sabato 11 maggio 2019

QUARTA DOMENICA di PASQUA



QUARTA DOMENICA DI PASQUA

1) il vangelo

Gv 10,27-30

27. In quel tempo, Gesù disse: Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
28. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
29. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre.
30. Io e il Padre siamo una cosa sola.

2) il commento

a) Premessa
- L’immagine evangelica del Pastore richiama uno dei temi più significativi della cultura biblica ebraica.
C’è un dato di fatto di cui tener conto: la maggior parte della Giudea era un altipiano dal suolo aspro e sassoso, più adatto alla pastorizia che all’agricoltura; l’erba era scarsa e il gregge doveva spostarsi continuamente. Non c’erano muri di protezione e questo richiedeva la costante presenza del pastore in mezzo al gregge.
- Nell’Antico Testamento si parla di Dio quale pastore del suo popolo: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. (Sal.23); e i profeti incoraggiano a sperare che Lui avrebbe fatto germogliare dal suo popolo un pastore di sua scelta, dal nome simbolico di Davide quale manifestazione della regalità del Messia.
- Lo stretto legame tra Cristo e David emerge ovunque a livello iconografico: l’immagine del profeta adolescente accanto al suo gregge annuncia quella di Cristo buon pastore (il giovane è generalmente rappresentato da un adolescente imberbe, vestito di una corta tunica, con il mantello quadrato e gli stivaletti).
- L’iconografia del buon pastore nasce dalla trasposizione cristiana delle allegorie della mansuetudine e della filantropia, che erano molto diffuse nella decorazione cimiteriale. Il simbolismo è chiaro: nella figura del Buon pastore viene rappresentato Gesù salvatore e nella pecora si allude all’anima salvata dal suo amore.
- Nei primi secoli del cristianesimo e nel medioevo ci fu ampia diffusione di questa raffigurazione che nei secoli successivi diminuì fino a scomparire.

3)  la pericope di questa IV Domenica di Pasqua
- Il brano evangelico di questa Domenica mette in risalto alcune caratteristiche del Buon Pastore. La prima riguarda la conoscenza reciproca tra pecore e pastore: le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
In certi paesi d’Europa, gli ovini sono allevati principalmente per le carni; in Israele erano allevati soprattutto per la lana e il latte. Esse perciò rimanevano per anni e anni in compagnia del pastore che finiva per conoscere il carattere di ognuna e chiamarla con qualche affettuoso nomignolo.
- Nella famosa poesia di Leopardi intitolata Canto notturno d’un pastore errante, il poeta immagina un pastore che in una notte serena, non avendo con chi parlare, parla con la luna: Dimmi, o luna: … Ove tende questo vagar mio breve?. In altre parole: che senso ha la vita? Non è un correre per monti e valli, su vie sassose, per cadere al fine nel precipizio silenzioso del nulla? L’uomo è appena venuto al mondo e i genitori sentono il bisogno di cullarlo, quasi a consolarlo d’essere nato. Vale dunque la pena di vivere?.
Al dialogo con la luna succede quello con il proprio gregge: O greggia mia che posi, oh te beat!
Che la miseria tua, credo, non sai! Quanta invidia ti porto!. Cioè: quando ti sdrai tu riposi beata; io, se mi fermo, sono assalito da un tedio mortale. L’uomo invidia le bestie perché, non pensando, non si tormentano.
Questa è una delle poesie più sconsolate di Leopardi e tra le più moderne per il respiro cosmico che la pervade. Qualcuno l’ha definita l’anti-Divina Commedia. Lì un universo con al centro la terra e in essa l’essere umano: il tutto rischiarato dalla luce serena della Provvidenza. Qui [con la rivoluzione Copernicana di mezzo] la terra appare un puntino sperduto nell’universo e l’essere umano una passione inutile. Sotto tutto questo tetro pessimismo, qualcuno però ha giustamente intravisto una cosa assai diversa: il sospiro dell’essere finito e caduco verso l’infinito e l’eterno. Un infinito che qui si fa sentire indirettamente, per il dolore che provoca la sua assenza.
- Vediamo che cosa la parola di Dio, e in particolare il Vangelo del buon pastore, ha da dire su questo senso di vuoto e di solitudine dell’uomo nel mondo. La Bibbia ha parole non meno forti di quelle del poeta sulla insignificanza dell’uomo: Un soffio è ogni uomo che vive, come ombra è l’uomo che passa; solo un soffio che si agita (Salmo 38,6). Anche il poeta biblico si sente un puntino da nulla rispetto all’universo, ed esclama: Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? (Salmo 8,4-5). Ma accanto a questa miseria, il salmista vede anche la grandezza umana: …l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna (Salmo 8, 6-9).
Ma basta il pensiero e la coscienza che abbiamo della nostra fragilità per renderci felici? No, la nostra consolazione più grande sta nel fatto che Dio si cura di lui. E’ il suo pastore!
Ecco la voce di uno che ha trovato questo senso:
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza” (Salmo 22).
Chi ha scritto questo salmo era probabilmente anche lui un pastore; ma un giorno ha scoperto di essere anche una pecorella e di avere egli stesso un pastore che vegliava su di lui. La sua vita si è illuminata, la morte (la valle oscura) ha cessato di incutergli spavento e ha sentito il suo cuore (il calice) traboccare di gioia.
Due canti, quello di Leopardi e questo del salmista ebreo, tutti e due di pastori erranti dell’Asia, simili tra loro per sublimità di poesia, ma tanto diversi nel tono! Non è detto che l’uno smentisca l’altro. Sono tante le persone, specie giovani studenti liceali, che sono state aiutate dall’amaro canto di Leopardi a porsi il problema del senso della vita! Ci troviamo di fronte ad un passaggio obbligato per giungere a scoprire l’annuncio rassicurante contenuto nel Vangelo del buon pastore.

