domenica 12 agosto 2018

DICIANNOVESIMA


Gv 6,21-31
41 Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: Io sono il pane disceso dal cielo. 42 E dicevano: Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo?” 43 Gesù rispose loro: Non mormorate tra voi. 44 Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45 Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46 Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47 In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.

[Appena l’incipit della solita] RACCOLTA ESEGETICA
Il Vangelo di questa domenica riporta nella sinagoga di Cafarnao, ove Gesù sta tenendo un lungo discorso sul pane della vita. Gesù, riferendosi al passo biblico relativo alla manna inviata dal cielo al popolo d'Israele nel deserto, applica a se stesso il contenuto del messaggio biblico dicendo: Io sono il pane disceso dal cielo.
I presenti al sentire quell’affermazione si domandano: come può costui affermare di discendere dal cielo? Non viene da Nazareth? Molti conoscono i suoi genitori; ricordano persino i loro nomi. Non è quindi possibile che egli venga dall'alto.
La vicenda di Elia prefigurava questo mistero. Il profeta, perseguitato dalla regina Gezabele, dovette fuggire. Dopo una fuga spossante, si accasciò stanco e triste desiderando solo la morte. Mentre le sue forze, soprattutto quelle dello spirito, venivano meno ecco un angelo del Signore scendere dal cielo, svegliarlo dal torpore in cui era caduto e dirgli: "alzati e mangia!".
Elia vide vicino alla sua testa una focaccia e la mangiò. Ma tornò a coricarsi. Fu necessario che l'angelo tornasse da lui per svegliarlo ancora, quasi a voler significare la necessità di essere sempre svegliati dall'angelo e di continuare a nutrirsi del ‘pane della vita’.

Le mille domande che mi assediano e si precisano attraverso

1) UN MISSIONARIO CHE NARRA UN TIPO DI INIZIAZIONE
Perché i bambini sono felici? Perché sanno di essere amati.
La felicità è qui, il senso della vita è qui: sentirsi amati e poter amare.
Chi si lascia colmare dall’amore, farà traboccare questo amore come sorgente che non secca, come la sorgente di Siloe che non secca nella lunga arsura d’estate. È Dio, questa sorgente di Siloe, come diceva Isaia. È Dio, il quale non desidera altro che effondere il suo amore, e colmarci, e renderci capaci di amare.
In varie luoghi dell'Africa ho notato che, sebbene, un antico rito di iniziazione, che (ora con minor durata) permette ai ragazzi di diventare adulti e poter così assumere una vita di responsabilità con tutti i suoi diritti e doveri. In questa esperienza di iniziazione, obbligatoria per far parte del clan, viene chiesto al giovane di dire addio alla vita passata da bambino e di non voltarsi indietro quando lascia i suoi genitori per andare nella foresta, sebbene la madre pianga a causa della paura e del timore di perdere per sempre il proprio figlio. 
Al giovane iniziato viene insegnata la saggezza degli antenati, i comportamenti da assumere in ogni situazione di vita; gli vengono anche presentati modelli di vita vissuta per imitarli. L'iniziato, in tal modo, deve dimostrare di saper costruire la propria casa, di aver il coraggio di cacciare animali pericolosi, superare varie prove di resistenza e di  isolamento e lasciarsi incidere sul proprio corpo un segno di appartenenza. 
Alla fine di tutto, per accedere alla comunità degli adulti, viene chiesto all'iniziato di affrontare il saggio maestro mascherato che lo aspetta sotto l'albero (simbolo della vita), il quale lo esamina bene e poi gli chiede di avvicinarsi a lui e di imitare la nascita di un bambino. Alla fine di tutto gli rivela che ora è rinato ad una nuova vita, la vita della comunità degli adulti, i quali ora possono contare su di lui in qualsiasi momento.
Da quel momento gli viene dato un nome nuovo, un padrino che lo accompagna nella vita, gli viene preparato un bagno di purificazione e lo si accoglie con danze e gioia grande.  Da qui in poi potrà assumere incarichi per il bene di tutti e potersi anche formare una famiglia. Questa esperienza fatta, non potrà più dimenticarla perché viene ritenuta sacra.
La comunità o il clan, solo ora lo potrà ritenere una persona a pieno titolo, rimarcandogli che ha lasciato per sempre "quel bambino che era prima e le cose usate nella sua infanzia". Ora avrà davanti a se nuovi ideali, un modo nuovo di vivere e dovrà fare scelte  coraggiose e responsabili, dove potrebbe anche essere disposto a perdere la vita per il bene della sua comunità.

Introduco le mie osservazioni:
Dunque la fede prenderebbe le caratteristiche, nelle sue parti essenziali, dalla formazione ricevuta da bambini…

2) UN’ESPERIENZA INTERESSANTE

Fu un'iniziativa avviata nel 1987 dal cardinale Carlo Maria Martini arcivescovo di Milano nella sua diocesi.
Consistette in una serie di incontri a tema ai quali il cardinale invitò esponenti sia dichiaratamente credenti sia non credenti; lo scopo fu quello di dare voce, su varie tematiche, a chi non si definisce credente, al fine di confrontarsi con il credente e con le ragioni della sua fede
Tali incontri furono occasione di incontro e dialogo; gli interventi di alcune edizioni furono raccolti in diverse pubblicazioni.
La sede degli incontri variò di anno in anno, anche in relazione della crescente eco che l'iniziativa ebbe e che portò ad un numero sempre maggiore di pubblico.
L'iniziativa si prolungò, di anno in anno, sino al 2002, anno delle dimissioni di Martini dal suo incarico pastorale a Milano per raggiunti limiti d'età.

Questa esperienza mi porta a farmi una domanda più precisa: chi è l’ateo?
Ecco alcune risposte (non mie, che sono luoghi comuni)

a) Gli atei sono spesso immaginati come intolleranti, immorali, depressi, ciechi alla bellezza della natura e dogmaticamente chiusi all’evidenza del soprannaturale. Persino John Locke, uno dei grandi patriarchi dell’Illuminismo, credeva che l’ateismo non dovesse affatto essere tollerato perché promesse, patti e giuramenti, che sono i legami delle società umane, non possono avere alcuna presa su un ateo. Ciò accadeva più di 300 anni fa. Ma, negli Stati Uniti attuali, poco sembra essere cambiato. Ben l’87% della popolazione afferma di non aver mai dubitato dell’esistenza di Dio; meno del 10% si qualifica atea e pare che la sua reputazione stia sempre più deteriorandosi. Siccome gli atei sono spesso tra gli individui più intelligenti e scientificamente preparati di una società, sembra importante ridimensionare i miti che impediscono loro di giocare un ruolo più importante nel nostro contesto nazionale.
Se si dovesse fare una simile statistica nel nostro Paese le cose cambierebbero di poco.
b) Gli atei credono che la vita sia priva di significato
Al contrario, sono le persone religiose che spesso si preoccupano che la vita sia priva di significato e immaginano che possa essere solo redenta dalla promessa della felicità eterna oltre la tomba. In generale, gli atei sono piuttosto convinti che la vita sia preziosa. Si carica la vita di significato vivendola pienamente. Le nostre relazioni non hanno bisogno di durare per sempre per diventare significative. Gli atei tendono a considerare questa paura priva di senso.
c) L’ateismo è dogmatico
Ebrei, musulmani, altri, affermano che le loro scritture hanno una conoscenza dei bisogni dell’umanità talmente approfondita che potrebbero solo essere state scritte sotto la direzione di una divinità onnisciente. Un ateo è semplicemente una persona che ha preso in considerazione tale affermazione, ha letto i libri e ha trovato l’affermazione stessa ridicola. Non c’è bisogno di prendere tutto per fede, o essere in alternativa dogmatici, per rigettare credenze religiose ingiustificate. Come ha detto Stephen F. Roberts, Io sostengo che siamo entrambi atei, solo che io credo in un dio di meno rispetto a voi. Quando capirete perché rifiutate tutti gli altri possibili dèi, capirete anche perché io rifiuto il vostro.
d) Un’alternativa
Forse il più terribile miscredente è l’INDIFFERENTE

ESPONGO, COME POSSO, UN MIO PENSIERO

Anzitutto spiego perché il discorso che riguarda il vangelo di Giovanni al cap. 6 nei versetti 41-51 mi fa ripiegare dalla solita ricerca esegetica alla ricerca, forse tutta mia, di una lettura che vada otre l’esegesi, per un motivo: leggendo la pericope odierna, mi son chiesta: ma a chi serve, per chi è scritto il vangelo? solo per i praticanti cattolici? Ma Dio non ha a cuore tutta l’umanità?
Le parole lette in Giovanni Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo, mi suonano tristi: l’eternità sarebbe solo per chi mangia il pane-Gesù; e la vita consegnata  da Gesù al Padre sarebbe per il mondo, e non per tante altre vite che non conterebbe nulla
Forse la fede è un grande aiuto per l’umanità che non lo sa trovare in se stessa e vede spesso il vuoto attorno a sé: vuoto di senso principalmente, frustrazione al suo bisogno di vivere a cui nessuna religione, cultura ecc. sa dare una risposta, o è qualcosa di di più profondo?
E che cosa è la rivelazione?
Certamente non è quella che ci hanno insegnato, poiché ci sono tanti e diversificati concetti che la spiegano.
Non mi prolungo.
EPPURE IO CREDO.
Anzitutto se racconto la mia esperienza interiore, non la propongo tale e quale ad altri. Ma si tratta di una via percorribile per alcuni.
E, siccome a me interessa tutta l’umanità, anzi tutto il mondo (oltre la terra, oltre le galassie), penso a Nietzsche che parlava di un mal-tradotto superuomo, il quale in realtà sarebbe stata una umanità piena  quale mai si era realizzata, ma che sarebbe stata l’umanità del futuro… (e morì pazzo per aver concepito tale possibilità).
Io credo alla possibilità di un’umanità rinnovata; ad un’umanità costruita da chi vede tutte le incongruenze della vita e si impegna con se stesso ad agire come se fosse possibile fare qualcosa per il bene di chiunque, ‘come se Dio agisse attraverso di me’. E’ stato detto “chi cambia se stesso può cambiare il mondo”.
E, sapendo di non potercela fare, ricorro a quattro forze: quella della preghiera, quella dell’amore per TUTTI, quella dell’accettazione della mia incapacità, quella di non rifiutare il mio patrimonio religioso, sia pure deformato qual è. Non voglio eliminare le tradizioni dalla mia vita: una Messa partecipata nonostante l’indigeribilità di usi ed abusi ‘sacri’ vale più dell’esegesi più alta. Credere, in ultima analisi, è, vuole essere, per me sentirmi parte di questa umanità non perfetta, ma che qualcuno si deve portarsi sulle spalle ‘sua sponte’, come Cristo…….

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