venerdì 1 marzo 2013

III Domenica di Quaresima


La pazienza esigente di dio
3 marzo 2013 III DOMENICA DI QUARESIMA T.O. Anno C
Esodo 3, 1-8a.13-15; 1Corinzi 10, 1-6.10-12
Luca 13, 1-9
1 In quello stesso tempo, si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2 Prendendo la parola, Gesù disse loro: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3 No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4 O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5 No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. 6 Diceva anche questa parabola: “Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7 Allora disse al vignaiolo: ‘Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?’. 8 Ma quello gli rispose: ‘Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9 Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai’ ”.
GESU’ IL CRISTO
Il racconto evangelico di oggi, dopo quello delle tentazioni e quello della trasfigurazione, presenta un Gesù, già consapevole dell’investitura messianica, nell’atto di commentare un accaduto, in risposta al quesito posto da chi voleva metterlo in imbarazzo. Si determina un interessante contraddittorio, in cui si apre il ventaglio dei temi più sofferti e più dibattuti in tutti i tempi e luoghi.
Dato l’approssimarsi della realizzazione del suo compito messianico, Gesù, poco prima della sua passione, morte e risurrezione, compie un atto di consegna ai suoi del nucleo fondamentale dell’Annuncio predicato e consumato nella vita, perché lo trasmettano alle nuove generazioni, in continuità con analoghi gesti presenti nell’Antica Alleanza.
Il passo evangelico
La prima lettura che offre la liturgia odierna prepara l’ascoltatore della Parola a riconoscere l’investitura messianica di Gesù attraverso l’analoga investitura di Mosè, condotta nello scenario suggestivo di un roveto ardente che non si consuma, mentre Dio si rivela testimoniando il suo ESSERE PRESENTE nella storia, pur nell’assenza tangibile. L’Essere è raffigurato della fiamma che non brucia l’oggetto che investe, e cioè il popolo immerso nelle sofferenze, raffigurato dal roveto.
Il Vangelo racconta di alcuni che riferiscono a Gesù un ben noto, atroce episodio di cronaca: l’eccidio ordinato da Pilato per sterminare un gruppo di ribelli galilei. Si vorrebbe che Gesù prendesse una posizione di condanna nei riguardi dell’iniquità del potere e della sua violenza; ma Egli non cade in questa trappola, anzi ne fa l’occasione per introdurre i suoi nella logica divina, ben diversa da quella umana.
Contro la lettura del male che attraversa la storia di sempre e che pretende da Dio la punizione dei cattivi, la narrazione evangelica riprende la linea profetica vetero-testamentaria, volta ad evidenziare la vera alternativa proposta da Dio. Non si tratta di trasferire l’asse del giudizio sui fatti da una visione tolemaica della storia del male a quella eliocentrica di un Dio garante della giustizia. La soluzione all’enigma del binomio - eterna pazienza divina e libera scelta umana - non è nel nel sovrapporre l’eterno alla temporalità, schiacciandola, ma nella loro coniugazione: la pazienza divina non può transigere con un uso irresponsabile della libertà; detto in altri termini, Dio gioca il suo ruolo nel binomio eterno-tempo, ma non in maniera conciliante, bensì attraverso un forte richiamo al coinvolgimento umano.
oggi come ieri
L’essere umano così ansioso di libertà, si accanisce contro il Dio che lo chiama in causa. Preferisce restare nell’orizzonte ristretto di una libertà senza impegno nella quale la stessa naufraga. E perciò resta impigliato nelle alternative, espresse in forma lapidaria del filosofo greco Epicuro:  “Se Dio vuol togliere il male e non può, allora è impotente. Se può e non vuole, allora è ostile nei nostri confronti. Se vuole e può, perché allora esiste il male e non viene eliminato da lui?”. Chi è rinunciatario, non chiamando in causa se stesso, si dibatte nell’ambiguità di ogni soluzione, pretendendo una risposta definitiva che la storia non potrà mai dare.
La proposta divina, perenne nella storia perché iscritta nel profondo del cuore umano, va rintracciata, lungo i tortuosi sentieri del cammino di liberazione umana, in ogni filone culturale profetico e mistico. Ha un nome: il sentire in grande di Diomakrothymía-. Come quello sotteso sotteso nel termine ‘COMPASSIONE’, cardine del buddismo, o ‘PIETAS’, di cui canta la cultura classica greca e latina, o ‘PAZIENZA ESIGENTE’ del Dio biblico, sia nella Scrittura Antica: Ez 18,32 Non voglio la morte di chi muore, ma che si converta e viva, e in Gl 2,13b Ritornate al Signore vostro Dio perché è misericordioso e buono, paziente e colmo di compassione e tardo all'ira, sia nella Nuova: Lc v.3 Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
Un passo evangelico, quello di oggi, molto denso e tutto da ‘ruminare’: distante le mille miglia dal subito e veloce della società odierna, incapace di usare con coraggio la libertà, preferendo la schiavitù più insidiosa: il cedimento al fascinoso invito delle sirene a non compiere l’esodo verso la patria, simbolo di una dimora meno lacerata dalla precarietà.

