mercoledì 28 marzo 2012

Domenica delle Palme 2012


Marco 11, 1-10
 1 Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bétfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli 2 e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. 3 E se qualcuno vi dirà: "Perché fate questo?", rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito"». 4 Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. 5 Alcuni dei presenti dissero loro: "Perché slegate questo puledro?". 6 Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. 7 Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro Questa mantelli ed egli vi salì sopra. 8 Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. 9 Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 10 Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!".

Una semplice riflessione personale
Mi hanno sempre commentato che Gesù sia entrato a Gerusalemme da trionfatore, per poi  uscirne sconfitto.
No questa è la storia di alcuni momenti della nostra storia personale.
Il trionfo è reso a  Gesù da gente qualsiasi, pronta a fanatizzare, cascata nella rete di credersi ‘qualcuno’ quando qualche piccolo o meno piccolo carisma emerge dall’esistente quotidiano.
Gesù appare come uno che cede all’entusiasmo delle masse.
C’è tanta bontà nella sua condiscendenza ad un precario trionfo; anzi pare averlo provocato. Non se ne sta guardingo, come noi, a prendere le distanze da chi esulta affascinata dal miracoloso, da chi si rifugia nel devozionalismo insulso, si lascia prendere la mano da mille credenze riti eccetera. Siamo noi a sentirci dalla parte giusta, elitaria, dei proclamatori di una fede depurata da tanti ‘fronzoli’; di ritorno al Vangelo; di disprezzo per una Chiesa potente scandalosa e inefficace a salvare il mondo. Siamo noi a preferire il Gesù fustigatore dei “mercanti del Tempio”…
Eppure Lui è anche questo che si presente in forme di maestà da baraccone…
Egli guarda in profondità e si assimila all’essere umano in tutte le sue dimensioni.
Con Pazienza, attendendo il passaggio, doloroso ma fermo, verso la Verità di Se stesso, oltre l’osanna ed oltre il crucifige: verso la VERA VITA.
Ausilia

venerdì 23 marzo 2012

25 marzo 2012 V DOMENICA DI QUARESIMA

  Una lettura di Giovanni 12, 20-33

 In quel tempo, 20 tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c'erano anche alcuni Greci. 21 Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: "Signore, vogliamo vedere Gesù".
22 Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.
23 Gesù rispose loro: "È venuta l’ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. 24 In verità, in verità io vi dico: Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25 Chi ama la propria vita la perde e, chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.
26 Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà.
27 Adesso l'anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora!
28 Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L' ho glorificato e lo glorificherò ancora!".
29 La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: "Un angelo gli ha parlato". 30 Disse Gesù: "Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31 Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32 E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me".
33 Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Seleziono AlcunI commenti attraverso lo studioso amico L. Tommaselli:

Gesù getta una luce molto positiva sul fatto della morte. In ogni persona c’è un’energia vitale che attende di manifestarsi in una forma nuova e la morte è il momento che permette tutto questo. Quindi la morte non imprigiona l’uomo, ma lo libera. La morte non diminuisce l’individuo, ma lo potenzia. La morte non confina l’esistenza della persona, ma la dilata. In ogni persona ci sono delle potenzialità che soltanto nel momento della morte si possono liberare e fiorire. Quindi Gesù toglie dal fatto della morte qualunque elemento negativo, di distruzione, per parlarne invece come di fioritura di vita, per la vita delle persone.
E Gesù dà questo importante criterio su questo fatto del chicco che deve farsi dono per potersi sviluppare. “«Chi ama la propria vita la perde e chi odia …»”, era tipico della mentalità ebraica parlare di amore e odio nel senso comune di “preferire” che noi usiamo abitualmente. Quindi non si tratta di odiare qualcosa, ma di preferire o meno. Allora Gesù sta dicendo “chi ama la propria vita”, cioè chi pensa soltanto a sé stesso – questo è il significato – si perde. La persona si realizza nella misura in cui ha la capacità di donarsi agli altri. Dare non è perdere, ma è guadagnare. La vita si possiede nella misura in cui si dà.
Allora chi pensa soltanto per sé finisce col perdersi; chi invece non pensa solo a sé stesso, questo si realizza per sempre. Qui Gesù torna di nuovo sul tema che a lui è caro, la vita eterna, non considerata come un premio al futuro, ma come una possibilità nel presente.
E Gesù continua: “«Se uno mi vuole servire»”, il verbo “servire” (diakonšw), indica una scelta libera di collaborazione con Gesù, “«mi segua e dove sono io…»”, Gesù finirà sul patibolo riservato ai maledetti dalla società, ai rifiutati dalla società, “«là sarà anche il mio servitore»”. Non si può servire Gesù stando a distanza di sicurezza. Se si segue Gesù bisogna essere capaci anche di affrontare le inevitabili sofferenze e persecuzioni che vivere come lui ha comportato.
Ma, conclude Gesù, “«Se uno serve me, il Padre lo onorerà»”, quindi alla croce, che è il massimo disonore, corrisponde il massimo onore, quello del Padre. E come onora il Padre l’individuo? Manifestandosi in lui. Più l’uomo si dona, più la presenza del Padre si manifesta in lui. Ed ecco che ogni individuo, non solo Gesù, diventa l’unico verso santuario dal quale si irradia e si manifesta l’amore di Dio per l’umanità.

