venerdì 19 ottobre 2012

XXIX T.O. anno B


21 ottobre 2012 - XXIX DOMENICA T.O. annoB

Isaia 53, 10-11; Ebrei 4, 14-16
Marco 10, 35-45
35 In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: "Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo". 36 Egli disse loro: "Che cosa volete che io faccia per voi?". 37 Gli risposero: "Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". 38 Gesù disse loro: "Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?". 39 Gli risposero: "Lo possiamo". E Gesù disse loro: "Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. 40 Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato". 41 Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. 42 Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: "Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. 43 Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, 44 e chi vuol essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. 45 Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti".

Il calice, il battesimo ed il riscatto
Nella tradizione ebraica il calice era simbolo di morte, di martirio; e il battesimo era simbolo di ‘morte al proprio passato’, quindi di conversione. Gesù propone il calice ed il battesimo come mezzi di riscatto, da non considerare come una sorta di compensazione per ottenere la pienezza della Vita; da inquadrare in un’ottica del tutto diversa, su misura del distacco dal potere, in modo da mettere in primo piano i piccoli e cioè gli ultimi (vedi brano della scorsa domenica).
Eppure nel brano di oggi Marco si ferma su alcuni altri  capisaldi di questa buona novella rivoluzionaria.

Il falso riscatto dell’antipotere
La lezione che Marco pone in bocca a Gesù rende i seguaci avvertiti circa il vero proporsi, da parte di Gesù, contro ogni potere.
Intanto c’è da osservare che già nell’Antica Alleanza era presente una delineazione del concetto di vero potere, quale proviene dall’umile condivisione con chi conta di meno. Bellissimo, a tale proposito, un grazioso apologo riportato in Giudici 9,7-21: una delegazione di tutte le piante invita tre di loro, l’ulivo, il fico e la vite, ad assumere la carica di re per assolvere al compito di rendersi utili a tutti; ma i tre declinano l’invito a farsi re, in quanto lieti unicamente della possibilità di essere d’aiuto agli altri. Eppure il bisogno di ricevere da qualcuno il proprio riscatto induce le piante ad estendere l’invito al rovo. E questo rivela la tipica arroganza di chi si sente sicuro in quanto avvolto dell’appariscente fascino che il suo potere emana: pur nella sua aridità, s’immagina frondoso ed elevato perché abbarbicato al potere delle piante che lo sostengono; e perciò invita le altre piante a piegarsi sotto la sua ombra, quasi fosse lui a crearla grazie ad un’altezza e ad una robustezza non sue.
Ecco: farsi re dell’antipotere è un falso servizio, una falsa moneta di riscatto.

Anche il servizio può non riscattare
Può essere deviante l’uso del servizio quando subdolamente diviene altro potere. Ecco: i seguaci di Gesù si sentono dei salvatori perché associati allo stesso destino di Gesù. Due di essi si proclamano con presunzione – “vogliamo”“possiamo” - disposti a bere il calice e ad immolarsi per gli altri. Ma la loro pretesa di sedere alla destra ed alla sinistra del Padre, mentre pone in moto la protesta degli altri dieci che in realtà non sopportano la prevaricazione dei due, smaschera il falso concetto che hanno di un servizio bacato. Nel calice amaro da bere e nel battesimo di conversione a cui i due, non meno degli altri, si dichiarano predisposti si insinua il veleno di un’altra forma di potere, non meno ‘antievangelica’ di quella dei governanti delle nazioni”. Per Gesù il servizio verso i piccoli ha una dimensione trasformativa, incentrata su un altro modo di essere..
L’epiteto di Figlio dell’uomo, cioè di colui che realizza la pienezza dell’umano e, in quanto tale, Figlio di Dio, dà al servizio di Gesù lo spessore necessario per creare una nuova comunità di uomini veri, e perciò di figli di Dio, quasi parto di una rinascita universale.
E in qual modo? riposando sulla mediazione di Gesù o impegnandosi personalmente?
E’ errata l’una e l’altra ipotesi. Come sarebbe presuntuoso fidarsi di sé, altrettanto sbagliata sarebbe una delega totale a Lui dell’impegno personale. Riconoscere che Lui ci ha salvati non significa che la salvezza suo tramite avvenga ‘automaticamente. Il servizio autentico si nutre di un amore misterioso, tutto da scoprire: radicato nel profondo del cuore umano.

Servizio ed Amore
Siamo di fronte alle parole più equivocate!
“Sono venuto per essere ser­vo”: ecco la più spiazzante tra tut­te le definizioni che Gesù dà di sé. La rivoluzione dei valori proposta ed abbracciata da Lui richiede un cambiamento di mentalità che non si può spiegare a parole; che si può unicamente implorare con umiltà attingendo direttamente alla Fonte. Tanto che Gesù sintetizza il senso di tale rivoluzione con una negazione: “tra voi non così”.
Con sussiego riporto, sintetizzandolo, un pensiero di J.M. Castillo, teologo della liberazione: E’ un fatto che nella Chiesa si è compreso e giustificato il “ministero apostolico” come “sacerdozio” dotato di “potestà” (Trento, sess. 23. DH 1764; 1771) e come “episcopato” dotato di “potestà piena e suprema” (Vat. II, LG 22). Il problema che ha la Chiesa con il Vangelo non sta nel possibile orgoglio, vanità o superbia che possono avere alcuni ‘ministri’ = diaconi: è in un tipo di esercizio della funzione, paritetico (se non superiore) a quello proprio di ogni altra forma di potere.

L’amore bisognoso di Dio per i mistici
A chi spetterà allora il pegno del riscatto (per sé e, di conseguenza, per gli altri)? Gesù lo assegna a “coloro per i quali è stato preparato”. Gli esegeti interpretano che Gesù si riferisse ai due che sarebbero stati crocifissi con Lui. Ma il significato della frase è più estensivo.
La CHIAMATA non ha limiti se non nell’arbitrio scambiato per libertà. Come potrebbe essere diversamente se Dio nel ‘concedersi’ attraverso Gesù, dimostra di non voler restare chiuso nella sua onnipotenza? Etti Hillesum, un’ebrea di fede non-ebraica, ma nemmeno cristiana, diventa portatrice di gioia nell’inferno di Aushwitz. Scriveva: aiuto Dio aiutando gli altri. Raggi di questa luce divina brillano ovunque nell’universo intero.
E Gesù si auto-commenta, dichiarando di volere essere identificato in Colui che cammina accanto a noi: “sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo”.

9 commenti:

Lucia Magrini ha detto...

Lucia Magrini in www.teologhe .org
Secondo una delle possibili etimologie, Betania in ebraico significa “Casa dei datteri”. Betania è la casa dell’albero della Vita, del progetto di Dio, della vita vissuta in comunità di uguali, senza signori né servi, senza maggiori né minori; una vita vissuta al servizio e in obbedienza dell’amore, soprattutto dei poveri.

Silvana Cabrini ha detto...

Silvana Cabrini silvycab@gmail.com
Il potere è davvero la più grande delle tentazioni e spesso viene camuffata (a volte anche inconsapevolmente?) da un’apparenza di buone intenzioni. Tutti quanti nella vita quotidiana ne siamo tentati, nelle piccole e/o nelle grandi cose. Quante volte i genitori impongono il loro potere sui figli dicendo che lo fanno per il loro bene, senza chiedersi se veramente quello che cercano è il bene del figlio o la propria realizzazione. Così penso anche alle tante forme di volontariato, che conosco abbastanza bene perché per diversi anni ho prestato servizio in un centro di ascolto, e devo riconoscere che questo servizio, se è lasciato a sé stesso, senza il confronto con gli altri e con la Parola di Dio, può diventare solo una forma di gratificazione personale per sentirsi buoni . Tutti noi abbiamo bisogno di gratificazioni , ma se non riconosciamo che in certi casi invece di aiutare gli altri ad attivare le proprie potenzialità , con il presupposto del servizio creiamo dipendenza nei nostri confronti, esercitiamo un potere mascherato dalle buone intenzioni . E’ molto significativo l’apologo citato perché il rovo è veramente il simbolo di tanti falsi servizi. Senza parlare poi dei tanti servizi/ poteri che si trovano nella società e nella Chiesa. Veramente “il servizio autentico si nutre di un amore misterioso, tutto da scoprire, radicato nel profondo del cuore umano.

Salvatore Di Paola ha detto...

Seguo volentieri questo commento del vangelo, perchè mi insegna coseche non sapevo,forse minsegnaanche ad amare dipiù Gesù, ma chi è Gesù?
Salvatore Di Paola

Serena ha detto...

Serena
sono Serena e leggo il commento anche se non so commentare io. ma spero di capire piano piano. Davvero Dio ha bisogno di noi? aspetto risposta

Leonardo Boff ha detto...

Leonardo Boff
... mi permetto una riflessione che mi accompagna da tutta la vita di teologo: pensare Dio al di là delle oggettivazioni religiose (metafisiche) e tentare di interpretarlo come Mistero sempre sconosciuto e, allo stesso tempo, sempre conosciuto. Perché questo cammino? Einstein ci segnala una pista: “L’uomo che non ha occhi aperti al Mistero passerà la vita senza mai vedere niente”. Effettivamente, dovunque noi volgiamo lo sguardo, verso il grande o verso il piccolo,verso fuori o verso dentro, verso l’alto o verso il basso, da qualsiasi lato, troviamo il Mistero. Il Mistero non è lo sconosciuto. È il conosciuto che ci affascina e ci attrae per conoscerlo sempre più...
La mia tesi di base è questa: nel principio era il Mistero. Il Mistero era Dio. Dio è il Mistero. Dio è mistero per noi e per Se stesso. [che]non rientra in nessun schema e nemmeno viene imprigionato nelle maglie di una qualche religione, chiesa o dottrina".

Riccardo ha detto...

Io mi sono convinto che nel Vangelo non bisogna fare interpetrazioni,bisogna lasciar parlare Dio dentro il cuore,almeno questo capisco dal commento di ausilia

Mario ha detto...

mario345t@gmail.com
Sono entusiasta di questa lettura che non so praticrae, che non capisco come dovrei, ma aggiungo: a che prò leggere un vangelo non sapendo distinguere cosa ha veramente detto Gesù,e senza interrogarci dentro di noi? mi sento un bambino che va all'asilo,ma non è mai troppo tardi
Mario

Stefi ha detto...

stefip@gmail.com
Non mi sento di commentare, ma sento che la cosa mi interessa, che sia qualche cosa che in me si sveglia quando ero bambina ed amavo Gesù così come me ne parlavano con tanto amore?Ora però non capisco che cosa è questo amore...eppure ne ho bisogno... Stefi

Luigi Costa ha detto...

è difficile fare commenti,ci vuole tempo per digerire tante cose interessanti che non siamo abituati a vedere,ma assicuro che macino dentro di me tante cose e spero e
un'altra volta spiegarmi meglio
Luigi Costa