Tu vedi la folla che si
stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”
James Tissot XIX sec. - Da un punto di vista
tecnico, questa illustrazione è caratterizzata dalla cura per i minimi
particolari del paesaggio e per il vivido realismo delle figure, anche se ciò
le rende fredde ed incapaci di suscitare un autentico sentimento di trasporto
religioso
Mc 5,21-43
21 Essendo Gesù
passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed
egli stava lungo il mare. 22 E venne
uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si
gettò ai piedi 23 e lo supplicò con
insistenza: La mia figlioletta sta
morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva. 24 Andò con lui. Molta folla lo seguiva
e gli si stringeva intorno. 25 Ora
una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo
tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la
folla e da dietro toccò il suo mantello. 28
Diceva infatti: Se riuscirò anche solo a
toccare le sue vesti, sarò salvata. 29
E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita
dal male. 30 E subito Gesù,
essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla
dicendo: Chi ha toccato le mie vesti?.
31 I suoi discepoli gli dissero: Tu vedi la folla che si stringe intorno a
te e dici: “Chi mi ha toccato?”. 32 Egli guardava attorno, per vedere
colei che aveva fatto questo. 33 E
la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si
gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34
Ed egli le disse: Figlia, la tua fede ti
ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male. 35 Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga
vennero a dire: Tua figlia è morta.
Perché disturbi ancora il Maestro?. 36
Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: Non temere, soltanto abbi fede!. 37 E non permise a nessuno di seguirlo,
fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide
trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39 Entrato, disse loro: Perché
vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme. 40 E lo deridevano. Ma egli, cacciati
tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano
con lui ed entrò dove era la bambina. 41
Prese la mano della bambina e le disse: Talità
kum, che significa: Fanciulla, io ti
dico: àlzati!. 42 E subito la
fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da
grande stupore. 43 E raccomandò loro
con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
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Sap 1,13-15; 2,23-24
Dio non ha
creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato
tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di
salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra.
La giustizia infatti è immortale. Sì, Dio ha creato l’uomo per
l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia
del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.
Salmo 29
Ti esalterò,
Signore, perché mi hai risollevato, / non hai permesso ai miei nemici di gioire
su di me. / Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, / mi hai
fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.
Cantate inni
al Signore, o suoi fedeli, / della sua santità celebrate il ricordo, / perché
la sua collera dura un istante, / la sua bontà per tutta la vita. / Alla sera
ospite è il pianto / e al mattino la gioia.
Ascolta,
Signore, abbi pietà di me, / Signore, vieni in mio aiuto! / Hai mutato il mio
lamento in danza, / Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.
2 Cor 8,7.9.13-15
Fratelli,
come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in
ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in
quest’opera generosa. Conoscete infatti
la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero
per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. Non si
tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia
uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza,
perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia
uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui
che raccolse poco non ebbe di meno».
Commento alla pericope odierna
1) INTRODUZIONE
Nella prima lettura si fa un’affermazione molto
forte e al tempo stesso problematica: Dio
non ha creato la morte. E allora chi ne è responsabile? Nella seconda parte
della lettura si dice che la morte viene dal diavolo, il quale l’ha fatta
entrare nel mondo per invidia (implicitamente si fa riferimento al racconto
della caduta di Adamo). Ma si aggiunge un’affermazione un po’ sibillina: ne
fanno esperienza, cioè della morte, solo coloro che le appartengono. Secondo l’autore
della lettura, non tutti sperimentano la morte, ma solo i malvagi. E certamente
non parla della vita o della morte fisica, ma di quella spirituale: chi
pecca è già morto, gli manca la vera vita che consiste nel giusto rapporto con
Dio e con i fratelli. Chi non pecca invece, anche se muore fisicamente, vive
una vita piena che inizia quaggiù e continua dopo la morte. La sua morte fisica
è solo apparente; in realtà il giusto è nelle mani di Dio, e nessuno può fargli
del male, perché la vita fisica non è tutto. C’è un’altra vita che non viene
meno neppure con la morte.
