5 maggio 2013 -
VI Domenica di Pasqua Anno C
Atti 15,
1-2.22-29; Apocalisse 21, 10-14.22-23
Giovanni 14,
23-29
In quel tempo,
23 gli rispose Gesù: “Se uno mi ama,
osserverà la mia parola e il Padre mio
lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24 Chi non mi
ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate, non è mia, ma
del Padre che mi ha mandato. 25 Vi ho detto queste cose mentre sono ancora
presso di voi. 26 Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel
mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho
detto. 27 Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la
do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28 Avete udito
che vi ho detto: ‘Vado e tornerò da voi’. Se mi amaste, vi rallegrereste che io
vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29 Ve l' ho detto ora, prima
che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate”.
Parziale elaborazione di studi
esegetici
Premessa
E’
fondamentale tener presente il fatto che tutte e tre le letture si riferiscono, non a parole e a fatti letteralmente avvenuti, ma al racconto compilato dal
redattore, sicuramente vissuto in un periodo posteriore agli accadimenti (da
identificare in periodi diversi, durante la formazione dei primi nuclei
delle comunità cristiane).
Un
cenno alle prime due letture:
Nella PRIMA - Atti
15, 1-2.22-29 – è descritta la questione
che si poneva nel primo Concilio della storia della Chiesa: chi si convertiva
al cristianesimo era tenuto ad osservare tradizioni, consuetudini, usi
liturgici e prescrizioni puntuali del giudaismo, non ultima la circoncisione.
Era prevalente la provenienza giudaica, ma gli
altri a cui Paolo e Barnaba avevano predicato il vangelo non potevano
accogliere siffatte disposizioni: perché dovevano adeguarsi a norme della Legge
di Mosè? perché farsi circoncidere? Si profilava la convinzione espressa da
Paolo in questi termini: Gal 5, "né la circoncisione conta più nulla, né la non circoncisione, ma
l'essere creature nuove e l'appartenere a Cristo, vivendo nella carità
reciproca”.
Nella SECONDA LETTURA - Apocalisse 21, 10-14.22-23 - si descrive l'immagine della città dalle mura che si aprono, attraverso dodici porte; il loro numero, simbolico, indica l’universalità delle direzioni verso cui le prime comunità cristiane ritenevano di dover indirizzare il messaggio di Gesù.
Nella SECONDA LETTURA - Apocalisse 21, 10-14.22-23 - si descrive l'immagine della città dalle mura che si aprono, attraverso dodici porte; il loro numero, simbolico, indica l’universalità delle direzioni verso cui le prime comunità cristiane ritenevano di dover indirizzare il messaggio di Gesù.
Trasferendo la questione ai tempi attuali, ci si
potrebbe chiedere: gli appartenenti alle chiese non cattoliche e alle altre
religioni e spiritualità, nonché i non-credenti, debbono considerarsi degli
esclusi o la chiesa cattolica è tenuta ad aprirsi anche a loro, pena
l’immiserirsi del messaggio di Gesù in una cittadella chiusa? La risposta che
si danno Paolo e Barnaba – l’apertura universale – sarebbe valida più che mai oggi,
non tanto per la chiesa stessa, ma per l’umanità bisognosa di punti fermi di
riferimento. Tali punti possono dispiegarsi in varie forme, ma avrebbero
bisogno di trovare un comune denominatore, perché la vera urgenza è un’umanità
unificata.
il brano di giovanni
E’ la parte finale del discorso di addio rivolto da Gesù ai suoi discepoli durante l'ultima cena, che occupa tutto il capitolo 14 del suo vangelo; l’inizio è nel capitolo precedente (13,33), una delle cui parti la liturgia ha collocato nella scorsa domenica.
E’ la parte finale del discorso di addio rivolto da Gesù ai suoi discepoli durante l'ultima cena, che occupa tutto il capitolo 14 del suo vangelo; l’inizio è nel capitolo precedente (13,33), una delle cui parti la liturgia ha collocato nella scorsa domenica.
Gesù aveva annunciato la sua
dipartita dal mondo, assicurando che un giorno sarebbe ritornato. Dopo la
pasqua i discepoli sono convinti, grazie all’impulso della Spirito, che possono
continuare a gioire della sua amicizia e della sua presenza, nonostante la
separazione della morte. In realtà il discorso posto in bocca a Gesù è diretto,
non ai discepoli presenti nel cenacolo, ma a quelli di tempi successivi.
23 Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama,
osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e
prenderemo dimora presso di lui” – a)
Gli
rispose: la domanda sarebbe
provenuta da Giuda Taddeo: Signore, come mai ti manifesti a noi e non al mondo?
