2 giugno 2013 anno C –
Celebrazione del Corpus
Domini
CRONISTORIA
SULLA CELEBRAZIONE
C’è un episodio vetero-testamentario che fa risalire alla festa commemorativa
dell’Antica Alleanza di YHWH col suo popolo. Melchisedek, re di Salem, offre a YHWH pane e vino, benedicendolo e
ricevendo da lui a sua volta la benedizione. Pur essendo sacerdote pagano,
esprime un sentimento religioso universale, poiché attraverso il suo gesto è
benedetto, assieme al suo popolo, anche Abramo e la sua gente. [Oggi, afferma
l’esegeta Manicardi, si avrebbe qualche perplessità a vedere il Papa o un
Vescovo benedetti da un rappresentante di altra religione; e invece è
bellissimo vedere l'Eucarestia dentro una ritualità di benedizione a Dio e
all'umanità]. Ma il significato di tale episodio ben poco ha inciso nella Nuova
Alleanza.
Nelle prime comunità cristiane si commemorava la cena senza fare
un’effettiva cena: ognuno andava a prendere il suo pezzo di pane come
un'elemosina e poi andava a mangiarselo per suo conto. Il "Fate questo in memoria di me" non coincideva col “Fate una cena”. Nei secoli III e IV tali comunità furono
attraversate dall’angoscia di una crisi epocale che investiva tutta la società.
Ciò produsse l’effetto di una loro crescita vertiginosa grazie alla capacità di
accoglienza, espressa soprattutto in banchetti condivisi che non tenevano conto
di barriere etniche. La gente li praticava, non soltanto per sfamarsi, ma anche
per cercare conforto nella religione; intanto esigeva che questa fosse con meno
culti e più contatti personali.
La trasformazione in
Celebrazione
della Cena segna un passaggio netto nella direzione cultuale. Il modo in cui
ciò si avvera è, in un certo senso, casuale.
Bisogna
risalire
al 1252,
quando il cadinale Ugo di san Carlo, allora legato pontificio in Germania, la
introduceva nella sua circoscrizione. Nel 1263 papa Urbano IV, già
arcivesovo di Liegi, sollecitato dal vescovo Enrico di Ghedina e commosso anche
dal miracolo di Bolsena, la estendeva a tutta la chiesa, fissando la data della
sua celebrazione al giovedì dopo l’ottava di Pentecoste.
Nel
1317, papa Giovanni XXII, la estendeva a tutta la chiesa, ma non voleva
farne una ripetizione del giovedì santo, caratterizzato dall’aspetto
sacrificale; centro della festa doveva essere un culto gioioso e popolare,
senza Messa né processione. In seguito la chiesa cattolica ricalcherà l’aspetto
sacirifcale, anziché quello di culto gioioso.
Oggi si tenta, da qualche
parte, un’interpretazione sociale della Cena eucaristica: se Gesù ha saziato la
fame dei poveri e provocato il miracolo dell’abbondanza, lo stesso avviene quando
si condivide quello che si ha, anche se scarso. Ma forse manca una sufficiente
attenzione ai molti banchetti dei quali parlano i vangeli: dal come, quando e
con chi Gesù mangiava, non è difficile dedurre che predisponesse un suo piano
di avviamento dei suoi verso il mistero del suo corpo che vuole offrirsi in
cibo [tenteremo qui di seguito di scavare sul significato del cibo
eucaristico].
LETTURE DI OGGI
Genesi 14, 18-20; 1Corinzi 11, 23-26;
Luca 9, 11b-17
In quel tempo, Gesù 11b prese a
parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
12 Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo:
“Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per
alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta”. 13 Gesù disse loro: “Voi stessi date loro da mangiare”. Ma
essi risposero: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non
andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente”. 14 C’erano infatti circa
cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: “Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa”. 15 Fecero così e li
fecero sedere tutti quanti. 16 Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli
occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai
discepoli perché li distribuissero alla folla. 17 Tutti mangiarono a sazietà e
furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici Ceste.
Compendio
esegetico [con
alcune trascrizioni letterali]
Da
un punto di vista storico la moltiplicazione dei pani non è la descrizione
precisa di un fatto storico: si tratta piuttosto di una costruzione letteraria
fortemente influenzata dai motivi teologici che la costituiscono: questi ultimi
hanno dato la forma agli elementi della composizione del racconto. Questo non
significa che siamo di fronte a un’invenzione della comunità. Il fatto è che
quest'ultima ha rivestito con la sua riflessione un evento che non è più
possibile descrivere nella sua oggettività.