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6 commenti:

Gianna Glionna ha detto...

giannaglionna@yahoo.it
Bello Ausilia. Come nei precedenti lavori, ribadisci la dignità della persona che si fa artefice della propria vita, di questa vita terrena. Il concime sarà il nostro perseguire la consapevolezza. La nostra vita è l'albero del quale dobbiamo avere cura: imparare a vivere richiede la nostra infinita pazienza. Tante volte ci diamo frutti ma dobbiamo perseguire lo scopo di nutrirci. Dobbiamo avere l'onestà di riconoscere che,se se la nostra vita non dà frutti, ciò avviene perché non ne abbiamo cura: noi siamo sia l'albero che il contadino.
Fortunati quelli che credono in Dio: davanti alle ingiustizie, qualsiasi ingiustizia, anche l'ingiustizia che possono fare a se stessi, essi possono attingere al modello dell’Infinita Pazienza.

Pignataro Giuseppe ha detto...

Io vorrei avere la pazienza di Dio di fronte agli avvenimenti del giorno.... siamo in un mondo di pazzi... ma io non debbo permettermi il lusso di sentirmi migliore, questo l'ho capito dalla lettura di oggi ... e voglio fare tesoro di questa spiegazione domenicale, grazie

Armando Zecchin ha detto...

Armando Zecchin [armaze@tin.it]
la messa in scena di questi galileani uccisi deve sevire, secondo i proponenti, per minacciosamente avvertire Gesù? Come dicessero: guarda che potresti fare la stessa fine! Fine, che a loro non dispiaque per quelle teste calde... e tu sei un testas calda.
Gesù tira l’acqua al suo mulino e reagisce: “sarete voi a perire se non vi convertirete...”. “Si può fare la fine di quelli di Silhoe... indipendemente de la colpa. Occorre sempre convertirsi, anche voi di Gerusalemme, anzi proprio voi di Gerusalemme, che mi osteggiate!”
Quanto di circontanziale c’è, e di politico, in questa brano evangelico?

Breve risposta di Ausilia
Ritengo, ma la mia opinione in proposito non fa testo, che tutto può essere letto attraverso diverse categorie umane, da cui quella politica è certamente, in ogni caso, rilevante.

Anonimo ha detto...

Rispndo a Giuseppe Pignataro.

Caro Giuseppe, contrariamente a quanto affermi io voglio sentirmi migliore, anzi diversa dal gregge belante ed osannante il primo eroe o papa di turno... Soffro di depressione e sentirmi un NULLA è spesso all'ordine del giorno, ma mi rendo conto che nei momenti, rari, in cui un po' di Luce filtra tra i meandri del mio nulla, riesco a dirmi che sono diversa. Ci hanno formato con l'idea del nichilismo a tutti i costi, dell'umilità che veniva tradotta col non essere nulla e nemmeno indispensabili. Eppure, ognuno di noi lo è, per quanto possa sentirsi inutile. E io voglio apprezzare questa misteriosa utilità di me stessa! Si, è un lusso, specie per me....
Un abbraccio, Joelle

Fiordaliso ha detto...

Se hai questa Luce, hai già molto. Ma, ti prego con chi te la prendi se ti senti inutile? a chi dai la colpa?

Anonimo ha detto...

@Fiordaliso: Non do la colpa a nessuno