19. 05. 2013 -
Pentecoste anno C
PREMESSA
Prima di introdurci alle
letture è necessario mettere a fuoco il significato della pentecoste nelle prime
tappe della storia dell’ebraismo, di cui abbiamo vari racconti. Quello che tutt’oggi
prevale per Israele si aggancia alla tradizione ebraica più lontana, risalente al
Berit,
cioè al Patto o Alleanza che YHWH
avrebbe stretto col popolo da Lui prediletto, rivelandosi attraverso Mosè sul
monte Sinai: lì gli avrebbe consegnato la Thorà (la Legge fatta di
Dieci Parole o Comandamenti.
Tale commemorazione avveniva
(e continua ad avvenire) ogni anno nel giorno cinquantesimo a partire dalla pasqua
ebraica. Punto di riferimento è la Festa delle sette settimane, durante le quali
(7 per 7) sarebbe avvenuta la liberazione dalla schiavitù d’Egitto.
La narrazione è nel libro dell’Esodo con l’uso del termine greco pentecostòs, appunto cinquantesimo, giorno che rimanda al Berit e ne ripete il significato altamente
simbolico di ringraziamento a YHWH attraverso l’offerta delle primizie ricavate
durante il raccolto.
Atti 2,1-11
In riferimento alla pentecoste cristiana Luca ci trasporta in
tutt’altra atmosfera. La narrazione è una messa in scena suggestiva. Quel che
sarebbe avvenuto vuole far risaltare il contrasto con la confusione dei vari gruppi umani e delle loro lingue, avvenuta nel momento culminante delle costruzione della
torre di Babele, quando prendeva dimensioni poderose che sembravano sfidare
il cielo. L’intento teologico è chiaro: Gesù vuole costruire una comunità di
preghiera e di comunione nella semplicità della comunione che rende le
diversità occasione di unificazione.
1 Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si
trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2 Venne all’improvviso dal cielo un
fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove
stavano. 3 Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si
posarono su ciascuno di loro, 4 e tutti furono colmati di Spirito Santo e
cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il
potere di esprimersi. 5 Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di
ogni nazione che è sotto il cielo. 6 A quel rumore, la folla si radunò e rimase
turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. 7 Erano stupiti
e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: “Tutti costoro che parlano non sono
forse Galilei? 8 E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua
nativa? 9 Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea
e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, 10 della Frìgia e della Panfìlia,
dell' Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti,
11 Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue
delle grandi opere di Dio”.
Rm 8, 8-17
In Paolo c’è maggiore distacco dal riferimento
all’Antica Alleanza. L’uso del termine latino
Paraclitus è ben più che una semplice traduzione: denota una
visione del tutto personificata dello Spirito Consolatore, il quale rafforza nella fede i convertiti al nascente
cristianesimo. Parlando di effusione dei carismi sui cristiani per il bene e
l'utilità comune, perché trasformi in figli di Dio il loro essere fatti di
carne [attenzione! non si usa tale termine in forma dispregiativa né, tanto meno
allusiva alla sessualità]. Non c’è
ancora la formulazione del dogma trinitario, ma la premessa c’è tutta.
1. Non c’è più nessuna condanna per quelli che sono in
Cristo Gesù. 2 Poiché la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha
liberato dalla legge del peccato e della morte. 3 Infatti ciò che era
impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso
possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato,
e in vista del peccato, 4 perché la giustizia della legge si adempisse in noi,
che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito. Quelli infatti che
vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne, gli ha condannato il
peccato nella carne. 5 Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle
cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello
Spirito. 6 Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri
dello Spirito portano alla vita e alla pace, 7 Infatti i desideri della carne
sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche
lo potrebbero. 8 Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio.
9 Voi però non siete soto il dominio della carne, ma dello Spirito dal momento
che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo,
non gli appartiene. 10 E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa
del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione. 11 E se lo
Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, darà la vita
anche ai vostri corpi mortali per mezzo dello Spirito che abita in voi. 12 Così
dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo
la carne; 13 poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con
l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere della carne, vivrete. 14 Tutti
quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di
Dio. 15 E voi non avete
ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno
spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo “Abbà Padre!”. 16 Lo
Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. 17 E se siamo
figli, siamo anche eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo
alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
Giovanni 14,
15-16.23b-26
Il brano del Vangelo di Giovanni coincide in buona
parte con quello che abbiamo già ascoltato la VI domenica di Pasqua. Non ci ripetiamo
e rimandiamo al commento della scorsa domenica. Breve aggiunta: Nel v. 15 si parla di comandamenti senza specificarli,
perché si vuole evidenziare che l’osservanza è un fatto di fedeltà alle esigenze del Vangelo.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15 “Se mi
amate, osserverete i miei comandamenti; 16 e io pregherò il Padre ed egli vi
darà un altro Paràclito, perché rimanga con voi per sempre. 23 Se uno mi ama,
osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e
prenderemo dimora presso di lui. 24 Chi non mi ama, non osserva le mie parole;
e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. 25 Vi
ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26 Ma il Paràclito, lo
Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e
vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”.
PREGHIERA
Amica preghiera, in te affogano le mie incertezze
sulle formule, che pure accetto con una comprensione in grado di attraversare le
parole e farsi parola dell’anima.
Non mi di spiace farmi trasportare nella
dimensione semplice e fiduciosa del “Veni
Creator Spiritus” che invoca aiuto, soccorso refrigerio, sostegno…. Non mi spiace
lasciarmi rapire dal desiderio di amare e sperare e credere ancor oggi, in un mondo
nel quale la razionalità soffoca la voce del cuore.
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