hanno mai visto una pecora in carne ed ossa. Come allora descrivere la cura, l'attenzione, la tenerezza del Pastore evangelico verso le pecore? Forse la vita moderna sta privando il Cristianesimo di un’immagine tanto immediata per descrivere il nostro Salvatore? Sarà possibile sostituirla o rielaborarla in altra maniera? Gesuù ha compassione perché “sono come pecore senza pastore": immagine letteraria  molto chiara dal punto di vista concettuale. Ma davvero gli uomini moderni si sentono "pecore" in cerca di Pastore? E' vero che la gente si cerca dei protagonisti, delle guide, ma quando si tratta di orientatori spirituali già certificati come Gesù, si teme di passare come pecore: e per non apparire tali, ci si inventa o si riveste qualcuno delle proprie esibizioni personali e lo si segue. Ma davvero quella gente era senza guida? Non è credibile che la gente non percepisse la presenza di una guida sicura e indefessa nella dirigenza del Tempio, nei tenaci farisei? Che cosa intende dire Gesù? Di quale guida-pastore si tratta? E qui balza fuori prepotentemente Gesù: Egli è la guida che, oltre che disinteressata, propone la via, assiste nel viaggio, accoglie nella meta. I pastori di quel momento - e di ogni tempo - sono inadeguati non sempre per mancanza di doti morali o di altruismo, ma per mancanza delle premure di colui che è la meta di tutte le aspirazioni umane. Il quale era lì, in mezzo a quelle pecore, in attesa di essere accolto quale Egli è! 

domenica 15 luglio 2012

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno



LE CONDIZIONI DELL'ANNUNCIO
Amos 7, 12-15, Efesini 1, 3-14,

Marco 6, 7-13
In quel tempo, Gesù 7 chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8 E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9 ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 10 E diceva loro: "Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11 Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro". 12 Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

BREVE SINTESI con l’aiuto di parecchi studiosi

1: Gesù ancora come profeta v. 7
Gesù si presenta ancora come profeta (6,4); solo in seguito darà segnali della sua condizione di Messia, preparando il momento in cui formulerà apertamente ai suoi discepoli la domanda sulla propria identità (8,29). Per ora Egli dà delle precise indicazioni a coloro che investe del carattere profetico:
a) li chiama a sé e li invia:  fa, cioè di coloro che sceglie degli inviati (= apostoli), in qualità di testimoni con la propria vita;
c) andranno  “a due a due”, allo scopo di farsi testimoni del vivere in comunità di fede;
d) dava loro potere sugli spiriti impuri: si tratta di quelle intrusioni di vizi profusi dal maligno e che rendono le persone non libere ma possedute (ad esempio da consumi, bisogni, debolezze che trascinano in schiavitù). Aiuta a capire alla  ‘lettera’ il vangelo di oggi il confronto con Deut17,6, Num19,15 e 35,40, e con Qoelet4,9-12, dato che questo sarà il metodo adottato poi anche dalla comunità cristiana di Gerusalemme (At 13, 2),

2: I termini del mandato, espressi con un “ordine” vv. 8-11
Premettiamo che stupisce l’uso del termine “ordinò”, usato da Gesù per la prima volta per rimarcare le condizioni del suo mandato:
a) La povertà è una condizione indispensabile della missione;
b) La casa/famiglia è il luogo da visitare: non si fa riferimento ad un paese di appartenenza giudaica, il che dilata l’orizzonte della missione;
c) L’accoglienza, non la predicazione, sarà il loro impegno: accoglienza chiesta con semplicità e che provochi il ricambio di essa.

3. I Dodici stravolgono l’ordine vv. 12-13
Essi, però, si attengono alla linea profetica tradizionale, “proclamando” la conversione, come il Battista. Da una parte, liberano dall’adesione fanatica al sistema giudaico (espulsione dei demòni); dall’altra, suscitano nel popolo abbattuto la speranza di un messia davidico restauratore della gloria della nazione, dato il loro attenersi all’ungere con olio, a ricordo dell’unzione dei re d’Israele (cfr. 1Sam 10,1; 16,13)). Tutto indica che essi perseverano nella mentalità riformista di chi auspicava il rinnovamento d’Israele.

Riflessioni personali
Ausilia. Mi chiedo cosa si la profezia. In Amos 7,15 leggiamo: “il Signore mi prese di dietro al bestiame, e il Signore mi disse: Va, profetizza al mio popolo Israele”. E in Ef 1,4-5 Paolo si esprime così: “Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo”. Se la scelta da parte di Dio è questa e solo questa, la profezia non è un dono speciale, ma un anticipo del grande mistero della Grazia. Nel vangelo della scorsa domenica Gesù, mentre operava ancora da profeta, approfondiva l’approccio con i guariti chiedendo la fede! Allora la risposta su che cosa sia la profezia mi pare questa: ad un certo momento dell’esistenza si può fare spazio, per tutti, al mistero del Regno di Dio. Purché ci si lasci compenetrare dalla fede in Lui, come singoli e soprattutto come comunità di fede. La rivelazione di chi è Gesù attende solo la nostra docilità al Mistero dell’Amore di Dio, a cui Egli ci avvia.
Wilma Chasseur. Oggi vediamo le condizioni necessarie al profeta per esercitare il suo ministero: non per diventarlo, che quelle non ci sono proprio, ma per fare il “ mestiere” di profeta. A volte per essere pronti ad annunciare Lui, bisogna percorrere il cammino durissimo del fallimento, magari ripetuto e ricorrente finché sentiamo che la Sua Parola può passare senza più cozzare con la nostra e il nostro io si è talmente dileguato da poter dire in verità : “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Ma una volta raggiunta questa   spoliazione e trasparenza  -  e una via alla santità è certamente la capacità di saper guardare in faccia e riconoscere la propria debolezza e miseria  – allora fiumi di benedizioni scenderanno su di noi.
Armando e Lucia. Il brano fa sorgere rimorso per avere tralasciato a volte di fare l'annuncio o di averlo fatto per fare risaltare il nostro personale punto di vista. Infatti, leggendo con attenzione, risulta che i Dodici predicarono più se stessi che il messaggio di Gesù. Ascoltando il nostro rimorso, vogliamo trasformarlo in occasione per cominciare a riascoltare Gesù e rimetterci a Lui. Non bisogna più perdere le occasioni per sentirci mandati all’annuncio perché sia compreso il vero messaggio che sta al là del nostro io.


