venerdì 25 agosto 2017

DOMENICA XXI T.O. anno A


DOMENICA XXI T.O. anno A

 

Mt 16, 13-20

In quel tempo, Gesù, 13 giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?. 14 Risposero: Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti. 15 Disse loro: Ma voi, chi dite che io sia?. 16 Rispose Simon Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. 17 E Gesù gli disse: Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18 E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19 A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli. 20 Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

 

C o m m e n t o

 

1) UNO SGUARDO D’INSIEME

Nella liturgia del 29 giugno per la solennità di Pietro e Paolo è già stato presentato il brano che rileggiamo in questa domenica, in cui è messa in risalto la figura di Pietro, ritratto a Cesarea di Filippo, città edificata in onore a Cesare (venerato come divino), nel momento in cui viene investito da Gesù della più grande responsabilità nei riguardi della comunità (chiamata da Matteo ekklesia, chiesa).

Gli altri passi liturgici sono molto pertinenti rispetto al tema centrale, in quanto, pur non parlando direttamente di Pietro, pongono al centro la sua figura nell’atto di professare la sua fede, come si legge nel passo del vangelo di oggi. Le sue parole ardenti non meravigliano dato il  suo carattere immediato ed impulsivo. Piuttosto fanno avanzare qualche dubbio, perché si potrebbe ripetere la situazione di quando, subito dopo aver detto di essere pronto a morire con il suo Maestro, alla sua cattura lo segue da lontano e lo tradisce per tre volte.

Subentra subito una domanda che non possiamo trascurare di porci: come mai Gesù sceglie  Pietro? Di primo acchito questa scelta, dati i precedenti, sembrerebbe non appropriata. La scelta dovrebbe rispecchiare sia la figura di Pietro sia quella degli altri appartenenti alla comunità. Si potrebbe dire, con un po’ di buon senso, che tutti sono chiamati ad assolvere un compito più grande di loro e della situazione in cui si trovano: all’esterno vivono in un mondo ostile (pagano e dominatore) e all’interno la comunità è ancora disintegrata.

Ma chi avrebbe il coraggio di dire che Gesù avrebbe dovuto scegliere l’uomo forte e dare corso ad una società di perfetti? Invero c’è tutto un mondo nuovo da costruire; ma soprattutto si tratta di rompere le fila dell’osservanza ottusa alla Torah perché i profeti non sono stati ascoltati e ora che il Messia-Cristo ha esaurito il suo compito con la fine da crocefisso, non è ancora nemmeno riconosciuto dai suoi:

La situazione è complicata. Come costruire quell’Israele nuovo e nello stesso tempo in perfetta continuità con l’Antico tanto da esserne il compimento, come Matteo cerca di dimostrare nel suo vangelo?

[Qui debbo esprimermi in maniera personale]

Mi chiedo chi capisse Matteo quando  scriveva il suo vangelo dalle idee nette e precise, ma che resta… tutto da capire se non lo si studia.

… Sennonché, rileggendo tutte le letture della liturgia, incontro Paolo che mi offre il miglior commento all’investitura di Pietro e mi fa fare marcia indietro; e la faccio fare anche a chi legge.

 

2) PAOLO NELLE LETTERA AI ROMANI

Paolo nella lettera ai Romani esclama: O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! / Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! / Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore?/ O chi mai è stato suo consigliere? / O chi gli ha dato qualcosa per primo / tanto da riceverne il contraccambio? / Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. /  A lui la gloria nei secoli.

La trascendenza che Paolo evidenzia nei riguardi di Dio non ritrae una sua presunta incomunicabilità. Dio, al contrario, si apre e comunica la sua vita in tutte le dimensioni, poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose; e il miglior modo di entrare in dialogo con Dio è il vivere in comunione con tutte le altre creature, innalzando canti di lode e di gratitudine: A lui la gloria nei secoli.

In Paolo la prospettiva iniziale si capovolge subito. Le vie di Dio sono insondabili, non perché oscure, ma perché troppo luminose (il mistero è abbagliante e perciò nelle vie della conoscenza esso rimane accecante per troppa luce) e l’agire di Dio è più radicale della nostra speranza.

Quando Pietro si apre a questa dimensione, Gesù gli cambia il nome da Simone in Kefâs, Pietro.

Saranno la fragilità e la debolezza nella sequela di Gesù che permetteranno a Pietro di parlare da esperto della misericordia del Signore? Egli infatti, mentre gli altri non sanno rispondere, confessa l’identità di Gesù Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.

In ebraico l’espressione figlio di Dio, ben Elohim, era un titolo applicato quasi sempre al Messia e al popolo di Israele; ma qui Pietro confessa nellidentità di Gesù un ulteriore significato: i primi significati potevano essere usati ad uso politico, mentre Matteo accenna ad un significato spirituale più profondo.

Quel che Pietro conosce di Gesù non è frutto di percezione umana. E’ dono di Dio, frutto della Luce che si irradia da Lui. Dono che esige alcune caratteristiche da parte di chi lo riceve. Matteo ne ricorda alcune: docilità a lasciarsi interrogare, ad approfondire ogni giorno di più il senso dell’appartenenza a Lui; e perseveranza contro l’immancabile tendenza a riposare su certezze scontate.

Sono doti che si addicono proprio a Pietro, benché egli non si vanti di averle; la sua debolezza, unita alla sua impulsività hanno bisogno soltanto di essere sorrette dalla mano del Gesù così entusiasticamente seguito, e altrettanto poco ‘meritato’.

 

3) COSA DICE LA GENTE DI GESU’

Ma Gesù, prima di chiedere a Pietro come lui Lo percepisse, aveva voluto conoscere l’opinione della gente.

E’ facile dare le stesse risposte della folla e confondere Gesù con un rigido asceta come poteva essere Giovanni Battista. E' facile anche vedere associata la figura di Gesù a quella di Elia, il grande profeta che per difendere la purezza della fede, fece uccidere tutti i sacerdoti di Baal. Facile anche vedere in Gesù un nuovo Geremia -VI sec. a.C.-, il profeta che non si limitava a denunciare il peccato, ma voleva scoprirne la causa, e riuscì a capire che la conversione vera richiede il cambiamento del cuore.

Eppure ciascuno di questi tre precursori esaspera uno degli aspetti che troviamo in Gesù, sia pure molto ridimensionati.

Ed ecco un altro tipo di risposta, ottenuta attraverso la relativa domanda fatta al gruppo dei discepoli: Ma voi, chi dite che io sia?. L’intuizione di Pietro si esprime nel riconoscere che in quell’Uomo di Nazareth si rivela il Mistero di Dio.

L’espressione utilizzata da Simone per parlare di Gesù è Figlio del Dio vivente. Questa parola la troviamo nell’Antico Testamento in Osea 2,1 ed è riferita al popolo degli Israeliti: Il numero degli Israeliti sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare ne contare. E avverrà che invece di dire loro: Voi non siete mio popolo si dirà loro: Siete figli del Dio Vivente.

Gesù considera che questa intuizione non è solo derivata dalla percezione e dalla ricerca, ma è frutto della grazia. E in nome di questa fede, a Pietro viene assegnato il compito di essere punto di riferimento per la comunità. La fede che gli è richiesta non si può trasformare in autoritarismo. E in realtà Pietro, col suo pentimento radicale, si propone il servizio umile e disinteressato alla comunità, fino a dare - questa volta sì - la propria vita.

La chiesa non sarà mai né di Pietro, né di altri, ma del Signore (Kýrios). E Pietro ne sarà il servo [non posso nascondere la mia paura di fronte al termine servizio, usato, com’è di fatto, per coprire il termine potere….]

 

4) QUALE AUTORITA’ E’ CONFERITA A PIETRO

Non c’è chi non possa dedurre, da quanto detto, che l’autorità conferita a Pietro deve dissociarsi dal potere; deve, anzi, opporre la massima resistenza al fascino che la carne e il sangue potrebbero subdolamente introdurre nel momento di assolvere un compito tanto prestigioso.

I limiti di Pietro sono rispondenti alla logica divina: Gesù sceglie Pietro, o meglio, Pietro si lascia scegliere per le sue debolezze, vera pagella per definire un’identità tutta e unicamente fondata sulla relazione con Gesù. A Pietro che professa la sua fede in Cristo, Lui risponde confessando la sua fiducia in Pietro. Più che preoccuparsi di definire con esattezza il suo nome e il suo mistero, Pietro  deve continuare a fidarsi di Lui, senza sapere bene il perché.

E' decisivo il legame tra Gesù e Pietro. Il rapporto tra i due genera la reciproca conoscenza, genera la chiesa. Il legame tra i due è il sfondamento della chiesa.

La chiesa non sarà mai né di Pietro, né di altri, ma proprietà del Signore (Kýrios), in cui opera il popolo di Dio, guidato da Pietro, a cui sono consegnate le chiavi. C’è subito da dire che si tratta di immagini semitiche, di cui troviamo traccia nell’Antico Testamento (cf,per esempio, Is 22,22), il cui significato è che Pietro sarà abilitato ad interpretare la Legge e i Profeti, quale rappresentante di Cristo.

- Colpisce alla fine del brano, che Gesù scongiuri i suoi discepoli di non divulgare la notizia di essere lui il Messia, poiché avrebbe potuto essere fraintesa. E colpisce ancor più che, nei versetti seguenti,  debba ancora spiegare ai discepoli che cosa significhi veramente la sua messianicità, cioè che la gloria debba passare attraverso la sofferenza, la passione e la morte fino alla risurrezione, quando Cristo apparirà veramente in tutta la sua pienezza. Davvero Pietro ha da fare con discepoli dalla testa dura più della sua, che, almeno, lo fanno esplodere in frasi esaltanti…

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