domenica 28 agosto 2016

DOMENICA XXII T.O. anno C


Lc 14,1.7-14
 
1 Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. 7 Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8 «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9 e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10 Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11 Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». 12 Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13 Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14 e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
 
Commento
 
PREMESSA
- Ricordiamo che Luca scrive con il pensiero rivolto alla sua comunità, che vuole confermare nella fede in Gesù attraverso il racconto della Sua vita e dei Suoi insegnamenti.
L’evangelista è stato attento ‘raccoglitore’ dalle testimonianze dei meno lontani in ordine di tempo dalla presenza di Gesù sulla terra. E a noi, ancora più lontani, spetta staccarci dalla mentalità infantile di chi legge il vangelo come testimonianza diretta di chi scrive. Da adulti nella mentalità e soprattutto nella fede, dobbiamo indirizzare il nostro interesse unicamente ai contenuti e a tutto quanto ascoltiamo come riferito al Gesù storico. Infatti, anche se Luca non è stato un testimone diretto, ha il merito di essere stato, oltre che laborioso ricercatore, abilissimo narratore nel ricostruire i fatti secondo un loro valido inquadramento e secondo un ordine logico; e ciò ci fa assistere ad uno scenario che sembra ritratto dal vivo.
- Il genere letterario del simposio era molto usato negli scritti filosofici e sapienziali. Attorno a una tavola imbandita si affrontano diversi argomenti, si ascolta la parola di un maestro… tutto ciò è utilizzato da Luca per costruire la cornice di un pranzo dove inserire gli insegnamenti di Gesù, e i fatti più o meno legati al tema del banchetto. Nel medesimo tempo si può riconoscere in filigrana la comunità ecclesiale di Luca riunita la domenica per ascoltare l'insegnamento di Gesù.
 
1) IL BANCHETTO
- La pericope di questa domenica fa parte di una unità letteraria (il capitolo 14), la quale nella raccolta di Qumran è intitolata, nella prima parte, Detti conviviali.
La cosa che più importa, nel parlare di banchetto è, oltre che l’aspetto conviviale della partecipazione fraterna (allargata anche ai non credenti) nella condivisione dello stesso cibo, il suo significato simbolico: nel banchetto è adombrata la chiamata di  tutti alla grande cena, immagine del regno di Dio, che si realizza nel tempo, ma è protesa oltre il tempo, verso il suo sbocco finale, escatologico. Gesù, che si pone in continuità con la rivelazione del Primo Testamento, utilizza molto questo simbolismo e trae spunto da alcune occasioni per svolgere la sua missione di maestro.
- Al centro della scena c’è Gesù a casa di uno dei capi dei farisei che l’aveva invitato ad un banchetto. Egli era diventato un rabbi molto noto e riceveva spesso inviti da parte di qualche notabile (cf. Lc al capitolo 7). Questi, forse un capo della sinagoga, e gli altri scribi e farisei, in quell’occasione volevano esaminarlo per metterlo alla prova: v.1 essi stavano a osservarlo. Coloro che avevano maggiore interesse ad esaminare il suo comportamento erano con molta probabilità dottori della Legge, anche loro invitati al banchetto.
- La prima indicazione interessante è il giorno di sabato, quando sarebbe stato contro la Legge la partecipazione pubblica ad un banchetto di notevole rilevanza..
Ma Gesù, mentre è osservato, osserva loro.
 