venerdì 6 luglio 2012

8 luglio 2012 - XIV Domenica del Tempo Ordinari


LA FEDE E LO STUPORE
Ez 2, 2-5; Sal 122; 2Cor 12, 7-10; Mc 6, 1-6

Dal vangelo secondo Marco, 6,1-6
In quel tempo, 1 Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2 Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3 Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?”. Ed era per loro motivo di scandalo. 4 Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. 5 E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6 E si meravigliava della loro incredulità.

Con l’aiuto di ALCUNI BREVI COMMENTI [si tratta di spunti tutt’altro che esaustivi]
a) Lo stupore. «È tutto uno stupore il vangelo di oggi. Lo stupore della gente di Nazareth che vede il piccolo Gesù tornato come un Profeta dalla sua esperienza a Cafarnao, la città sul lago, lo stupore di Gesù che si meraviglia della loro incredulità» (F Armellini).
PERSONALE: lo stupore può servire a scuotere le coscienze, purché  si sappia andare oltre lo stupore. Gesù vuole indicare la via maestra dell’accoglienza della manifestazione di Dio a causa di cuori incapaci di lasciarsene compenetrare fino all’intimo. Ben lo aveva indicato Ezechiele quando riferisce ciò che Dio gli dice nella lettura odierna: “Quelli a cui ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito” (Ez.2,4). Altro che fermarsi all’incanto del miracoloso, dello straordinario! Quanta fatica a passare dallo stupore, dalla percezione dello scandalo della debolezza divina alla fede.
b) Dallo stupore alla fede. «La via allo scandalo (Mc 6,3) è più comoda, più breve, più disimpegnante. Le nostre certezze rimangono lì, granitiche, precise, nel loro ordine irremovibile. Siamo esperti a infervorarci per le celebrazioni oceaniche della fede, per i pellegrinaggi ai santuari più di moda e poi…» (R. Brunelli). Gesù «fu visto come un pericolo serio. Un pericolo per quella religione (la sinagoga) e per quel modello di società» (J.M. Castillo).
PERSONALE: E l’attuale società? Sia quella rassicurata dalle regole dell’istituzione, sia quella ripiegata sull’utopia della perfezione di una fede tutta ‘consapevole’ senza riti senza norme stabilite, affidata ad una coscienza illuminata dalla luce della ragione!… No, il fatto è che non sappiamo riconoscere Dio nella debolezza dell'umanità di cui si è rivestito.
c) La debolezza e la forza di Gesù. «Sarebbe stato molto più comodo per tutti che il Signore venendo sulla terra avesse fatto agli uomini una rivelazione per così dire da saldi di fine stagione, avesse previsto per ciascuno come gli sarebbero andati gli affari, se avesse avuto salute oppure no, insomma avesse pronosticato un futuro immediato. La religione classica dei greci e dei romani si imperniava proprio su queste risposte che nei santuari i fedeli potevano ricevere. In cambio di un'offerta il sacerdote pagano interrogava le sorti e poi dava l'oracolo, favorevole oppure no, il più delle volte ambiguo, in ogni caso ricevuto con ossequio dei richiedenti…  Ce lo conferma san Paolo. Lui che era così pieno di entusiasmo ad un certo punto deve fare i conti con i limiti di una malattia fastidiosa. Per essere guarito da questo male, ci dice, per ben tre volte aveva pregato il Signore, ma non era stato ascoltato. Gesù gli aveva risposto: Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2Cor,12,9)» (Wilma Chasseur). «E’ lo scandalo della debolezza in cui si tiene segreta la forza del Signore» (A. Sceppacerca).
PERSONALE: Di quale debolezza parliamo? Di quella che appare come tale agli occhi di chi non sa vedere adombrato nella “meraviglia dell’incredulità” (che Gesù mostra senza vergognarsene), il presagio dell’ingiustizia di cui sarà colpito con la condanna a morte. Ah divina debolezza di Gesù, che non gli impedisce di continuare a fare del bene, senza stancarsi di profetare anche nel fallimento umano.  
Da Armando e Lucia
Noi - in questo episodio nella sinagoga di nazaret - ci vediamo l'invidia. E' il vizio che permea e si nasconde. Nessuno se ne vanta, come invece accade per altri vizi capitali. E' difficile non provare invidia,cioe' non desiderare il male al concorrente che ci affama, a colui che insidia l'unita'della nostra famiglia, a colui che oscura il nostro prestigio... Abbattere Gesu' perche' oscura il prestigio dei farisei e del Tempio, diventa un diritto e un dovere applaudito dal popolo ingannato. Come vincere l'invidia? Se io mi sento " Figlio di Dio"ho gia' tutto, quello che hanno gli altri in più' e' un niente, che illude, che inganna... Il contrario della invidia e' desiderare che gli altri godano della figliolanza divina.