venerdì 22 giugno 2018

NATIVITA' di G. BATTISTA


Iacopo Robusti, detto il Tintoretto, (Venezia 1518-1594), dopo Tiziano è stato sicuramente il pittore veneziano più importante del Cinquecento. La sua attività artistica, tutta svolta nella città lagunare, ha riempito Venezia di straordinari capolavori, la cui caratteristica maggiore è stata di essere altamente scenografici e spettacolari, anche grazie alle dimensione sempre monumentale delle sue opere. Le sue enormi tele andarono a decorare alcuni dei principali e più rappresentativi edifici di Venezia, e non solo. 
Mentre Tiziano rendeva la sua pittura sempre più rarefatta e intimistica, Tintoretto si muoveva invece sulla ricerca degli effetti molto più spettacolari, combinando insieme architetture in prospettive decentrate, scorci molto arditi, affollamento di figure, tensione drammatica nei gesti, nonché effetti di luce e di ombre molto suggestivi. Si può dire che Tintoretto conosceva tutti i trucchi del mestiere per rendere le sue immagini accattivanti. Il senso scenografico delle sue opere preannuncia già ampiamente lo stile barocco che di lì a qualche decennio si diffonderà nell’intera Europa.
Mia lapidaria osservazione: l’arte cerca di penetrare i fatti, in piena libertà rispetto alla loro staticità. Cerchiamo anche noi di leggerli dando corso alle nostre aspirazioni più profonde.

Lc 1,57-66.80
57 Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. 58 I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. 59 Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. 60 Ma sua madre intervenne: No, si chiamerà Giovanni. 61 Le dissero: Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome.  62 Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. 63 Egli chiese una tavoletta e scrisse: Giovanni è il suo nome. Tutti furono meravigliati. 64 All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. 65 Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. 66 Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: Che sarà mai questo bambino?. E davvero la mano del Signore era con lui. 80 Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

Commento

1) PREMESSE DI CARATTERE GENERALE
- Luca ha organizzato il racconto di due annunciazioni (a Zaccaria e a Maria) per parlare della nascita, prima di Giovanni, poi di Gesù.
All’interno di questa cornice c’è l’attesa del vecchio sacerdote Zaccaria, in questa domenica brevemente evocata, e l’attesa di Maria all’interno della sua modesta casa di Nazareth.
La visitazione è stata l’incrocio tra le due madri e tra i due bambini. Le due madri hanno pronunziato due cantici che sono l’interpretazione della loro missione; cantici gioiosi, i cui testi non sono prodotti da chi li recita, ma che hanno un orizzonte preciso: quello dei cosiddetti anawim, i poveri del Signore. il vangelo dell’infanzia di Luca è costellato di questi cantici.
- Accanto a Maria, la madre di Gesù, Giovanni il Battista è il solo santo di cui la chiesa celebri, non solo il giorno della morte (il dies natalis alla vita eterna) ma anche il dies natalis in questo mondo. Di fatto, Giovanni è il solo testimone di cui il Nuovo Testamento ricorda la nascita, ben intrecciata con quella di Gesù.
Ed è proprio questo intersecarsi di vicende che ha portato alla scelta della data del 24 giugno per celebrarne la memoria: se la chiesa ricorda la nascita di Gesù il 25 dicembre, non può che ricordare quella di Giovanni il 24 giugno, essendo essa avvenuta, come testimonia il Vangelo di Luca, sei mesi prima.
- Il parallelismo di queste date contiene una simbologia, almeno nel bacino del Mediterraneo che è stato crogiolo della fede ebraico-cristiana: se il 25 dicembre è la festa del sole vincitore, che comincia ad accrescere la sua declinazione sulla terra, il 24 giugno è il giorno in cui il sole comincia a calare di declinazione, proprio come è avvenuto nel rapporto del Battista con Gesù, secondo le parole dello stesso Giovanni: Lui deve crescere e io diminuire. Giovanni è il lume che decresce di fronte alla luce vittoriosa del Messia.
- Si potrebbe anche dire che il vangelo è la storia sincronica di due profeti, Giovanni e Gesù, con la loro profondissima singolarità nella specifica chiamata e nella sostanziale comunanza nel perseguire i disegni di Dio e nel a servizio del Regno. Eppure man mano i due si distanzieranno sempre più l’uno dall’altro.
- Purtroppo oggi la figura del Battista non ha più il posto che merita. Anche la crescita del culto mariano ha contribuito ad oscurarlo, a discapito della consapevolezza cristologica.
Giovanni è stato un uomo del deserto, luogo di pericolo e di emarginazione sociale, nel quale vivevano persone che non avevano una buona relazione con il Tempio, come era il caso dei monaci di Qumran. Giovanni è stato solo il primo passo di uno spostamento decisivo dalla tappa della Legge e del Tempio alla tappa del Regno di Dio.
- Però ci sono differenze tra Giovanni e Gesù. Riconducendo le differenze tra Giovanni e Gesù all’aspetto centrale, è sicuro che il centro delle preoccupazioni di Giovanni sia stato la conversione dei peccatori, mentre il centro delle preoccupazioni di Gesù è stato la salute dei malati e l’alimentazione (come convivialità) di tutti, specialmente dei poveri e degli esclusi sociali.
- La base di tutto sta nel fatto che Giovanni credeva in un Dio giustiziere e castigatore (Mt 3,12; Lc 3,17), mentre Gesù ha creduto sempre in un Padre assolutamente buono con tutti (Lc 15,11-32).