2) LA PARABOLA DEI PRIMI POSTI
Rifacendosi ad una tradizione sapienziale, biblica e giudaica, che ammoniva a non insuperbirsi e a non presumere troppo di sé per non cadere nel ridicolo, Gesù fa la prima lezione ai Suoi. Si rivolge ai ‘chiamati’ - gli invitati (il verbo kalein è una parola-chiave in tutto questo capitolo) - e parla, più che da invitato, come se fosse lui il padrone. (Si può leggere anche, in filigrana, la presenza del Signore risorto nell'assemblea cristiana e in tal caso si può dare al banchetto il significato eucaristico).
- Circa la ricerca dei primi posti, ovviamente non è possibile che Gesù si limiti a dare delle regole di bon ton. Egli, piuttosto, partendo da un aspetto quotidiano, suggerisce un nuovo atteggiamento da persona libera, non attaccata a posti di prestigio. E forse Luca ha di mira anche la propria comunità, e coglie l’occasione per raccomandare di non fare discriminazioni verso i cristiani poveri in occasione dei pasti comuni.
2a) La lezione di Gesù è forte e perentoria: v.11 chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. Questa sentenza si trova anche nell'Antico Testamento (in Ezechiele e in Giobbe), ed era ben conosciuta nella tradizione sapienziale del giudaismo, dove spesso aveva valore di una parola di saggezza nata dall'esperienza della vita. Ma in Luca il detto sapienziale si aggancia alla parenesi cristiana propria della predicazione cristiana di carattere escatologico, tenacemente  orientata a sottolineare il distacco, frutto del rovesciamento della situazione che si compirà al momento del giudizio divino. Non stupisce, perciò, che un insegnamento simile abbia avuto grande risonanza nella vita cristiana (Gc 4,10; 1Pt 5,6).
= In seconda istanza Gesù, rivolgendosi ai capi che erano soliti fare inviti a banchetti festivi, propone qualcosa di paradossale per chi non ha la visione della fede; al v.13 consiglia: invita poveri, storpi, zoppi, ciechi, cioè preferisci di invitare gli appartenenti alla categoria più disprezzata che portava il marchio della maledizione di Dio tanto da non poter nemmeno accedere al tempio. Essi, secondo i testi di Qumran, sarebbero stati senza alcun dubbio esclusi dal banchetto escatologico del Regno di Dio. Ora Gesù afferma senza mezzi termini che proprio e solo accogliendo gente di tal fatta si potrà essere davvero appagati (beati)! Si tratterebbe di richieste incomprensibili e impossibili a realizzarsi se Gesù stesso non ne avesse dato la profonda motivazione e un limpido modello realizzato in vita nella sua stessa Persona (basti ricordare la lavanda dei piedi).
 
3) LA NOVITA’ EVANGELICA DI GESU’
Nei vv.12-14 Gesù esorta il padrone di casa a non invitare a pranzo i propri pari, bensì i poveri e i bisognosi che non possono ricambiargli l'invito.
Invitando chi non può contraccambiare, il discepolo si comporta come si comporta Dio nei confronti degli uomini, dimostrandosi così figlio di Dio. Inoltre, alla luce della parabola che segue (e che oggi non leggiamo), i pasti nei quali vengono invitati i poveri e gli emarginati sono l'immagine di come Dio stesso prevede il grande banchetto escatologico. Ciò significa che bisogna realizzare i propri ricevimenti come un anticipo di questo grande banchetto.
 

sabato 20 agosto 2016


DOMENICA XXI T.O. anno C
 
Lc 13,22-30
 
In quel tempo, Gesù 22 passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23 Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: 24 «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25 Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. 26 Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. 27 Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!28. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29 Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30 Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».
 
Sal 116
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre

 

Commento

 