Una riflessione personale
La fede rivoluziona il modo di pensare corrente. Ma quanto è difficile uscire dalla rete dei modi di pensare che distorcono dalla verità annunziata da Gesù! Bisogna avere pazienza con noi stessi e con gli altri per andare oltre i luoghi comuni e protendere lo sguardo verso la realizzazione piena della Vita oltre la vita.
Senza impazienza, ma con costanza ogni momento è prezioso per fare emergere la potenzialità suprema di vivere la quaresima della vita nella gioia di una Pasqua attesa e da anticipare il più possibile “qui ed oggi”, senza mai essere assenti nei riguardi di TUTTO ciò che MANCA nell’esistenza quotidiana ai poveri (di spirito, ma anche del…necessario). Ausilia

martedì 20 marzo 2012

Quaresima impegnata. Il buon esempio delle cdb

 Associazione Viottoli - c.so Torino 288, Pinerolo (To)      
tel. +39 370 1115649      e-mail: viottoli@gmail.comwww.freeitaly.eu/viottoli

33° Incontro nazionale delle Comunità cristiane di base   Donne e uomini credenti per una cittadinanza consapevole”Nuovi processi di liberazione e partecipazione nella Società e nella Chiesa 

Napoli, 28-30 aprile 2012 

Presso il Centro di spiritualità Cappella Cangiani - viale s. Ignazio di Loyola, 51 – NapoliSabato 28 aprileDalle ore 14,00 accoglienza e sistemazioni

Ore 16,00:   Quali speranze per un futuro alternativo. Le comunità si interrogano conversando con: 

Elena Coccia
, avvocata 
Alberto Lucarelli
, assessore Beni comuni e Democrazia partecipata, Comune di Napoli 
Marinella Perroni, 
presidente coordinamento teologhe italiane 
Guido Viale
, scrittore e opinionistaIntroduce e coordina: Cristofaro Palomba, CdB del Cassano (Napoli)Ore 19,30: presentazione dei laboratori
Ore 20,00: cena
Ore 21,30: Spettacolo a cura del Laboratorio teatrale dell’Associazione "Scuola di pace", diretto da Raffaele Bruno
Domenica 29 aprile
Ore 9,00: Laboratori
Fermenti ecclesiali di base in una prospettiva di corresponsabilità e democrazia -coordinato dalle CdB del PiemonteReligione e politica: costruire solidarietà per una società a misura degli ultimi/e -coordinato dalla CdB dell’Isolotto (FI)Confrontarsi con le paure: prassi di liberazione nel mondo in trasformazione -coordinato dalla CdB di S. Paolo  (Roma)Quali speranze per un futuro alternativo: nuovi protagonismi - coordinato dalla CdB del Cassano (NA)Laboratorio ragazzi e ragazze - a cura delle CdB di Roma e Verona
Ore 13,00: pranzo