Siamo di fronte alla solita tecnica giovannea di intavolare un dialogo portato avanti
dall'incomprensione degli interlocutori. b) "se uno mi ama...", "chi osserva...: è da notare l’uso
della forma impersonale; segno che le prime comunità cristiane si muovevano
nella direzione universalistica. c) La dimora,
nell’Antica Alleanza identificata nel Tempio di Gerusalemme e prima ancora
nella tenda, rappresentava il luogo della presenza di Dio in mezzo agli uomini,
(cfr Nm 14,10; Es 26-27); già il re Salomone, 1 Re 8,27, durante la cerimonia di
consacrazione del tempio, si chiedeva come fosse possibile che Dio, grande e
infinito, potesse ridursi a dimorare in una casa fatta da mani d'uomo.
24 “Chi mi non ama non osserva le mie
parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha
mandato” - La dimora di Dio, attraverso
questa frase, appare posta nell’intimo delle coscienze illuminate. Non un luogo
stabile, né una tenda, ma laddove - sempre in maniera provvisoria perché
temporanea - si concretizzano forme rivelative di ascolto della Parola. ‘Parola non mia’, si fa dire a Gesù! La
parola di Dio è quella del Padre, cioè della Fonte trascendente della Verità;
il nome di Padre specifica che soltanto Lui potrà affratellare gli esseri umani.
25 “Vi ho detto queste cose mentre sono
ancora presso di voi. 26. Ma il Paraclito, lo Spirito Santo, che il Padre
manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che
io vi ho detto” – Il termine greco Paràclitos significa invocato.
Si parla qui di due tappe
connesse, ma diverse nell'economia della salvezza: il tempo di Gesù e quello
dello Spirito Santo [il temine santo
specifica la trascendenza]; a lui è affidato il completamento del disegno
divino sull’umanità. Gli sono affidate due funzioni: insegnare e far
ricordare. Insegnare, in
greco didaskein, significa
interpretare in maniera autentica (la Scrittura) e attualizzarla nel presente e
nell'avvenire; far ricordare significa,
non solo riportare alla memoria un fatto del passato, ma prenderne coscienza.
27 “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo,
io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” - La pace, Shalom,
è il saluto abituale tra i Semiti, e non è la formula banale tesa ad augurare l’assenza di conflitti o la
tranquillità dell'anima; compendia la quintessenza dei beni messianici
promessi. Il redattore non trascura di sottolineare, più che la continuità, la
differenza rispetto alla tradizione profetica: Gesù non augura la pace, la dona
come un lascito, come un’eredità. La negazione: "non come la dà il mondo"
vuole rimarcare la novità gesuana, facendola consistere nella distinzione tra i
discepoli e il mondo. [Ma quale novità è nel
tempo degna di questo nome? Solo la novità che, pur scalfita nell’istante, è
oltre il tempo].
28 “Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi ".
Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande
di me” – L’avete udito
può essere letto anche in forma interrogativa: avete capito bene? La partenza e la nuova venuta di Gesù
(nella gloria della risurrezione) sono due poli di uno stesso avvenimento:
croce e gloria. Ancora una volta protagonista è il Padre, che è più grande, in quanto è origine e causa
dell’unica Unità realizzabile nella terra.
29 “Ve l'ho detto ora, prima che avvenga,
perché, quando avverrà, voi crediate” - Secondo il redattore del vangelo di Giovanni era
necessario che il Cristo dicesse queste cose ai discepoli perché essi potessero
capire, e quindi accettare, la croce, non come un tragico fallimento, ma come
mezzo salvifico.
preghiera
Padre, illuminaci ed aiutaci a porci sul
solco tracciato da coloro che sono stati, sono e saranno disponibili all’azione
dello Spirito. il suo nome “Invocato” è chiaro richiamo alla parte che tocca a
noi: invocarlo.
Aiutaci a percorrere il filo rosso che fa
di persone aperte al richiamo divino, in apparenza isolate nella storia, il centro
propulsore nella realizzazione della vera comunità umana.
[Per me, di appartenenza cattolica, sei
tu, Gesù, questo centro. Ma più mi lego a te, più mi apro a dimensioni che
oltrepassano l’appartenenza stessa].
1 commento:
Ricevo numerose mail in risposta al post del mio altro blog giornodopogiorno.
I commenti a questo, nelle mail che ricevo, sono vagamente laudativi... Grazie, non ho che farmene.
Però forse davvero oggi siamo messi male: l'attenzione per la Parola che è al delle parole è quasi azzerata. Godiamo il frutto delle superficialità sulle quali è più facile riposare che mettersi in gioco.
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