Iacopo Robusti, detto il Tintoretto, (Venezia 1518-1594), dopo Tiziano è
stato sicuramente il pittore veneziano più importante del Cinquecento. La sua attività
artistica, tutta svolta nella città lagunare, ha riempito Venezia di
straordinari capolavori, la cui caratteristica maggiore è stata di essere
altamente scenografici e spettacolari, anche grazie alle dimensione sempre monumentale
delle sue opere. Le sue enormi tele andarono a decorare alcuni dei principali e
più rappresentativi edifici di Venezia, e non solo.
Mentre Tiziano rendeva la sua pittura sempre più rarefatta e intimistica,
Tintoretto si muoveva invece sulla ricerca degli effetti molto più
spettacolari, combinando insieme architetture in prospettive decentrate, scorci
molto arditi, affollamento di figure, tensione drammatica nei gesti, nonché
effetti di luce e di ombre molto suggestivi. Si può dire che Tintoretto
conosceva tutti i trucchi del mestiere per rendere le sue immagini
accattivanti. Il senso scenografico delle sue opere preannuncia già ampiamente
lo stile barocco che di lì a qualche decennio si diffonderà nell’intera Europa.
Mia lapidaria osservazione: l’arte cerca di penetrare i fatti, in
piena libertà rispetto alla loro staticità. Cerchiamo anche noi di leggerli
dando corso alle nostre aspirazioni più profonde.
Lc 1,57-66.80
57 Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede
alla luce un figlio. 58 I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva
manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. 59 Otto
giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il
nome di suo padre, Zaccaria. 60 Ma sua madre intervenne: No, si chiamerà Giovanni. 61 Le dissero: Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome. 62 Allora domandavano con cenni a suo padre
come voleva che si chiamasse. 63 Egli chiese una tavoletta e scrisse: Giovanni è il suo nome. Tutti furono
meravigliati. 64 All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e
parlava benedicendo Dio. 65 Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per
tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. 66
Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: Che sarà mai questo bambino?. E davvero
la mano del Signore era con lui. 80 Il bambino cresceva e si fortificava nello
spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Commento
1) PREMESSE DI CARATTERE GENERALE
- Luca ha organizzato il racconto di due annunciazioni (a
Zaccaria e a Maria) per parlare della nascita, prima di Giovanni, poi di Gesù.
All’interno di questa cornice c’è l’attesa del vecchio sacerdote
Zaccaria, in questa domenica brevemente evocata, e l’attesa di Maria all’interno
della sua modesta casa di Nazareth.
La visitazione è stata l’incrocio tra le due madri e tra i due
bambini. Le due madri hanno pronunziato due cantici che sono l’interpretazione
della loro missione; cantici gioiosi, i cui testi non sono prodotti da chi li
recita, ma che hanno un orizzonte preciso: quello dei cosiddetti anawim, i poveri del Signore. il vangelo
dell’infanzia di Luca è costellato di questi cantici.
- Accanto a Maria, la madre di Gesù, Giovanni il Battista è il
solo santo di cui la chiesa celebri, non solo il giorno della morte (il dies
natalis alla vita eterna) ma anche il dies natalis in questo mondo. Di
fatto, Giovanni è il solo testimone di cui il Nuovo Testamento ricorda la
nascita, ben intrecciata con quella di Gesù.
Ed è proprio questo intersecarsi di vicende che ha portato alla
scelta della data del 24 giugno per celebrarne la memoria: se la chiesa ricorda
la nascita di Gesù il 25 dicembre, non può che ricordare quella di
Giovanni il 24 giugno, essendo essa avvenuta, come testimonia il Vangelo di
Luca, sei mesi prima.
- Il parallelismo di queste date contiene una simbologia, almeno
nel bacino del Mediterraneo che è stato crogiolo della fede ebraico-cristiana:
se il 25 dicembre è la festa del sole vincitore, che comincia ad accrescere la
sua declinazione sulla terra, il 24 giugno è il giorno in cui il sole comincia
a calare di declinazione, proprio come è avvenuto nel rapporto del Battista con
Gesù, secondo le parole dello stesso Giovanni: Lui deve crescere e io diminuire. Giovanni è il lume che decresce
di fronte alla luce vittoriosa del Messia.
