venerdì 3 gennaio 2014

Epifania 2014

EPIFANIA DEL SIGNORE
Is60,1-6
Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.
Ef3,2-3, 5-6
Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.
Mt2,1-12
1 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: 2 Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo. 3 All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5 Gli risposero: A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: 6 “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”. 7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme dicendo: Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo. 9 Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12 Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
PREMESSA SULLA FESTIVITA’
La solennità dell'Epifania chiude il ciclo delle celebrazioni natalizie ed è celebrata nella data in cui la Chiesa Ortodossa celebra il Natale.
La liturgia della Parola orienta a comprendere questa ricorrenza come la manifestazione del Messia a tutti i popoli.
Il termine deriva dal greco antico epifàino, mi rendo manifesto, e dal discendente sostantivo femminile epifàneia.
Solo nel III secolo i cristiani iniziarono a commemorare con il termine Epifania l'adorazione da parte dei Re Magi, il battesimo di Gesù ed il primo miracolo avvenuto a Cana.
Nel mondo ortodosso, alcuni usano il termine Epifania per indicare la festa che cade sempre il 6 gennaio (o tredici giorni più tardi nelle Chiese che seguono il calendario giudaico) e viene più correntemente chiamata Teofania.
Nella chiesa latina la festa dell'Epifania, dodici giorni dopo il Natale, è parte del Tempo di Natale.
Nelle varie culture la celebrazione dell'Epifania  si accompagna a simboli e tradizioni di derivazione molto antica, frammiste a contaminazioni più recenti, come la Stella-Cometa che guida i Re Magi, l'accensione di fuochi augurali (culti solari), lo scambio di doni, che in Italia sono portati dalla Befana, personificata da una vecchia brutta ma buona, legata secondo la tradizione all'adorazione dei Magi.
Nell’Islam si celebra  la comparsa, alla fine dei tempi, di persone chiamate da Allah a realizzare un preteso vero Islam.
* Questo, che stiamo vivendo, è l'Anno della Fede. E fede vuol dire fidarsi, affidarsi, esprime il desiderio di conoscere il Signore, di incontrarlo davvero. Significa, sull'esempio dei Magi, fare dei passi, mettersi in viaggio, mettersi alla ricerca, in cammino.
LE PRIME DUE LETTURE
a) Is60,1-6
La terza parte del libro di Isaia, chiamata comunemente Terzo o Trito-Isaia, contiene una raccolta di oracoli che si differenziano da quelli che compongono non solo la prima, ma anche la seconda parte del libro. In essi il profeta si rivolge non più agli esiliati, ma ai giudei ritornati da Babilonia in Gerusalemme; il suo centro di interesse è il ristabilimento delle istituzioni teocratiche, le quali sono minacciate dalla infedeltà del popolo. Più che un’opera unitaria, il libretto sembra una raccolta di piccole collezioni preesistenti, all’interno delle quali si riscontra una certa unità tematica. I temi principali sono: l’universalismo della salvezza, la fedeltà a JHWH, la rinascita di Gerusalemme in prospettiva escatologica.
Il primo poema, a cui attingiamo oggi nel brano proposto dalla liturgia, ha come tema la futura glorificazione di Gerusalemme, di cui aveva già parlato il Deuteroisaia. Esso si apre con due imperativi che riflettono anch'essi lo stile di quell’autore: Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere.
La luce, associata al concetto di gloria, è simbolo della presenza di Dio, che aveva posto la sua dimora nel tempio fatto costruire da Salomone in Gerusalemme. Quando però il peccato di Giuda era giunto al culmine, la gloria di Dio aveva abbandonato il tempio e Gerusalemme e si era recata in Mesopotamia, accanto agli esuli. In seguito all’editto di Ciro è Dio stesso che si mette a capo degli esuli e la sua gloria li riconduce nella terra promessa. Ora la gloria di JHWH è ritornata nella città santa, la quale perciò si riempie di luce. La luminosità della città santa provoca un contrasto stridente con tutte le altre regioni della terra, nelle quali invece dominano le tenebre. Questa situazione pone le premesse del movimento che sarà descritto subito dopo: Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.  
L’immagine qui utilizzata è ricavata dal pellegrinaggio annuale che gli israeliti dovevano fare al santuario centrale, portando a JHWH i loro doni. Originariamente il pellegrinaggio non era altro che la visita al santuario locale. Con la riforma religiosa di Giosia si fissò a Gerusalemme la celebrazione delle feste principali, che diventarono occasione, non solo per dare unità al popolo nel contesto di un culto unitario, ma anche per approfondire la sua formazione religiosa. Ora però coloro che salgono in pellegrinaggio a Gerusalemme non sono più i giudei, ma le popolazioni straniere che portano con sé i giudei residenti in mezzo ad esse, quasi come offerta a JHWH.
b) Ef3,2-3, 5-6
Paolo, scrivendo agli Efesini, insiste sullo stesso argomento, ossia sulla chiamata di tutti gli uomini a partecipare alla stessa eredità in Cristo Gesù. E’ questo il mistero che non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.
Nonostante la sua apparente sconfitta, Dio è il vincitore, e ciò apparirà chiaramente alla fine della storia. Allora Dio creerà un mondo nuovo, nel quale prevarranno la giustizia e la pace. Di ciò beneficeranno non solo gli israeliti, ma tutte le nazioni della terra: il progetto di Dio è universalistico.
Questa riflessione doveva essere particolarmente significativa in un periodo in cui le forze del particolarismo erano sempre in agguato.
La profezia di Isaia ha il suo compimento a Betlemme. E’ da lì che si sprigiona la Luce, la quale dirada le tenebre che coprono la terra.
IL BRANO DI MATTEO
a) PREMESSA SULL'EVANGELISTA
Dietro ai 28 capitoli del vangelo di Matteo c’è una complessa storia.
La fonte a cui egli attinge [ne abbiamo parlato in commenti precedenti ad altri passi evangelici] è siglata Q, abbreviazione di Quelle, che significa appunto Fonte: raccoglie i detti di Gesù, loghia, i quali, a loro volta, risalgono alla tradizione orale, chiamata Kerigma, annunzio, proclamato attraverso la comunità primitiva, nella quale si faceva ricorso a testimoni diretti, esistenti ai tempi di Gesù. Ed è Marco il primo evangelista ad utilizzare tale fonte, sicché il prima evangelista è lui anziché Matteo.
L’AT è punto di riferimento costante per Matteo più che per gli altri evangelisti, a dimostrazione che Cristo ne è centro e culmine. Se non si tiene conto di questo dato, la lettura del suo vangelo perde di consistenza.
b) L’EPIFANIA in Mt2,1-12
Il testo di Matteo va letto secondo criteri teologici, dai quali si evince la dimensione universale del Cristo. [Oggi i tempi sono maturi per focalizzare tali criteri, poco o nulla applicati in campo pastorale: Cristo non è patrimonio esclusivo di una religione concreta e neanche della religione rivelata nella Bibbia; ogni persona di buona volontà, a qualsiasi religione appartenga, può trovare nel Cristo senso per la propria vita].
Il capitolo secondo del vangelo di Matteo è composto da quattro episodi che formano un'unità: la visita dei magi è il primo di essi, seguito dalla strage dei bimbi di Betlemme e dalla conseguente fuga in Egitto di Giuseppe con Maria e Gesù; il quarto episodio della lettura odierna parla del loro ritorno a Nazareth alla morte di Erode.
Il testo di Matteo attinge ad una piccola raccolta di testi biblici, con molti rimandi all'AT sotto forma di midrash [nella tradizione rabbinica questo termine designa un’attività e un metodo di interpretazione della Scrittura che, andando al di là del senso letterale, scruta il testo, spesso attraverso racconti, in vista dell’attuazione concreta].
1 Ora, essendo nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano:
Il vocabolo greco magos, derivato dal persiano antico magu-mogu, ha un'ampia gamma di significati, con accezione positiva e negativa: sacerdoti persiani, sapienti, astrologi nel primo caso; maghi, incantatori e ciarlatani (cfr. At.13,6.8) nel secondo. Il testo di Matteo fa pensare a dei sapienti esperti di astronomia, orientali, dunque babilonesi o arabi, o più probabilmente persiani, visto che le pitture antiche li presentano vestiti alla maniera dei persiani. Quest'ultima ipotesi è avallata anche da alcuni padri della chiesa, come ad esempio da Clemente di Alessandria, che vedeva nei magi degli adepti di Zoroastro, e da alcuni vangeli apocrifi, in cui i magi sono personaggi misteriosi. Erodoto li ricorda come interpreti dei sogni. L’indicazione vennero da oriente è piuttosto vaga, tanto che potrebbe indicare la Persia o la Mesopotamia o l'Arabia o il deserto siriano.
L'arrivo a Gerusalemme di persone di alto rango da regni o nazioni pagane è attestato anche altrove: ricordiamo, ad esempio, la regina di Saba al tempo di Salomone (1Re 10,1-13).
Il re citato da Matteo è Erode il Grande che regnò sulla Palestina dal 37 al 4 a.C., rimasto famoso per la sua crudeltà e la sua abilità politica. [Il monaco Dionigi il Piccolo (morto nel 525), nel calcolare la nascita di Gesù Cristo, si sbagliò indicando l'anno 754 dalla fondazione di Roma come anno di tale evento. Oggi si è concordi che la nascita di Gesù sia da situare tra il 7 e il 5 a. C.].
Matteo parla di ‘alcuni Magi’, mentre Luca non ne parla affatto.
Qualche anno fa una missione archeologica di studiosi svizzeri, in uno dei monasteri sparsi all’interno del deserto, ha trovato nella cella di un monaco un disegno dei Magi coi nomi iscritti sotto le loro figure: Melchiorre semitico, Gaspare camitico, e Baldassarre jafetico: Sem, Cam e Jafet erano figli di Noè, che, usciti dall’arca, ripopolarono la terra [naturalmente non siamo nel terreno della storia].
2 Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo.
Il motivo del sorgere della stella, insieme a quello del pellegrinaggio dei popoli pagani (stranieri) al monte Sion, è ben attestato nell’AT, e Matteo adopera ambedue nella storia sulla nascita di Gesù, per il loro carattere messianico.
Paradossalmente, non sono stati i rappresentanti della religione (sacerdoti, dottori, scribi) a rendersi conto di quell’evento, ma un gruppo di stranieri, i quali, dopo aver percepito quel segno particolare, informano i giudei sulla nascita del nuovo re.
L’evangelista vede compiuto l’oracolo di Balaam con la nascita di Gesù, la cui regalità non si caratterizza per il suo potere né per la sua tirannia (attributi di Erode) bensì per la sua debolezza: un bambino appena nato. Massima espressione di tale debolezza verrà manifestata sulla croce dove apparirà di nuovo il titolo re dei Giudei.
Tra gli studi fatti sulla stella dei Magi c’è un volume del Planetarium di Chicago. Ci sono quelli che ricorrono alla cometa di Halley, ma si sa ormai che essa è passata sulla Palestina nel 12-11 a.C., e quindi è fuori data (Gesù nasce probabilmente attorno al 6 a.C.). Sono state avanzate altre ipotesi, ma che non approdano ad alcun risultato di certezza storica. L’Apocalisse disegna Cristo stella del mattino.
In sintesi questa stella è il segno della rivelazione cosmica messianica (così come è registrato nell’inconscio e nell’immaginario collettivo). 
3 All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo.
Stranamente nella stella è colto un segno divino soltanto dai pagani (considerati impuri); essa non brilla su Gerusalemme, città tanto santa quanto refrattaria ad accettare segni profetici.
La scena del turbamento ricorda il terrore che, secondo la tradizione riportata da Flavio Giuseppe, prese il faraone e tutti gli egiziani alla notizia della nascita di Mosè, recata loro dai maghi in Es 1,16. Ora l’annunzio della nascita del nuovo re allarma Erode che, in quanto idumeo (di sangue non giudeo e non di stirpe regale), non aveva diritto di essere re e temeva per la stabilità del suo trono.
Matteo anticipa il tema dell'ostilità che il sinedrio mostrerà verso Gesù (cfr. 21,10; 26, 3.57) e anche il capo d'accusa, la rivendicazione del regno (23,37).