Ore 15,30: Assemblea sul tema del convegno e su quanto emerso nei laboratori

Ore 18,30: Eucaristia a cura della CdB La Porta di Verona

Ore 20,00: cena

Ore 21,00: “Euphoria gospel choir” diretto da Emanuele Aprile

Lunedì 30 aprile
Ore 9,00: Esperienze a confrontoAnna Di Salvo, "Rete naz. delle Città Vicine"
Suor Rita Giaretta, “Casa Ruth” di Caserta 
Maria Luisa Mazzarella
, coordinamento Campania Rainbow 
Fabrizio Valletti
 s.j. , rettoria di Scampia
Giovanni Zoppoli, Comitato spazi pubbliciIntroduce e coordina: Dea Santonico, CdB di S. Paolo (Roma)
INFORMAZIONI LOGISTICHEDove?La sistemazione alberghiera è presso il centro S. Ignazio, pensione completa a persona al giorno.
Camera singola € 42,00
Camera doppia € 38,00
Camera tripla € 35,00Per coloro che non pernottano:
pranzo o cena € 16,00
pranzo e cena € 25,00 

Quanto? 

Iscrizione al convegno: a persona € 10,00 
Non paga chi è senza reddito 

Come?
Dall’autostrada:
   proseguire per la tangenziale fino all’uscita n.7 “Zona ospedaliera”, seguire l’indicazione “Ospedale Policlinico” fino al Largo Cangiani, poi proseguire per Viale S. Ignazio per circa 300 metri. Ampio parcheggio disponibile. 
Dalla stazione FS, Piazza Garibaldi
:    autobus OF, scendere a Largo Cangiani e percorrere il Viale S. Ignazio per circa 300 metri. 
Per info e prenotazioni: 
Segreteria CdB Cassano:   tel. 3204376368       e-mail: cortesevincenzo@libero.it 
Segreteria tecnica nazionale:
  tel. 328.4366864     e-mail: segreteria@cdbitalia.it__________________________________________________
 Sì, questi son fatti di chiesa......... Ausilia

sabato 17 marzo 2012

IV domenica di Quaresima



18 marzo 2012
IV DOMENICA DI QUARESIMA Anno B  (2Cronache 36, 14-16.29-23, Efesini 2, 4-10)

Giovanni 3, 14-21

In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: 14 «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. 16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21 Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». 14 E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, chiunque crede in lui abbia la vita eterna.


Riflessioni…
Amore alla verità significa fare le opere in Dio
Vedo che non è così, che il mio io si fa spazi che toglie a Dio.
Non è un discorso anti-vita! La vita vera è quella che va oltre il sensibile, che sarà piena dopo la fine dell’io.
L‘io’ non è da identificare con la persona, ma con il centrarsi su se stessi e non dilatare la visione di sé e di tutto alla maniera di Dio. La persona è libera ed integra se sa sprigionare la capacità di far emergere l’immagine di Dio in sé; se corre verso la luce.
Il lavoro di tutta una vita che val la pena di vivere…
Ausilia  

giovedì 8 marzo 2012

Vivere la Parola di Dio, a partire dal comprenderla

11 marzo 2012 - III DOMENICA DI QUARESIMA Anno B Esodo 20, 1-17 1Corinzi 1, 22-25

Giovanni 2, 13-25
13 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
15 Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse: "Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!". 17 I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.
18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?". 19 Rispose loro Gesù: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere". 20 Gli dissero allora i Giudei: "Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?". 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
23 Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24 Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25 e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

[Dagli studi di L. Tommaselli]
Nell’ambito di una festa di nozze, come a Cana (Gv 2,1-11), l’evangelista ha introdotto il suo messaggio: il compimento/superamento dell’antica alleanza con la nuova, proposta da Gesù. In questo ambito anche la realtà del tempio assumerà altro significato. L’opera del Messia non si innesterà sulle antiche istituzioni solo per purificarle e poi continuarle, ma sarà una totale novità che esigerà uno stacco con il passato. Il segno di Cana è stato l’inizio, il prototipo e chiave di interpretazione dei segni che seguiranno.
Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
È la prima delle tre Pasque che saranno menzionate nel vangelo di Giovanni e per tre volte in questo vangelo si parla di: “la Pasqua dei Giudei”, espressione mai
usata nell’AT dove si parla di Pasqua del Signore (Es 12,11.48; Lv 23,5;Nm 9,10.14; Dt 16,1; 2Re 23,21.23) o semplicemente di Pasqua (Esd 6,19-20).
Per l’evangelista la Pasqua è dei Giudei perché è in opposizione con la Pasqua del Signore. La Pasqua non è più quella istituita nell’Esodo in quanto è divenuta una festa propria del regime giudaico, strumento di dominio e di oppressione da parte delle autorità religiose. È una Pasqua a beneficio della casta sacerdotale di allora che ingannava il popolo in nome di Dio per i propri interessi.
Ogni ebreo maggiore di dodici anni era obbligato a salire a Gerusalemme e sacrificare l’agnello pasquale nel Tempio. In questa occasione la città, che conteneva circa 55.000 abitanti, triplicava il suo numero. Si calcolavano in circa 18.000 gli agnelli sacrificati per l’occasione. In realtà, per l’evangelista, è il popolo la vera vittima della festa. Sarà Gesù, presentato come l’Agnello di Dio, la vera Pasqua.
Dal cap. 12, con l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, non si parlerà più di
Pasqua dei Giudei, perché Gesù sarà la Pasqua del Signore.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. La semplice presenza di Gesù, il nuovo santuario dal quale si irradia la gloria
di Dio, è sempre causa di tensione nel Tempio di Gerusalemme di allora. In Gesù, la Parola fatta uomo, Dio ha piantato la sua tenda tra gli uomini (Gv1,14) e in lui si manifesta la gloria di Dio. Gesù non trova nel Tempio gente (lett.i venditori) in preghiera con Dio, ma in commercio, in onore di ciò che è diventato il vero dio del tempio: il denaro. L’evangelista costruisce la frase come se i venditori vendessero tutti gli animali elencati.
La festa religiosa si era trasformata per le autorità religiose in un’occasione di guadagno, ecco perché è la festa dei Giudei ( i dirigenti) e non del popolo.
Tre settimane prima della Pasqua iniziava il grande mercato per la vendita degli animali da sacrificare. Poiché gli animali da sacrificare dovevano essere senza
difetti si potevano comprare in un grande ovile sito sul monte degli Ulivi, di proprietà di Anania, il grande Sommo Sacerdote. Anania era anche il detentore delle licenze delle macellerie di Gerusalemme.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi. Nei papiri più antichi il Messia veniva rappresentato con un flagello in
mano per fustigare peccati e peccatori e il “flagello” era il simbolo dei dolori che avrebbero accompagnato i tempi del Messia. Pertanto Gesù si presenta come il Messia ma il peccato ed i peccatori che fustiga non sono gli esclusi dal Tempio ma quelli che sono l’anima stessa del Tempio. Nell’azione di Gesù l’evangelista vede la realizzazione della profezia di Zaccaria: “in quel giorno non vi sarà neppure un mercante (lett. cananeo) nella casa del Signore degli eserciti” (Zc 14,21).
Sono numerosi i testi dei profeti che denunciavano il falso culto del tempio, un
culto ipocrita che si accompagnava con l’ingiustizia e con l’oppressione verso i
poveri. Già Isaia apriva il suo libro con queste parole di fuoco: “Ascoltate la parola del Signore capi di Sodoma! Prestate orecchio alla Legge del nostro Dio, popolo di Gomorra. Che m’importa dei vostri numerosi sacrifici? – dice il Signore – Io sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate; il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri, io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi davanti a me, chi vi ha chiesto di contaminare i miei cortili? Smettete di portare offerte inutili; l’incenso io lo detesto; e quanto ai noviluni, ai sabati, al convocare riunioni, io non posso sopportare l’iniquità unita all’assemblea solenne. L’anima mia odia i vostri noviluni e le vostre feste stabilite: mi sono un peso che sono stanco di portare. Quando stendete le mani, distolgo gli occhi da voi; anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto; le vostre mani sono piene di sangue” (Is 1,10-15).
