giovedì 31 gennaio 2013

IV Domenica T.O. anno C


Piste di ricerca  sul vero Gesù
3 febbraio 2013 IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno C
Geremia 1, 4-5.17-19; 1Corinzi 12, 31-13, 13
Luca 4, 21-30
21 In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». 22 Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23 Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24 Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25 Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26 ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27 C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». 28 All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno.29 Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30 Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Una prima premessa
Questo lavoro settimanale è offerto a persone consapevoli del pericolo connesso ad un ascolto pigro della Parola di Dio, lasciandola imprigionata in parole intese in senso letterale. *** E’ vero, le masse (e noi con esse) hanno bisogno di pascersi di certezze. Ma i porgitori della Parola e coloro che la custodiscono nel proprio cuore, sono tenuti ad un atteggiamento cauto. C’è analogia tra il grave errore pedagogico di chi presenta ai bambini la fiaba come fatto reale anziché come racconto ricco di significato, e l’errore ancor più grave circa ogni questione di fede, il cui ambito riguarda quei valori trascendenti che danno all’esistenza il senso di ulteriorità. Non si può oscillare tra appiattimento sulle posizioni ufficiali in nome di un malinteso rispetto per le certezze acquisite o, al contrario, atteggiamento di disprezzo per le stesse (non si può strappare a cuor leggero ogni velo a racconti ormai assimilati come fior di verità storica). *** Non c’è bisogno di avere una grande cultura per capire che anche noi adulti per primi siamo poco capaci di rieducarci: ci costerebbe fatica! Ed è nociva la fretta nel leggere il Vangelo, soprattutto se vogliamo accompagnarlo ad un’esegesi non inquadrata nei parametri di riferimento che ci risultano allettanti.
Le nostre ataviche aspettative
DAI RACCONTI DI GESÙ ALLE FAVOLE DEGLI ILLUSIONISTI POLITICI DI OGGI - I racconti sono la forma illusoria per eccellenza, tant’è che da bambini non ne potevamo fare a meno; e quando siamo cresciuti, anche noi sostituiamo agli antichi racconti altri che ci illudano, pur serbando segretamente la convinzione che si tratti di illusioni. Non aiuta a svincolarsi dal cerchio magico delle illusioni, lo spirito contrappositivo: “questo qui ti illude, io ti dico fatti e non parole”, come se i fatti avessero una sola valenza e si potesse fare a meno dell’aspetto immaginativo e creativo che rende meno cruda la realtà concreta. *** ESISTE UNA VERITA’ ASSOLUTA DEL VANGELO? Il Vangelo è anzitutto kerigma, cioè narrazione orale, che prelude alla scrittura successiva. A quest’ultima perciò bisogna affidarsi con cautela. Quando l’istituzione ecclesiastica propone, a conclusione di ogni singola pericope la formula Parola del Signore, vuol ribadire con forza che essa abbia il marchio di un’approvazione assoluta. Ma sarebbe presuntuoso uno spirito assolutamente negazionista. E’ doveroso a) tener presente che l’ottica nella quale è impostata la parola scritta è derivata dalla predicazione orale, dal kerigma, appunto; b) serbare il rispetto per tale tradizione orale e, nel medesimo tempo, non rinunziare all’ascolto diretto dello Spirito nella coscienza personale (cosa che nessun pronunciamento dogmatico può impedire); c) attingere alle tracce del vero Gesù, nelle quali c’è di più di quanto è scritto, mescolato all’interpretazione.
