Alcune note esegetiche da
studiare con amore - Teniamo presente che nel mondo semitico scrittore ed
autore sono due realtà distinte: l’autore,
in questo caso Giovanni, risale a radici lontane, mentre il redattore del testo
è successivo. E ciò non sottrae nulla alla fede, la quale è fedeltà a ciò che
Dio rivela attraverso parole umane.
a) Passione e morte di Gesù in Giovanni - capp.18-19
Cap.18
v.1 “Gesù uscì
con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cedron, dove c’era un giardino”
– Il riferimento è al secondo libro di Samuele, dove si parla della
fuga di David verso la tragica meta del deserto di Giuda.
vv.4-5 “Gesù
allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e
disse loro: Chi cercate?. Gli risposero: Gesù il Nazareno. Disse
loro Gesù: Io sono” - La
risposta, così tradotta dal greco, aggiunge al livello storico un significato
che non c’è nell’originale greco. Traduce il riferimento delle prime comunità
cristiane alla prima creazione per esprimere che il concetto di risurrezione di
Cristo è inizio di una nuova creazione.
v.11 “Gesù
allora disse a Pietro: Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse
bere il calice che il Padre mi ha dato?” – L’episodio,
riportato soltanto da Giovanni, si riferisce a Malco, un poliziotto del tempio;
il nome significa suo servo, cioè servo del sommo sacerdote. Ma l’evangelista
scivola subito verso la teologia contenuta nella parola calice: una teologia in
positivo, come nel salmo 23, che fa del del calice un segno supremo di
ospitalità.
Cap. 19
v.1-3 “Allora
Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una
corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di
porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: Salve, re dei giudei. E
gli davano schiaffi” – La scena riproduce la
regalità di Gesù travestita di aspetto burlesco. Da essa traluce la rivelazione
del Cristo paziente in quanto re liberatore dal male; vuole stimolare uno
sguardo verso di lui sofferente: sguardo, non di commiserazione pietistica,
bensì di compartecipazione.
vv.30 “E dopo
aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: tutto è compiuto. E,
chinato il capo, spirò” – A differenza dei sinottici,
per Giovanni Gesù pronuncia una sola parola teléstai, nella quale è contenuta la
chiave della sua teologia: il segno della gloria di Gesù è nel compimento del
disegno del Padre su di lui, e, come tale, consegnato all’umanità.
Il verbo usato
per dire “esalò lo spirito, è, in greco, paredoken, cioè donò se stesso, il principio di vita a cui attingeva. Nella
sua morte temporale c’è la rigenerazione umana, il passaggio definitivo dalla
precarietà temporale a quella trascendente.
b) La risurrezione in Giovanni
Cap 20, 1-9
1 Il primo
giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando
era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2 Corse
allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e
disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove
l'hanno posto!". 3 Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si
recarono al sepolcro. 4 Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo
corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5 Si chinò, vide i
teli posati là, ma non entrò. 6 Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo
seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7 e il sudario – che
era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a
parte. 8 Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al
sepolcro, e vide e credette. 8 Allora entrò anche l'altro discepolo, che era
giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9 Infatti non avevano ancora
compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.10 I discepoli
perciò se ne tornarono di nuovo a casa.
1) Il momento della risurrezione
1 “Il primo
giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando
era ancora buio” - L’espressione primo giorno richiama il racconto della creazione:
“… E fu sera e fu mattina: primo giorno” (Gen 1,5). La settimana ebraica
terminava con il Sabato. Questo unico giorno che viene dopo la settimana è
l’ottavo, che nel cristianesimo assunse il valore simbolico di Giorno in cui il
creatore dona all’essere umano una vita nuova indistruttibile (per questo i
battisteri, luoghi dove i catecumeni decidevano pubblicamente di cambiare vita
aderendo a Gesù, erano di forma ottagonale). Il buio simboleggia le tenebre, che si oppongono alla luce della
verità; infatti la Maria che va al sepolcro ha ancora una concezione della
morte come fine di tutto e perciò cerca Gesù in questo posto. Ed è chiara, nel
Vangelo, l’allusione al Cantico dei Cantici dove la sposa va in cerca dello
sposo: “Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amore dell’anima mia; l’ho
cercato, ma non l’ho trovato” (Ct 3,1); “e vide
che la pietra era stata tolta dal sepolcro” - La pietra all’ingresso del sepolcro era suggello di morte
sicuramente avvenuta. L’articolo determinativo davanti a pietra significa che
il lettore a cui si rivolgeva il vangelo, era a conoscenza dell’uso di questa
pietra. Giovanni ne aveva parlato a proposito della risurrezione di Lazzaro in
riferimento all’ordine di Gesù di togliere la pietra da sopra il sepolcro
(11,38-39.41).
2) Le tracce della risurrezione
Nell’ORA SUPREMA
della Fine, Gesù inizia il nuovo corso della sua missione sulla terra, cambiando
forma, facendosi cercare attraverso tracce della sua scomparsa. La chiesa delle
origini aveva capito che non bastava usare la parola risurrezione per
illustrare il mistero pasquale. D’altra parte tutti e quattro i vangeli,
anziché descriverlo (come nell’unico caso della risurrezione fisica di
Lazzaro), guarderanno, più che alla pasqua, all’ascensione come segno di
ingresso nella gloria; e solo il Vangelo di Pietro [scritto verso il 150 d.C.],
apocrifo, descrive in maniera fantastica la risurrezione, così come verrà poi
presentata iconograficamente dall’ XI sec. in poi.
Inseguendo le
tracce del risorto, le troviamo in:
v.6 “Giunse
intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i
teli posati là” – Del Gesù fisico resta il vuoto, l’assenza, che implorano la ricerca appassionata di ciò
che si ha la sensazione di aver perduto.
Eppure il tratto
del vangelo di pasqua che leggiamo questa domenica termina con frasi
illuminanti.
8 “Allora entrò
anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e
credette” – Quindi la fede ha fondamento sul vedere oltre la fisicità. E
Giovanni, alla chiusura de capitolo [di cui la liturgia riporta solo una parte]
torna ad insistere sull’espressione “perché
crediate”. Stranamente i discepoli non vanno dagli altri ad annunciare
quanto hanno sperimentato. Per testimoniare la risurrezione non basta vedere un
sepolcro vuoto e sapere che Gesù è vivo; è necessario sperimentarlo presente,
come avverrà per Maria di Magdala che incontrerà Gesù e poi, solo lei, ne
annuncerà la resurrezione.
9 “Infatti non
avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti”
- L'accoglienza della Scrittura, non è nel suo significato
letterale, bensì nella capacità di tradurla nella vita. Non bastano un sepolcro
vuoto né le parole che traducono la ripercussione che il fatto ha avuto negli
astanti; bisogna scoprire il segreto della risurrezione nella propria vita,
come sostanza della fede. Comprendere la Scrittura è entrare nella dinamica del
Gesù crocifisso, il cui destino non è di morte ma di VITA.
Preghiera
Grazie, gesù, per aver riaperto la pista
per ritrovare il senso della vita nella condivisione con l’esperienza di
croce-risurrezione, propria di un’umanità che si dibatte nella ricerca di
felicità e non sa scavarla dentro la stessa sofferenza.
Ripercorrendo tale pista con te, troveremo
la forza di “tornare a casa” (v.10), cioè alla dimora
temporanea, illuminata di vita perenne.
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5 commenti:
"Per testimoniare la risurrezione non basta vedere un sepolcro vuoto e sapere che Gesù è vivo; è necessario sperimentarlo presente, come avverrà per Maria di Magdala che incontrerà Gesù e poi, solo lei, ne annuncerà la resurrezione"
E' questa la frase del commento che ci fa sperare di sentirci tutti chiamati per nome da Gesù Risorto e chiamati, a nostra volta, ad essere annunciatori della Buona Novella
" Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva"." Papa Francesco
Le stesse cose che mi si diceva da piccola, una frase assolutamente incomprensibile. Perchè non dire che Dio, o il Grande Mistero è dentro di noi, è l'Amore stesso che tutto fa sussistere? La frase come è espressa ha sempre il sapore della minaccia e se qualcuno non comprende a fondo questo "fantomatico" amore di Dio, pensa di essere condannato oppure deve sforzarsi di amarlo (pur non conoscendolo) .... Sembrano stupidaggini, ma non lo sono.
Ma dire che noi nasciamo, viviamo e ci muoviamo in Dio ed è nell' Amore che troviamo la vera essernza di noi stessi che è divina, allora le cose sarebbero forse più comprensibili...
armaze@tin.it
Come impostare questa domanda circa la teologia di Paolo secondo cui Gesu' e' colui che ci ottiene il perdono. Sembra che Dio fosse incapce di perdonare e che abbia ceduto solo dopo la morte in croce del figlio. Quel Dio che poi ci comanda di perdonare. E' accettabile questa teologia?
Io risolvo il problema tentando di dstinguere parola di Dio dalla teologia dello scrittore, ma mi resta in mano un mucchietto di parole.
A me pare siano le obbiezioni a cui la teologia rinuncia a trattare esplicitamente.
E' difficile conciliare i ragionamenti umani, non dico con la fede (che va oltre ogni parola), ma con la logica divina, la quale non è una logica: è, bensì ciò che Dio rivela di sé agli umili di cuore: umile è chi si riconosce nei limiti terreni (il termine umile, deriva da humus, terra), e trasforma i dubbi in preghiera incessante.
Ma se Dio è amore non può non essere perdono, quindi ogni mediazione è inutile. Il problema è la nostra capacità di amare, quindi la nostra evoluzione spirituale.
Joelle
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