QUARTA
DOMENICA DI PASQUA
1) il vangelo
Gv 10,27-30
27. In quel tempo, Gesù disse: Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le
conosco ed esse mi seguono.
28.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le
strapperà dalla mia mano.
29. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre.
30. Io e il Padre siamo una cosa sola.
29. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre.
30. Io e il Padre siamo una cosa sola.
2)
il commento
a) Premessa
- L’immagine evangelica del Pastore richiama uno dei
temi più significativi della cultura biblica ebraica.
C’è un dato di fatto di cui tener conto: la maggior
parte della Giudea era un altipiano dal suolo aspro e sassoso, più adatto alla
pastorizia che all’agricoltura; l’erba era scarsa e il gregge doveva spostarsi
continuamente. Non c’erano muri di protezione e questo richiedeva la costante
presenza del pastore in mezzo al gregge.
- Nell’Antico Testamento si parla di Dio quale pastore
del suo popolo: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
(Sal.23); e i profeti incoraggiano a sperare che Lui avrebbe fatto germogliare
dal suo popolo un pastore di sua scelta, dal nome simbolico di Davide quale
manifestazione della regalità del Messia.
- Lo stretto legame tra Cristo e David emerge ovunque
a livello iconografico: l’immagine del profeta adolescente accanto al suo
gregge annuncia quella di Cristo buon pastore (il giovane è generalmente
rappresentato da un adolescente imberbe, vestito di una corta tunica, con il
mantello quadrato e gli stivaletti).
- L’iconografia del buon pastore nasce dalla
trasposizione cristiana delle allegorie della mansuetudine e della filantropia,
che erano molto diffuse nella decorazione cimiteriale. Il simbolismo è chiaro:
nella figura del Buon pastore viene rappresentato Gesù salvatore e nella pecora
si allude all’anima salvata dal suo amore.
- Nei primi secoli del cristianesimo e nel medioevo ci
fu ampia diffusione di questa raffigurazione che nei secoli successivi diminuì
fino a scomparire.
3) la pericope di questa IV Domenica di Pasqua
- Il brano evangelico di questa Domenica mette in
risalto alcune caratteristiche del Buon
Pastore. La prima riguarda la conoscenza reciproca tra pecore e pastore: le mie pecore ascoltano la mia voce e io le
conosco ed esse mi seguono.
In certi paesi d’Europa, gli ovini sono allevati
principalmente per le carni; in Israele erano allevati soprattutto per la lana
e il latte. Esse perciò rimanevano per anni e anni in compagnia del pastore che
finiva per conoscere il carattere di ognuna e chiamarla con qualche affettuoso
nomignolo.
- Nella famosa poesia di Leopardi intitolata Canto notturno d’un pastore errante, il
poeta immagina un pastore che in una notte serena, non avendo con chi parlare,
parla con la luna: Dimmi, o luna: … Ove
tende questo vagar mio breve?. In altre parole: che senso ha la vita? Non è
un correre per monti e valli, su vie sassose, per cadere al fine nel precipizio
silenzioso del nulla? L’uomo è appena venuto al mondo e i genitori sentono il
bisogno di cullarlo, quasi a consolarlo d’essere nato. Vale dunque la pena di
vivere?.
Al dialogo con la luna succede quello con il proprio
gregge: O greggia mia che posi, oh te
beat!
Che la
miseria tua, credo, non sai! Quanta invidia
ti porto!. Cioè: quando ti sdrai tu
riposi beata; io, se mi fermo, sono
assalito da un tedio mortale. L’uomo invidia le bestie perché, non
pensando, non si tormentano.
Questa è una delle poesie più sconsolate di Leopardi e
tra le più moderne per il respiro cosmico che la pervade. Qualcuno l’ha
definita l’anti-Divina Commedia. Lì un universo con al centro la terra e in
essa l’essere umano: il tutto rischiarato dalla luce serena della Provvidenza.
Qui [con la rivoluzione Copernicana di mezzo] la terra appare un puntino
sperduto nell’universo e l’essere umano una passione
inutile. Sotto tutto questo tetro pessimismo, qualcuno però ha giustamente
intravisto una cosa assai diversa: il
sospiro dell’essere finito e caduco verso l’infinito e l’eterno. Un
infinito che qui si fa sentire indirettamente, per il dolore che provoca la sua
assenza.
- Vediamo che cosa la parola di Dio, e in particolare
il Vangelo del buon pastore, ha da dire su questo senso di vuoto e di
solitudine dell’uomo nel mondo. La Bibbia ha parole non meno forti di quelle
del poeta sulla insignificanza dell’uomo: Un
soffio è ogni uomo che vive, come ombra è l’uomo che passa; solo un soffio che
si agita (Salmo 38,6). Anche il poeta biblico si sente un puntino da nulla
rispetto all’universo, ed esclama: Se
guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?
(Salmo 8,4-5). Ma accanto a questa miseria, il salmista vede anche la grandezza
umana: …l’hai fatto poco meno degli
angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere
delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli
armenti, tutte le bestie della campagna (Salmo 8, 6-9).
Ma basta il pensiero e la coscienza che abbiamo della
nostra fragilità per renderci felici? No, la nostra consolazione più grande sta
nel fatto che Dio si cura di lui. E’ il suo pastore!
Ecco la voce di uno che ha trovato questo senso:
Il
Signore è il mio pastore: non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza” (Salmo 22).
su pascoli erbosi mi fa riposare
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza” (Salmo 22).
Chi ha scritto questo salmo era probabilmente anche
lui un pastore; ma un giorno ha scoperto di essere anche una pecorella e di
avere egli stesso un pastore che vegliava su di lui. La sua vita si è
illuminata, la morte (la valle oscura)
ha cessato di incutergli spavento e ha sentito il suo cuore (il calice) traboccare di gioia.
Due canti,
quello di Leopardi e questo del salmista ebreo, tutti e due di pastori erranti dell’Asia, simili tra
loro per sublimità di poesia, ma tanto diversi nel tono! Non è detto che l’uno
smentisca l’altro. Sono tante le persone, specie giovani studenti liceali, che
sono state aiutate dall’amaro canto di Leopardi a porsi il problema del senso
della vita! Ci troviamo di fronte ad un passaggio obbligato per giungere a
scoprire l’annuncio rassicurante contenuto nel Vangelo del buon pastore.
4) personale
- Nel
mio cammino verso la fede autentica, anch’io ho attraversato vari passaggi, e
sono sicura di doverne attraversare ancora pur nella mia tarda età.
Nel
lontano passato ho subito il fascino dell’immagine romantica di Cristo fino a
staccarmi da ogni rappresentazione di un Dio che, invece, sentivo innestato nel
centro del mio essere. Finché un giorno mi dissi: Dio non è nell’immagine.
Ciò è dovuto a quella chiamerei fase razionalistica, propria di chi non ha raggiunto una fase più
matura nel rapporto con Dio; infatti, se l’amore verso Dio non va affidato al
sentimentalismo, figlio di un devozionalismo malato, nemmeno va consegnato alla
sola ragione. Dio non lo si incontra con la sola ragione teologica, incapace di
raggiungere la Verità. Ben lo capì Tommaso d’Aquino. Egli in fin di vita
rinnegò tutto ciò che di Lui aveva scritto nei suoi grossi tomi: Bruciateli, supplicò, sono paglia!
- L’elaborazione
che si faceva del messaggio cristiano nelle comunità protocristiane ha portato
a vedere in Gesù l’immagine del buon pastore, che aiuta a riconoscere ed amare
il vero Dio.
Ma
qual è la Verità del buon pastore? Il giorno in cui vidi un branco di pecore in
transumanza, mi accorsi che un pastore che col bastone e la voce dura sembrava
aggredire ogni pecora disobbediente. Sì, le conosceva per nome, ma perché ne conosceva
le magagne. II pastore era tutt’altro che buono e pecore erano tutt’altro che obbedienti.
Per me
fu la caduta del mito del buon pastore.
Non mi
restava che pregare per trovare il senso del mito.
preghiera sei
bussola
che mi indica una
direzione
un’unica certezza
o meglio un
rimando
a qualcosa che
sfugge
ai miei sensi
distratti
ma m’interrogo
e prego ancora
e tu mi fai
sprofondare
in abisso dove
soltanto
intravedo
il mistero di Dio
Nessun commento:
Posta un commento