2) LA PERICOPE ODIERNA
- Il brano del vangelo di questa domenica fa parte dei così detti racconti dell’infanzia di Gesù, che si trovano nei primi due capitoli del Vangelo di Luca. In essi l'evangelista applica un parallelismo, al fine di confrontare Giovanni Battista e Gesù e mostrare la superiorità di quest'ultimo.
Il brano della nascita e circoncisione di Giovanni Battista mette in parallelo i racconti della nascita di Giovanni Battista e della nascita di Gesù.
Luca non persegue intenti di tipo biografico; piuttosto si concentra sull'imposizione del nome e sugli eventi che l'accompagnano. Inoltre il testo è costituito in modo da agganciarsi al racconto dell'annunciazione a Zaccaria.
- Poiché questa domenica cade nel giorno della natività di Giovanni Battista, si celebra la solennità dedicata ad essa, anziché la Dodicesima del T.O.
La domanda che sorge spontanea riguarda il motivo di tale solennità. Infatti, ai personaggi importanti degli albori del cristianesimo si riserva una celebrazione, non per la loro nascita, ma per il loro martirio, come nel caso di Pietro e Paolo. Anche per Giovanni Battista esiste tale celebrazione (29 Agosto). Ma alla sua nascita viene data addirittura maggiore importanza.
Questo ci fa intuire che la nascita di Giovanni presenta della caratteristiche peculiari.
Nell’Antico Testamento possiamo individuare due tipologie di profeti o più in generale di personaggi chiamati da Dio per una missione. a) Alcuni vengono chiamati in un certo momento della loro vita, mentre stanno conducendo una vita normale, da uomini comuni. Svolgono per un dato tempo la loro missione e, una volta terminata, ritornano a condurre la vita di
prima. Questa sembra essere la tipologia più diffusa. b) La seconda tipologia comprende personaggi i quali ricevono la chiamata fin dal momento della loro nascita, o meglio, del loro concepimento. Questo tipo di chiamata si caratterizza per la totale dedizione dei vocati alla missione ricevuta, fino alle estreme conseguenze, essendo stati consacrati fin da quando erano nel seno materno. La loro vita appartiene a Dio e viene dedicata alla missione, fino all’ultimo.

- Così è per Geremia (prima lettura).
Sappiamo bene che lui ha sperimentato, forse come nessun altro, l’apparente inutilità della sua
missione profetica, fino a subire persecuzioni e tribolazioni a causa di essa, e ha espresso a
Dio le sue rimostranze per gli esiti negativi della sua attività. E tuttavia, anche se si lamenta con toni a volte molto amari e senza ricevere spiegazioni da Colui che lo aveva inviato, egli persevera fino in fondo nella sua missione. (Quanto detto può sembrare qualcosa che riguarda pochi. In realtà riguarda ogni cristiano che, redento e riscattato da Cristo, non appartiene più a se stesso, ma a Lui). I cristiani, come afferma Pietro nella seconda lettura, sono il popolo che Dio si è acquistato perché proclamino le opere meravigliose di Lui.


3) ANALISI DEI VERSETTI

57 Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.

Luca, parlando di compimento del tempo del parto, allude al tempo in cui Gesù ha inaugurato un’era di salvezza; e Giovanni Battista l’ha inaugurata fin da quando sua madre Elisabetta, incontrando Maria, l’aveva visto esultare e sussultare di gioia nel suo grembo.
58 I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
La parentela e i vicini riconoscono l’intervento divino a favore di Elisabetta. La gioia è grande e si diffonde, come nel caso della nascita di Isacco: chi lo saprà si rallegrerà con me, dice Sara in Gn 21,6.
59 Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria.
Il momento centrale del racconto odierno è la circoncisione di Giovanni. La legge prescrive di circoncidere il neonato all'ottavo giorno; con questo rito il bambino maschio è ammesso nella comunità di Israele, entra dunque nell'alleanza di Jahvè e partecipa alle sue benedizioni.
Solitamente nell'AT il nome ai bambini veniva dato alla nascita. Qui appare un’usanza propria dell'ellenismo e del giudaismo più recente. L'intervento dei vicini e della parentela per imporre il nome Zaccaria al bambino appare sorprendente: questo diritto appartiene ai genitori, soprattutto al padre (gli altri possono suggerire). Inoltre il fatto che volessero chiamarlo come il padre, cosa inconsueta nell'AT, potrebbe essere stato suggerito dall'età ormai avanzata di Zaccaria.
60 Ma sua madre intervenne: No, si chiamerà Giovanni. 61 Le dissero: Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome.  62 Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. 63 Egli chiese una tavoletta e scrisse: Giovanni è il suo nome. Tutti furono meravigliati.
In questa scena centrale, resa più vivace dall'impiego del discorso diretto, l'interesse di Luca si concentra sulla miracolosa imposizione del nome Giovanni. Sia la madre che il padre, senza essersi messi d'accordo prima, indicano lo stesso nome. Storicamente, l'intervento della madre può apparire fuori posto, visto che in generale spettava al padre dare il nome al bambino. Ma nel nostro racconto importa che, sia la madre sia il padre, diano rispettivamente questo nome: ciò serve a mettere in luce l'accordo provvidenziale, visto come un segno dal cielo: Giovanni è un nome che proviene da Dio. [il nome Giovanni proviene dall’ebraico Yo, abbreviazione di Jahweh, e hanan, che significa misericordia: dunque chi porta il nome Giovanni è portatore, non tanto di singole qualità, quanto di un insieme di tratti caratteristici che lo distinguono; è impulsivo e sempre attivo; per lui non esistono la disfatta o la rinuncia; è poco portato per la vita familiare, ma non dimentica, tuttavia, le responsabilità assunte.]
Dal fatto che i presenti facciano cenni a Zaccaria per chiedere il suo volere, implica che egli fosse diventato anche sordo.
64 All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
65 Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.
A questo nuovo prodigio, risponde come un ritornello, il timore dei presenti, caratteristico della reazione umana dinanzi a una manifestazione soprannaturale. L’evangelista affermando che la notizia  si diffonde, sottolinea la grandezza e l'importanza dell'evento.
66 Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: Che sarà mai questo bambino?. E davvero la mano del Signore era con lui.
Appare il tema del custodire nel cuore (cf. Lc 2,19.51). I presenti non soltanto sono stati testimoni di fatti straordinari, ma hanno saputo mettersi nell'atteggiamento giusto, accogliendoli tra di loro. E' un discreto invito al lettore ad avere un atteggiamento di fede, a non guardare soltanto da spettatore a questi eventi, ma ad aprirsi al messaggio come farà Maria. Nel corso del racconto, l'attenzione dei presenti si è spostata, raggiungendo l'orientamento voluto da Luca: dalla misericordia divina in favore di Elisabetta alla missione del futuro Battista. E davvero la mano del Signore era con lui: con questa espressione biblica, la vita del futuro profeta viene messa sotto la protezione e la guida di Dio.
80 Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Questo ritornello conclusivo, preso in prestito da un modello dell'Antico Testamento, è senza grande valore biografico. Giovanni cresce fisicamente e matura spiritualmente in disparte, lontano dalla vita degli altri, ma vicino a Dio, nel deserto, il luogo dove Jahvé può educarlo e prepararlo alla sua missione.
Il deserto è anche il quadro geografico che più si adegua alla figura di Giovanni nella tradizione; là infatti egli ha esercitato la sua attività battesimale. Luca ha così trovato una buona transizione che colma i vuoti di informazioni sull'infanzia del Battista e prepara il lettore all'apparizione di Giovanni nel deserto.
Questo versetto è stato giudicato un buon esempio della tecnica che Luca adopera per allontanare un personaggio dalla scena in modo da puntare la luce del riflettore su un altro. D'ora in poi, infatti, e per tutto il capitolo 2, Giovanni abbandona la scena e Luca riserva la sua totale attenzione alla venuta di Gesù.
Il contatto di Giovanni con la setta degli Esseni nella zona del Giordano e, più concretamente, come membro della comunità essena di Qumran, rimane una semplice congettura. Potremmo riscontrare paralleli tra il pensiero e l’attività di Giovanni e la forma di vita e le aspettative della comunità di Qumran, ma è molto improbabile che Giovanni fosse membro di tale comunità, anche se poteva benissimo aver saputo della sua esistenza e aver subito la sua influenza.