Nella
seconda lettura Paolo esorta i cristiani ad essere i primi nelle opere
di carità, imitando Cristo che, infinitamente ricco, si fece povero per
arricchire noi della sua stessa povertà. Agli occhi dell’apostolo, anche il
denaro può essere un mezzo per testimoniare Gesù Cristo e il dono che lui ci ha
fatto. Egli ci ha dato tutto, e noi perché dovremmo esitare? Coi suoi doni Gesù
ci ha resi partecipi della sua vita, e noi ci rifiuteremo di far comunione con
gli altri? L’aiuto economico ai fratelli non è una semplice questione di
filantropia: è una professione di fede, una testimonianza evangelica. Ai
Corinzi Paolo non chiede di impoverirsi ma di formare l’eguaglianza: come da
Gerusalemme è giunta la Grazia del Vangelo che ha arricchito spiritualmente i
Corinzi; così, adesso, essi, nel bisogno materiale di quelli, debbono
corrispondere sia pure in misura modica. Avvenga quello che accadde nel deserto
dove chi raccolse molto ne ebbe solo quanto bastò, e chi raccolse poco ne ebbe
quanto bastò.
I
due episodi narrati nel vangelo di questa domenica sono collegati strettamente
in tutti e tre gli evangelisti che ne parlano: Marco, Matteo e Luca. Ed è
sorprendente che l’evangelista di solito più stringato, Marco appunto, si
diffonda con molta vivacità (ventitré versetti) e con diversi particolari, sui
due fatti, mentre Matteo ne dà un riassunto in otto versetti e Luca si sofferma
con sedici versetti.
Il
motivo dell’insolita vivacità narrativa di Marco, nonché della sua abbondanza
di particolari è probabilmente da ricercare nel fatto che lui riferisce quel
che ha sentito da Pietro; e Pietro era, insieme a Giovanni e Giacomo, presente
al fatto, dato che solo questi tre discepoli erano stati ammessi nella casa di
Giàiro.
2) ANALISI DEL BRANO
21 Essendo Gesù
passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed
egli stava lungo il mare.
Il
susseguirsi degli avvenimenti dà l’impressione di uno spostamento rapido e
benché il luogo non sia precisato, si può pensare convenientemente al litorale
di Cafarnao.
22 E
venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli
si gettò ai piedi
Il
termine archisynágōgos può essere
tradotto anche con presidente della
sinagoga.
Ogni
sinagoga aveva un capo che era coadiuvato e assistito da un consiglio composto
dalle tre alle sette persone. L’ufficio consisteva principalmente nella
supervisione delle condizioni materiali e nella gestione finanziaria della
sinagoga. Poiché qui Marco parla in plurale, non è chiaro se voglia riferirsi
all’archisinagogo vero e proprio o ad uno dei suoi collaboratori.
I nomi
Giairo e Bartimeo sono gli unici nomi propri che compaiono nei racconti di miracoli.
Secondo alcuni, il nome Giairo deriva da parole ebraiche che significano ‘egli
illuminerà’ o ‘egli susciterà’, ‘risveglierà’.
L’espressione
gli si gettò ai piedi simbolicamente
significa riconobbe la sua autorità, dichiararsi disposto ad eseguire la sua
volontà, mettersi ai suoi ordini. Qui, però, è soprattutto un atteggiamento di
preghiera e di implorazione, non come quello dell’indemoniato che vede Gesù e
gli si getta ai piedi.
23 e
lo supplicò con insistenza: la mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le
mani, perché sarà salvata e viva.
La
supplica o richiesta insistente, da parakaléō,
è tipica delle richieste di guarigione. Con
insistenza è usato da Marco come avverbio. L’azione e la richiesta del
capo della sinagoga fanno risaltare ancora una volta la dignità di Gesù;
indicano inoltre che in Marco, non tutti i capi giudaici sono contrari a Gesù.
La frase la mia figlioletta sta morendo va tradotta meglio: è agli estremi. In Marco questo padre ha timore, quasi un rifiuto
di parlare della morte della figlia. Il diminutivo figlioletta, thygátrion, dà l’idea di uno speciale
affetto verso di lei; l’imporre le mani era
proprio di un rito molto comune tra gli Ebrei dell’AT, che lo praticavano per
le circostanze più svariate, come per impartire una benedizione, per conferire
una potestà. Nel NT ricorre frequentemente in relazione alla cura degli
infermi. La trad. CEI ha preferito mantenere salvata
perché il padre dice che sta morendo, e perciò la richiesta di Giairo è che
Gesù la salvi dal potere della morte.