- Si potrebbe anche dire che il vangelo è la storia sincronica di due profeti,
Giovanni e Gesù, con la loro profondissima singolarità nella specifica chiamata
e nella sostanziale comunanza nel perseguire i disegni di Dio e nel a servizio
del Regno. Eppure man mano i due si distanzieranno sempre più l’uno
dall’altro.
- Purtroppo oggi la figura del Battista non ha più il posto che
merita. Anche la crescita del culto mariano ha contribuito ad oscurarlo, a
discapito della consapevolezza cristologica.
Giovanni
è stato un uomo del deserto, luogo di pericolo e di emarginazione sociale, nel quale
vivevano persone che non avevano una buona relazione con il Tempio, come era il
caso dei monaci di Qumran. Giovanni è stato solo il primo passo di uno spostamento
decisivo dalla tappa della Legge e del Tempio alla tappa del Regno di Dio.
- Però
ci sono differenze tra Giovanni e Gesù. Riconducendo le differenze tra Giovanni
e Gesù all’aspetto centrale, è sicuro che il centro delle preoccupazioni di
Giovanni sia stato la conversione dei peccatori, mentre il centro delle
preoccupazioni di Gesù è stato la salute dei malati e l’alimentazione
(come convivialità) di tutti, specialmente dei poveri e degli
esclusi sociali.
- La
base di tutto sta nel fatto che Giovanni credeva in un Dio giustiziere e
castigatore (Mt 3,12; Lc 3,17), mentre Gesù ha creduto sempre in un Padre
assolutamente buono con tutti (Lc 15,11-32).
2) LA PERICOPE ODIERNA
- Il brano del vangelo di questa domenica fa parte dei
così detti racconti dell’infanzia di Gesù,
che si trovano nei primi due capitoli del Vangelo di Luca. In essi l'evangelista
applica un parallelismo, al fine di confrontare Giovanni Battista e Gesù e
mostrare la superiorità di quest'ultimo.
Il
brano della nascita e circoncisione di Giovanni Battista mette in parallelo i
racconti della nascita di Giovanni Battista e della nascita di Gesù.
Luca non
persegue intenti di tipo biografico; piuttosto si concentra sull'imposizione
del nome e sugli eventi che l'accompagnano. Inoltre il testo è costituito in
modo da agganciarsi al racconto dell'annunciazione a Zaccaria.
- Poiché
questa domenica cade nel giorno della natività di Giovanni Battista, si celebra
la solennità dedicata ad essa, anziché la Dodicesima del T.O.
La
domanda che sorge spontanea riguarda il motivo di tale solennità. Infatti, ai
personaggi importanti degli albori del cristianesimo si riserva una
celebrazione, non per la loro nascita, ma per il loro martirio, come nel caso
di Pietro e Paolo. Anche per Giovanni Battista esiste tale celebrazione (29
Agosto). Ma alla sua nascita viene data addirittura maggiore importanza.
Questo
ci fa intuire che la nascita di Giovanni presenta della caratteristiche
peculiari.
Nell’Antico
Testamento possiamo individuare due tipologie di profeti o più in generale di
personaggi chiamati da Dio per una missione. a) Alcuni vengono chiamati in un
certo momento della loro vita, mentre stanno conducendo una vita normale, da
uomini comuni. Svolgono per un dato tempo la loro missione e, una volta
terminata, ritornano a condurre la vita di
prima. Questa sembra essere la tipologia più diffusa. b) La seconda tipologia comprende
personaggi i quali ricevono la chiamata fin dal momento della loro nascita, o
meglio, del loro concepimento. Questo tipo di chiamata si caratterizza per la
totale dedizione dei vocati alla
missione ricevuta, fino alle estreme conseguenze, essendo stati consacrati fin
da quando erano nel seno materno. La loro vita appartiene a Dio e viene
dedicata alla missione, fino all’ultimo.
- Così
è per Geremia (prima lettura).
Sappiamo
bene che lui ha sperimentato, forse come nessun altro, l’apparente inutilità
della sua
missione profetica, fino a subire persecuzioni e tribolazioni a causa di essa,
e ha espresso a
Dio le sue rimostranze per gli esiti negativi della sua attività. E tuttavia,
anche se si lamenta con toni a volte molto amari e senza ricevere spiegazioni
da Colui che lo aveva inviato, egli persevera fino in fondo nella sua missione.
(Quanto detto può sembrare qualcosa che riguarda pochi. In realtà riguarda ogni
cristiano che, redento e riscattato da Cristo, non appartiene più a se stesso,
ma a Lui). I cristiani, come afferma Pietro nella seconda lettura, sono
il popolo che Dio si è acquistato perché proclamino le opere meravigliose di
Lui.
3) ANALISI DEI VERSETTI
57
Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.
Luca, parlando di compimento del tempo del parto,
allude al tempo in cui Gesù ha inaugurato un’era di salvezza; e Giovanni
Battista l’ha inaugurata fin da quando sua madre Elisabetta, incontrando Maria,
l’aveva visto esultare e sussultare di gioia nel suo grembo.
58 I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato
in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
La
parentela e i vicini riconoscono l’intervento divino a favore di Elisabetta. La
gioia è grande e si diffonde, come nel caso della nascita di Isacco: chi lo saprà si rallegrerà con me, dice
Sara in Gn 21,6.
59 Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e
volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria.
Il
momento centrale del racconto odierno è la circoncisione di Giovanni. La legge
prescrive di circoncidere il neonato all'ottavo giorno; con questo rito il bambino
maschio è ammesso nella comunità di Israele, entra dunque nell'alleanza di
Jahvè e partecipa alle sue benedizioni.
Solitamente
nell'AT il nome ai bambini veniva dato alla nascita. Qui appare un’usanza propria
dell'ellenismo e del giudaismo più recente. L'intervento dei vicini e della
parentela per imporre il nome Zaccaria al bambino appare sorprendente: questo
diritto appartiene ai genitori, soprattutto al padre (gli altri possono
suggerire). Inoltre il fatto che volessero chiamarlo come il padre, cosa
inconsueta nell'AT, potrebbe essere stato suggerito dall'età ormai avanzata di
Zaccaria.
60 Ma sua madre intervenne: No,
si chiamerà Giovanni. 61 Le dissero: Non
c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome. 62 Allora domandavano con cenni a suo padre
come voleva che si chiamasse. 63 Egli chiese una tavoletta e scrisse: Giovanni è il suo nome. Tutti furono
meravigliati.
In
questa scena centrale, resa più vivace dall'impiego del discorso diretto,
l'interesse di Luca si concentra sulla miracolosa imposizione del nome
Giovanni. Sia la madre che il padre, senza essersi messi d'accordo prima,
indicano lo stesso nome. Storicamente, l'intervento della madre può apparire
fuori posto, visto che in generale spettava al padre dare il nome al bambino.
Ma nel nostro racconto importa che, sia la madre sia il padre, diano
rispettivamente questo nome: ciò serve a mettere in luce l'accordo provvidenziale,
visto come un segno dal cielo: Giovanni è un nome che proviene da Dio. [il nome Giovanni
proviene dall’ebraico Yo,
abbreviazione di Jahweh, e hanan, che significa misericordia:
dunque chi porta il nome Giovanni è portatore, non tanto di singole qualità,
quanto di un insieme di tratti caratteristici che lo distinguono; è impulsivo e
sempre attivo; per lui non esistono la disfatta o la rinuncia; è poco portato
per la vita familiare, ma non dimentica, tuttavia, le responsabilità assunte.]
Dal
fatto che i presenti facciano cenni a Zaccaria per chiedere il suo volere,
implica che egli fosse diventato anche sordo.
64 All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua,
e parlava benedicendo Dio.
65 Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la
regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.
A
questo nuovo prodigio, risponde come un ritornello, il timore dei presenti,
caratteristico della reazione umana dinanzi a una manifestazione
soprannaturale. L’evangelista affermando che la notizia si diffonde, sottolinea la grandezza e
l'importanza dell'evento.
66 Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro,
dicendo: Che sarà mai questo bambino?.
E davvero la mano del Signore era con lui.
Appare
il tema del custodire nel cuore (cf. Lc 2,19.51). I presenti non
soltanto sono stati testimoni di fatti straordinari, ma hanno saputo mettersi
nell'atteggiamento giusto, accogliendoli tra di loro. E' un discreto invito al
lettore ad avere un atteggiamento di fede, a non guardare soltanto da
spettatore a questi eventi, ma ad aprirsi al messaggio come farà Maria. Nel
corso del racconto, l'attenzione dei presenti si è spostata, raggiungendo
l'orientamento voluto da Luca: dalla misericordia divina in favore di
Elisabetta alla missione del futuro Battista. E davvero la mano del Signore era
con lui: con
questa espressione biblica, la vita del futuro profeta viene messa sotto la
protezione e la guida di Dio.