Il vangelo di oggi
Gesù in patria sta annunciando se stesso come il Messia atteso. Il riferimento al profeta Geremia forse non ha un carattere che distanzia Gesù dalla linea profetica dell’Antica Alleanza, come vorrebbe il testo scritto. Sottolinea soltanto che la vocazione specifica del profeta scaturisce dal rapporto divino-umano di amore in cui Dio (il Dio trascendente) è il primo protagonista. ***  Molto bella e vicina al vero Gesù è la seconda lettura, in cui Paolo mette in guardia dal ricercare chissà quali grandi carismi (le grandi profezie, la grande fede che sposta le montagne, le grandi preghiere, i grandi gesti di carità…) ed invita a dare grande spazio alla carità quotidiana, fatta di attenzione, di rispetto, di fiducia. È questa carità che non verrà mai meno.  *** La sincerità di Gesù nel presentarsi quale vero profeta e messia non è apprezzata da quanti erano presenti nella Sinagoga, in maniera del tutto analoga a quanto era avvenuto ai profeti che l’avevano preceduto. E la stessa analogia c’è nel richiamo universalistico sotteso alla citazione circa l’agire profetico antico, pieno di attenzione più per il lontano ed estraneo che per il popolo ‘eletto’. *** Quando la scena cambia e all'ammirazione per Gesù succede la tipica gelosia paesana, c’è da considerare che il cambiamento probabilmente sia avvenuto in momenti successivi, raggruppati dal redattore evangelico, il quale fa dell’episodio un prologo della condanna a morte.  *** La frase attorno a cui ruota la differenza tra Gesù e i profeti precedenti - Lc 3,27 “Oggi si è adempiuta questa Scrittura nei vostri orecchi -, è richiamo alla traduzione nella vita concreta del messaggio profetico, sempre nuovo in quanto si fa attuale. Il bravo ascoltatore, di ieri come di oggi, verifica il suo incontro con Gesù attraverso la propria esperienza personale; e soprattutto prega.
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venerdì 25 gennaio 2013

L'inizio del ministero di Gesù


Stralci  esegetici

27 gennaio 2013 - III DOMENICA DEL T.O. anno C
Neemia 8, 2-4a.5-6.8-10; 1Corinzi 12, 12-30
Luca 1, 1-4; 4,14-21
1 Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, 2 come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, 3 così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, 4 in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. 4,14 In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15 Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. 16 Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17 Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: 18 Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, 19 a proclamare l’anno di grazia del Signore. 20 Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21 Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.
PREMESSA DI CARATTERE GENERALE
“In Italia la Sacra Scrittura è così dimenticata che rarissimamente si trova una Bibbia”: con queste parole, nei suoi Discorsi a tavola, Lutero bollava l’ignoranza biblica dell’italiano del Cinquecento. Da allora la Bibbia è approdata pian piano su un qualche scaffale. Oggi c’è maggiore consapevolezza degli imprinting culturali lasciati dal Libro per eccellenza. Non mancano studi che percorrono varie vie per la sua riscoperta, non ultima quella riguardante il mondo letterario e religioso degli apocrifi (libri nascosti perché esterni alla foresta canonica). *** Ma forse si dovrebbe indugiare di più su altre vie di confronto: come quella con la spiritualità di ogni tempo e luogo, ed intrinseca anche alle varie religioni e chiese. *** Nella ricerca della verità, è segno di umiltà un po’ di studio: non per gusto intellettualistico, bensì per la consapevolezza della possibilità umanissima di inceppare nella vaghezza di vari spiritualismi o nella pigrizia spirituale. Se il semplice contestare è un male, altrettanto lo è l’approssimazione o l’acquietamento su una dottrina pre-confezionata o, per converso, basata su nuove teologie unilaterali. *** La Bibbia è principalmente il Libro della fede; perciò ogni sua riscoperta va accompagnata da una forte adesione alla ricerca della verità, piantata da sempre nel cuore umano, ma da ravvivare nella continua implorazione (non di carattere pietistico!) dell’aiuto del Padre che è nei cieli, e cioè che trascende la storia. Nulla ha senso se si spegne la luce della trascendenza. I limiti temporali, di cui consta l’esistenza umana, sono vitale essenziale meravigliosa spinta verso la completezza, mai raggiungibile del tutto in questa terra. Rileggere la Bibbia con questo spirito ci può aiutare. *** E’ chiaro che qui offriamo soltanto una qualche segnaletica orientativa.
