venerdì 1 settembre 2017

XXII DOMENICA T.O. anno A


XXII DOMENICA T.O. anno A

 

Mt 16, 21-27

In quel tempo, 21 Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22 Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23 Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». 24 Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25 Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26 Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27 Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

 

C o m m e n t o

 

1) Analisi di alcuni versetti

 

21 Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva

Autorevoli codici (Sinaitico e Vaticano) hanno Iesûs Christós: Gesù Messia.

cominciò a spiegare

E’ questa la frase che scandisce alcuni momenti essenziali della vita storica di Gesù.

doveva

Gesù indica la meta verso cui è orientato il suo, e fa capire ai discepoli che si tratta del cammino e della meta che anche i suoi seguaci dovranno perseguire. Il verbo doveva, era necessario, ci pone davanti ad una domanda: può mai essere necessario a Dio redimere l’umanità attraverso la sofferenza atroce di Gesù?

La risposta più adeguata sembra questa. C’è un dovere  derivante dal piano di Dio su Gesù. Egli provava ripugnanza per ciò che lo attendeva nel Getsemani e nella morte di croce; eppure accettò la necessità di aderire al progetto di salvezza attraverso la croce. Era necessario il suo sì. Si trattava di proporre un nuovo modello di umanità, liberata dalla ingannevole libertà che asseconda gli appagamenti dell’io. Era necessaria una vera rivoluzione che ponesse al centro Dio anziché l’io con i suoi idoli costruiti in mille forme sotto l’egida delle passioni umane.

22 Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo…

L’evangelista adopera il verbo epitamao; lo stesso verbo che Gesù aveva usato per cacciare i demòni e gli elementi ostili ad ogni piano proveniente da Dio. E invece Pietro pensa che Gesù, accettando la croce, si opponesse ad un piano di Dio appagante! tanta era la sua convinzione che il Messia sarebbe stato un trionfatore, mai e poi mai un condannato alla morte di croce.

23 La risposta di Gesù a Pietro  Va’ dietro a me, satana! non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini! è meno dura di quella, di rifiuto totale, che Gesù aveva dato a Satana quando nel deserto l’aveva accostato la terza volta per tentarlo; Gesù invece invita un’altra volta Pietro a porsi dietro a Lui, a seguirlo… a cambiare mentalità e a ricordarsi del compito che gli era stato affidato. [Siamo di fronte ad una costruzione immaginifica, attraverso la quale c’è l’insegnamento sul progetto divino di salvezza dell’umanità attraverso la croce]

[Gli altri versetti li commenteremo, con l’aiuto di interpretazioni profonde suggerite da esperti esegeti e da coloro che hanno una visione mistica della sequela attraverso la croce.]

Per non cadere in una lettura del tutto inadeguata alla valenza della frase, fermiamoci su

2) l’ELEMENTO CHIAVE DEL SEGUIRE GESÙ:

24 Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

Gesù chiede al suo discepolo 1) d’impegnare tutto se stesso nel seguirlo, 2) rinunciando a mettere al centro le sue tendenze e l’amore prioritario a se stesso, 3) cioè a portare la croce, sottoponedola agli stessi scopi che si propone Gesù. Spesso sopravvalutiamo il peso del quotidiano personale, ce ne lasciamo schiacciare restando chiusi a progetti dettati dal mistero di Dio.

* Mi pare bello fare un primo commento attraverso il passo di Geremia, collocato dalla liturgia odierna nella prima lettura.

Anzitutto leggiamo il testo:

Ger 20, 7-9

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; / mi hai fatto violenza e hai prevalso. / Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; / ognuno si beffa di me. / Quando parlo, devo gridare, / devo urlare: «Violenza! Oppressione!». / Così la parola del Signore è diventata per me / causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. / Mi dicevo: «Non penserò più a lui, /  non parlerò più nel suo nome!». / Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, / trattenuto nelle mie ossa; / mi sforzavo di contenerlo, / ma non potevo. 

Geremia è il profeta che incontra, nell’esercizio del suo ministero, l’ostilità di chi gli sta intorno. Le sue    
parole si trovano all’origine di una tradizione letteraria formatasi sul tema del profeta perseguitato.
Nel 626 a.C. Geremia, un giovane abitante di Anatot, sei chilometri a nord-est di Gerusalemme, era davanti alla chioma fiorita di un mandorlo nell’orto di suo padre. Proprio sotto quell’albero, stava per cominciare un’avventura che gli avrebbe rivoluzionato la vita. Timido e impacciato, quel giovane era stato investito dalla missione di profeta.

Come egli stesso narra nel capitolo1° del suo libro profetico, il Signore era ricorso proprio a quel mandorlo per affidargli l’incarico, trasformandolo in una specie di stemma di protezione: Cosa vedi Geremia?... Un ramo di mandorlo!... Bene, così io veglierò su di te per compiere la mia parola!.

La frase è comprensibile se si tiene presente che in ebraico le due parole, mandorlo, shaged, e “colui che veglia”, shoged, hanno suoni affini e permettono un gioco di parole.

Geremia inizia una vicenda drammatica che lo costringerà a scagliare parole terribili contro i re e i politici, e ad annunziare il crollo di Gerusalemme che si verificherà nel 586 a.C. sotto le armate babilonesi. Egli continua la sua missione, anche se costretto (moralmente), a vivere celibe, solitario e randagio, a subire arresti, umiliazioni e persecuzioni da parte dei suoi compatrioti e a sparire esule in Egitto.

La metafora che Geremia usa nella narrazione dell’episodio, ha spesso tratto in inganno i lettori. Il 
Tu mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre. Mi hai fatto violenza e hai prevalso non allude ad una seduzione amorosa, ma ad una vera e propria imposizione. Dio gli ha fatto violenza! Questo confessa il profeta con una sincerità che rasenta la bestemmia; egli infatti accusa il Signore.

E’ di sublime bellezza la confessione della sua impotenza a resistere alla tentazione di rifiutare la missione che gli era assegnata da Dio: Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, / trattenuto nelle mie ossa; / mi sforzavo di contenerlo, / ma non potevo.

Non sono pochi coloro che possono identificarsi in questo contrasto che talvolta attanaglia la persona, fino a far prevalere una vocazione a cui non si può resistere (e…non parliamo dei cosiddetti amori liberi di questa terra).

E’ bello ricordare che sulla croce Gesù rivelerà l’ultimo ritratto di Dio nel dramma della misericordia che vince il peccato, dell’amore che supera la morte e della fedeltà divina che cancella il tradimento. 

3) UN APPROFONDIMENTO

C’è un’enorme distanza tra lo spirito evangelico e il pensiero laico. Quest’ultimo costituisce uno dei capisaldi più nobili dell’essere umano: l’autorealizzazione, voluta e attuata con le proprie forze.
Il dialogo fra le due istanze è difficile, e non resta che il reciproco rispetto, nella diversità delle prospettive.
1. Il pensiero laico. Chi non crede in una realtà soprannaturale da cui origina tutto l’esistente, considera cosa primaria il successo personale, nonché la solidarietà (di innegabile valore antropologico e sociale). Ed in vero chi agisce guidato da queste prospettive può avere una vita non meno grande e buona di quella del cristiano.
2. Il pensiero del credente. Il modo di pensare di chi crede nella trascendenza divina e nel mistero che essa comporta, deve porre alla base di tutto la conversione, intesa come distacco forte seguire la chiamata a realizzare pienamente se stesso in ascolto della voce di Dio. Per lui l’emancipazione dal Creatore non è libertà, ma illusione, inganno. Essendo creature, non lo siamo da noi stessi; infatti non possiamo farci da noi stessi. Soltanto se perdiamo la vita, possiamo guadagnarla. In nuce l’alternativa corrisponde alla scelta fondamentale fra morte e Vita: una civiltà dell’avere è una civiltà di cose morte; solo una cultura dell’Amore che si fa dono, è cultura della Vita.
La conversione esige che, giorno per giorno, le piccole cose, nutrite di verità-fede-amore, diventino più importanti della vita biologica, del benessere-successo-prestigio-comodità. Questi sono i falsi dèi, gli idoli che si frappongono all’amore alla croce per donarsi agli altri. Accettare questa priorità è prendere la propria croce e seguire Cristo per promuovere la cultura dell’amore.

 

4) PENSIERI vissuti SULLA SPIRITUALITA’ DELLA CROCE

[Ogni testo è riportato con qualche adattamento letterario, ma riproduce esattamente l’essenziale]
Edith Stein
Essere figli di Dio significa riporre nelle mani di Dio tutti gli affanni e tutte le speranze, senza preoccuparsi di sé e del proprio futuro.
Quanti pochi sono, anche tra le persone di autentica pietà, quelli che sanno tradurre nella vita questi principi!
Si può vivere nell’inconcussa fiducia nel Signore solo quando si è disponibili ad accettare dalla mano del Signore qualsiasi cosa, poiché solo Lui sa cosa ci giovi. E se venisse il tempo in cui il bisogno e la privazione fossero più convenienti di una condizione agiata e sicura, o l’insuccesso e l’umiliazione fossero migliori dell’onore e della considerazione, allora si dovrà essere pronti anche a quello, vivendo sgravati dal futuro e dal presente. Il Fiat voluntas tua! nella sua piena dimensione deve essere la norma di una vita cristiana. Bisogna crescere sino alla maturità di Cristo, fino a passare per il Getsemani e il Golgota.
Giovanni della Croce
Da parte di molti si gioca al cristianesimo.
Fare di Dio l’unico metro di valutazione e il criterio ispiratore di ogni azione quotidiana, comporta sofferenza. Questa si fa più acuta laddove il sogno di un mondo intriso di amore e misericordia si infrange sugli scogli del dolore delle vittime e degli innocenti, del trionfo della malvagità.
La strada del Calvario continua a marcare il corso della storia: oppressione, miseria, ingiustizia, fame, sofferenza. Ed il cristiano è chiamato a battere questa strada dolorosa con lo sguardo rivolto al Cristo crocifisso. Amico della passione di Cristo, crocifisso interiormente ed esteriormente con Cristo.
Maria Maddalena de’ Pazzi
Gesù crocifisso sia il vostro specchio e la croce il vostro riposo.
D. Buggert
Il dover essere del cristiano: Stare dentro il qui ed ora della storia, con tutti i suoi conflitti tarlati dal peccato. Coltivare un impegno nutrito di preghiera, di contemplazione, di infinita fiducia in un Dio che non abbandona l’essere umano, nonostante le sue infedeltà.
Consegnarsi all’amore di Dio, partecipando alla passione di Cristo: avvenimento cruciale nella storia della salvezza, a partire da cui dare un senso alla sofferenza e alla morte.
M. Paolinelli
Non c’è vita umana senza sofferenza, non c’è vita umana senza morte. La scelta per noi non è tra una vita in cui c’è sofferenza e una vita senza sofferenza; la scelta è tra una vita in cui cerchiamo di combattere da soli la sofferenza , o una vita in cui la sofferenza è affidata alla Croce di Cristo, vissuta in unione con Lui; sofferenza, questa, reale, ma vittoriosa e feconda.
J. Lois
Dio è tanto buono e tanto potente da usare anche la lacerazione e la stortura del male per realizzare qualcosa di più bello, di più perfetto ancora. Camminare ora sulle orme di Cristo, abbracciando la sua croce. Oggi, dietro le sue orme, dobbiamo fare nostra la solidarietà nell’amore con i poveri.
Nella partecipazione ai processi storici di liberazione dei poveri-crocifissi della terra è presente la croce di Gesù Cristo.
J. Sobrino
Ove manchi la spiritualità della croce, si rischia di trasformare l’amore alla croce in stoicismo, masochismo o, peggio ancora, in alibi, nell’illusione di trovarsi in essa senza la fatica della croce.
S. Breton
La follia della croce ci apre allo stupore, al di là della fredda logica della ragione, e noi cristiani abbiamo cessato forse di stupirci.
Una lunga tradizione degenerata in routine, ha ammantato e addomesticato il mistero che abita pacificamente le nostre strade e, le nostre case. Questo segno, sul ciglio della strada, troppo spesso non ci inquieta. Fa parte dei nostri oggetti familiari. Bisognerebbe che ridiventasse il tremendum e il fascinosum’ della nostra fede.
Ed è qui – nella croce di Cristo- che si colloca la rivoluzione di cui ha tanto bisogno un’umanità pietrificata dall’odio e devastata dalla violenza.
B. M. Chevignard
Si sente spesso dire che la rinuncia è l’aspetto negativo del cristianesimo. Forse sarebbe meglio dire che è il rovescio necessario dell’amore.
B. Pascal
O uomini, è inutile che cerchiate in voi stessi il rimedio per le vostre miserie. Tutto il vostro lume può soltanto arrivare a capire che in voi non troverete la soluzione.
Quale distanza tra la conoscenza di Dio e l'amore per lui!
 E, Casadei
“Dio abita il silenzio”, dicevano i mistici, non perché è muto, ma perché è la Parola. La parola, però, per essere comunicata, prima che del suono necessita di un orecchio che ascolta.
Dietrich Bonhoeffer
La sofferenza passa quando la sopportiamo.

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