Il Vangelo di Luca è stato redatto quando si era all’incirca alla terza generazione del movimento di Gesù. In molti fratelli e sorelle della comunità l’amore, il fervore e l’impegno delle origini si erano affievoliti. Da qui l’impianto di questa pericope.
Nel racconto di Luca è evidente che coloro i quali parlano e rivendicano privilegi sono giudei. Nel vangelo di Giovanni invece la porta stretta è Gesù, che è passato attraverso la porta dell’umanità con tutte le sue debolezze.
In bocca a Gesù sono messe parole forti perché chi vuol seguirLo deve “sforzarsi”. Il verbo greco usato da Luca agonizesthe, tradotto con continuate a sforzarvi, indica una lotta, una specie di agonia; include fatica e sofferenza che coinvolgono tutta la persona nel cammino di fedeltà a Dio.
C’è, in questo passo di vangelo, un inizio e una fine del tutto contrastanti tra di loro. L’inizio ci fa vedere l’immagine di una porta stretta dalla quale pare che siano ben pochi a poterla attraversare, poiché è molta la fatica richiesta anche ai volenterosi che vogliono cimentarsi ad ogni angustia: il vangelo incalza con la lapidaria frase: ma non ci riusciranno. Alla fine, al contrario, si dice che siederanno a mensa nel regno di Dio una moltitudine grande e variegata di persone, soprattutto del passato; e tanti venuti da settentrione e da mezzogiorno, assieme a coloro che nella terra erano gli ultimi.
Allora la porta è aperta a tutti?
La risposta è che l’entrare per la porta stretta esige nei momenti difficili il superamento delle incertezze e la fiducia in Dio. Tutto, in realtà, dipende da noi. Ma ecco scatta l’ammonimento: non basta essere stato con Gesù a tavola o per le strade dove Lui insegnava, se la propria vita non è stata trasformata da quel Pane che si mangiava assieme e da quella Parola che si ascoltava.
Luca cerca di far chiarezza nell’addensarsi delle difficoltà nelle condizioni di accesso attraverso l’angustia della porta, simbolo delle prove da superare. La frase Non so di dove siete, ripetuta per due volte, rimarca, sì, la severità delle affermazioni di Gesù, ma che timore c’è motivo di avere se si tratta di fare affidamento alla volontà del Padre, come aveva fatto Lui stesso nel culmine della sofferenza?
Ma quanti in ultima analisi si salveranno? Gesù, visto che si torna daccapo a conteggiare tra salvati e condannati, prende in contropiede e conclude: vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi. L'ingresso nel Regno dipende unicamente dall'impegno ad entrare per quella porta, che è stretta per tutti allo stesso modo, prescindendo dall’essere piccoli o grandi.
Ernesto Balducci osserva: In che cosa i cristiani si distinguono dagli altri? In nulla! Pensano come gli altri. Che cosa è il loro Vangelo? È sale scipito! Se prendo il Vangelo come una professione di fede allora io, in questo caso, divido gli uomini; prima di parlare di professione di fede, parliamo dell’obbedienza alla Parola.
Il biblista Josef Ernst offre una intrigante interpretazione: per Luca il punto di vista decisivo è l'esortazione a un agire risoluto nell'ultimo momento ancora possibile. E' un urgente appello ad agire finché si è in tempo... Prima o poi viene il momento in cui il padrone di casa si alza e chiude la porta. Non sarebbe dunque la porta ad essere stretta, ma è il tempo che mettiamo prima di deciderci ad essere corto.

Gesù apre la porta su un tempo nuovo e favorevole, il kairòs. Oggi, questo momento, ci dà sempre l’occasione irripetibile di salvezza, conseguente alla liberazione dalle nostre incertezze. Nella stretta porta della Croce si spalancano le braccia del Figlio di Dio, colme di misericordia. In ogni istante c’è l’occasione di essere accolti: ultimi perché piccoli nel coraggio, e primi nell’accorgerci di essere amati.

Il salmo che la liturgia propone, il più piccolo di tutto il salterio, appartiene al genere innico. Il tema è in sintonia con le letture bibliche: l’alleanza tra Dio ed Israele, simboleggiata attraverso due attributi divini, amore e fedeltà (nonostante i tradimenti dell’essere umano). E’ sulla preghiera che bisogna contare. Non è detto esplicitamente ma è quanto leggiamo dietro le parole: i nostri sforzi non debbono mancare, ma è sempre Dio la nostra sicurezza. Allora deponiamo tali sforzi all’altare del patto d’amore, e la risposta tacita di Dio, rassicurante, prima o poi non mancherà.

 

 

 

 

sabato 13 agosto 2016

DOMENICA XX t.O. anno C


Lc12,49-53
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «49 Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50 Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! 51 Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52 D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53 si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
 
Commento
 
= Il Vangelo nasce in seno alle contraddizioni.
Luca ha davanti a sé le persecuzioni che mettono in crisi la fede di alcuni dei primi cristiani i quali, al di dentro delle comunità vivono un conflitto tra credenti della prima generazione e ultimi entrati: i primi non sono stati tanto propensi ad accogliere i nuovi; ma anche viceversa.
Ora, nel momento culminante della ‘marcia’ di Gesù verso Gerusalemme, sembra avverarsi la profezia di Simeone. Questi, alla presentazione al tempio del Bambino Gesù, aveva predetto che sarebbe stato segno di contraddizione. E aveva aggiunto un’altra profezia la quale, anch’essa, si attaglia bene ai versetti di oggi; infatti, rivolgendosi a Maria, Simeone aveva aggiunto: una spada ti trafiggerà l’anima.
Evocando questa duplice profezia, forse può attenuarsi l’immediata sensazione di disgusto che danno questi pochi, taglienti e sconcertanti versetti.
= Ecco quanto ho ricavato alla luce dell’esegesi consultata.
La frase detta da Gesù Sono venuto… ormai non si riferisce più al passato, e cioè alla Sua venuta sulla terra per compiere la volontà del Padre; piuttosto esprime la sua fervida attesa della messa in atto dell’effetto di quel fuoco lanciato sulla terra. Gesù vede che la Missione sta per compiersi e ne parla ai suoi per spingerli a vivere la sua stessa attesa. Il fuoco è un termine usato in particolare nei libri di Geremia e  del Siracide come simbolo della Parola di Dio; in altri luoghi dell’AT è simbolo del giudizio di Dio nella sua azione purificatrice.
Il versetto 50, secondo gli esegeti, è stato costruito in epoca successiva. Luca, accostandolo al precedente, ricorda ai lettori della sua comunità che Gesù nell’approssimarsi dell’ora della sua morte non si è attardato in indugi. Per questo motivo parla di battesimo, lavacro purificatore che genera in chi se ne lascia sommergere una nuova nascita, tutta spirituale; grazie a tale purificazione manderà, quando sarà risorto, lo Spirito di Dio. L’immagine del fuoco evoca anch’essa la purificazione (nell’AT il fuoco veniva identificato con la parola di Dio, dopo la resurrezione sarà identificato con lo stesso Spirito).
Questo duplice significato della parola fuoco serve anche a rispecchiare il conflitto interno alla comunità tra chi rimane attaccato al passato e chi accoglie il nuovo. La parola di Dio dovrà portare frutto nel cuore del credente, trasformando in liberazione e in esplosione di amore, la triste esperienza della sconfitta, causata dall’attaccamento ai falsi valori.
Nella frase sono angosciato… alcuni vedono evidenziato il lato umano che renderebbe Gesù molto simile a noi. Si tratta, non di negare la possibilità che in Dio ci siano sentimenti simili ai nostri, ma di affermare che essi - i nostri come quelli di Gesù - sono vissuti a livello psicologico fino a quando si agisce in una prospettiva unicamente umana. Qui, invece, c’è l’azione di Dio in Gesù; perciò l’ansia gli urge dentro: è questa la traduzione esatta dell’essere angosciato di Gesù, a cui non pare l’ora di affrontare la passione dolorosa, dato che la salvezza non avviene senza la morte. L’ansia è evocata da Gesù al fine di sollecitare in chi crede un’azione forte e netta su lentezze e ripieghi., Contro i piccoli e grandi attaccamenti, sono in gioco i tesori della Grazia, che innesta la vita divina nell’umana.
= Per i vv. 51- 53, dopo una lunga ricerca, sento di affidarmi alle meditazioni di una deliziosa monaca della Visitazione:
…. I commenti vedono nella divisione di cui si parla l’elemento negativo provocato dal Vangelo, e dal fatto che la sequela del Vangelo porta con sé l’esposizione al disaccordo o al rifiuto anche delle persone più care. La pace di Dio non è condivisa dal mondo. Tuttavia mi sembra si possano ricevere queste parole con maggiore attenzione e profondità. Nella lingua del Vangelo i termini che indicano la divisione sono vicini a quelli che dicono la parte, la porzione. Questo apre una grande porta sulla particolarità della comunione cristiana. Essa non è uniformità, ma comunione di diversità. A Dio non piace Babele non solo perché è il tentativo di salire a Dio con le proprie forze e capacità, ma anche perché è l’opera di un’umanità che trova la sua forza in una compattezza di linguaggi e di progetti che pretende di poter fare a meno di Dio stesso. Ma l’unione secondo Dio è il raccogliersi in Dio dei diversi e dei dispersi. La comunione è l’eterno travaglio di un cammino di conversione e di accoglienza. L’amore non è condizione definitiva e statica, ma è incessante dinamica. Non è quindi detto che la nuora e la suocera siano divise perché una ha la fede e l’altra no. Anche se entrambe hanno la fede, il loro volersi bene è una strada quotidiana di preghiera, di pensiero, di conversione, di accoglimento reciproco, di apprezzamento del dono dell’altra persona…. Molte volte l’amore deve essere vissuto nel dolore di distanze e incomprensioni, ma non per questo non è amore! Così è la Pace che Cristo è venuto a donare sulla terra.