80 Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in
regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Questo
ritornello conclusivo, preso in prestito da un modello dell'Antico Testamento, è
senza grande valore biografico. Giovanni cresce fisicamente e matura
spiritualmente in disparte, lontano dalla vita degli altri, ma vicino a Dio,
nel deserto, il luogo dove Jahvé può educarlo e prepararlo alla sua missione.
Il
deserto è anche il quadro geografico che più si adegua alla figura di Giovanni
nella tradizione; là infatti egli ha esercitato la sua attività battesimale.
Luca ha così trovato una buona transizione che colma i vuoti di informazioni
sull'infanzia del Battista e prepara il lettore all'apparizione di Giovanni nel
deserto.
Questo
versetto è stato giudicato un buon esempio della tecnica che Luca adopera per
allontanare un personaggio dalla scena in modo da puntare la luce del
riflettore su un altro. D'ora in poi, infatti, e per tutto il capitolo 2,
Giovanni abbandona la scena e Luca riserva la sua totale attenzione alla venuta
di Gesù.
Il
contatto di Giovanni con la setta degli Esseni nella zona del Giordano e, più
concretamente, come membro della comunità essena di Qumran, rimane una semplice
congettura. Potremmo riscontrare paralleli tra il pensiero e l’attività di
Giovanni e la forma di vita e le aspettative della comunità di Qumran, ma è
molto improbabile che Giovanni fosse membro di tale comunità, anche se poteva
benissimo aver saputo della sua esistenza e aver subito la sua influenza.
4) UN
COMMENTO DI PAPA FRANCESCO
Giovanni ha lavorato anzitutto per «preparare,
senza prendere niente per sé». Egli, ha ricordato il Pontefice, «era un uomo
importante: la gente lo cercava, lo seguiva», perché le sue parole «erano
forti» come «spada affilata», secondo l’espressione di Isaia (49, 2). Il
Battista «arrivava al cuore» della gente. E se «forse ha avuto la tentazione di
credere che fosse importante, non vi è caduto», come dimostra la risposta data
ai dottori che gli chiedevano se fosse il Messia: «Sono voce, soltanto voce —
ha detto — di uno che grida nel deserto. Io sono soltanto voce, ma sono venuto
a preparare la strada al Signore». Il suo primo compito, dunque, è «preparare
il cuore del popolo per l’incontro con il Signore».
Ma chi è il Signore? Nella risposta a questo
interrogativo c’è «la seconda vocazione di Giovanni: discernere, tra tanta
gente buona, chi fosse il Signore». E «lo Spirito — ha osservato il Papa — gli
ha rivelato questo». Cosicché «lui ha avuto il coraggio di dire: “È questo.
Questo è l’agnello di Dio, quello che toglie i peccati dal mondo”». Mentre
«nella preparazione Giovanni diceva: “Dietro di me viene uno...”, nel
discernimento, che sa discernere e segnare il Signore, dice: “Davanti a me... è
questo”».
Qui si inserisce «la terza vocazione di Giovanni:
diminuire». Perché proprio «da quel momento la sua vita incominciò ad
abbassarsi, a diminuire perché crescesse il Signore, fino ad annientare se
stesso». È stata questa «la tappa più difficile di Giovanni, perché il Signore
aveva uno stile che lui non aveva immaginato, a tal punto che nel carcere»,
dove era stato rinchiuso da Erode Antipa, «ha sofferto non solo il buio della
cella, ma il buio del suo cuore». È stato assalito dai dubbi: «Ma che sarà
questo? Non avrò sbagliato?». Tanto che, ha ricordato il Pontefice, chiede ai
discepoli di andare da Gesù per domandargli: «Ma sei tu davvero o dobbiamo
aspettare un altro?».
5) A PARTIRE DA GIOVANNI, UNA RIFLESSIONE
SULL’UMILTA’
L’importanza dell’umiltà non sta tanto nel fatto che essa
realizzi positivamente una delle dimensioni del bene umano, quanto nel fatto che essa abbia il compito di
preservare le realizzazioni della conoscenza, dell’amore, del lavoro, dalle
deformazioni che le privino del loro autentico valore. L’orgoglioso è
egocentrico e difficilmente capace di un vero amore; egli considera il lavoro
soltanto come una forma di autoaffermazione e non come una modalità di
auto-trascendenza che arricchisce il mondo e contribuisce al bene degli altri.
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