martedì 13 marzo 2018

II DOMENICA DI qUARESIMA


IL VANGELO DEL GIORNO

Marco 9,2-10

2 Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro 3 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4 E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù. 5 Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!. 6 Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. 7 Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!. 8 E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro.
9 Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che
avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. 10 Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.

 

LE LETTURE LITURGICHE

Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18

In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».  

Sal 115

Ho creduto anche quando dicevo: / «Sono troppo infelice». / Agli occhi del Signore è preziosa / la morte dei suoi fedeli. / Ti prego, Signore, perché sono tuo servo; / io sono tuo servo, figlio della tua schiava: / tu hai spezzato le mie catene. / A te offrirò un sacrificio di ringraziamento / e invocherò il nome del Signore. / Adempirò i miei voti al Signore / davanti a tutto il suo popolo, / negli atri della casa del Signore, / in mezzo a te, Gerusalemme.

Rm 8,31b-34

Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi

C o m m e n t o

 

1) PREMESSA

- Marco racconta l'episodio della Trasfigurazione di Gesù con numerose caratteristiche tipiche delle apparizioni di Gesù dopo la sua risurrezione.

- L’evangelista, collocando l’episodio dopo il primo annunzio della passione, vuole dimostrare che la gloria di cui Gesù è investito dopo la sua risurrezione, ha uno stretto rapporto con essa (la passione). E Lo stesso carattere fugace della visione ritrae una realtà conseguita da Gesù solo dopo e mediante la sua morte. Ma Marco non ha mai raccontato nel suo vangelo le apparizioni del Risorto. Di conseguenza nel brano di questa domenica leggiamo un’aggiunta posteriore alla stesura di esso (il suo vangelo).

- La Trasfigurazione è rappresentazione efficace in risposta alla incomprensione dei discepoli, i quali non avevano ancora consapevolezza dell’identità di Gesù.

- Per Marco Gesù è la realizzazione piena della creazione, chiamata anche la gloria di Dio. Lo dimostra il fatto che nella Trasfigurazione compare il titolo di Figlio prediletto così come nel Prologo di Giovanni compare il titolo di unigenito dal Padre (il termine Unigenito è equivalente a Prediletto).

- La Trasfigurazione va vista, più che come momento illuminativo sotto forma di visione, quale atto rivelativo dell’identità di Gesù. Egli è Figlio in rapporto particolare con Dio Padre e col sacrificio della sua vita estende a tutti lo stesso rapporto di figliolanza divina. [Attenzione! Sarebbe fuorviante pensare che Marco voglia presentare Dio nell’atto di fare una lezione di teologia, e per giunta dogmatica!].

 

2) ANALISI TESTUALE

 

2. Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro

ll brano si apre con una indicazione di tempo e di luogo. Il periodo di sei giorni deve essere calcolato a partire dall’ultimo episodio narrato, cioè dal momento in cui Gesù a Cesarea di Filippo aveva preannunziato la sua imminente morte e risurrezione: con questa indicazione cronologica l’evangelista forse evoca il periodo che, nelle tradizioni dell’esodo, separa la conclusione dell’alleanza dalla manifestazione della gloria divina.

I tre discepoli che accompagnano Gesù sono gli stessi che hanno assistito alla risurrezione della figlia di Giàiro e che saranno presenti all‘agonia nel Getsèmani: è questo un indizio della stretta relazione tra Trasfigurazione e passione e risurrezione di Gesù.

Il discepolo che si chiama Simone è presentato solo con il suo soprannome negativo, Pietro, che indica testardaggine e caparbietà, lo stare sempre in opposizione.

Gli altri due discepoli, Giacomo e Giovanni, sono soprannominati Boanerghes, cioè figli del tuono, per il loro carattere autoritario e violento.

Marco non dice quale fosse l’alto monte su cui è situato l’evento. Esso è il luogo dove si è manifestato Dio nell’AT. Concretamente è stato identificato con il Tabor, situato nei pressi di Nazaret, o con l’Hermon, nel Libano meridionale

L’espressione in un luogo appartato offre una chiave di lettura preziosa: ogni volta che l'evangelista la usa, indica l'incomprensione o addirittura l'ostilità da parte dei discepoli nel riconoscere in Gesù un Messia diverso da come se l’erano immaginato.