sabato 6 agosto 2016

DOMENICA XIX T.O. anno C




 
DOMENICA XIX T.O. annoC
 
Lc12,32-48
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 32 «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. 33 Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34 Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. 35  Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36 siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37 Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38 E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39 Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40 Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». 41 Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42 Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? 43 Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44 Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45 Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46           il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. 47 Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48 quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Commento
Dovrei lavorare sul materiale essenziale e succinto, raccolto per elaborarlo e quindi trarne un commento breve e ordinato. Ma come fare se il testo di Luca che la liturgia offre oggi alla lettura risulta una raccolta di brevi parabole le quali non presuppongono un unico episodio? La pericope è frammentata e addirittura potrebbe essere una raccolta ad uso didascalico nella comunità lucana. Ciò va detto perché i miei lettori impegnati a leggere il vangelo, non si accontentano di conoscere la superficie  delle parole, e forse vorrebbero conoscere il processo storico che le ha generate.
 
- Una premessa di carattere generale
Richiamiamo alla mente quanto già conosciamo.
- Dapprincipio c’è stato il Kerigma (= annuncio), cioè la tradizione orale che trasmetteva le notizie sulla figura di Gesù, nonché i Suoi detti e fatti; ma teniamo presente che il tutto è passato attraverso la fede praticata e predicata, sicché ciascuno dei quattro vangeli è stato generato in seno alle comunità, dai ricordi diretti o indiretti di tanti, finché non c’è stato l’autore che ha dato forma unitaria all’insieme raccolto, confrontato, elaborato, vissuto e soprattutto pregato.
- Tra gli studiosi che hanno fatto approfondimenti esegetici sulla genesi dei vangeli, Rudolf Bultman (morto nel 1976) giunge ad un risultato deludente: di Gesù non riusciamo a saper nulla; dai vangeli emerge solo la fede pasquale. Un’altra scuola di pensiero è più positiva nella convinzione che si può arrivare a scoprire il nucleo storico di Gesù; ma è sicuro che ognuno dei quattro vangeli è passato dalla prospettiva teologica del suo autore.
= Luca (e il suo vangelo).
Intellettuale, scrittore greco di raffinata cultura ellenistica, quando si converte al cristianesimo, diviene discepolo e collaboratore di Paolo e con lui cammina per le strade dell’impero romano nell’opera di evangelizzazione. Attraverso la sua esperienza di contatti con persone che si sono incontrate col Cristo, egli stila il suo vangelo.