Alle invettive di Isaia fanno eco quelle di Amos: “Io odio, disprezzo le vostre feste, non prendo piacere nelle vostre assemblee solenni. Se mi offrite i vostri
olocausti e le vostre offerte, io non le gradisco; e non tengo conto delle bestie grasse che mi offrite in sacrifici di riconoscenza. Allontana da me il rumore dei tuoi canti! Non voglio più sentire il suono delle tue cetre!” (Am 5,21-23).
Ma mentre i profeti, denunciando un culto ipocrita, auspicavano una purificazione del Tempio, Gesù va al di là. Il Cristo non purifica il Tempio: ne svela il significato ultimo e la vera funzione. Infatti espellendo dal Tempio gli animali destinati ai sacrifici dichiara l’invalidità degli stessi collegandosi alla linea profetica di Geremia e di Amos: “Io però non parlai né diedi ordini sull’olocausto e sul sacrificio ai vostri padri quando li feci uscire dalla terra d’Egitto” (Ger 7,22). “Mi avete forse presentato sacrifici e offerte nel deserto per quarant’anni o Israeliti?”
(Am 5,25). Mentre per i profeti il falso culto serviva a coprire l’ingiustizia, per Gesù è il culto stesso che può diventare una forma di ingiustizia, un mezzo di sfruttamento del popolo.
Gli altri evangelisti scriveranno chiaramente che l’azione di Gesù non è rivolta solo contro i venditori, ma anche contro i compratori: “Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che vendevano e compravano…” (Mt 21,12; Mc 11,15).
Mentre gli animali trovati nel Tempio sono stati elencati secondo l’ordine di grandezza (buoi, pecore e colombe) ora al momento dell’espulsione vengono nominate al primo posto le pecore che in questo vangelo saranno figura del popolo del quale Gesù si proclama il pastore (Gv 10,1). Le pecore, figura del popolo, sono rinchiuse nel Tempio per essere sacrificate in quanto i loro dirigenti verranno denunciati da Gesù come “ladri e banditi” che non vengono se non per rubare, sacrificare e distruggere (Gv 10,8.10).
L’espressione “scacciò tutti” corrisponde
a quella adoperata per la liberazione delle pecore dal recinto, figura del Tempio: “e quando ha spinto fuori tutte le sue pecore…” (Gv 10,4; cfr. 9,34).
L’evangelista ha già presentato i cambiamonete come installati (Gv 2,14) nel Tempio: è il sistema bancario l’anima del Tempio. Nel Tempio c’era il conio delle monete in quanto non potevano essere ammesse monete con immagini umane come quelle in uso presso i popoli pagani. Ogni ebreo maschio dall’età di venti anni doveva dare al Tempio il suo tributo annuale (due dracme = mezzo siclo). Le costanti e crescenti entrate al Tempio assicuravano una enorme ricchezza all’intera città di Gerusalemme e servivano a mantenere la casta sacerdotale e tutti coloro che prestavano servizio al Tempio (“portate le decime intere nel tesoro del tempio perché ci sia cibo nella mia casa”
Mal 3,10). L’azione di Gesù è pertanto rivolta a un punto nevralgico: il sistema economico del Tempio, la più grande banca di tutto il medio oriente.
Il Dio liberatore e salvatore del popolo era stato trasformato dai sacerdoti del
Tempio – per i propri interessi – in un dio esigente e sfruttatore, di fronte al quale nessuno poteva presentarsi a mani vuote (“nessuno si presenterà davanti al Signore a mani vuote” – Dt 16,16). Il Dio del Tempio, come era diventato, non è quello che dava vita ma quello che la esigeva per sé.
I primi a reagire al gesto di Gesù sono i suoi discepoli che associano l’azione di Gesù al contenuto del Salmo 69 (cfr. v. 10), salmo che verrà ancora citato in questo vangelo in relazione alla passione del Cristo (Gv 15,25=Sal 69,5 e Gv 19,28-29= Sal 69,22). Il termine zelo è associato al nome dei nazionalisti che combattevano i romani, gli zeloti (2Mac 4,2), ma soprattutto a quello che animava il bellicoso profeta Elia: “Sono pieno di zelo per il Signore…” (1Re 19,14), uno zelo col quale sterminava tutti quelli che riteneva nemici del suo Dio (“… e con zelo li ridusse a pochi…” – Sir48,2).
In base a questi passi questo è il Messia atteso dalla gente, un “uomo di Dio” come Elia, uno che con la violenza appaghi la grande frustrazione del popolo sottomesso e umiliato. Nell’azione di Gesù i discepoli credono di veder realizzata la profezia di Malachia della purificazione del Tempio: “Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore … egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’ oblazione secondo giustizia” (Ml 3,1-3).