Si trasfigurò: letteralmente significa ebbe una metamorfosi (da meta-morpheô, cambiare forma).

Gesù appare nella sua gloria davanti ai tre discepoli: il volto diventa altro e… [leggi il versetto seguente],

3. e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.

L’effetto di questa trasfigurazione viene indicato con il particolare del candore straordinario de le sue vesti.

Il fatto così descritto da Marco va visto sullo sfondo dell’AT, con un richiamo  all’episodio del giovane vestito di bianco, che annunzia alle donne la risurrezione di Gesù. Alcuni esegeti commentano: forse i discepoli erano rimasti tanto impressionati dell’accaduto che, facendo fatica a descriverlo, si appigliano al bianco delle vesti. Altri commentano: forse l'evangelista vuole indicare che questa trasfigurazione è frutto dell'azione divina ed in risposta all'impegno di Gesù per la salvezza dell'umanità.

4. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù.

Il personaggio più importante accanto a Gesù glorioso è Mosè in quanto autore della Legge, mentre Elia è il profeta il quale con il suo zelo l'ha fatta osservare.

Il fatto che Elia venga menzionato per primo rispetto a Mosè sembra avere lo scopo di far risaltare la preminenza del profetismo, messo al secondo posto nel giudaismo.

5. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!.

La trasfigurazione di Gesù ha a che fare con la fe­sta delle Capanne.

Emerge un tratto fondamentale neella vita di Gesù (tratto delineato soprattutto da Giovanni): i grandi avvenimenti della vita di Gesù hanno un rapporto intrinseco con il calendario delle festività ebraiche; sono, per così dire, avvenimenti liturgici, in cui la liturgia interseca la realtà. E, in effetti, questa rela­zione si manifesta nel testo stesso, consentendo una comprensione più profonda dell'intero avvenimento.

Una considerazione importante: proprio attraverso l’analisi della relazione tra la storia della trasfigurazione e la festa delle Capanne emerge che tutte le feste giudaiche si snodano in più dimensioni: derivando da celebrazioni della religione naturale, parlano del Creatore e della creazione; si trasformano poi in ricordi dell’agire stori­co di Dio, e infine in feste della speranza nel compimento dell'agire salvifico di Dio nella sto­ria; agire che realizza la riconciliazione con Lui di tutta la creazione.

- La scena di cui Pietro è testimone, provoca la sua reazione. Egli si rivolge a Gesù, facendogli la proposta puerile di rimanere sul monte a contemplarlo. E’ una proposta in cui sarebbe da osservare soprattutto la maestria descrittiva di Marco. Come è stato detto, egli si ferma sui particolari con un linguaggio davvero brillante che, nella sua laconicità, sa riprodurre lo stupore…

Il desiderio di avere con sé in modo permanente non solo il Signore trasfigurato, ma anche Elia e Mosè, mette forse in luce simbolicamente il tentativo, fatto da larghi strati del cristianesimo primitivo, di mantenere, nella nuova economia inaugurata da Gesù, non solo il suo insegnamento ma anche quello dei profeti e l’osservanza della legge di Mosè

6. Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento.

Marco, sottolineando il non saper cosa dire di Pietro e lo spavento generale, dimostra ancora una volta di avere la capacità di esprimere il sentire umano in tutte le sue pieghe, sicché la sua immediatezza diventa alla fine un pregio (passim da G. Ravasi) 

7. Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!. 

La presenza della nube, segno classico della presenza di Dio, rievoca l‘apparizione del Figlio dell‘uomo di cui parla il profeta Daniele. La proclamazione di Gesù come Figlio prediletto richiama, da una parte la scena del battesimo, e dall’altra la parabola dei vignaioli omicidi.

Con il termine Figlio, che rappresenta la qualifica più importante ricevuta dal re in forza della sua intronizzazione, qui viene proclamata la dignità messianica di Gesù. Il termine prediletto, agapêtos, unico, richiama invece il sacrificio di Isacco e quindi indirettamente la figura del Servo di JHWH.

L‘invito ad ascoltarlo si ispira invece al testo del Deuteronomio nel quale si descrive il ruolo dei profeti che Dio avrebbe mandato quali continuatori dell’opera di Mosè, e si esortano gli israeliti a prestare loro la debita attenzione. Questo testo è lo stesso da cui ha tratto origine l‘attesa del profeta escatologico. Gesù è dunque presentato a un tempo come il Messia dotato di un rapporto unico con Dio, come il Figlio dell‘uomo, come Profeta escatologico e indirettamente come il Servo sofferente.

8. E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro.

L’apparizione di Mosè e di Elia, i quali poi improvvisamente scompaiono per lasciare il posto al solo Gesù, significa che La legge e i Profeti hanno trovato in Lui il  compimento. Ancora una volta la passione e morte di Gesù appaiono, non come effetto di un destino crudele e inatteso, bensì come punto di arrivo del progetto concepito da Dio e rivelato nelle sacre Scritture. Mosè e i profeti hanno ormai terminato la loro funzione; restano solo come muti testimoni di colui che è il Messia, Mediatore della salvezza escatologica (finale). La Legge di Mosè perde così gran parte del suo significato. Lo stesso Gesù affermerà che, nella nuova economia, l’unico comandamento ancora valido sarà quello dell’amore.

Per Marco ciò è importante perché, solo superando la Legge, ormai depauperata del suo intrinseco valore a causa delle numerose prescrizioni, il vangelo potrà essere portato a tutta l’umanità.

9. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti.

Questo brusco ritorno alla realtà quotidiana sottolinea il carattere anticipatorio della visione: Gesù resta quello che era, ma i discepoli hanno compreso qualcosa di Lui che va al di là della percezione esterna e sensoriale. O meglio, nel racconto che fa Marco di questo episodio isolato, c’è l’influenza dei primi cristiani, i quali hanno voluto mettere in luce le radici profonde dell’esperienza fatta nel loro contatto con Gesù durante la sua vita terrena.

10. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti. 

Queste parole probabilmente sono state poste sulle labbra di Gesù dalla prima comunità cristiana che con esse voleva affermare lo stretto collegamento che intercorre tra la Trasfigurazione di Gesù e la sua Risurrezione. Al tempo stesso la comunità voleva giustificare il persistere del segreto messianico anche dopo l’episodio straordinario ed incomprensibile della Trasfigurazione. L’evangelista si limita ad annotare che essi tennero per sé la cosa, poiché non avevano capito nemmeno che cosa volesse dire risuscitare dai morti.

L‘incomprensione dei discepoli spiega come mai essi si troveranno del tutto impreparati di fronte all‘evento della Resurrezione.

 

3) CONSIDERAZIONI, forse sensazioni, PERSONALI

 

a) Tutti i termini altisonanti applicati a Dio, quali GLORIA, ONNIPOTENZA, PREDILEZIONE e anche a Cristo, a Maria, ai Santi e simili; come i termini applicati a coloro che sono rivestiti di cariche ecclesiali, ECCELLENZA, EMINENZA, SANTITÀ’ e quant’altro, mi riescono poco digeribili. Lo so, c’è da inquadrarli in un contesto analogico, c’è da rapportarli ai tempi in cui sono nati. Ma non si usano anche OGGI, nel nostro rapportarci a Dio, nella preghiera liturgica, in tutto l’eloquio religioso?

Lascio a chi legge la risposta.

b) La Trasfigurazione potrebbe somigliare alle tante visioni di coloro che ne sono suggestionati. Mi urta la pedissequa farneticante devozione, soprattutto quella dei laici, per non parlare dei laici DOC che vanno in brodo di giuggiole di fronte ad una presunta miracolosa visione, chiamata nella forma scorretta, apparizione. Spiego subito perché parlo di scorrettezza: con il termine apparizione si pretenderebbe affermare che quanto i poveri occhi umani vedono, deriverebbe dalla presenza in persona, del Gesù Misericordioso o amabile o severo, della Mamma di Gesù, della Vergine che piange (anche) sangue, eccetera eccetera. Oggi, in epoca che dovrebbe essere esente dai falsi idoli, si moltiplicano, ad esempio, i luoghi di culto frequentati attraverso pellegrinaggi organizzati nello stile delle crociere… E così viene sopita la fede nelle verità che emergono dalla Parola di Dio, autenticata da un esegesi profonda e resa fertile dalla Preghiera degna di questo nome. Anche qui mi fermo. Mio Dio, pensaci Tu!

Nessun commento: