venerdì 29 giugno 2018

DOMENICA TREDICESIMA


Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”
James Tissot XIX sec. - Da un punto di vista tecnico, questa illustrazione è caratterizzata dalla cura per i minimi particolari del paesaggio e per il vivido realismo delle figure, anche se ciò le rende fredde ed incapaci di suscitare un autentico sentimento di trasporto religioso


Mc 5,21-43
21 Essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22 E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23 e lo supplicò con insistenza: La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva. 24 Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. 25 Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28 Diceva infatti: Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata. 29 E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. 30 E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: Chi ha toccato le mie vesti?. 31 I suoi discepoli gli dissero: Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”. 32 Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33 E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34 Ed egli le disse: Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male. 35 Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?. 36 Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: Non temere, soltanto abbi fede!. 37 E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39 Entrato, disse loro: Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme. 40 E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41 Prese la mano della bambina e le disse: Talità kum, che significa: Fanciulla, io ti dico: àlzati!. 42 E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43 E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
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Sap 1,13-15; 2,23-24
Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra. La giustizia infatti è immortale. Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.
Salmo 29
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato, / non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me. / Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, / mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, / della sua santità celebrate il ricordo, / perché la sua collera dura un istante, / la sua bontà per tutta la vita. / Alla sera ospite è il pianto / e al mattino la gioia.
Ascolta, Signore, abbi pietà di me, / Signore, vieni in mio aiuto! / Hai mutato il mio lamento in danza, / Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.
2 Cor 8,7.9.13-15
Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa.  Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».

Commento alla pericope odierna
1) INTRODUZIONE
Nella prima lettura si fa un’affermazione molto forte e al tempo stesso problematica: Dio non ha creato la morte. E allora chi ne è responsabile? Nella seconda parte della lettura si dice che la morte viene dal diavolo, il quale l’ha fatta entrare nel mondo per invidia (implicitamente si fa riferimento al racconto della caduta di Adamo). Ma si aggiunge un’affermazione un po’ sibillina: ne fanno esperienza, cioè della morte, solo coloro che le appartengono. Secondo l’autore della lettura, non tutti sperimentano la morte, ma solo i malvagi. E certamente non parla della vita o della morte fisica, ma di quella spirituale: chi pecca è già morto, gli manca la vera vita che consiste nel giusto rapporto con Dio e con i fratelli. Chi non pecca invece, anche se muore fisicamente, vive una vita piena che inizia quaggiù e continua dopo la morte. La sua morte fisica è solo apparente; in realtà il giusto è nelle mani di Dio, e nessuno può fargli del male, perché la vita fisica non è tutto. C’è un’altra vita che non viene meno neppure con la morte.
Nella seconda lettura Paolo esorta i cristiani ad essere i primi nelle opere di carità, imitando Cristo che, infinitamente ricco, si fece povero per arricchire noi della sua stessa povertà. Agli occhi dell’apostolo, anche il denaro può essere un mezzo per testimoniare Gesù Cristo e il dono che lui ci ha fatto. Egli ci ha dato tutto, e noi perché dovremmo esitare? Coi suoi doni Gesù ci ha resi partecipi della sua vita, e noi ci rifiuteremo di far comunione con gli altri? L’aiuto economico ai fratelli non è una semplice questione di filantropia: è una professione di fede, una testimonianza evangelica. Ai Corinzi Paolo non chiede di impoverirsi ma di formare l’eguaglianza: come da Gerusalemme è giunta la Grazia del Vangelo che ha arricchito spiritualmente i Corinzi; così, adesso, essi, nel bisogno materiale di quelli, debbono corrispondere sia pure in misura modica. Avvenga quello che accadde nel deserto dove chi raccolse molto ne ebbe solo quanto bastò, e chi raccolse poco ne ebbe quanto bastò.
I due episodi narrati nel vangelo di questa domenica sono collegati strettamente in tutti e tre gli evangelisti che ne parlano: Marco, Matteo e Luca. Ed è sorprendente che l’evangelista di solito più stringato, Marco appunto, si diffonda con molta vivacità (ventitré versetti) e con diversi particolari, sui due fatti, mentre Matteo ne dà un riassunto in otto versetti e Luca si sofferma con sedici versetti.
Il motivo dell’insolita vivacità narrativa di Marco, nonché della sua abbondanza di particolari è probabilmente da ricercare nel fatto che lui riferisce quel che ha sentito da Pietro; e Pietro era, insieme a Giovanni e Giacomo, presente al fatto, dato che solo questi tre discepoli erano stati ammessi nella casa di Giàiro.

2) ANALISI DEL BRANO
21 Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare.
Il susseguirsi degli avvenimenti dà l’impressione di uno spostamento rapido e benché il luogo non sia precisato, si può pensare convenientemente al litorale di Cafarnao.
22 E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi
Il termine archisynágōgos può essere tradotto anche con presidente della sinagoga.
Ogni sinagoga aveva un capo che era coadiuvato e assistito da un consiglio composto dalle tre alle sette persone. L’ufficio consisteva principalmente nella supervisione delle condizioni materiali e nella gestione finanziaria della sinagoga. Poiché qui Marco parla in plurale, non è chiaro se voglia riferirsi all’archisinagogo vero e proprio o ad uno dei suoi collaboratori.
I nomi Giairo e Bartimeo sono gli unici nomi propri che compaiono nei racconti di miracoli. Secondo alcuni, il nome Giairo deriva da parole ebraiche che significano ‘egli illuminerà’ o ‘egli susciterà’, ‘risveglierà’.
L’espressione gli si gettò ai piedi simbolicamente significa riconobbe la sua autorità, dichiararsi disposto ad eseguire la sua volontà, mettersi ai suoi ordini. Qui, però, è soprattutto un atteggiamento di preghiera e di implorazione, non come quello dell’indemoniato che vede Gesù e gli si getta ai piedi.
23 e lo supplicò con insistenza: la mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sarà salvata e viva.
La supplica o richiesta insistente, da parakaléō, è tipica delle richieste di guarigione. Con insistenza è usato da Marco come avverbio. L’azione e la richiesta del capo della sinagoga fanno risaltare ancora una volta la dignità di Gesù; indicano inoltre che in Marco, non tutti i capi giudaici sono contrari a Gesù.
La frase la mia figlioletta sta morendo va tradotta meglio: è agli estremi. In Marco questo padre ha timore, quasi un rifiuto di parlare della morte della figlia. Il diminutivo figlioletta, thygátrion, dà l’idea di uno speciale affetto verso di lei; l’imporre le mani era proprio di un rito molto comune tra gli Ebrei dell’AT, che lo praticavano per le circostanze più svariate, come per impartire una benedizione, per conferire una potestà. Nel NT ricorre frequentemente in relazione alla cura degli infermi. La trad. CEI ha preferito mantenere salvata perché il padre dice che sta morendo, e perciò la richiesta di Giairo è che Gesù la salvi dal potere della morte.
24 Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
E’da notare come Giairo compie la sua richiesta in mezzo ad una folla considerata impura dagli ‘osservanti’ ed invoca un uomo che era considerato fuori dalla sinagoga.
25 Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni
Il dato - da dodici anni - fornisce un altro legame con la storia della figlia di Giairo, che ha appunto dodici anni.
Il suo male doveva consistere in un flusso anormale (emorragia), che non coincideva con quello della mestruazione, ed era considerato – nelle legge del Levitico -  causa d’immondezza legale. Pertanto escludeva, come la mestruazione, dalle relazioni con altri esseri umani. Ciò spiega come la donna si mescoli alla folla per non farsi notare e per non essere costretta a rivelare il suo male.
26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando,
La considerazione suona molto dura nei riguardi dell’arte medica. È da tener presente tuttavia che i medici del tempo usavano metodi piuttosto empirici e medicamenti spesso privi di efficacia.
Dato che nell’antichità solo quelli che disponevano di mezzi finanziari potevano frequentare i medici, e visto che la donna disponeva di risorse proprie, un tempo doveva essere stata persona di un certo livello sociale e abbastanza ricca. La descrizione che fa Marco delle sue condizioni fa risaltare il suo attuale miserevole stato: si trova fisicamente malata, ritualmente impura ed esausta nelle risorse economiche. Né la religione né il suo stato sociale possono offrirle un valido aiuto.
27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello.
Sentendo l'ondata del messaggio di Gesù, la donna si decide a fare il passo decisivo. La legge di Dio, secondo la legge del Levitico (15,19) proibiva ad una donna del genere di toccare chiunque: Il libro del Levitico, dice: Quando una donna abbia flusso di sangue (...) chiunque la toccherà sarà immondo fino alla sera.
28 Diceva infatti: Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata.
Le parole della donna si uniformano alla credenza popolare secondo la quale i guaritori erano dotati di uno speciale potere magico o flusso magnetico, per cui qualunque loro contatto, diretto o indiretto, con l’ammalato, era sufficiente a procurare la guarigione; sarò salvata, è traduzione da sōthsomai, verbo usato per esprimere la sua volontà di ricuperare la guarigione dalla malattia e forse anche la liberazione dalla morte.
29 E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
L’espressione le si fermò il flusso di sangue mette in risalto la subitaneità della guarigione, di cui la donna si rese subito conto.
Il testo letteralmente dice: le si fermò il flusso di sangue, che fa ricordare Lv 12,7 dove è detto che la donna sarà dichiarata purificata dopo essersi sottoposta ai riti di purificazione. Qui non c’è nessun rito. È semplicemente il potere di Gesù che opera la guarigione.
30 E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: Chi ha toccato le mie vesti?.
Un tipico aneddoto miracoloso potrebbe concludersi con il v.29. Ma i vv. 30-34 sono una conclusione ampliata che contiene l’idea del vero significato della storia.
L’immediata percezione da parte di Gesù della forza che era uscita da sé corrisponde alla percezione della donna di essere stata guarita. Nel linguaggio popolare si deve vedere l’indicazione di un potere miracoloso che solo Gesù possedeva. Il termine scelto da Marco, dýnamis, è da lui impiegato quasi sempre in questa accezione.
31 I suoi discepoli gli dissero: Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?. 32 Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo.
Ciò che avviene tra Cristo e la donna malata si svolge in una nicchia ricavata in mezzo alla folla, ed è un segreto a due. Con le parole di uno che era presente, Marco ci descrive Gesù che si guarda intorno per vedere Chi mi ha toccato?.
Contatto, sguardo e dialogo si accendono con l’esclusione della folla e dei discepoli che non capiscono ed ironizzano. Nonostante che abbiano appena assistito al miracolo sul mare in tempesta e alla guarigione dell’indemoniato di Gerasa, sembra che i discepoli non si siano ancora resi conto del carattere straordinario del potere di Gesù.
33 E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità,
La paura della donna non viene tanto dall’avere, lei, in stato di impurità, toccato Gesù, contro il divieto della legge, e dall’averlo fatto di nascosto; non ritrae una disposizione psicologica ma una reazione di fragilità umana alla presenza di un potere al di là del naturale. Tuttavia la gratitudine, che nasce dalla consapevolezza di ciò che le era accaduto, prende il sopravvento sulla paura, sicché ella riesce a dire tutta la verità circa il suo stato anteriore e circa il gesto furtivo compiuto in buona fede.
34 Ed egli le disse: Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male.
La stupenda risposta di Gesù la rassicurerà definitivamente. E’una risposta quadruplice: a) la chiama Figlia, thygátēr; b) è una dichiarazione riguardante la fede; c) c’è un congedo in pace; d) e soprattutto c’è la rassicurazione che è guarita dal suo male.
Secondo la leggenda questa donna si chiamava Berenice o Veronica; avrebbe asciugato il volto di Gesù lungo la via dolorosa verso il Calvario e in seguito avrebbe eretto una statua nella sua città (Bardas o Cesarea di Filippo) per ricordare il miracolo da lei ottenuto.
35 Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?.
Dopo l’interruzione dell’ emorroissa riprende il racconto relativo al capo della sinagoga; questi è ancora con Gesù, in mezzo alla folla che lo attorniava, quando lo informano che la figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?: evidentemente si credeva che Gesù avesse potere soltanto sulle malattie e non sulla morte.
36 Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: Non temere, soltanto abbi fede!.
In alcune traduzioni contemporanee il participio parakoúsas è reso con ignorando (il che è anche possibile) anziché con udito. Le parole di conforto rivolte da Gesù al padre però suggeriscono che qui udito è più appropriato. Gesù non volle prestare attenzione a ciò che si diceva e quindi, come se non avesse inteso nulla, esortò il capo della sinagoga a desistere dal suo timore e a continuare ad avere fede in lui.
Di per sé, Giairo non dovrebbe temere più, perché ormai è certo della morte della figlioletta a lui così cara. Ma Gesù lo invita a sostituire alla calma che deriva dall’ineluttabile, quella che sgorga dalla fede in Lui, che non deve interrompersi: si tratta di perseverare nella fiducia che aveva avuto quando la fanciulla appariva ormai priva di ogni mezzo di salvezza. Il filo di vita che l’animava ancora, gli faceva sperare l’impossibile da parte di Gesù: ora egli deve continuare in questa speranza, fondandosi esclusivamente su Gesù stesso.
37 E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Il fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo denota come sia la prima volta che Gesù opera un miracolo lontano dalla folla. La scelta di soli tre discepoli (che poi saranno i soli testimoni anche della trasfigurazione e della preghiera nell’orto del Getsemani), potrebbe essere stata dettata dalla confusione che già regnava nella casa, ma anche dal desiderio di avere dei testimoni qualificati, i quali avrebbero attestato in seguito la realtà del fatto che si stava per operare.
38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte.

L’espressione tradotta alla lettera dice: vide il trambusto; infatti oltre ai parenti, amici e vicini, per i quali il pianto poteva essere una spontanea dimostrazione di affetto, in genere per la morte di qualcuno non mancavano mai altre persone che lo facevano soltanto per professione, accompagnandosi con il suono del flauto.
39 Entrato, disse loro: Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme.
Gesù non intende negare che la fanciulla sia veramente morta, come non intende affermare che si tratti di una morte apparente. Del resto non è ancora entrato nella stanza dove giace la fanciulla. Per Gesù, che ha già deciso di operare il miracolo, lo stato presente della fanciulla è soltanto temporaneo e perciò paragonabile ad un sonno. (Per analogia la Chiesa ha sviluppato il linguaggio di Cristo, estendendolo a tutti coloro che si addormentano nel Signore in attesa della resurrezione finale).
40 E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina.
Il comportamento di deridere non può essere quello dei parenti: è provocato sia dalla mancata comprensione dell’esatto significato delle parole di Gesù, che da una certa ostilità verso dì lui, oltre che dalla mancanza della potenza della fede, che del resto già altri grandi profeti d’Israele avevano posseduto.
41 Prese la mano della bambina e le disse: Talità kum, che significa: Fanciulla, io ti dico: àlzati!.
Il tocco è frequente negli episodi miracolosi: è il gesto abituale delle guarigioni, che tuttavia non implica alcun effetto a sé stante. Tuttavia, poiché l’impurità dal contatto con i cadaveri era la più grave di tutte le impurità, questo tocco è un altro esempio del contravvenire di Gesù ai codici culturali. Ma in questo caso è la parola di Gesù, non il tocco, che opera il miracolo. Talità kum: la parola agnello, talithá, può essere un termine affettuoso, specialmente se rivolto a un bambino.
Nelle storie di guarigione le parole straniere sovente hanno la funzione di formule magiche. Marco tuttavia usa e traduce termini aramaici anche in altri contesti che non hanno nulla a che vedere con le storie miracolose, spesso per dare maggior risalto al proprio punto di vista. Egli, più di ogni altro evangelista, ama ricordare alcune parole nella lingua di Gesù.
Dalla traduzione che lo stesso evangelista fornisce, si vede chiaramente che non si tratta di parole strane e senza significato, di cui ben volentieri si servivano certi taumaturghi dell’antichità per impressionare maggiormente la gente. Per Gesù la parola era semplicemente la manifestazione della sua volontà.
L’imperativo presente alzati da egeírō, verbo della resurrezione, esprime la potenza del dono della vita di Dio, che non è ancora quella definitiva.
42 E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.
Formalmente questo versetto costituisce la dimostrazione del miracolo. L’insistenza osservata qui sui termini riguardanti la morte e la risurrezione indica che i lettori di Marco devono scorgere in questo racconto un preannuncio della risurrezione di Gesù e del proprio risveglio dal sonno della morte.
Marco annota gli anni della ragazza che sono gli stessi di quelli della malattia dell’emorroissa.
Il valore dei numeri è soggettivo se attribuito ai personaggi: pochi anni di vita per la ragazzina tanti per la malattia della donna; ma come resistere ad esempio alla suggestione di legare queste guarigioni ad Israele (le dodici tribù) e al nuovo popolo che nascerà dalla predicazione dei dodici apostoli? Senza dimenticare il fatto che quella dei dodici anni è l’età legale per il fidanzamento-matrimonio nella legislazione sia romana che giudaica (senza dimenticare che la ragazza è prossima all’età da poter avere figli).
Il grande stupore, in greco ékstasis, è simile a quello che esprime l’emozione delle donne al sepolcro di Gesù dopo l’annuncio della sua resurrezione.
43 E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.-
Il comando di Gesù, secondo una spiegazione ormai classica, è in linea con tutti i testi relativi al segreto messianico. Questo silenzio è perfettamente logico nella prospettiva di Marco: Gesù ha vinto la morte, ma questa sarebbe una ben povera vittoria se si trattasse solo di ridare alcuni anni di vita a una bambina nella sua famiglia. Questo è soltanto segno, anticipo e garanzia della vittoria piena che avverrà con la resurrezione di Gesù; resurrezione che non è la rianimazione di un cadavere, ma vita definitiva nella comunione con Dio. Per questo i testimoni del miracolo devono tacere, come i tre che discendono dal monte della Trasfigurazione, aspettando la piena rivelazione del Dio che risuscita ì morti.
Il dettaglio apparentemente non necessario, e disse di darle da mangiare, ha incuriosito gli interpreti, i quali hanno proposto diverse spiegazioni che vanno dal ricordo della sollecitudine di Gesù alla dimostrazione che la ragazza è veramente viva e non è uno spirito o un fantasma.

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