venerdì 19 settembre 2014

DOMENICA XXV T.O. anno A

1) I testi

Is 55,6-9
Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

Sal 144
Ti voglio benedire ogni giorno, / lodare il tuo nome in eterno e per sempre. / Grande è il Signore e degno di ogni lode, / la sua grandezza non si può misurare. / Paziente e misericordioso è il Signore, / lento all'ira e ricco di grazia. / Buono è il Signore verso tutti, / la sua tenerezza si espande su tutte le creature. / Giusto è il Signore in tutte le sue vie, / santo in tutte le sue opere. / Il Signore è vicino a quanti lo invocano, / a quanti lo cercano con cuore sincero.

Fil 1,20-27
Fratelli, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.

Mt 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola : 1 Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2 Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3 Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4 E disse loro: “Andate anche voi nella vigna, quello che è giusto ve lo darò”. 5 Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6 Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state lì tutto il giorno senza far niente?”. 7 Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. 8 Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino a primi”. 9 Venuti quelli delle cinque del pomeriggio ricevettero ciascuno un denaro. 10 Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11 Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12 dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13 Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14 Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15 Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16 Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.

3 Veloce sguardo d’insieme sui testi
In tutti e quattro i testi risuonano gli stessi insegnamenti:
Isaia scuote i deportati in Babilonia per indicare i criteri di Dio, il quale largamente per-dona (=sommamente dona): se essi saranno riscattati e potranno tornare in Israele, non sarà per loro merito ma per iniziativa gratuita del Signore.
Salmo 144 – Qui gli stessi concetti sono espressi sotto forma di lode al Signore: la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Egli è vicino a chi lo invoca con cuore sincero. 
Paolo, in carcere, riceve da Filippi, la più amata comunità “europea”, Epafrodito che gli porta consolazione e denaro: è una visita inattesa, la quale lo aiuta a sostenere le angustie e la prigionia di Efeso.
Ed ecco la sua riflessione: assediato dalla quotidianità e prigioniero del proprio corpo in cui avverte la fatica di vivere, è disponibile continuare a vivere se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, cioè continuare a prodigarsi per gli altri.
Matteo - Nella parabola l’autore del vangelo di Matteo si sforza di dirimere una controversia sorta tra quegli ebrei convertiti che mal sopportavano di essere trattati alla pari dei gentili. Egli li ammonisce a non attendere ricompense adeguate ai propri sforzi: la giustizia di Dio si ispira a criteri che superano ogni logica umana. C’è da dedurre che la migliore ricompensa è saper vedere tutto alla luce di Dio anziché del lanternino umano.

4 Analisi di Mt 20,1-16

1 Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
È questa la quinta delle sette volte in cui Gesù paragona il Regno dei Cieli a situazioni particolari.
L’immagine della vigna compare soltanto in Matteo in tre parabole, sempre come richiamo di YHWH al popolo di Israele, presso il quale esistevano grandi latifondi e i braccianti venivano assoldati giorno per giorno secondo le necessità del lavoro.
Il fatto che sia il padrone, e non un suo incaricato, ad uscire all’alba in cerca di operai, dimostra quanta importanza si desse al lavoro.
2 Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna.
Il denaro, moneta d’argento che pesava circa 4 grammi, era la paga abituale per gli operai.
3 Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4 E disse loro: “Andate anche voi nella vigna, quello che è giusto ve lo darò”. 5 Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto.
6 Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state lì tutto il giorno senza far niente?”.
La proposta di lavorare nella vigna viene ripetuta varie volte nel corso della giornata: il lavoro normalmente terminava proprio verso le cinque, al momento del tramonto, e quindi gli ultimi chiamati hanno dato un contributo lavorativo quasi nullo.
7 Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Dunque la loro chiamata si deve più al desiderio del padrone di aiutarli che all’effettivo bisogno del loro lavoro.
8 Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino a primi”.
Colui che era stato presentato inizialmente come il padrone, viene ora chiamato signore: l’evangelista vuol far comprendere che il suo comportamento rappresenta quello del Signore.
9 Venuti quelli delle cinque del pomeriggio ricevettero ciascuno un denaro.
10 Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro.
11 Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone
12 dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
13 Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro?
In questo versetto compare il termine amico, usato solo da Matteo, che significa compagno, collega: lo stesso che Gesù usa nel rivolgersi a Giuda.
14 Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te:
15 Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”
Si legge dietro le righe che nella comunità di Matteo circolava la mormorazione, quel movimento sotterraneo che aggrega diverse persone le quali si fanno forza vicendevolmente con il loro malumore per poi esprimersi in accuse e lamentele.
L’etimologia del termine invidioso è illuminante: in-videre, significa “non vedere”, “vedere contro”, ed esprime lo sguardo torvo di chi  si chiede: perché lui sì e io no?; perché a lui come a me che meritavo di più?. L’invidia acceca.
L’evangelista pone in contrapposizione il maligno e il buono, aggettivi che si riferivano rispettivamente al diavolo, contrapposto all’unico buono; e ciò per mettere in rilievo che nella nuova alleanza la Legge dovrà essere sostituita dall’Amore gratuito.
16 Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.
La tecnica letteraria (chiasmo) apre, intercala e chiude la parabola con la ripetizione di ciascun termine per tre volte con l’intento preciso di imprimere nella memoria ciò che si vuole comunicare.

5 Considerazioni

- La giustizia è importante, ma rischia di sfociare nell'arida contabilità dei meriti; Dio invece va oltre la giustizia: davanti a Lui contano il bisogno e le necessità dei singoli.
- Un brevissimo cenno al confronto tra l’epikeia greca e la Misericordia divina di cui parla la Bibbia: nell’Etica Nicomachea Aristotele aveva determinato il rapporto tra epikeia (=equità) e giustizia: l’equo è, sì, giusto, ma agisce guardando le cose come le può guardare soltanto un Dio.
- Bisogna avere gli occhi bendati per non vedere le contraddizioni insanabili della giungla terrena, non solo di ieri, ma anche di oggi: si agita l’allarme di possibili guerre, alcune delle quali sono già in atto qua e là; c’è una marcata crisi nell’economia, nelle famiglie e nei costumi; serpeggia un senso di sfiducia nella politica e nella giustizia (non sempre giusta nemmeno dal punto di vista legale); è terrificante la disumanizzazione, di cui il taglio delle teste e gli episodi di violenza, che prosperano perfino all’interno delle famiglie, sono macabro segnale, et cetera. Da dove ci verrà la salvezza se non sappiamo invocare l’aiuto di Dio, anche con un semplice grido di aiuto rivolto a Lui?
- Ecco le frasi  dai testi liturgici che trovano risonanza in me e ripropongo a chi legge:
a) Isaia: i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie.
b) Sal 144: Il Signore è vicino a quanti lo invocano.
c) Paolo: Comportatevi in modo degno del vangelo di Cristo [in modo rispettoso della dignità umana].
d) Matteo: Amico, io non ti faccio torto – oppure sei invidioso perché io sono buono [anche con i peccatori]?.



1 commento:

Unknown ha detto...

In-videre = non vedere. L'invidia è in effetti un sentimento che acceca, non ci fa vedere come in realtà stanno le cose. Ci fa credere di essere vittime dell'ingiustizia altrui e nello stesso tempo ci fa diventare carnefici con la nostra lingua sempre pronta a criticare. I nostri pensieri sono veramente piccoli a confronto con quelli di Nostro Signore, anzi sono niente. Bisogna, però, entrare e rimanere in sintonia con questi pensieri, perché razionalmente parlando è veramente difficile applicarli nella quotidianità. Occorrerebbe cercare di vivere più momenti possibili di ogni nostra giornata alla presenza di Dio per tentare di fare ciò che farebbe o direbbe Lui. Sembra semplice, ma non è facile perché siamo troppo distratti e soprattutto presi a pensare solo al nostro amor proprio. Grazie Ausilia per gli spunti che ci dai per farci riflettere e per vivere in modo più conforme ai pensieri di Dio