4) UN COMMENTO DI PAPA FRANCESCO

Giovanni ha lavorato anzitutto per «preparare, senza prendere niente per sé». Egli, ha ricordato il Pontefice, «era un uomo importante: la gente lo cercava, lo seguiva», perché le sue parole «erano forti» come «spada affilata», secondo l’espressione di Isaia (49, 2). Il Battista «arrivava al cuore» della gente. E se «forse ha avuto la tentazione di credere che fosse importante, non vi è caduto», come dimostra la risposta data ai dottori che gli chiedevano se fosse il Messia: «Sono voce, soltanto voce — ha detto — di uno che grida nel deserto. Io sono soltanto voce, ma sono venuto a preparare la strada al Signore». Il suo primo compito, dunque, è «preparare il cuore del popolo per l’incontro con il Signore».
Ma chi è il Signore? Nella risposta a questo interrogativo c’è «la seconda vocazione di Giovanni: discernere, tra tanta gente buona, chi fosse il Signore». E «lo Spirito — ha osservato il Papa — gli ha rivelato questo». Cosicché «lui ha avuto il coraggio di dire: “È questo. Questo è l’agnello di Dio, quello che toglie i peccati dal mondo”». Mentre «nella preparazione Giovanni diceva: “Dietro di me viene uno...”, nel discernimento, che sa discernere e segnare il Signore, dice: “Davanti a me... è questo”».
Qui si inserisce «la terza vocazione di Giovanni: diminuire». Perché proprio «da quel momento la sua vita incominciò ad abbassarsi, a diminuire perché crescesse il Signore, fino ad annientare se stesso». È stata questa «la tappa più difficile di Giovanni, perché il Signore aveva uno stile che lui non aveva immaginato, a tal punto che nel carcere», dove era stato rinchiuso da Erode Antipa, «ha sofferto non solo il buio della cella, ma il buio del suo cuore». È stato assalito dai dubbi: «Ma che sarà questo? Non avrò sbagliato?». Tanto che, ha ricordato il Pontefice, chiede ai discepoli di andare da Gesù per domandargli: «Ma sei tu davvero o dobbiamo aspettare un altro?».

5) A PARTIRE DA GIOVANNI, UNA RIFLESSIONE SULL’UMILTA’


L’importanza dell’umiltà non sta tanto nel fatto che essa realizzi positivamente una delle dimensioni del bene umano, quanto nel fatto che essa abbia il compito di preservare le realizzazioni della conoscenza, dell’amore, del lavoro, dalle deformazioni che le privino del loro autentico valore. L’orgoglioso è egocentrico e difficilmente capace di un vero amore; egli considera il lavoro soltanto come una forma di autoaffermazione e non come una modalità di auto-trascendenza che arricchisce il mondo e contribuisce al bene degli altri.

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