- Tolti i primi due capitoli che parlano dell’infanzia di Gesù (ne parleremo nel periodo natalizio), l’immagine che ci presenta Luca è quella di un Gesù sempre in cammino verso Gerusalemme: un Gesù pellegrino, nomade. E la sua storia, passando per la Resurrezione, si conclude con l’Ascensione, Ma ci sarebbe da aggiungere che Luca parla soprattutto della e alla chiesa (cioè la sua comunità).
- Tutto il suo vangelo è pervaso da alcuni temi, primo fra tutti quello della preghiera. Seguono quello dell’universalismo e quello dell’attenzione agli ultimi.
= La pericope di oggi
Si legge, in ordine sparso, un insieme di tante parabole nel modo di una lunga esortazione, ricca di detti, i quali quasi sempre altro non sono che citazioni prese dall’AT.
Fermiamoci brevemente sui temi principali.
a) La chiesa nei primi tempi della formazione delle varie comunità, viveva in uno stato di paura nell’attesa della parusia (=presenza), cioè il ritorno di Gesù alla fine dei tempi; e tale ritorno si riteneva possibile nell’immediato. Da qui la prima raccomandazione di Gesù: Non temere, piccolo gregge.
b) Nelle altre parabole Gesù incoraggia i Suoi, ma nello stesso tempo raccomanda la vigilanza: il Regno, cioè il governo di Dio, trionfatore definitivo su tutti gli altri governi terreni, alla fine dei tempi darà luogo ad un mondo di pace e di giustizia, destinato a chi ha saputo trasformare la paura della lunga attesa in impegno, con l’esercizio del distacco dai beni terreni per attingere a quelli  che non si consumano; infatti nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo. Siccome sappiamo che l’incontro col Signore avverrà di sicuro, ma noi restiamo esitanti, ciò avviene a causa della nostra poca fede.
c) La domanda di Pietro Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti? è certamente costruita sulla piattaforma della sua autorevolezza in seno alla comunità; ma nulla ci vieta di pensare che sia stato Pietro in persona a farsene portavoce. Nella risposta alla domanda di Pietro, Gesù formula un’altra domanda in forma di parabola: Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Subito dopo Gesù stesso dà la risposta: il buon amministratore è colui che svolge la sua missione di servo, non si avvale dei beni ricevuti a suo vantaggio, ed è sempre vigilante ed attento. Ed è come (ma questa è un’interpolazione mia) se il fatto che Pietro si sia fatto protagonista della  domanda, desse occasione a Gesù per richiamarlo: “Pietro, la parabola è veramente per te! Spetta a te saper amministrare bene la missione che Dio ti ha dato”. Quanto a noi, leggiamo sentendoci interpellati in prima persona. Tale ipotesi è confermata dall’avvertimento finale, A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più. Di fatto la frase fa pensare alle possibili negligenze di chi sfugge ai doveri che nascono quando si assume una qualche responsabilità; ma fa pensare anche a chi se le assume (le responsabilità) con una certa leggerezza.
Preferisco chiudere con una preghiera che mi trovo davanti:
Troppo spesso Signore, rischiamo di non mettere a frutto i talenti che Tu ci hai donato. Ci accontentiamo di non fare il male e ci preoccupiamo poco di tutto il bene che potremmo, o meglio dovremmo fare. Donaci un cuore capace di restare in ascolto del grido di tanti nostri fratelli piccoli, poveri, abbandonati, feriti, e donaci di fare tutta la nostra parte per alleviare almeno un po’ la sofferenza di chi, sfibrato dalle prove della vita, ha perso la speranza”.