Seguiamo
il testo di Luca da vicino.
11b
E avendo accolte le folle Gesù parlava loro
del regno di Dio e sanava coloro che avevano bisogno di cure. Gesù nel v. 10 aveva portato con sé i
discepoli in disparte. Ma le folle lo avevano saputo e li avevano seguiti. Si
incrociano qui due compiti sempre attuali nella Chiesa: il desiderio di
ritirarsi con i discepoli e la necessità di accogliere le folle. Gesù riesce a
conciliare queste due realtà e a preparare tutti a ricevere il pasto
eucaristico. L'ultima parte del
versetto ricorda Lc 5,31, le parole dette durante il pranzo di Gesù con Levi e
i peccatori: il medico serve a chi ha bisogno di cure. Gesù sta dunque
accogliendo i peccatori, invitandoli e preparandoli al pasto che poco dopo
avrebbe offerto nella moltiplicazione del pane e del pesce. Qui Gesù è indicato
come il "salvatore", che aiuta, che in ogni tempo è presente ai suoi,
perdonando e nutrendo.
12 Ora il giorno cominciava a declinare. Allora, essendosi avvicinati i
dodici, dissero a lui: “Rimanda la folla, affinché essendo andati nei villaggi
e campi attorno alloggino e trovino cibo perché qui siamo in un luogo deserto”. Gli apostoli prendono l'iniziativa - per la
prima volta in questo Vangelo - e si rivolgono a Gesù, ma la loro proposta è
per lo meno ingenua: come trovare viveri per più di cinquemila uomini nella
piccole borgate vicine? Solo Gesù potrà dare una risposta a questa situazione. Il giorno che declina riecheggia
l'incontro di Gesù con i due discepoli di Emmaus: «Resta con noi, poiché si fa
sera e il giorno è già declinato» (Lc 24,29). Il riferimento alla cena
eucaristica è lampante.
13 Ma egli disse a loro: “Date voi stessi da mangiare”. Essi
allora dissero: “Non sono a noi più di cinque pani e due pesci, a meno
che, essendo andati noi compriamo per tutto questo popolo cose da mangiare”. La risposta di Gesù non è mancanza di
realismo. Richiama direttamente l'episodio del profeta Eliseo. Anche lui aveva
detto a chi serviva "Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il
Signore: Ne mangeranno e ne avanzerà anche" (2 Re 4,42). Nel nutrimento
dei cento, Eliseo era rappresentato come il nuovo Mosè. Il lettore che
conosceva il testo dell'Antico Testamento capiva che Gesù aveva realizzato
pienamente la promessa di Jahwè: ne mangeranno e ne avanzerà anche. Al di là di
questo, il dialogo tra Gesù e i discepoli serve soprattutto per sottolineare
l'opera di Gesù e dei Dodici, e in filigrana l'opera della futura Chiesa. Gli
apostoli avevano con loro cinque pani e due pesci. Un pane e un pesce in
salamoia erano il sandwich dell'epoca e costituivano una normale
cena. Il pesce inoltre era uno dei simboli utilizzati dai primi cristiani
perché in greco la parola ichthus era un acrostico delle parole Gesù Cristo Figlio di Dio,
Salvatore.
14 C'erano infatti circa cinquemila uomini. Disse poi
ai suoi discepoli: “Fateli coricare in gruppi di cinquanta circa”. Luca a differenza di Marco dice il numero
dei presenti prima che avvenga il miracolo. Il numero è esorbitante,
necessariamente simbolico. Se Eliseo con un pane aveva sfamato 100 persone,
Gesù per ogni pane ne sfama 500, quindi il suo potere è 10 volte superiore a
quello di Eliseo, 10 è il simbolo della pienezza, quindi Gesù supera Eliseo
come il compimento supera ciò che lo ha prefigurato. Il verbo "sdraiarsi a
tavola" è stato usato da Luca nel racconto dei discepoli di Emmaus (Lc
24,30) e ricorda il di mettersi a mensa degli antichi. Luca riprende il numero dei gruppi di
cinquanta da Mc 6,40, però non conosce più l'allusione ai gruppi in cui era
diviso il popolo di Dio (Es 18,27). Per Luca probabilmente il numero cinquanta
rappresenta la media dei partecipanti al banchetto eucaristico in una chiesa
locale.
15 E fecero così e fecero coricare tutti. I discepoli e la folla obbediscono all'ordine di Gesù, tutti
insieme, come in un movimento liturgico.
16 Avendo preso poi i cinque pani e i due pesci guardando in su verso il
cielo (li) benedisse e (li) spezzò e (li) dava ai discepoli per por(li) dinanzi
alla folla. E' questo il culmine del racconto: Gesù fa
ciò che ogni responsabile di tavola compie prima del pasto: rivolge una
preghiera di ringraziamento a Dio (Beraka), spezza e distribuisce il pane ai
commensali. Ma alcune espressioni "alzare gli occhi al cielo" e la
formula stereotipata indicano il significato proprio che questo gesto di Gesù
ha ormai acquistato nella Chiesa: non ricorda più tanto l'evento originale,
quanto la prassi liturgica della cena eucaristica. Senza dubbio la comunità
postpasquale ha visto nella moltiplicazione.
17 E mangiarono e si saziarono tutti e fu raccolto ciò che era loro
avanzato, dodici canestri di pezzi. Il racconto finisce non
con la menzione di stupore o di meraviglia dei presenti, ma con il tema della
sazietà e dell'abbondanza. In forma narrativa, e quindi come compimento, viene
espresso ciò che era stato formulato in 2Re 4,44 come promessa divina: «Ne
mangeranno e ne avanzerà anche». Il motivo della sazietà è frequente nella
preghiera biblica. Jahwé manifesterà la sua bontà colmando di beni il popolo
eletto. L'abbondanza promessa e attesa diventa segno dei tempi messianici.
Questi ormai sono arrivati, come sta a significare la finale del racconto della
moltiplicazione. I pezzi o frammenti (lo stesso termine klasma indicava nella Chiesa primitiva i
resti del pane eucaristico conservato con cura e destinato agli infermi) sono
raccolti in dodici ceste. Il nome (kopinos) indicava una grande sporta
utilizzata dai giudei in viaggio o dai soldati per il loro equipaggiamento e
razione. Il numero è simbolico:
dodici indica la totalità e non manca di ricordare la totalità del popolo di
Dio: dodici erano le tribù di Israele. Si può pensare anche ai dodici apostoli.
E' dunque un richiamo al tema della sazietà, segno della venuta dei tempi
messianici, che conclude il racconto della moltiplicazione. Dando da mangiare a
chi ha fame, Gesù esplicita la sua comprensione della propria funzione
messianica e così, alla sua maniera, a quanto gli suggeriva Satana nella prima
tentazione (Lc 4,3-4).
Il CORPO
DATO IN CIBO
Gesù si propone come cibo in quanto si offre
come corpo-che-si-dona. La centralità del corpo è fondamentale perché lui possa
adempiere il suo compito messianico e proporlo agli altri. Nel vangelo di
Giovanni si parla del Verbo quale Luce che si fa carne. Questo mistero
trova scarso aiuto attraverso i paradigmi offerti dalle formulazioni
dogmatiche. Ben lo hanno avvertito tutti i mistici di ogni cultura, compresi i
potenziali mistici che tutti siamo chiamati ad essere. E ci possono aiutare anche riflessioni sul
concetto di corpo, che ha preso forma, stranamente, anche attraverso
approfondimenti propri del femminismo. Questo fino a poco tempo fa reclamava: “Il corpo è mio e me lo gestisco io”. Ma
ulteriori studi avanzano ripensamenti interessanti, basati su tre aspetti degni
di esame circa l’importanza del corpo:
a) un corpo da auto-possedere e gestire, riduce il corpo ad una cosa;
b) un
corpo da dare
identifica il donare con l’essere della persona, la quale in un certo senso si dissolve
nel donare;
c) essere
un corpo senza perdersi è il ritrovarsi nel proprio corpo come a casa
propria: per farsi accoglienza nello scambio reciproco.
Quest’ultima affermazione, unita alla frase “fate queto in memoria di me”, potrebbe indicare che Gesù si offre in un corpo
pronto a donarsi, ma che chiede lo scambio del dono.
PREGHIERA
Gesù, tu mi indichi una via maestra
per amare, rispettare e donare il mio corpo. Ma, come sempre, so che non ce la farei
mai senza implorazione,
Non m’interessano i devozionalismi
cultuali, anche se non voglio disprezzare nulla, perché riconosco di essere nei
limti della storia.
Come te, come tanti altri, imploro
l’aiuto del Padre che è nei cieli. Perché sono convinta che solo ciò che trascende
la temporalità illumina la temporalità stessa.
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