24 Andò con lui. Molta
folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
E’da
notare come Giairo compie la sua richiesta in mezzo ad una folla considerata
impura dagli ‘osservanti’ ed invoca un uomo che era considerato fuori dalla
sinagoga.
25 Ora
una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni
Il
dato - da dodici anni - fornisce un altro
legame con la storia della figlia di Giairo, che ha appunto dodici anni.
Il suo
male doveva consistere in un flusso anormale (emorragia), che non coincideva
con quello della mestruazione, ed era considerato – nelle legge del Levitico - causa d’immondezza legale. Pertanto escludeva,
come la mestruazione, dalle relazioni con altri esseri umani. Ciò spiega come
la donna si mescoli alla folla per non farsi notare e per non essere costretta
a rivelare il suo male.
26 e
aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi
senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando,
La
considerazione suona molto dura nei riguardi dell’arte medica. È da tener presente
tuttavia che i medici del tempo usavano metodi piuttosto empirici e medicamenti
spesso privi di efficacia.
Dato
che nell’antichità solo quelli che disponevano di mezzi finanziari potevano
frequentare i medici, e visto che la donna disponeva di risorse proprie, un
tempo doveva essere stata persona di un certo livello sociale e abbastanza
ricca. La descrizione che fa Marco delle sue condizioni fa risaltare il suo
attuale miserevole stato: si trova fisicamente malata, ritualmente impura ed esausta
nelle risorse economiche. Né la religione né il suo stato sociale possono
offrirle un valido aiuto.
27 udito parlare di
Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello.
Sentendo l'ondata del messaggio di Gesù, la donna si decide a fare
il passo decisivo. La legge di Dio, secondo la legge del Levitico (15,19)
proibiva ad una donna del genere di toccare chiunque: Il libro del Levitico, dice:
Quando una donna abbia flusso di sangue
(...) chiunque la toccherà sarà
immondo fino alla sera.
28 Diceva infatti: Se riuscirò anche solo a toccare le sue
vesti, sarò salvata.
Le
parole della donna si uniformano alla credenza popolare secondo la quale i
guaritori erano dotati di uno speciale potere magico o flusso magnetico, per
cui qualunque loro contatto, diretto o indiretto, con l’ammalato, era sufficiente
a procurare la guarigione; sarò salvata, è
traduzione da sōthḗsomai, verbo usato per esprimere la
sua volontà di ricuperare la guarigione dalla malattia e forse anche la
liberazione dalla morte.
29 E subito le si
fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
L’espressione
le si fermò il flusso di sangue mette in risalto la subitaneità della guarigione, di
cui la donna si rese subito conto.
Il
testo letteralmente dice: le si fermò il flusso di
sangue, che fa ricordare Lv 12,7 dove è detto che la donna sarà dichiarata
purificata dopo essersi sottoposta ai riti di purificazione. Qui non c’è nessun
rito. È semplicemente il potere di Gesù che opera la guarigione.
30 E subito Gesù,
essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla
dicendo: Chi ha toccato le mie vesti?.
Un
tipico aneddoto miracoloso potrebbe concludersi con il v.29. Ma i vv. 30-34 sono
una conclusione ampliata che contiene l’idea del vero significato della storia.
L’immediata
percezione da parte di Gesù della forza che era uscita da sé corrisponde alla
percezione della donna di essere stata guarita. Nel linguaggio popolare si deve
vedere l’indicazione di un potere miracoloso che solo Gesù possedeva. Il
termine scelto da Marco, dýnamis, è
da lui impiegato quasi sempre in questa accezione.
31 I suoi discepoli
gli dissero: Tu vedi la folla che si
stringe intorno a te e dici: “Chi mi
ha toccato?. 32 Egli guardava
attorno, per vedere colei che aveva fatto questo.
Ciò
che avviene tra Cristo e la donna malata si svolge in una nicchia ricavata in
mezzo alla folla, ed è un segreto a due. Con le parole di uno che era presente,
Marco ci descrive Gesù che si guarda intorno per vedere Chi mi ha toccato?.
Contatto,
sguardo e dialogo si accendono con l’esclusione della folla e dei discepoli che
non capiscono ed ironizzano. Nonostante che abbiano appena assistito al
miracolo sul mare in tempesta e alla guarigione dell’indemoniato di Gerasa,
sembra che i discepoli non si siano ancora resi conto del carattere
straordinario del potere di Gesù.
33 E la donna,
impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò
davanti e gli disse tutta la verità,
La
paura della donna non viene tanto dall’avere, lei, in stato di impurità,
toccato Gesù, contro il divieto della legge, e dall’averlo fatto di nascosto;
non ritrae una disposizione psicologica ma una reazione di fragilità umana alla
presenza di un potere al di là del naturale. Tuttavia la gratitudine, che nasce
dalla consapevolezza di ciò che le era accaduto,
prende il sopravvento sulla paura, sicché ella riesce a dire tutta la verità circa il suo stato anteriore e
circa il gesto furtivo compiuto in buona fede.
34 Ed egli le
disse: Figlia, la tua fede ti ha salvata.
Va' in pace e sii guarita dal tuo male.
La
stupenda risposta di Gesù la rassicurerà definitivamente. E’una risposta quadruplice:
a) la chiama Figlia, thygátēr; b) è una dichiarazione riguardante la fede; c) c’è un
congedo in pace; d) e soprattutto c’è la rassicurazione che è guarita dal suo
male.
Secondo
la leggenda questa donna si chiamava Berenice o Veronica; avrebbe asciugato il
volto di Gesù lungo la via dolorosa verso il Calvario e in seguito avrebbe
eretto una statua nella sua città (Bardas o Cesarea di Filippo) per ricordare
il miracolo da lei ottenuto.
35 Stava ancora
parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora
il Maestro?.
Dopo
l’interruzione dell’ emorroissa riprende il racconto relativo al capo della
sinagoga; questi è ancora con Gesù, in mezzo alla folla che lo attorniava,
quando lo informano che la figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?: evidentemente si credeva che Gesù avesse potere
soltanto sulle malattie e non sulla morte.
36 Ma Gesù, udito
quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: Non temere, soltanto abbi fede!.
In alcune traduzioni contemporanee il participio parakoúsas è reso con ignorando (il che è anche possibile)
anziché con udito.
Le parole di conforto rivolte da Gesù al padre però suggeriscono che qui udito
è più appropriato. Gesù non volle prestare attenzione a ciò che si diceva e
quindi, come se non avesse inteso nulla, esortò il capo della sinagoga a
desistere dal suo timore e a continuare ad avere fede in lui.
Di per
sé, Giairo non dovrebbe temere più, perché ormai è certo della morte della
figlioletta a lui così cara. Ma Gesù lo invita a sostituire alla calma che
deriva dall’ineluttabile, quella che sgorga dalla fede in Lui, che non deve
interrompersi: si tratta di perseverare nella fiducia che aveva avuto quando la
fanciulla appariva ormai priva di ogni mezzo di salvezza. Il filo di vita che l’animava
ancora, gli faceva sperare l’impossibile da parte di Gesù: ora egli deve
continuare in questa speranza, fondandosi esclusivamente su Gesù stesso.
37 E non permise a
nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Il fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo
denota come sia la prima volta che Gesù opera un miracolo lontano dalla folla.
La scelta di soli tre discepoli (che poi saranno i soli testimoni anche della
trasfigurazione e della preghiera nell’orto del Getsemani), potrebbe essere
stata dettata dalla confusione che già regnava nella casa, ma anche dal
desiderio di avere dei testimoni qualificati, i quali avrebbero attestato in
seguito la realtà del fatto che si stava per operare.
38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide
trambusto e gente che piangeva e urlava forte.
L’espressione
tradotta alla lettera dice: vide il trambusto;
infatti oltre ai parenti, amici e vicini, per i quali il pianto poteva essere
una spontanea dimostrazione di affetto, in genere per la morte di qualcuno non
mancavano mai altre persone che lo facevano soltanto per professione,
accompagnandosi con il suono del flauto.
39 Entrato, disse
loro: Perché vi agitate e piangete? La
bambina non è morta, ma dorme.
Gesù
non intende negare che la fanciulla sia veramente morta, come non intende
affermare che si tratti di una morte apparente. Del resto non è ancora entrato
nella stanza dove giace la fanciulla. Per Gesù, che ha già deciso di operare il
miracolo, lo stato presente della fanciulla è soltanto temporaneo e perciò
paragonabile ad un sonno. (Per analogia la Chiesa ha sviluppato il linguaggio
di Cristo, estendendolo a tutti coloro che si
addormentano nel Signore in attesa della resurrezione finale).
40 E lo deridevano.
Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e
quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina.
Il
comportamento di deridere non può essere quello dei parenti: è provocato sia
dalla mancata comprensione dell’esatto significato delle parole di Gesù, che da
una certa ostilità verso dì lui, oltre che dalla mancanza della potenza della
fede, che del resto già altri grandi profeti d’Israele avevano posseduto.
41 Prese la mano
della bambina e le disse: Talità kum,
che significa: Fanciulla, io ti dico:
àlzati!.
Il
tocco è frequente negli episodi miracolosi: è il gesto abituale delle guarigioni,
che tuttavia non implica alcun effetto a sé stante. Tuttavia, poiché l’impurità
dal contatto con i cadaveri era la più grave di tutte le impurità, questo tocco
è un altro esempio del contravvenire di Gesù ai codici culturali. Ma in questo
caso è la parola di Gesù, non il tocco, che opera il miracolo. Talità kum: la parola agnello, talithá, può essere un termine affettuoso, specialmente se rivolto
a un bambino.
Nelle
storie di guarigione le parole straniere sovente hanno la funzione di formule magiche.
Marco tuttavia usa e traduce termini aramaici anche in altri contesti che non
hanno nulla a che vedere con le storie miracolose, spesso per dare maggior
risalto al proprio punto di vista. Egli, più di ogni altro evangelista, ama
ricordare alcune parole nella lingua di Gesù.
Dalla
traduzione che lo stesso evangelista fornisce, si vede chiaramente che non si
tratta di parole strane e senza significato, di cui ben volentieri si servivano
certi taumaturghi dell’antichità per impressionare maggiormente la gente. Per
Gesù la parola era semplicemente la manifestazione della sua volontà.
L’imperativo
presente alzati da egeírō, verbo della resurrezione, esprime la potenza del dono della
vita di Dio, che non è ancora quella definitiva.
42 E subito la
fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da
grande stupore.
Formalmente
questo versetto costituisce la dimostrazione del miracolo. L’insistenza
osservata qui sui termini riguardanti la morte e la risurrezione indica che i
lettori di Marco devono scorgere in questo racconto un preannuncio della
risurrezione di Gesù e del proprio risveglio dal sonno della morte.
Marco
annota gli anni della ragazza che sono gli stessi di quelli della malattia
dell’emorroissa.
Il
valore dei numeri è soggettivo se attribuito ai personaggi: pochi anni di vita
per la ragazzina tanti per la malattia della donna; ma come resistere ad
esempio alla suggestione di legare queste guarigioni ad Israele (le dodici
tribù) e al nuovo popolo che nascerà dalla predicazione dei dodici apostoli?
Senza dimenticare il fatto che quella dei dodici anni è l’età legale per il
fidanzamento-matrimonio nella legislazione sia romana che giudaica (senza
dimenticare che la ragazza è prossima all’età da poter avere figli).
Il grande stupore, in greco ékstasis, è simile a quello che esprime l’emozione delle donne al
sepolcro di Gesù dopo l’annuncio della sua resurrezione.
43 E raccomandò
loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.-
Il
comando di Gesù, secondo una spiegazione ormai classica, è in linea con tutti i
testi relativi al segreto messianico. Questo silenzio è perfettamente logico
nella prospettiva di Marco: Gesù ha vinto la morte, ma questa sarebbe una ben
povera vittoria se si trattasse solo di ridare alcuni anni di vita a una
bambina nella sua famiglia. Questo è soltanto segno, anticipo e garanzia della
vittoria piena che avverrà con la resurrezione di Gesù; resurrezione che non è
la rianimazione di un cadavere, ma vita definitiva nella comunione con Dio. Per
questo i testimoni del miracolo devono tacere, come i tre che discendono dal
monte della Trasfigurazione, aspettando la piena rivelazione del Dio che
risuscita ì morti.
Il
dettaglio apparentemente non necessario, e disse di
darle da mangiare, ha incuriosito gli interpreti, i quali hanno proposto
diverse spiegazioni che vanno dal ricordo della sollecitudine di Gesù alla
dimostrazione che la ragazza è veramente viva e non è uno spirito o un
fantasma.