Ma Gesù non è venuto a restaurare le istituzioni antiche: queste scompaiono di fronte alla nuova realtà, la manifestazione piena e definitiva della gloria-amore di Dio in Lui.
Risposero dunque i Giudei e dissero a lui: Che segno mostri a noi poiché queste cose fai?
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?". Le autorità del Tempio, alle quali era rivolto il rimprovero di Gesù, reagiscono alla sua azione e chiedono con quale autorità si comporta così. Chiedono un segno, cioè un avallo divino che giustifichi il suo comportamento.
Costante del vangelo è che quanti non credono chiedono continuamente dei segni.
Rispose loro Gesù: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere".
Mentre per “tempio” s’intende tutto l’insieme di edifici dell’area sacra, il “santuario” era la costruzione più importante del Tempio, quella dove risiedeva la gloria-presenza del Signore nel Santo dei Santi.
Alla richiesta del segno Gesù risponde annunciando la sua morte, che sarà la massima manifestazione della gloria-amore di Dio. Saranno le autorità religiose che uccideranno Gesù, ma non lo distruggeranno. I segni che Gesù farà, tutte comunicazioni di vita, sono un pericolo per il falso Tempio (Gv 11,47).
Dissero allora i Giudei: (in) quaranta e sei anni fu edificato il tempio questo,e tu in tre giorni innalzerai esso? Gesù parla del “santuario” ma i Giudei intendono il Tempio di Gerusalemme ricostruito da Erode il Grande e ancora in corso di costruzione. Erode aveva assunto 10.000 operai più mille sacerdoti ai quali fece apprendere il mestiere di muratore, per lavorare nei luoghi proibiti ai semplici fedeli. Il Tempio erodiano copriva un’area che era il doppio del foro romano, era lo spazio sacro più grande dell’antichità.
Ma egli parlava del tempio del suo corpo. È il corpo, l’umanità di Gesù, il definitivo e vero santuario che contiene la pienezza dello Spirito di Dio. Ogni tempio, o ogni santuario, dovrà essere confrontato e rapportato alla realtà di Gesù. L’espressione santuario del suo corpo che l’evangelista riferisce a Gesù sarà estendibile a tutti coloro che possiederanno lo Spirito (Gv 7,39), anch’essi saranno il santuario di Dio nel mondo, come scrive Paolo ai Corinzi: “Non sapete che siete santuario [nao.j] di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?... Perché è santo il santuario di Dio che siete voi” (1Cor 3,17).
Quando dunque risuscitò da (i) morti, si ricordarono i discepoli di lui che questo aveva detto, e credettero alla Scrittura e alla parola che aveva detto Gesù. Sono i fatti, le esperienze, quelle che illuminano la parola del Signore (“In lui era la vita e la vita era luce degli uomini” Gv 1,4).
L’evangelista segnala che per tutta la narrazione i discepoli manterranno un comportamento ottuso: l’ideologia religioso-nazionalista impedirà loro di scorgere la novità della figura del Cristo. Solo con la risurrezione del Cristo giungeranno alla piena luce!.
L’evangelista invita a non proiettare in Gesù le proprie aspettative e i propri desideri e anche le proprie necessità, vedendo nel Cristo la realizzazione delle proprie speranze. Chi lo fa non può che rimanere deluso come Nicodemo.
Gesù non realizza la nostra volontà, ma ci aiuta a realizzare quella del Padre.

Riflessioni Personali:
Un filone interpretativo insiste sulla scarsa considerazione di Gesù per il Luogo di culto, fino a volerlo sostituire con il culto dentro il proprio cuore nella comunione con Dio ed i fratelli. Ma si può esagerare seguendo questa linea fino alla condanna di ogni esteriorità, la quale, se è semplice cura delle apparenze (spesso fastose…) è davvero da condannare.
C’è da considerare che siamo incarnati nella realtà concreta e quindi il vivere la vita liturgica è un mezzo ineliminabile della vita di fede. Vinciamo piuttosto l’aridità (spesso frutto di poca preparazione ad usare i gesti rituali come mezzo e non come fine) che vorrebbe alcuni incontri ecclesiali spontanei e festosi in forme simil-laicali. La vera festa è esigenza del profondo del cuore, che non ci isola e no ci rende massa, bensì ci fa sentire il bisogno di esprimere la gioia di incontrarci umanamente e nel medesimo tempo nel rapporto con l’Invisibile. Ausilia