Il ricorso agli scribi è dovuto al fatto che essi erano specialisti per professione in S. Scrittura e la esponevano al popolo
5 Gli risposero: A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta
Gli esperti sono convinti che la patria del Messia sia Betlemme, la stessa di Davide: il bambino nato è pertanto il Messia della casa di Davide.
6 "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele".
La citazione è di Michea 5,1, adattata dall'evangelista: Betlemme non è più da considerare la più piccola città di Giuda perché è la patria del Messia.
7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella
Il comportamento di Erode è freddo e calcolatore: si informa con esattezza, per eventuali azioni preventive o punitive e in segreto.
8 e li inviò a Betlemme dicendo: Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo.
Sono i Magi, i lontani, i veri cercatori di Dio, che seguono le indicazioni divine, espresse nella natura e nel testo sacro.
9 Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
Il movimento della stella è sorprendente poiché si muove da nord a sud (trovandosi Betlemme a pochi chilometri da Gerusalemme verso sud), ed è anche sorprendente il suo fermarsi: tutto è lontano da una indicazione di valore scientifico.
10 Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima.
Ecco l'unica nota di gioia in tutto il vangelo dell'infanzia di Matteo (anche in questo molto diverso dal clima del testo lucano, pregnante di sentimenti).
11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.
L'evangelista parla di una casa, volendo sottolineare la dignità del nuovo nato, a differenza di Luca che invece sottolinea la sua povertà (Lc 2,7); entrambi però indicano la presenza di Maria col suo bambino, mentre non compare Giuseppe. La sua assenza può essere giustificata dal fatto che in Israele la figura del binomio re-madre è elemento costitutivo della coppia reale. Matteo ripete il binomio per ben cinque volte nei primi due capitoli del suo vangelo (cfr. 2,11.13.14.20.21), con una formula che sembra pensata per indicare il valore dei personaggi coinvolti nell'opera della salvezza.
I Magi compiono i gesti usuali nell'antico oriente per una visita ufficiale ad un re ed offrono doni. Il testo si ispira chiaramente a Is 60,6, mentre gli oggetti offerti sono quelli più apprezzati in Oriente. Il loro omaggio adorante sottolinea la dignità del bambino, il riconoscimento che gli viene offerto dai popoli pagani e insieme il destino universale della sua missione. Saranno la tradizione successiva al VI secolo e i Padri della Chiesa ad attribuire ai magi, sulla scorta anche dei testi biblici, il titolo di re (a fissarne il numero fu Origene nel III sec.), e ad identificare il significato simbolico dei tre doni: l'oro per la regalità, l'incenso per la divinità (e il ruolo sacerdotale) e la mirra per l'umanità sofferente.
Il termine proskiunèô, rendo omaggio, è tipico di Matteo (per 13 volte). Il suo vangelo, dall’inizio alla fine, presenta la regalità del Messia, avvolta dal divino. L’altro vocabolo importante che l’evangelista adopera in questa scena è il verbo prosphèrô, offro in sacrificio, che nell’AT era sempre evitato quando ad offrire erano i pagani.
12 Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
Anche per i Magi il sogno è il mezzo scelto da Dio per guidare coloro che cercano con cuore sincero la sua volontà; dunque per un'altra strada fecero ritorno al loro paese. Questa indicazione è anche un invito che l'evangelista vuole offrire ai suoi lettori, per stimolarli alla ricerca incondizionata di Dio.

Qui propongo, rimandandolo a domani per non appesantire questo post, una riflessione sui miti e su bisogno di liberarsene.
Intanto concludo con una mia poesiola:
 
nel cammino della mia vita
anch’io come i magi scruto il cielo
per trovare la stella
che mi guidi verso l’ignota meta

se il cielo obnubilato la nasconde
la cerco nel cielo dell’anima mia
e la trovo in un abbaglio di luce
che solo altri occhi possono sfidare

grazie stella segno di Dio
 

 
 

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