LUCA
Medico siriano, fa parte della prima comunità nazaretana. Infatti presenta Gesù che 16 venne a Nàzaret. Una breve parentesi per illustrare l’importanza teologica dell’indicazione di questo luogo: a) C’è chi pensa a un’assonanza con la parola nazîr, donde il nostro nazireo, come si chiamava la persona consacrata, cioè impegnata in alcuni voti descritti nel c. 6 del libro dei Numeri, come l’astinenza da bevande alcoliche, il non radersi la capigliatura, altro. La Bibbia colloca nella categoria dei consacrati personaggi come il giudice Sansone, il profeta Samuele e lo stesso Giovanni Battista. b) Alcuni studiosi rimandano a nezer, il germoglio che, secondo il profeta Isaia, spunta dal tronco arido della dinastia davidica. c) Altri sentono in quel Nazoreo, Nazareno, il ricorrere del verbo nazar, conservare, che ha dato origine al termine nazûr, riferito da Isaia al resto, cioè alla comunità ristretta dei veri fedeli che rimanevano tali anche nel tempo della prova; e riferito successivamente, nelle primitive comunità cristiane, ai fedeli che riconosceranno in Cristo il vessillo della supremazia d’Israele contro i dominatori. *** Luca scrive una cinquantina di anni dopo l’accadimento dei fatti; eppure si presenta quale testimone diretto, assieme a Giovanni, in quanto entrambi strettamente collegati alla prima testimonianza fiorita attorno a Maria. E’anche discepolo di Paolo che lo chiama ‘il caro medico’. – L’indugiare sulla fisionomia del Gesù che propone ai suoi, ne ha fatto il ritrattista della mansuetudine di Cristo. - Unico fra gli evangelisti, dice espressamente di considerarsi serio ricercatore della verità di Gesù: per stendere il suo racconto, ad imitazione degli scrittori storici greci, si è documentato, ha sentito testimoni, è andato alla ricerca delle fonti. Eppure la ricerca storica è considerata da lui di carattere sussidiario: il suo vero fine è raggiungere il destinatario, Teofilo (= l’amico di Dio), che rappresenta tutti i seguaci di Gesù.
IL VANGELO DI OGGI
Il Vangelo di oggi racconta l’inizio del ministero di Gesù. Egli, dopo il battesimo e dopo le tentazioni, ritorna in Galilea e incomincia ad insegnare. “Secondo il suo solito” v.15, entra nella sinagoga di sabato, giorno sacro per gli ebrei, e compie i gesti cultuali, che hanno il loro centro nella lettura assembleare della parola di Dio. Gli viene dato il rotolo del profeta Isaia e, apertolo, trova il passo in cui è scritto: “lo Spirito del Signore è sopra di me: per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione...”. Tutti rivolgono lo sguardo a lui e attendono il suo commento. *** Il brano letto da Gesù ha la sua fonte in Neemia 8, 2-4a.5-6.8-10, il quale riporta Isaia (di 7 secoli addietro). A leggerlo è Esdra, sacerdote e scriba (attorno all’anno 444 a.C.). Il testo antico dice: egli (Esdra) “portò la legge davanti all’assemblea”, “tutto il popolo porgeva l’orecchio a sentire” e - particolare interessante - “piangeva, mentre ascoltava le parole della legge”. Da qui la proclamazione di Esdra assieme allo scriba ed ai leviti: “Questo giorno è consacrato al Signore vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». *** Non ci potrebbe essere analogia più calzante con l’episodio del Vangelo di Luca; gesti, parole, atmosfera generale, sembrano ritagliati sullo stesso schema. Se l’ambiente in cui è inquadrato Gesù, non è più la celebrazione del ritorno dall’esilio babilonese, la parola chiave è la stessa: la liberazione (la parola libertà in Luca è ripetuta due volte), e riguarda nuove schiavitù, esteriori ed interiori. Ed è analogo, quasi identico, il richiamo allo Spirito Santo ed all’ademimento della rivelazione divina nell’oggi. 
LA LEGGE NELLA SCRITTURA ANTICA
Tra Legge e Buona Novella non c’è iato, tanto densa di amore è la Legge nell’Antica Alleanza, se ci si accosta al suo vero senso. Il termine ebraico corrispondente alla Torah ha un significato più ampio e profondo del generico Legge, nucleo attorno al quale si dispiega l’Antica Alleanza. La radice or, dalla quale potrebbe derivare, indica luce e splendore; la Legge è, perciò, non solo insegnamento, ma illuminazione e vita. La sua pedagogia non risponde ad un criterio di carattere intellettuale; è globale, abbraccia tutto l’essere e l’agire umano. Lamàd, insegnare, è il verbo fondamentale del maestro. O meglio, lamàd non vuol dire insegnare, ma imparare; e però, curiosamente, nella forma intensiva, limmed, diventa insegnare. Il fatto che stessa radice non distingue tra imparare e insegnare, stabilisce un circuito: il vero maestro è uno che anche impara, e il vero discepolo alla fine è capace di insegnare. Isaia affermava: 54,13: Sta scritto nei profeti: E tutti saranno “theodidàktoi”, ammaestrati da Dio. Il testo in ebraico dice esattamente: Tutti i tuoi figli saranno discepoli del Signore. Più rilevante ancora è l’oracolo di Geremia (31,31-34): Porrò io la mia torah nel loro animo; la scriverò sul loro cuore. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri: non ci sarà più il maestro, il sacerdote, il profeta, il sapiente che dovrà dire all’altro: “Riconoscete il Signore”; “perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande”. *** L’immagine autentica della Legge (ebraica) è altra rispetto alla costrizione imposta dalla classe sacerdotale. Altrettanto il commento di Luca all’episodio, posto in bocca a Gesù nel v.21 “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”, appartiene alla ‘tradizione apostolica’, derivata dalla prima generazione dei credenti in Gesù: lungi da fare un commento al testo del profeta, si parla della sua realizzazione in lui.
BREVE CONCLUSIONE
Alla domanda ‘in che misura possono servire questi stralci esegetici in ordine alla nostra fede oggi’ c’è una sola risposta: la libertà dell’uomo non è in grado di reggere tutto il peso della rivelazione di Dio attraverso la ricerca intellettuale. Ma l’affidamento assoluto all’interpretazione consolidata è pericolosa, e tale sarà sempre più nella storia. Lo si desume da ciò a cui assistiamo oggi: il progressivo procedere verso una fede destinata ad un numero di persone che appare quantitativamente grande solo a chi dimentica di volgere lo sguardo all’intero globo terrestre. Ma Dio si rivelerebbe davvero al Gesù di quel pugno inserito nell’alveo di una chiesa o di circoli ‘affollati’ di illuminati, critici contro le chiese? O in colui che segna una tappa di grande rilievo lungo il cammino umano? Davvero senza umile preghiera, ponte verso la trascendenza, possiamo solo smarrirci, fino a non riconoscere la vera grandezza di Gesù.