4) personale
- Nel mio cammino verso la fede autentica, anch’io ho attraversato vari passaggi, e sono sicura di doverne attraversare ancora pur nella mia tarda età.
Nel lontano passato ho subito il fascino dell’immagine romantica di Cristo fino a staccarmi da ogni rappresentazione di un Dio che, invece, sentivo innestato nel centro del mio essere. Finché un giorno mi dissi: Dio non è nell’immagine.
Ciò è dovuto a quella chiamerei fase razionalistica, propria di chi non ha raggiunto una fase più matura nel rapporto con Dio; infatti, se l’amore verso Dio non va affidato al sentimentalismo, figlio di un devozionalismo malato, nemmeno va consegnato alla sola ragione. Dio non lo si incontra con la sola ragione teologica, incapace di raggiungere la Verità. Ben lo capì Tommaso d’Aquino. Egli in fin di vita rinnegò tutto ciò che di Lui aveva scritto nei suoi grossi tomi: Bruciateli, supplicò, sono paglia!  
- L’elaborazione che si faceva del messaggio cristiano nelle comunità protocristiane ha portato a vedere in Gesù l’immagine del buon pastore, che aiuta a riconoscere ed amare il vero Dio.
Ma qual è la Verità del buon pastore? Il giorno in cui vidi un branco di pecore in transumanza, mi accorsi che un pastore che col bastone e la voce dura sembrava aggredire ogni pecora disobbediente. Sì, le conosceva per nome, ma perché ne conosceva le magagne. II pastore era tutt’altro che buono e pecore erano tutt’altro che obbedienti.
Per me fu la caduta del mito del buon pastore.
Non mi restava che pregare per trovare il senso del mito.

preghiera sei bussola
che mi indica una direzione
un’unica certezza

o meglio un rimando
a qualcosa che sfugge
ai miei sensi distratti

ma m’interrogo
e prego ancora
e tu mi fai sprofondare

in abisso dove
soltanto intravedo
il mistero di Dio

Nessun commento: