venerdì 3 agosto 2018


DOMENICA DICIOTTESIMA T.O. anno B
 Datevi da fare non per il cibo che non dura…
Luca Signorelli (ca.1450-1523). Nel momento culminante della sua carriera, cortonese e attivissimo nell' area umbra, formulò una vera e propria epopea figurativa che destò la più alta ammirazione di Michelangelo Buonarroti e rimase nei secoli a testimonianza di un momento della storia dell' arte italiana di respiro davvero universale.


24 Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25 Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: Rabbì, quando sei venuto qua?. 26 Gesù rispose loro: In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27 Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo. 28 Gli dissero allora: Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio? 29 Gesù rispose loro: Questa è l’opera di Dio30  Allora gli dissero: 31 I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo. 32 Rispose loro Gesù: In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33 Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo. 34 Allora gli dissero: Signore, dacci sempre questo pane. 35 Gesù rispose loro: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

Raccolta esegetica

INTRODUZIONE
Gesù era fuggito in solitudine sulla montagna, rifiutando l’acclamazione mondana e incredula da parte della folla, che voleva farlo re perché egli le aveva procurato del cibo. Poi nella notte, insieme ai discepoli, era tornato in barca verso Cafarnao, approdando di nuovo sulla riva occidentale del lago di Tiberiade.
Ebbene, ora la folla lo rincorre, ne va in cerca - il verbo ‘ricercare’ nel vangelo di Giovanni è sempre negativo; significa catturare (Gesù) – e, quando lo trova, si rivolge a lui chiamandolo ‘Rabbi’. Rabbi è il maestro della legge: non avevano compreso la novità proposta da Gesù, e cioè un rapporto con Dio completamente nuovo, basato sull’accoglienza del suo amore.
E qui inizia un dialogo tra sordi, un dialogo all’insegna dell’incomprensione, perché la folla chiede il pane per sé, mentre Gesù li invitava a farsi pane per altri. La vita ha una parte biologica che ha bisogno di un alimento superiore: quello che dà ‘vita eterna’. Questa, come afferma  J. Guhrt, non si riferisce ad un’‘altra vita’, ma ad ‘una vita diversa dall’esistenza di prima’.
Questa nuova vita si raggiunge per mezzo della fede, cioè per mezzo dell’adesione a Gesù, al suo messaggio, alla sua maniera ed al suo stile di vita. Quando il Vangelo in noi diventa convinzione, allora si inizia a vivere la vita che cambia noi e il mondo.
Richiesti di operare per il cibo che non perisce, gli interlocutori di Gesù gli chiedono che cosa debbano fare per compiere le opere di Dio, come leggiamo al v.28. La risposta di Gesù spiazza la domanda, attuando il passaggio dalle molte opere all’unica opera, e addirittura identificando l’unica opera con la fede: l’opera è la fede! L’opera di Dio, cioè che consente a Dio di operare nell’uomo, è la fede.
Questo secondo cibo è per la vita eterna, una vita che rimane oltre la morte.
Qui occorre fare attenzione: nessun disprezzo da parte di Gesù per il nostro pane, che egli ci ha chiesto di invocare nel Padre nostro; nello stesso tempo, però, Gesù esorta a desiderare, cioè a lavorare con altrettanta intensità e convinzione in vista di quel cibo che solo Lui può donare, il cibo che dà la vita per sempre. Si tratta di operare per cercare, ottenere, ricevere in dono questo nutrimento e non di andare dietro a lui chiedendogli solo il cibo materiale! Il nutrimento per la vita eterna sarà dato dal Figlio dell’uomo, da Gesù stesso, che il Padre ha segnato con il suo sigillo, mettendo cioè in lui la sua impronta (cf. Eb 1,3), perché il Figlio dell’uomo è immagine del Dio invisibile (Col 1,15), volto del Dio della gloria, parola e racconto che narra il vero e unico Dio (cf. Gv 1,18).

ANALISI TESTUALE
24-27 La gente va dietro a Gesù. Vede che non è salito in barca con i discepoli e, per questo, non capisce come aveva fatto per giungere a Cafarnao. Non aveva capito nemmeno il miracolo della moltiplicazione dei pani. La gente vede ciò che è accaduto, ma non riesce a capire tutto questo come un segno di qualcosa molto più profondo; si ferma alla superficie, cercando pane e vita. Secondo la gente, Gesù fa ciò che Mosè aveva fatto nel passato: dare cibo a tutti nel deserto. Seguendo Gesù, loro volevano che il passato si ripetesse. Ma Gesù chiede alla gente di fare un passo avanti. Oltre a lavorare per il pane temporaneo, debbono lavorare per l’alimento imperituro. Questo nuovo alimento sarà dato dal Figlio dell’uomo, indicato da Dio stesso. Lui porta la vita che dura per sempre. Lui apre per noi un nuovo orizzonte sul senso della vita e su Dio.
28-29 La gente chiede: Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio? Gesù risponde che la grande opera che Dio ci chiede è di “credere all’‘inviato da Dio’, ossia, credere in Lui!
Il Discorso del Pane di Vita non è un testo da essere discusso e sezionato, bensì deve essere meditato ed esaminato più volte. Per questo, anche se non si capisce del tutto, non c’è da preoccuparsi. Questo testo del Pane di Vita esige tutta una vita per meditarlo ed approfondirlo. Un testo così, la gente deve leggerlo, meditarlo, pregarlo, pensarlo, leggerlo di nuovo, ripeterlo, rigirarlo, come si fa con una buona caramella in bocca. Si gira e gira fino ad esaurirsi. Chi legge superficialmente il quarto vangelo può avere l’impressione che Giovanni ripeta sempre la stessa cosa. Leggendo con più attenzione, ci si renderà conto che non si tratta di ripetizione. L’autore del quarto vangelo ha un suo proprio modo di ripetere lo stesso tema, ma a un livello sempre più alto e profondo. Sembra una scala a chiocciola. Girando, si giunge allo stesso punto, ma a un livello più alto o più profondo.
30-33 La gente aveva chiesto: Cosa dobbiamo fare per realizzare l’opera di Dio? Gesù risponde: L’opera di Dio è credere in colui che ha mandato, cioè, credere in Gesù. Per questo la gente formula la nuova domanda: “Quale segno fai tu perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera fai?” Ciò significa che loro non capirono la moltiplicazione dei pani come un segno da parte di Dio per legittimare Gesù dinanzi alla gente quale inviato di Dio! Loro continuano ad argomentare: in passato, i nostri padri mangiarono la manna che fu data loro da Mosè! Loro la chiamavano “pane del cielo” (Sap 16,20), ossia “pane di Dio”. Mosè continua ad essere il grande leader, in cui credere. Se Gesù vuole che la gente creda in lui, deve compiere un segno più grande di quello che compì Mosè. Il pane che Dio aveva dato da Mosè non era il vero pane del cielo. Il loro sguardo è rivolto al passato, al pane del cielo, la manna (Es 16,15; Nm 11,7-9; Ne 9,15; Sal 78,24); essi adesso si attendono da Gesù un prodigio simile. Gesù però ha parlato del Padre (6,27) in una prospettiva universale, essi parlano dei nostri padri, facendo riferimento al solo Israele, mentre Gesù, parlando del Padre, fa riferimento all’intero mondo. Venuto dall’alto, sì, ma non era il pane di Dio, poiché non garantisce la vita a nessuno. Tutti loro morirono nel deserto (Gv 6,49). Il pane di Dio, è quello che vince la morte e dà vita!
34-35 Gesù afferma chiaramente: Io sono il pane della vita!. Mangiare il pane del cielo è lo stesso che credere in Gesù ed accettare il cammino che lui ci insegna, cioè: Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera! (Gv 4,34). Questo è l’alimento vero che sostenta la persona, che cambia la vita e dà vita nuova. Questo ultimo versetto del vangelo di oggi (Gv 6,35) sarà ripreso come primo versetto del vangelo della prossima domenica.

Considerazioni
 Il pensiero occidentale, riferimento indiscusso della teologia fino all’ultimo secolo, nel suo approccio all’intera realtà e al problema di Dio ha percorso due strade “lanciandosi” da due diverse piattaforme: la prima di queste, storicamente con il pensiero greco, muove dall’essere, dalla natura, dalla stabilità, mentre la seconda procede dall’esperienza fondamentale della libertà come attività (l’uomo è la sua libertà, non ha la libertà, con evidente matrice cristiana) che, dopo più di due secoli di gestazione, raggiunge la sua piena autocoscienza.
Secondo la prima via “mondo” è un concetto ontologico, mentre nella seconda è storico e si può definire come ciò che la libertà produce nel tempo. Percorrendo questo secondo itinerario la cultura extra-teologica, a partire dagli ultimi quattro secoli, ha conseguito delle acquisizioni importanti che mettono in questione l’intelligenza della fede ereditata dal Medioevo e dall’età barocca sul piano della conoscenza storica, con l’avvento dei metodi storico-critici di accostamento ai testi antichi, e delle conoscenze dei dinamismi umani e sociali, tramite la psicologia e le scienze sociali.
Come unico risultato, non negativo ma insufficiente, va menzionata la rigorosa uniformità e unitarietà del pensiero cattolico unita alla concisione e alla precisione del linguaggio teologico.

Perché non abbiamo pane (=Cibo per tutti)
Non abbiamo pane perché abbiamo perso il senso della vita
Non abbiamo pane perché siamo pigri; niente ci soddisfa, e tiriamo a campare
Non abbiamo pane perché ci manca la speranza nella vita
Non abbiamo pane perché sentiamo una fame che non passa con il cibo
Non abbiamo pane perché ci siamo affidati alle superficialità e ora ci lasciano soli
Non abbiamo pane perché la messa domenicale viene dopo le nostre preoccupazioni economiche, di riposo, di relax. Dopo lo spread e i dati della borsa.
A questo cuore indurito serve una cardioterapia, fatta di preghiera, di ascolto della Parola, di relazioni umanissime e di scuola d’amore. La famiglia, l’amicizia, l’innamoramento, il fidanzamento sono tutte cardioterapie di fronte alla vera immersione nell’Amore di Dio che è imperituro.



Questo soltanto ti chiedo:
Amarti nella Verità

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