venerdì 18 gennaio 2013

Le nozze di Cana


20 gennaio 2013 - II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno C
Isaia 62, 1-5; 1Corinzi 12, 4-11
Giovanni 2, 1-11
1 In quel tempo, il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2 Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3 Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. 4 E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5 Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». 6 Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7 E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8 Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9 Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10 e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». 11 Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
P r e m e s s a
Per la prima volta nel Vangelo si parla di Gesù alla testa di un gruppo di discepoli: sta per cominciare la sua attività. Mentre i sinottici, per iniziare il racconto della vita pubblica di Gesù, annunciano la ‘buona novella’, Giovanni presenta la festa delle nozze come la venuta di Gesù tra i suoi. Quasi tutti gli esegeti deducono dall’analisi letteraria che il racconto è simbolico più che un fatto accaduto (p.es. assenza degli sposi, mancanza del vino e di tutto ciò che una narrazione classica non avrebbe fornito). *** Staccarsi da ogni letteralismo nella lettura di questo, come di altri testi, significa percorrerlo senza pretese di riscontrare una conferma univoca di stampo positivista. Ma forse significa altrettanto negare altre pretese odierne di stampo storico-critico. Affermare che i fatti siano avvenuti così come sono narrati è arbitrario quanto affermare che essi siano semplice trasposizione ideologica delle prime comunità cristiane. E’ vero, la preoccupazione confessionale plurisecolare di offrire una lettura della Bibbia determinata da coloro che se ne fanno ‘custodi’, è sfociata, sfocia, in forme omiletiche e pragmatiche di mirato carattere pastorale, le quali hanno poco o niente a che fare con l’accostamento alle tracce di verità disseminate nei testi. Ma proprio in queste tracce si nasconde, mentre si rivela, qualche seme di verità: nel simbolismo che avvolge i testi biblici si apre un canale di conoscenza intuitiva ed immaginifica, intrisa della nobile passione per ciò che c’è di recondito nell’umano. Ma c’è da porsi seri interrogativi sul come ricavarne un metodo sobrio, non ideologizzato ed efficace, e sul come comunicarlo.
L E  N O Z Z E  D I  C A N A
CANA DI GALILEA – A differenza della Giudea, la Galilea starebbe a indicare un ambiente molto più aperto per l’azione di Gesù: con la sua parte montuosa avrebbe favorito la presenza dei nazionalisti ribelli al regime di Gerusalemme. Cana (che gli archeologi pongono addirittura in altro luogo della regione) –qanah- significa acquistare: alluderebbe al “popolo acquistato da Dio”(Es 15,16; Dt 32,6). *** LO SPOSO E IL REGISTRO SPONSALE costituiscono il fulcro di tutta la rivelazione biblica, a cominciare da quella dell’A.T.: sono simbolo del rapporto tra Dio e il suo popolo; così in Osea ed in Ezechiele, in tutta la predicazione profetica, e in maniera eclatante nel Cantico dei Cantici; perfino le parole conclusive dell'ultimo libro biblico sono un’appassionata invocazione a Cristo sposo ad affrettare la sua venuta: «Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni» (Ap 22, 17)». E la prospettiva, di quello che è stato chiamato il mistero agapico, tiene insieme «l'amami!» dell'unico Sposo e «l'ama il prossimo tuo!», introducendo nel cuore del messaggio gesuano. *** IL VINO nell’A. T. è espressione della gioia (Am 9,13-14; Os 14,8; Ger 31,12) e dell’amore fra lo sposo, YHW, e la sposa, il suo popolo. Solo che la classe dirigente si disinteressava della situazione del popolo e non si accorgeva della frattura concreta del patto di amore. Ecco perché il maestro di tavola, l‘architríclin, responsabile dell’organizzazione e dello svolgimento del banchetto, non è al corrente della mancanza di vino; e le giare, descritte con abbondanza di dettagli, sono di pietra come le tavole della Legge di Mosè, vuote come è svuotato di senso il pomposo rituale delle purificazioni, e nel numero di sei, cifra dell’incompletezza come il sesto giorno della creazione (il che postula una nuova alleanza). All’interno di tale simbolismo si nasconde il valore del Regno: vino ultimo (definitivo), migliore (riassuntivo delle qualità di tutti i vini precedenti e cioè dei libri sapienziali), abbondante (in grado di dissetare in pienezza). *** LA MADRE DI GESÙ è chiamata ‘donna’ (n seguito Giovanni userà altre tre volte questo epiteto e sempre senza riferimento all’origine biologica), come mai era avvenuto nell’A.T. L’ordine dato da Maria ai servitori riecheggia quello del faraone in Gen 41,55: “Andate da Giuseppe, fate quello che vi dirà”, ma soprattutto ricorda le parole che il popolo pronunciò sul Sinai: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!” Es 19,8. Nel rivolgersi al figlio lei rappresenta la soluzione messianica; l’espressione semitica (lett. “che cosa a me e a te?”) con la quale Gesù le risponde, è tesa a dimostrare che la mancanza di vino è indipendente dalla volontà umana.
