23
giugno 2013 XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno C
Zaccaria
12, 10-11; 13,1; Galati 3, 26-29
Luca 9,
18-24
18 Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I
discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19 Essi risposero: «Giovanni il
Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite
che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21 Egli ordinò loro
severamente di non riferirlo ad alcuno. 22 «Il
Figlio dell’uomo -disse- deve
soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli
scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». 23 Poi, a tutti,
diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro
a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24 Chi vuole salvare la propria vita, la
perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».
PREMESSA
Per prima cosa bisogna inquadrare lo
svelamento dell'identità di Gesù, così come è riportato nel testo di Luca, in
un contesto di preghiera fatta in intima solitudine, anche se nella tacita
presenza dei suoi. La preghiera è domanda che sale dalla terra al Cielo, è
l’unico contatto possibile con la trascendenza; e perciò richiede il silenzio e
la solitudine, sostenuti dalla compartecipazione dei pochi che, pur senza
capire, sanno stare-accanto dal punto di vista esistenziale.
In Luca, come negli altri evangelisti,
l’identità di Gesù non è proclamata da lui stesso, ma chiesta come
riconoscimento ai suoi; e ciò, non all'inizio, ma dopo un lungo cammino assieme
a loro, che l'hanno guardato ed ascoltato, e sono stati testimoni del suo
operato.
Per mettere in rilievo cosa emerge
direttamente dal brano proposto oggi bisogna partire dalla convinzione, propria
degli studiosi più documentati dal punto di vista esegetico, che in principio c’era il
kerigma, non Gesù di Nazaret; ciò che gli evangelisti hanno stato scritto rispecchia la testimonianza dalla chiesa in seno alla
quale li hanno redatti. E’ certo che Luca è stato assiduamente vicino a
Paolo. E quando tutti hanno l'abbandonato perché ormai vecchio [ahimè che
tristezza fa quest’abbandono nei riguardi de un uomo della grandezza di
Paolo!], in 2Tim 4,11 lasciava una frase: “Di
fronte all’abbandono di tutti, solo Luca è rimasto con me”. Una frase
attraverso la quale emerge l’umanità di Luca: e non è poca cosa per poter
apprezzare i tratti con i quali egli ha saputo ‘dipingere’ l’atteggiamento
della fede professata da lui e proposta a chiunque apra uno spiraglio verso di essa
nel proprio intimo..
A - La confessione di Pietro
v.20 Tu sei il Cristo di Dio.
Siamo di fronte ad
un atto di fede, non ad una formula canonica.
L’articolo determinativo sottrae Cristo, l'Unto
[Cristo significa unto] alla serie dei profeti; come se Pietro avesse voluto
dire: tu sei un dippiù di loro. L’aggiunta
di Dio potrebbe
essere intesa in riferimento a Mt 16,16 “Tu
sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”, ma è prevalente l’idea che
associa il Messia al ‘liberatore dalle mani dell’esercito d’occupazione’ (cfr. Lc
23,35).
Gesù
applica a se stesso l’appellativo di Figlio dell’uomo, uiòs tù
anthròpu, dove uomo indica l'essere umano, non il maschio, in greco anèr. L’espressione è
ricorrente nei Vangeli. La sua traduzione letterale può sembrare curiosa e
ridondante perché ogni essere umano è figlio di un essere umano. Tuttavia nella
tarda tradizione ebraica (vedi l'espressione aramaica che costituisce il testo
base per la traduzione greca) aveva una
forte connotazione messianico-escatologica (cfr. Dan7,13-14).
v.21 Egli ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno.
Gesù,
sconcertando, mette silenzio anche sulla definizione di Pietro. Mette in
guardia dalle professioni di fede che potrebbero trasformarsi in propaganda
nella stessa esaltazione della croce.
B - La sofferenza in Gesù e nell’umanità
La sofferenza di Gesù
nei vangeli è proposta e segno della sequela di Gesù. Ma essa si pone sul solco
della sofferenza universale: inspiegabile perché dietro di essa si annida l’altra presenza ancor più enigmatica del male. Contro tale mostro che morde
l’esistenza dei sofferenti e dei soli nella terra, apre uno spiraglio di luce soltanto
la condivisione. Questa nella chiesa cattolica è celebrata come carità e
come servizio; invece è autentica soltanto se tradotta in gesti non reclamizzati, semplicemente concreti, propri di una fede dilatata a chiunque ne sia capace.
1) QUALCHE VOCE LAICA.
Thomas S. Eliot: così
si esprime: “people change, and
smile: but the agony abides (la gente cambia, riesce a sorridere, ma
l’agonia-lotta della sofferenza permane);
con ciò egli denunzia l’ssurdità del male che la causa. Franz Kafka propone: “Tutte le sofferenze che sono attorno a noi
dobbiamo patirle anche noi. Noi non abbiamo un solo corpo, ma abbiamo una
crescita, e questo ci conduce attraverso tutti i dolori, in questa o quella forma”.
2) NELL’ANTICA
ALLEANZA
Testo fondamentale è
quello Qoèlet: Giobbe denuncia polemicamente Il rischio della
semplificazione teoretica o del dogmatismo ideologico, contro gli amici teologi. Isaia, cap.53, presenta
la figura anticipatrice della via proposta da Cristo, il Servo di YHWH, il quale assume su di sé la sofferenza umana. La si
potrebbe commentare attraverso un autore dei tempi nostri, Paul Claudel: “Dio non è venuto a spiegare la sofferenza,
è venuto a riempirla della sua presenza”.
3) NEI
VANGELI
I vangeli sono
percorsi dal dramma di Cristo crocifisso. La tradizione cristiana delle origini
fu proprio una narrazione della passione e morte di Cristo. Il male fisico e
morale, la morte e lo scandalo della sofferenza furono subito considerati
centrali nell’annunzio cristiano, anche se illuminati dalla speranza nella
risurrezione. Diversamente dalle cosiddette “Vite degli eroi”, molto popolari
nel mondo greco-romano, il cristianesimo ha dato una prevalenza
sorprendente proprio alla sconfitta del suo fondatore sotto l’impeto del male.
3) NELE
TESTIMONIANZE PROFETICHE CRISTIANE
Esse ricorrono con
insistenza, anche se senza una continuità scontata. Una tra tante la leggiamo
attraverso le parole di Meister Eckhart (1260 ca.-1327): “nulla sa più di fiele del soffrire, nulla sa più di miele dell’aver
sofferto; nulla di fronte agli uomini sfigura il corpo più della sofferenza, ma
nulla di fronte a Dio
abbellisce l’anima più dell’aver sofferto”.
4) NEL CLIMA
ATTUALE
Oggi il culto della
contemporaneità consuma tutto nell’immediatezza attraverso le banalizzazioni
del consumismo, delle velocizzazioni vuote del web e del digitale; e trova una
sua roccaforte nella cultura laicista (che riduce il corpo a pura biologicità e
trova rifugio nel mondo asettico della tecnica), nonché nell’humus politico
sociale proprio di un ciclo storico che sembra involversi per esaurimento dei punti
fermi del passato, corrosi dalla troppa crescita e dall’espansione globale.
C’è da chiedersi come
possa realizzarsi un dialogo, un incontro tra la grande tradizione profetica e
mistica ed il caos attuale. Gli spazi stessi della mistica ridondano di
variegate espressioni nelle quali si nacondono insidie diversificate ed
omologhe.
Aiuta alla
riflessione una citazione tratta dalla dichiarazione del vescovo di Orano,
Algeria, Pierre Claverie, dopo il sacrificio dei sette monaci trappisti,
quaranta giorni prima di essere a sua volta assassinato: "Non è forse
essenziale per un cristiano essere là, nei luoghi della sofferenza, di
abbandono? Dove potrebbe mai essere la Chiesa di Gesù Cristo se non fosse
innanzitutto là? Per quanto possa sembrare paradossale, la forza, la vitalità,
la speranza, la fecondità della Chiesa proviene da lì. Non da altrove né
altrimenti. Tutto il resto è solo fumo negli occhi, illusione mondana. La
Chiesa inganna se stessa e il mondo quando si pone come potenza in mezzo alle altre,
come un'organizzazione, seppur umanitaria, o come un movimento evangelico
spettacolare. Può brillare, ma non bruciare dell'amore di Dio, forte come la
morte (Ct 8, 6)”.
Ma mi permetto di notare che tutti gli appelli
alla chiesa si riducono a flatus vocis in quanto rivolti ad un’astrazione: concrete
sono le persone che hanno nome e cognome e che si possono raggiungere nella prossimità
esistenziale.
[Mia mamma –cultura seconda elementare- nelle
feste, quando tutti vogliono condividere il ‘riposo’ con parenti ed amici, faceva
immancabilmente le sue visite agli ammalati relegati dentro un corpo in disfacimento,
e nessuno dei 'sani' lo sapeva]
Gesù
crocifisso come tutti i crocifissi
della storia
grazie per il tuo tacito invito
ad accettare il calice
che tu hai bevuto
ogni giorno ed ogni notte
Nessun commento:
Posta un commento