venerdì 10 ottobre 2014

DOMENICA XXVIII T.O. anno A

I testi

Is 25,6-10
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte».
Sal 22
Il Signore è il mio pastore: / non manco di nulla. / Su pascoli erbosi mi fa riposare, / ad acque tranquille mi conduce. / Rinfranca l’anima mia. // Mi guida per il giusto cammino / a motivo del suo nome. / Anche se vado per una valle oscura, / non temo alcun male, / perché tu sei con me. / Il tuo bastone e il tuo vincastro / mi danno sicurezza. /// Davanti a me tu prepari una mensa / sotto gli occhi dei miei nemici. / Ungi di olio il mio capo; / il mio calice trabocca. /// Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne / tutti i giorni della mia vita, / abiterò ancora nella casa del Signore / per lunghi giorni.
Fil 4,12-14.19-20
Fratelli, so vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. 
Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli.

Mt 22,1-14
In quel tempo, 1 Gesù, riprese a parlare con parabole (ai capi dei sacerdoti e ai farisei) e disse: 2 II regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3 Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4 Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: Dite agli invitati: "Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". 5 Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6 altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7 Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8 Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9 andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". 10 Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11 Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12 Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì. 13 Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". 14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti.

1- Sguardo d’insieme

- Tutti i testi hanno il loro perno nel verbo greco kaleo, che significa chiamo.
Chi chiama e chi sono i chiamati? I testi odierni lo indicano attraverso un gesto simbolico di grandissima portata: l’invito del padre al banchetto nuziale del figlio. Il padre, figura di Dio, è il protagonista che chiama, e i chiamati non sono persone privilegiate perché “scelte da Dio”, ma coloro che, a qualsiasi categoria appartengano, accettano l’invito.
- ISAIA descrive in maniera celebrativa la prospettiva escatologica, cioè l’ultimo atto della storia, quando Dio distruggerà il male e farà trionfare il bene. Usa l’immagine del monte per raffigurare Dio nell’atto di esporsi dinanzi al popolo affinché tutti lo possano vedere, dal momento che la posta in gioco è fondamentale: Egli eliminerà (letteralmente, “divorerà) la morte per sempre. Il passo sarà ripreso nel vangelo di Matteo.
- L’orante del SALMO 22 ha fatto l’esperienza di essere guidato dal Signore in mezzo alle difficoltà tesegli dai nemici; e riconosce che ad agire in lui non sono i suoi meriti, bensì la misericordia di Dio a motivo del suo nome, cioè perché lo vuole Lui (il nome  nel mondo biblico è l’essenza della persona).
La consapevolezza che Dio lo ama per primo gli dà una grande fiducia, cosicché, se dovesse camminare per una valle oscura, simbolo di ogni situazione difficile, non temerebbe le incursioni di briganti o di persecutori. Dio, buon Pastore, lo difende con il suo bastone e lo guida dolcemente con il suo vincastro (quella piccola bacchetta con cui i pastori indirizzano il gregge). Ed ecco il simbolo del banchetto: Davanti a me tu prepari una mensa : se ne accorgano i suoi baldanzosi nemici i quali pensano di averlo ridotto disperato fuggiasco; ungi di olio il mio capo, in modo da rendere lucenti i capelli e quindi bello e fresco l’aspetto; il mio calice trabocca, perché essere sotto la protezione di Dio è vivere nella pienezza dell’amore!
- PAOLO nella sua lettera ai Filippesi, definita "lettera della gioia" anche se scritta dalla prigione, non insiste sulla metafora matrimoniale, ma attraverso la frase Tutto posso in colui che mi dà forza, testimonia una relazione così forte con Dio che può essere espressa nei termini sponsali.
- MATTEO: negli anni 80 d.C. il redattore del suo vangelo si trovò di fronte ad un testo, tramandato dapprima oralmente e poi per iscritto. La sua comunità, composta di convertiti a Cristo intolleranti con chi non accettava Gesù come Messia, era troppo fiduciosa in se stessa e quindi poco impegnata, nella illusione di possedere l’elezione, intesa come una sorta di cambiale per il Regno (luogo della Vita senza morte). Egli (il redattore) decise allora di attualizzare la parabola aggiungendo il secondo racconto relativo all'abito nuziale, dove si riflette l'uso del tempo di fornire una veste adeguata al banchetto ad invitati che tornavano, impolverati e in disordine, da lunghi viaggi: il fatto che alcuni ne siano colpevolmente privi riporta al simbolismo dell’indossare abiti di giustizia e del fare corrispondere alla professione di fede la produzione di opere di bene.

2- Analisi del testo di Matteo

La parabola dei vignaioli assassini di cui parla Matteo nel cap. 21 aveva scatenato contro Gesù l’ira dei sommi sacerdoti e dei farisei, i quali avevano capito che parlava di loro e perciò cercavano di catturarlo. Di fronte a questa minaccia Gesù non solo non indietreggia ma carica la dose in modo polemico.
La parabola è giocata sulla dialettica tra dono e responsabilità.
In quel tempo, 1 Gesù, riprese a parlare con parabole (ai capi dei sacerdoti e ai farisei) e disse: 2 II regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio.
Questa volta è  un re a celebrare la festa di nozze del figlio con un vistoso banchetto. Modellato sul testo di Isaia, il paragone sottolinea la dimensione della gioia, della convivialità e della comunione, voluta da Dio per coloro che riconoscono il suo Amore misericordioso .
Sono evidenti le allusioni, espresse per bocca dei profeti, con l’immagine delle nozze: simbolo all’alleanza di Dio, Re di Israele, con il suo popolo.
3 Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Col termine servi sono indicati tutti coloro che dipendono dal re, i suoi ministri e i suoi funzionari. Il rifiuto è elemento che evidenzia la tenacia di Dio nel richiamare il suo popolo.
4 Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: Dite agli invitati: "Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!".
La descrizione rimanda al libro dei Proverbi dove la Sapienza invita al banchetto usando termini analoghi.
5 Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari;
Uno dei nemici più insidiosi e diffusi della fede, più temibile anche dell’ateismo e dell’opposizione aperta, è l’indifferenza. Le giustificazioni addotte sono legate al proprio interesse: campo, commercio, affari; quindi ciò che procura guadagno. L’analogia è con gli osservanti, incapaci di concepire un Dio che vuole fare festa (di sua natura improduttiva dal punto di vista materiale).
6 altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
L’azione degli invitati corrisponde intenzionalmente a quella dei vignaioli, letta la scorsa domenica.
7 Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
La risposta adirata del re bisogna considerarla secondo il linguaggio della parabola, che non è quello di un racconto storico. Nell’A.T. si usavano immagini simili quando si voleva descrivere l’intervento di Dio contro i suoi nemici o contro una città ribelle.
8 Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni;
L’allegoria è che il Regno di Dio annunziato da Cristo, rifiutato dai capi e dalla casta sacerdotale, sarà per tutti, come si afferma nel versetto seguente.
9 andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.
I crocicchi erano in realtà gli incroci delle strade: il termine greco indica la fine delle strade urbane, là dove iniziano i sentieri; quindi i servi devono uscire dalla città e raggiungere i confini del regno. La ricerca degli sconosciuti è sottolineata affinché la comunità di Matteo si aprisse verso tutti.
10 Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il verbo tradotto con radunare è il greco sunagoghé, da cui deriva il termine sinagoga. L’intenzione dell’evangelista è evidente: la nuova sinagoga di Dio è la chiesa.
E’ da notare che i cattivi sono posti al primo posto, come nel discorso della montagna dove si afferma: egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni.
11 Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale.
I temi delle nozze e dell’abito si ritrovano nel libro dell’Apocalisse.
In oriente il re regalava ai convitati anche l'abito nuziale, senza specificare che dovesse essere dato soltanto ai buoni.
L’assenza di abito nuziale è indizio ben più grave di una semplice carenza di educazione; è la privazione di quelle opere e qualità morali che possono ammettere al Regno di Dio e al suo banchetto. Non è sufficiente la vocazione a un compito, bisogna anche adempierlo con fedeltà e impegno così da diventare eletti: termine che non significa privilegiati, bensì ammessi alla festa finale. 
12 Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?
Il termine Amico nel vangelo di Matteo appare tre volte e sempre in senso negativo. Nella bocca del re questo appellativo sottolinea l’aspetto benevolo e la gratuità del re (Dio) contro l’ingratitudine dell’invitato.
13 Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti".
Questa scena finale, piuttosto sconcertante, ispirata alla terribile distruzione di Gerusalemme e del tempio ad opera dei Romani nel 70 d.C., è introdotta solo da Matteo, e alcuni studiosi pensano persino che si tratti di un’altra parabola “incollata” a quella del banchetto nuziale, nota anche a Luca.
In essa Matteo vuole ammonire la sua comunità perché riaffermi la fedeltà al messaggio di Cristo.
Le tenebre esterne sono immagine di una realtà priva di futuro, dove si fa sentire la frustrazione per aver perso una occasione unica. L’immagine è tipica nel linguaggio biblico rabbinico, per indicare il fallimento della propria esistenza.
14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti.
La frase finale inizia con un’immagine positiva: molti (=un semitismo che significa tutti) sono chiamati alla proposta di Vita con Dio.

Poche serie considerazioni

- Bella la sottolineatura della presenza di buoni e cattivi nella sala: la salvezza è offerta a tutti (non sentiamoci migliori di nessuno).
- Poniamoci qualche domanda su quale atteggiamento assumiamo di fronte all´invito di partecipare al Regno della vera Vita. A quale gruppo di invitati somigliamo? agli indifferenti? a chi non ha tempo per chi ha bisogno perché guarda solo ai suoi bisogni? in quale Dio crediamo, nel Dio dei castighi o in quello che invita alla festa e alla gioia? o non crediamo concretamente in nessun Dio?
- In questo nostro tempo splendido e confuso non ci accorgiamo che l’esistenza a cui siamo ciecamente attaccati è un frammento di eterno colmo di inviti, se abbiamo un cuore in grado di accogliere e di condividere.
- L'invito alla convivialità è invito a passare dall'economia delle cose all'economia delle persone, a trovare il tempo per chi incontriamo nel nostro percorso di esistenza, per Dio, per la vita interiore.

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