sabato 17 settembre 2011

La fede viva nella solidarietà umana

In questo blog dovremmo trattare argomenti di fede, ma questi sono slittati in "Dialoghi e Pensieri" come narrazione del proprio modo di vivere la fede. Qui, senza perdere il richiamo all'esperienza personale, mi piacerbbe che venissero alla luce questioni di fede che scaturiscono dall'osservazione della realtà attorno a noi.
Per ora mi chiedo con insistenza come la chiesa capillare delle parrocchie, ma anche dei gruppi, riesca ad essere una realtà tutt'altro che secondaria nella solidarietà umana. Molta gente trova in essa ciò che non trova altrove, oggi che i luoghi di aggregazione laici si sono 'impoveriti', forse anche perché privi delle risorse di sovvenzione statale. Svisceratamente bisogna riconoscere nei luoghi della laicità un deficit nel ricorso alla genrosità personale, anche perché ogni forma di volontariato si porta addosso un marchio di provvisorietà, e così si deludono le speranze di aiuto di chi ha bisogno e le iniziative resistono per l'insistenza parolaia dei più accaniti. Infatti nei gruppi laici vige un radicalismo di posizioni ideali che ne fa dei luoghi di elite. Si propongono marce, si fa rumore, ma la pratica nella concretezza della vita delle persone è quasi nulla.
Non do risposta, per ora, a questo tema, ma vorrei sollecitarlo come motivo di argomentazione: la durata della carità nelle chiese è più costante, ma, volere o no, è sempre nel formato ridotto di una carità rivestita di beneficenza, mentre nel mondo laico ormai, sfrontatamente, si raccomanda a chi ha bisogno di aiuto di rivolgersi alle parrocchie e si fa poco di COSTANTE nel campo operativo. La domanda la formulo così: la fede non deve essere vero collante di pratiche di solidarietà anche nel mondo laico? Ma quale fede?
Parliamone. Ausilia