venerdì 17 ottobre 2014

DOMENICA XXIX T.O. anno A

I testi

Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: Io l'ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni, per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per aprire davanti a lui i battenti delle porte e nessun portone rimarrà chiuso. Per amore di Giacobbe, mio servo, e d'Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c'è alcun altro, fuori di me non c'è dio; ti renderò pronto all'azione, anche se tu non mi conosci, perché sappiano dall'oriente e dall'occidente che non c'è nulla fuori di me. Io sono il Signore, non ce n'è altri.

Sal 95 (96)
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie. Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,
il Signore invece ha fatto i cieli. 

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri.

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.

Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicési che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l'operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione.

In quel tempo, 15 i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17 Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare? 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19 Mostratemi la moneta del tributo. Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandò loro: Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?. 21 Gli risposero: Di Cesare. Allora disse loro: Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.

Alcune sottolineature sui 4 testi

Il senso profondo che emerge in tutti e quattro i testi è l’unicità di Dio contro ogni idolatria. 1) Isaia
Il passo che leggiamo è collocato nella seconda parte del libro di Isaia, normalmente chiamata Deuteroisaia. Va inquadrato nel periodo storico della fine dell’esilio babilonese e del ritorno dei giudei nella terra promessa. Tale svolta epocale veniva attribuita all’opera del re persiano Ciro, il quale con le sue vittorie sull’impero babilonese aveva ottenuto il controllo della Siria e della Palestina. Per questi suoi meriti Dio, per bocca del profeta, chiama Ciro eletto; termine che deriva dall’ebraico maschia (=messia) e competeva al re di Giuda in quanto consacrato con l’unzione regale. La frase Io l'ho preso per la destra  (utilizzata anche per il Servo di JHWH) indica, più che un atteggiamento protettivo, la forza stessa del Signore che diventa la forza di Ciro.
Nell’economia dell’oracolo, l’esaltazione di Ciro tende a mettere in primo piano JHWH che sconfigge gli altri dei: Io sono il Signore, non ce n'è altri.
2) Salmo 95
Probabilmente è stato scritto poco dopo la costruzione del tempio di Salomone, prima che avvenisse lo scisma delle tribù del nord.
E’ un invito a sciogliere un canto nuovo inneggiante alla liberazione degli abitanti di tutta la terra: la ripetizione dell’aggettivo tutto si contrappone al nulla a cui sono ridotti tutti gli dèi dei popoli.
La frase finale, il Signore regna, è esortazione a riconoscere la sovranità di Dio attraverso l’atto di un’umile adorazione: Prostratevi al Signore nel suo atrio santo; infatti solo lui giudica i popoli con rettitudine. Il che significa: solo da Lui proviene il governo che può assicurare l’avvento della giustizia tra i popoli.
3) Tessalonicesi
Paolo suole incominciare le sue lettere con un rendimento di grazie a Dio per i beni spirituali di cui considera partecipi coloro ai quali scrive.
In questa sua prima lettera non fa difetto di ringraziamenti per le buone notizie recategli da Timoteo circa la giovane chiesa di Tessalonica, fervente ma esposta ad intimidazioni. Gli preme far conoscere ad essa i suoi sentimenti e la sua aspirazione a confermarla nelle buone disposizioni che dimostra di avere. I nemici avevano dipinti i tessalonicesi come inaffidabili, ma egli (Paolo) non dimentica che essi l’avevano accolto con fede profonda, ed ora confida che, forti degli insegnamenti ricevuti, ma soprattutto della potenza dello Spirito Santo, saranno capaci di resistere all'urto della persecuzione.
4) Matteo
Il vangelo mostra la relativizzazione delle autorità umane. Se l’autorità statale può esigere tasse e tributi, e ad essa va accordato il giusto rispetto, a Dio va riservato quel che conta di più. Al centro dell’economia di un qualsiasi Cesare c’è la produttività e il denaro, al centro dell’economia di Dio c’è l’essere umano, la sua libertà. L’immagine che ognuno di noi porta è l’immagine di Dio, non stampata su una moneta, ma impressa nel cuore e nella coscienza.

Analisi del testo di Matteo

15 [In quel tempo], i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi.
I farisei reagiscono alle parabole di Gesù, radunandosi in consiglio per escogitare un piano contro di lui che rappresenta un pericolo da eliminare. Dal momento che lui agisce come Maestro, occorre tendergli una trappola per coglierlo in contraddizione in modo da fargli perdere la popolarità tra la gente.
16 Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno.
I farisei si servono dei loro discepoli e degli erodiani (collaboratori dei romani, ne costituivano il braccio armato). Essi si rivolgono a Gesù con ossequiente linguaggio curiale chiamandolo maestro, titolo quasi sempre in bocca ai suoi avversari. Nel formulare la loro domanda lodano il suo coraggio e libertà nel manifestare il proprio pensiero, e in tal modo non si accorgono di riconoscere in lui la dote più importante: insegnare la via di Dio secondo verità.
17 Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?
Solitamente il pio giudeo poneva questioni vitali al rabbino, che doveva saper rispondere. Qui la richiesta che era stata preceduta da  adulazione si trasforma subito in un ordine imperativo: dicci (eipè ûn hēmîn); vogliono che Gesù si schieri pro o contro il potere romano. Cesare è il titolo dato ad ogni imperatore romano; in questo caso indica Tiberio. Non chiedono a Gesù un semplice parere, bensì di definire in modo autorevole la questione riguardante la legge del tributo a Cesare: è lecito?.
La trappola è ben congegnata: qualunque sia la risposta che Gesù darà questa gli verrà ritorta contro: se Gesù è favorevole al pagamento delle tasse all’imperatore romano, pagano idolatra, verrà meno a quanto prescritto nel Libro del Deuteronomio: Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Oltre a contravvenire alla Legge, la risposta di Gesù sarebbe stata un riconoscere la legittimità dell’occupazione: cosa che gli avrebbe alienato le simpatie di quanti vedevano in Lui il liberatore dal giogo dei romani (di conseguenza gli erodiani avrebbero assicurato il suo arresto).
18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: Ipocriti, perché volete mettermi alla prova?
Gesù non risponde alle loro richieste, ma li attacca con una pesante accusa: la domanda non era mirata all’apprendimento, ma dettata dalla loro malvagità (ponērían), termine che appare unicamente qui in tutto il vangelo e che significa propriamente ipocrisia.
19 Mostratemi la moneta del tributo. Ed essi gli presentarono un denaro.
20 Egli domandò loro: Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?.
Ancora una volta Gesù non risponde con teorie ma attraverso esperienze pratiche e chiede che siano loro stessi a rendersi conto di quello che stanno chiedendo.
Per la comprensione dell’episodio occorre sapere che nel “denaro” (d’argento) da essi presentato l’imperatore viene raffigurato come un dio: la divinità era confermata dall’iscrizione: Tiberius Caesar Divi Augusti Filius Augustus; e nel retro, Pontifex Maximus. Gli avversari hanno in tasca del denaro a disposizione, con l’effigie dell’imperatore, senza curarsi della sacralità del luogo (area del Tempio). La moneta è simbolo del potere dominante (dove arrivavano le monete dell’imperatore arrivava il suo dominio); portandola con sé i farisei e gli erodiani dimostrano chi è il loro vero signore.
21 Gli risposero: Di Cesare. Allora disse loro: Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.
La tentazione riformula quella del tentatore nel deserto quando il diavolo condusse Gesù su un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria dicendogli: tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai. Gesù – come allora nel deserto – rivendica l’unicità di Dio: vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto.
Gesù non risponde con il loro verbo dare-pagare, ma con un altro, dwmi, che significa restituire; Il denaro è dell’imperatore, ma la vera signoria è di Dio. Globalmente il senso è: date all’imperatore tributi e tasse purché diate a Dio, e a Dio solo, quello che gli appartiene e cioè l’adorazione e il culto.

Riflessioni in ordine sparso  - [fatele anche voi!]
- In Pakistan il 16 ottobre l’Alta Corte di Lahore ha confermato la sentenza di primo grado del 2010: Asia Bibi deve morire. La donna, che ha cinque figli, è una contadina cristiana accusata di essere una bestemmiatrice, in quanto contaminata per infrangere con l’adesione al cristianesimo, le regole della religione islamica. Si tratta di un fatto raccapricciante che tristemente si ripete nella storia e nel mondo a tutti i livelli.
- Il cesare di turno lo troviamo anche a livello privato, nella vita di ogni giorno: sono tanti coloro che schiavizzano o eliminano il “prossimo” (=il più vicino!), nel rapporto ingiustamente sbilanciato uomo-donna, forte-debole…
- Il contesto dell'Evangelo ruota sulla domanda: a chi ubbidire? Quale è autentica autorità? Gesù non rifiuta l'autorità, ma relativizza quella umana. Spesso le nostre appartenenze sono ideologiche in maniera aberrante; spesso aduliamo le nostre opinioni e proviamo raccapriccio per le colpe altrui, senza guardare all’assassino (sic) che si nasconde in noi.
- Il canto nuovo del Salmo mi fa pensare a che cosa sia la novità: la riteniamo facilmente un semplice cambiamento [come il cambiamento infinito di look, soprattutto da parte delle donne, in TV]; invece, la vera novità è freschezza spirituale, è creatività, è tocco divino. Siamo ridicoli quando, per apparire nuovi, seguiamo le mode del momento (anche nell’uso dei termini): le mode annullano la novità, sono delle uniformi!
- Ancor oggi un moralismo spietato ci fa considerare più  peccaminoso un non corretto comportamento sessuale (certamente da non incoraggiare), anziché partecipare alle guerre, non pagare le tasse, comportarsi in maniera irrispettosa nei riguardi dell’ambiente, e mille altre cose che contribuiscono a rendere la polis invivibile…
- Di sicuro l’immagine di Dio non è sulla moneta, Dio non è di compravendita; è nella nostra coscienza, ed esige l’amore.
- Ciò che è di Dio è anche, propriamente, dell’essere umano. E rendere a Dio ciò che è suo implica anche il compito di divenire la propria umanità, di umanizzare il mondo.

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