mercoledì 28 marzo 2012

Domenica delle Palme 2012


Marco 11, 1-10
 1 Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bétfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli 2 e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. 3 E se qualcuno vi dirà: "Perché fate questo?", rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito"». 4 Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. 5 Alcuni dei presenti dissero loro: "Perché slegate questo puledro?". 6 Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. 7 Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro Questa mantelli ed egli vi salì sopra. 8 Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. 9 Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 10 Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!".

Una semplice riflessione personale
Mi hanno sempre commentato che Gesù sia entrato a Gerusalemme da trionfatore, per poi  uscirne sconfitto.
No questa è la storia di alcuni momenti della nostra storia personale.
Il trionfo è reso a  Gesù da gente qualsiasi, pronta a fanatizzare, cascata nella rete di credersi ‘qualcuno’ quando qualche piccolo o meno piccolo carisma emerge dall’esistente quotidiano.
Gesù appare come uno che cede all’entusiasmo delle masse.
C’è tanta bontà nella sua condiscendenza ad un precario trionfo; anzi pare averlo provocato. Non se ne sta guardingo, come noi, a prendere le distanze da chi esulta affascinata dal miracoloso, da chi si rifugia nel devozionalismo insulso, si lascia prendere la mano da mille credenze riti eccetera. Siamo noi a sentirci dalla parte giusta, elitaria, dei proclamatori di una fede depurata da tanti ‘fronzoli’; di ritorno al Vangelo; di disprezzo per una Chiesa potente scandalosa e inefficace a salvare il mondo. Siamo noi a preferire il Gesù fustigatore dei “mercanti del Tempio”…
Eppure Lui è anche questo che si presente in forme di maestà da baraccone…
Egli guarda in profondità e si assimila all’essere umano in tutte le sue dimensioni.
Con Pazienza, attendendo il passaggio, doloroso ma fermo, verso la Verità di Se stesso, oltre l’osanna ed oltre il crucifige: verso la VERA VITA.
Ausilia

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho letto il tuo ultimo scritto nel blog e capisco il tuo punto di vista. Come al solito mi sento chiamata in causa ed ho riflettuto sulla questione. Per quanto mi riguarda, nei casi che tu esponi, io non mi sento migliore ma semplicemente mi sento indifferente a delle cose che non risuonano dentro di me. Questo non vuol dire che i devozionalismo sia male. Va bene per alcune persone che si trovano ad un certo punto del loro cammino evolutivo. Anche io sono passata per quella fase, ed è attraverso essa che sono poi giunta a quella attuale, che non è meglio o peggio, ma modo di sentire altro. Jolelle

Ausilia ha detto...

Mia cara Joelle
Capisco che il tuo atteggiamento di fronte ai devozionalismi non è di disprezzo ma di indifferenza; però non sono lo stesso tanto d’accordo. Se dobbiamo ‘seguire’ Cristo, dobbiamo saperci immergere nella folla: non sempre, ma nei momenti in cui è bene orientare la nostra presenza tra i credenti verso la visibilità; cosa che ritengo doverosa (ma tu fa’ come credi). Io ‘misereor super turbam’ (= ho cam-passione della folla dei credenti), e non solo. Trovo dell’autenticità di fede in parecchi che non sanno usare altro modo di esternare il proprio bisogno di sacro – da intendere come trascendenza rispetto al ‘comune’ - se non quello di fare dei gesti che somigliano a quelli dei bambini quando si rifugiano in chi li protegge o da cui vogliono ottenere qualcosa. Ci può essere in essi tanta semplicità, e guai se togliessimo alla gente la possibilità di cercare altro rispetto a ciò che appaga sensi e passioni terrene.
La tua fase è da accettare, ma certamente ti associa ai gusti aristocratici dei ‘puri’ lo startene per conto tuo. L’interiorità va sempre accompagnata da qualcosa di esteriore per non essere narcisismo o romanticismo o quant’altro ci fa confrontare con Dio (?) e non con gli altri, tutti gli altri, a seconda dei tempi e dei luoghi. Ausilia

Anonimo ha detto...

Non parlerò di Chiesa, preti, politica e marciume vario, ma del sentimento (affetto da depressione) che mi anima. Anche leggendo una banale rivista, sento profondamente il VUOTO che campeggia e di cui ci nutriamo. Amori(?) presi e lasciati, donne in Afghanistan che si preparano a difendere la loro terra imparando a sparare, reduci di guerra in cura psicologica per il resto della loro vita. Ma perchè è tanto difficile capire che c'è bisogno di amore? Perchè ancora dopo migliaia di anni continuano ad uccidersi? L'evoluto tecnologicamente Giappone disastrato dallo scoppio di una centrale atomica. Perchè se sei così evoluto non ti accorgi del pericolo potenziale che una determinata cosa può essere? Si parla di crisi, di licenziamento facile per favorire le aziende e le multinazionali straniere, e intanto due poveracci si danno fuoco perchè non sanno come arrivare a fine mese, e nella pagina successiva gli abiti della nuova stagione a prezzi stratosferici, e sicuramente ci sarà qualcuno che potrà comperarli...
Scusami se sono così confusionaria ma il dolore del mondo è troppo pesante e mi schiaccia, mi crea un senso di rivolta... Il dolore può essere sicuramente utile, ma molto del dolore esistente potrebbe essere evitato perchè creato da noi stessi e dal sistema suicida che abbiamo creato, e che ci soffoca.... Credo che Dio non voglia questo tipo di dolore, ma permetta il dolore che ci costruisce, che ci apre nuove finiestre nell'interiorità, che ci allarga lo sguardo oltre i confini della "siepe" ... alla vera VITA, quella a cui tu sei preparata! Ancora Joelle

Ausilia ha detto...

Questi discorsi seguono un criterio di verità il quale non appartiene e non apparterranno a questa terra "bacata" dal male che la attraversa. Ciò può distruggere l'impegno di chi fa emergere dalla sua interiorità una visione di fede e quindi di speranza. L'amore, sempre imperfetto è immobilizzato dal peggiore degli atteggiamento: Accusare il male ed i mali (realissimi) invece che continuare la salvezza operata da Cristo, affidata da Dio a che è dalla sua parte. Si può fare pochissimo? Ma chi dice che il piccolo seme, quasi invisibile, non attecchisca attraverso una generosa adesione al divino, l'unica destinata a preparare "TERRA NUOVA E CIELI NUOVI"?
E' la ragione che ti fa dire quello che dici, non l'adorazione del mistero di Dio. I mistici, solo loro salveranno il mondo assieme a Cristo....... Ascolta dentro di te questa POSSIBILITA', tutta tua, ma tutta volta a COSTRUIRE questo nuovo mondo possibile.
Ausilia

Anonimo ha detto...

Allora dovrebbe passare tutto sotto silenzio? Chi può dire quale sia il giusto mezzo?
Joelle

Ausilia ha detto...

Come risposta a Joelle:
“La vicenda umana di Aung San Suu Kyi ha marcato l’immaginario collettivo dell’umanità intera. La sua è una di quelle rare figure che con coraggio estremo e un’enorme forza interiore hanno segnato lo spirito del nostro tempo”. Così in un passaggio del suo libro “Aung San Suu Kyi. Lady Burma” (Editori Internazionali Riuniti, prefazione del Dalai Lama) Ugo Papi descrive con efficacia questa donna straordinaria e la sua vicenda umana e politica. Figlia di Aung San, il Padre della Patria, Suu Kyi ha trascorso 15 anni tra carceri e arresti domiciliari conducendo un’opposizione ferma contro il regime militare di Myanmar. Le fu assegnato il Premio Nobel per la Pace nel 1991 e oggi ha vinto trionfalmente le elezioni politiche in Birmania, ottenendo per il suo partito 40 seggi (sui 45 previsti). Il popolo non le ha dato solo fiducia, ma ha riposto in lei le speranze dell’affermazione, finalmente, della democrazia. “Il suo unico libro finora pubblicato da quando ha iniziato la sua battaglia - continua Ugo Papi -, si intitola non a caso ‘Libera dalla paura’. Perché sentirsi liberi non dipende secondo Suu Kyi dalle condizioni esterne, ma dalla forza d’animo che ci fa liberi dentro e ci permette di mantenere dignità e determinazione anche di fronte alla violenza e all’oppressione più cieca”.