venerdì 31 ottobre 2014

COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI - 2 novembre
preceduta dalla festività di Tutti i Santi
I testi

Gb 19,1-23
Rispondendo Giobbe prese a dire: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso,i miei occhi lo contempleranno e non un altro».

Sal 26
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Rm 5,5-11
Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

Gv 6,37-40
37 In quel tempo, Gesù disse alla folla: Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori,
38 perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
39 E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
40 Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.

Introduzione

- Siamo quasi al termine di un anno liturgico e fra tre settimane inizierà l’Avvento di uno nuovo.
- La società secolare si sta preparando per la festa di Halloween, che ebbe origine in epoca pre-cristiana tra i popoli celtici di Gran Bretagna, Irlanda e Francia settentrionale. Questi popoli pagani credevano che la vita nascesse dalla morte, e quindi celebravano l’inizio del nuovo anno in autunno, quando, cominciando la stagione del freddo e del buio, ricorre più facilmente il pensiero del decadimento e della morte; allora, per reazione, celebravano una festa di carattere orgiastico, in modo da propiziare la fecondazione e quindi la vita.
- La Chiesa ha cristianizzato questa memoria, facendola precedere dalla celebrazione della festa dell’Ognissanti (=tutti i santi), quasi a voler proiettare sulla morte temporale la Vita oltre il tempo senza fine. Punto di riferimento è la fede pasquale nel Cristo.
- I santi sono i glorificati che la liturgia celebra attraverso la lettura delle Beatitudini. Il termine santo deriva dal latino sancire, decretare: cosa che fa la chiesa cattolica attraverso un processo di verifica sulle virtù eccezionali praticate (confermate dai miracoli). [Ma si dovrebbero educare i credenti a riflettere che santo è chi risponde al disegno di Dio quando creò l’essere umano a sua immagine].
- La memoria dei morti è per i cristiani un modo per ricordare che la morte è soltanto un passaggio, una pasqua, un esodo da questo mondo al Padre.
- E vero, nel ricordo di chi vive ci sono anche i morti la cui vita è stata segnata dal male; ma c’è come un istinto del cuore che chiede di onorare tutti: e perciò la preghiera per i morti è un atto di autentica intercessione, di solidarietà con i perdonati, memori della preghiera di Gesù: “Padre, che nessuno si perda… che tutti siano uno!”.

Veloce sguardo d’insieme sui testi

Nella prima lettura Giobbe, sentendo che ormai i suoi giorni vengono meno, afferma di avere una speranza nel cuore, che lo proietta al di là del sepolcro, nella visione di Dio.
Nel salmo 26 l’autore canta con gioia che solo il Signore è luce, salvezza e vita.
Nella seconda lettura Paolo afferma che l’essere umano non può rifiutare di sperare. Pertanto invita a resistere alle angosce e alle incertezze perché l’amore di Dio è infinito. Il fondamento della speranza cristiana sta nella prova di amore che Cristo ha dato sedendo a tavola con i peccatori, facendo comunione con loro e, soprattutto, morendo in croce.
Nel passo del vangelo di Giovanni c’è il proseguimento dell'episodio della moltiplicazione dei pani. In quella occasione Gesù parla della Vita nuova che è venuto a inaugurare.

Analisi di Gv 6,37-40

37 In quel tempo, Gesù disse alla folla: Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori,
Gesù ribadisce il suo riferimento al Padre che ha posto tutto nelle sue mani. Il neutro pan (= tutto), in luogo del plurale tutti coloro che, sottolinea l’unità, l’insieme formato da coloro che lo seguono e perciò partecipano ai doni che il Padre profonde su di lui.
38 perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
Come già in 3,13 l’espressione “disceso dal cielo” non deve essere intesa in senso spaziale; denota la discesa dello Spirito su Gesù, il quale, aderendo alla volontà divina, ha reso tutti figli dello stesso Padre.
39 E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
E’ la prima volta che appare l’espressione l’ultimo giorno che nell’intero discorso si ripete con insistenza. Ha un significato preciso: è il giorno in cui termina e si porta a compimento la creazione con la morte e risurrezione di Gesù; e perciò è il giorno in cui si celebrerà il trionfo finale sulla morte di tutti i credenti.
40 Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Giocando sul doppio riferimento, al presente (nel tempo) e al futuro (nella morte), l’evangelista vuole mostrare che la morte di Gesù sarà il vero ultimo giorno, il grande giorno della festa, quando sarà possibile a tutti accedere alla vera Vita. Concedendo la risurrezione con il dono dello Spirito, Gesù mostra che la realizzazione finale dell’essere umano non è mero prodotto del processo storico, bensì espressione di una comunione tra il credente e Cristo nel comune Padre.

Considerazioni in ordine sparso

- Quella che noi instauriamo con i nostri cari defunti è una relazione di comunione che si realizza nella preghiera. Karl Rahner la compendia con questa implorazione: Signore, dona loro, dopo la battaglia della vita, la pace eterna e la tua luce perpetua risplenda ad essi ed anche a noi: ora come luce della fede, e poi, nell'eternità, come luce della vita beata [=piena].
- La relazione con i defunti, non nella forma banale dell'evocazione di presunti contatti, ma semplicemente nella fede alimentata dalla preghiera e dalla carità, aiuta a percorrere il presente nella prospettiva di essere compartecipi dello stesso destino di gloria e di risurrezione di Cristo.
- Un esegeta avanza una ipotesi audace: si dovrebbe inventare un nuovo termine a posto di risurrezione; perché non si tratta di ri-sorgere (=sorgere una nuova volta), ma di portare a compimento la vita, sganciandola dalla morte.
- La morte, sorella morte, è una porta attraverso cui si raggiunge la dimensione profonda della vita. Bene ha espresso questo concetto una suora pochi minuti prima di spirare: “ora capisco perché sono nata”.
- Sant'Agostino afferma che Coloro che ci hanno lasciati non sono degli assenti, sono solo degli invisibili.
- Sarebbe cosa migliore parlare, non di immortalità dell’anima, ma di fede nel Dio che ci ha donato la vita piena, di cui Cristo è prototipo e battistrada.
- Il pensiero dei defunti è un salutare richiamo per  i vivi a misurare la fragilità e il rapido flusso delle cose, delle persone e degli avvenimenti, a maturare la sapienza del cuore ed a compiere opere buone.
- Come definire la cultura odierna? Cultura della vita, o cultura della morte? Certamente la morte è tabuizzata in un deludente avvinghiarsi ad una vita che cammina inevitabilmente verso la fine.  
- Diceva il saggio Petit Prince: l'essenziale è invisibile agli occhi.
- La nostra esperienza esistenziale consiste nello scoprire le regole del gioco, il tesoro nascosto, come un feto che cresce per essere poi partorito nella dimensione della pienezza.
- Interessante il richiamo a Giobbe della prima lettura. Mi piace ricordare (al di là del passo liturgico) che egli non si rassegna alle terribili prove a cui è sottoposto e prega attraverso… invettive disperate; infine, quando si pente, non riconosce né confessa colpe mai commesse, ma dà corso ad un dialogo nutrito finalmente di ascolto; da allora non chiede spiegazioni; si lascia inondare dalla Sapienza. E’ bello che un eroe come Giobbe non si arrenda per paura o per esaurimento, per sconfitta o per errore; che ritrovi, piuttosto, il senso di tutto oltre il tutto.


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