C o n c l u s i o n e
C’è un circolo vizioso tra a) critica all’impostazione teologica delle prime comunità, fonte idonea ad alimentare un confessionalismo presente ancor oggi nella chiesa cattolica e, in parte, anche nelle altre chiese cristiane, e b) nuovo affidamento all’impostazione teologica degli assertori dell’incarnazione di Cristo nell’umanità liberata definitivamente da ogni confessionalismo. *** Ci aiuta ad uscire dal circolo vizioso lo stesso testo. Così si esprime il redattore -Gv 2,11- “Questo, a Cana di Galilea fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. Emerge a chiare lettere la conferma che la fede dei seguaci di Gesù è fondata sulla manifestazione, nel Messia-Gesù, della “gloria”, la stessa gloria di cui si parla in Esodo 24,15.17, a conferma del legame tra Antica e Nuova Alleanza. I “segni”, lungi dall’assumere un senso miracoloso, sono tracce della “gloria, cioè di quello che è per essi perfetto compimento della promessa messianica. *** Ma come mai i segni perdono le caratteristiche di tracce della verità? La risposta è nella sete infinita di assoluto che c’è nel fondo del cuore umano: è più facile guardare al dito proteso verso la luna che alla luna: tanto da smarrire il valore inestimabile ed inesauribile delle tracce. Vogliamo fare il salto dalla temporalità all’eterno, dal senso del limite all’assoluto, al totale, al definitivo. *** Sì, ha una – forse unica- ragion d’essere il tentativo di fare questo salto: la forza rivelativa della Bellezza; tant’è che Ravasi preferisce affidare alle varie omelie la spiegazione del Vangelo, mentre indugia lungo le vie della Bellezza che immortala il Desiderio umano in ogni cultura tempo luogo. *** Mi piace concludere, come fa lo stesso esegeta, con la teologa tedesca Dorothee Söllle: “Confronta tranquillamente il Cristo con altri grandi; confrontalo con Socrate, confrontalo con Rosa Luxembourg, confrontalo con Gandhi. Lui regge il confronto. Ma sarà molto meglio che tu lo confronti con te stesso”.

venerdì 11 gennaio 2013

BATTESIMO DEL SIGNORE Anno C


13 gennaio 2013  - BATTESIMO DEL SIGNORE Anno C
Isaia 40, 1-5.9-11; Tito 2, 11-14; 3,4-7
Luca 3, 15-16.21-22
15 In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16 Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua, ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 21 Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì 22 e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba; e venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento".
PREMESSA
Questa è una domenica cerniera: si conclude il tempo natalizio ed inizia quello ordinario. Tutti e quattro i testi evangelici convergono, pur nelle loro diverse sfumature, nel descrivere l’unzione messianica di Gesù attraverso il battesimo amministrato da Giovanni Battista al Giordano. Commentarli, per distinguere i fatti concreti a cui alludono dalla loro interpretazione teologica successiva che ne ha determinato la scrittura, richiede una laboriosa attenzione ad entrambi gli aspetti, storico e teologico. Non è facile il percorso da compiere da parte di chi legge gli spunti qui offerti: certamente non è per i pigri ed i frettolosi; ma non lo è neanche per chi ama riposare su mediazioni pronte ad inquadrare lo studio in correnti ben determinate.
RACCONTO STORICO ED INTERPRETAZIONE TEOLOGICA
Il materiale biblico riferito al Battesimo di Gesù non può essere un racconto storico. Tutti e quattro i vangeli lo inseriscono in una dimensione che non può essere quella del tempo a cui i fatti si riferiscono, poiché sono filtrati dalla concezione di un Messia investito di caratteristiche che si svilupperanno in seno alle comunità cristiane dei primi secoli. Con analoga ambiguità si comporta la ratio storica odierna, la quale ritiene di scoprire il vero Gesù storico, prototipo della liberazione (definitiva!) dell’umano da tradizioni opprimenti, attenendosi ad una lettura testuale ‘purificata’ dalle sistemazioni teologiche delle prime comunità cristiane, ma irretita a sua volta in nuove teologie.
UN’ESEGESI SGOMRA DA IDEOLOGIzzazioni?
Nelle mie modeste ricerche sui ricercatori delle fonti, ho trovato utile attenermi soprattutto a) a due fonti autorevoli – A. Schökel e G. Ravasi - , senza chiudere gli occhi di fronte ad incongruenze nelle loro deduzioni. b) Ad altre fonti più o meno ideologizzate, pur nella loro autorevolezza. c) Alle testimonianze di carattere mistico, da non limitare a quelle di casa nostra  (basti accennare a due outsider, l’ebrea non credente Etty Hillesum e il profeta ‘profano’ Nietzsche). - Per evitare il pericolo di assolutizzare un singolo metodo di studio e di ricerca della verità, potrebbe essere di aiuto riscontrare l’identità di linguaggio tra i vangeli e altre fonti fuori dalla sfera ebraico-cristiana; ad esempio è illuminante la frase, “Tu sei la mia figlia amata, io sono il tuo padre amato. Stabilisco la tua sovranità sulle due terre e ti scrivo il protocollo”, posta in bocca al dio Amon-Ra, rivolto alla regina Hatseput. Se gli evangelisti pongono candidamente un’identica frase in bocca al Dio del popolo giudaico, anche oggi si può continuare a sovrapporre ai testi vangeli interpretazioni del tutto inquadrate in sistemazioni dogmatiche o, al contrario, in interpretazioni che riproducono la mentalità odierna. 
IL BATTESIMO DI GESU’ in luca (confrontato con gli altri vangeli)
15 In quel tempo, poiché il popolo era in attesa – L’attesa del popolo – leggi: la comunità giudaica dei credenti – trova espressione nel Battista, ultimo dei profeti dell’Antica Alleanza, secondo la visione adottata dalla cristianità nel suo inalvearsi nelle chiese.  Egli si sarebbe fatto interprete di tale attesa scuotendo le coscienze e richiamando le folle a confessare i loro peccati al fine di preparare il terreno per l'arrivo del Messia. In lui un primo riconoscimento di Gesù quale Altro-superiore rispetto ai profeti. La conversazione tra il Battista e Gesù non compare negli altri Vangeli. In questa conversazione sono spiegati i due motivi per cui Gesù è andato a farsi battezzare: farsi punto di riferimento all'evento di quello che sarà il nuovo battesimo cristiano, e incarnare, nell’umiltà (kénosis), la pienezza dei tempi (kairòs) in ordine alla realizzazione del piano di salvezza, la giustizia divina sul mondo. 16 Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco - Gesù battezzerà nello Spirito, simboleggiato dal fuoco. Se il simbolismo dell’acqua è efficace al pari di quello del fuoco - l’acqua purifica lavando, il fuoco bruciando – nella intenzione di Luca essi sono contrapposti per distinguere le persone a cui fanno capo, il Battista e il Cristo. 21 “Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì”- a) Il popolo (laós) designa la comunità radunata per il culto o per l’ascolto della parola. b) La preghiera di Gesù apre un dialogo continuo dell’uomo con Dio, data la pienezza dello Spirito che lo inonda. c) Il cielo si apre - La “figura umana” che appare sulle nubi del cielo è uno dei personaggi più controversi della scienza biblica. La si è identificata con un essere celeste, con lo stesso Daniele, con Giuda Maccabeo ... - Dopo secoli in cui il cielo (lo spazio di Dio che si manifesta come evento cosmico) sarebbe rimasto “chiuso” perché il popolo di Israele aveva messo a tacere la voce dei profeti: ora, grazie  all’attuazione delle profezie in Gesù, si aprirebbe una nuova tappa della comunicazione tra Dio e l’essere umano. 22 “e discese su lui lo Spirito in forma corporea, come una colomba” - L’immagine della colomba è rara: troppo vago il parallelo con Cant.2,12 e con le Odi di Salomone; mentre l’uccello che scende con funzione rivelatoria è un motivo abbastanza comune nelle mitologie dell’Antico Vicino Oriente, e già Genesi 1,2 alludeva allo Spirito creatore; l’aggettivo ‘corporea’ sottolinea che si tratta di un’esperienza reale e tangibile, sebbene descriva un’esperienza personale ed interiore. 22 “una voce dal cielo” - La voce dal cielo, "Questo è il mio diletto Figlio nel quale mi sono compiaciuto", tende a confermare l'applicazione a Gesù della profezia di Is. 42,1: "Ecco il mio servo, io lo sosterrò; il mio diletto di cui mi compiaccio".  Il quadro del Giordano, con la voce che viene dal cielo, sarà ridi­pinto al Tabor in occa­sio­ne della trasfigurazione, con la voce che viene dalla nuvola, quale manifestazione di Yhwh. 22 "il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento" - Nella versione greca dei LXXagapetòs’ esprime, secondo Ravasi, realtà profonde; il termine figlio deriva da una parola sanscrita che significa “allattare” e in latino significa “libertà”; generare è essere liberi; il libro del Qhoelet (1,4), ad esempio, dice che una generazione se ne va e un’altra subentra su una terra eternamente ferma. L’autore biblico qui è acido: la terra assiste indifferente alla morte e alla nascita delle generazioni, teatro muto del nostro muoverci: quando parliamo delle generazioni parliamo allora del tempo, della storia, di qualcosa che passa e scorre. Lo ricorda anche il Siracide, scritto nel II sec. A.C., “Come foglie spuntate su albero verdeggiante l’una cade e l’altra sboccia, così sono le generazioni di carne e sangue. Una muore e l’altra nasce”. Ma il fluire delle generazioni è anche teofania di Dio. La Bibbia non ci invita a decollare verso cieli mitici, un ambiente ineffabile, impalpabile… No, il Dio biblico ha deciso di svelarsi nelle storie umane ed è lì che occorre cercarlo. Sempre Ravasi, facendo riferimento al capitolo 12 del libro dell’Esodo, ha ricordato che la pasqua ebraica narrata nell’Esodo rappresenta la sequenza delle generazioni, un memoriale da celebrare “di generazione in generazione”, un luogo, anzi ‘il’ luogo privilegiato in cui i padri insegnano ai figli la storia della salvezza: le generazioni sono allora come il seme dell’umanità credente, fosse pure, come capiterà spesso nella Bibbia, di generazioni adultere e infedeli, che non sanno conservare l’alleanza con Dio.
CONCLUSIONE
E’ suggestiva l’immagine dell’apertura dei cieli proprio quando Gesù si è calato nelle profondità del Giordano. Il cielo vuole aprirsi anche sugli abissi del nostro cuore, ma bisogna avere il coraggio di calarsi in essi. Karl Barth, nel suo libro "L'epistola ai Romani", afferma che ogni discorso intorno a Dio deve ricondursi alla concretezza della vita di tutti i giorni e che l'unica teoria da stabilire è la teoria della prassi. Il battesimo di Gesù può essere occasione per ri-orientare la propria vita con la stessa determinazione di Gesù. E’ indubitabile che lui si sentisse chiamato, durante il suo ministero terrestre, a vivere la sua opera di purificazione piuttosto che insegnarla. Per questo non si è preoccu­pato di predicare il perdono dei peccati da parte di Dio, ma di guarire i malati, cioè l’umanità lacerata in quanto ripiegata nei suoi limiti. L’unico vero peccato dell’essere umano è la chiusura ai ‘cieli’, cioè al trascendente: che è qui, dentro di noi e dentro ogni situazione.