28 aprile 2013
V Domenica di Pasqua Anno C
Atti 14, 21b-27; Apocalisse 21, 2-5a
Giovanni 13,
31-33a.34-35
31 Quando Giuda
fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: “Ora
il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32
Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo
glorificherà subito. 33 Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi
cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: Dove vado io,
voi non potete venire. 34 Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni
gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per
gli altri”.
Premessa
I pochi pregnanti versetti di Giovanni riportati
nel brano della liturgia di oggi pongono non pochi interrogativi, primo fra
tutti, come in ogni discorso attribuito a Gesù, quello che divide la sostanza
del messaggio lanciato dall’evangelista alla sua comunità dalla sua fedeltà
alla verità storica. Non si può mettere in dubbio che Gesù abbia trasmesso
l’essenziale di quanto è rimasto impresso nel ricordo dei suoi seguaci,
altrimenti non ne sarebbe risultata la scrittura evangelica. Ma urge fare dei
distinguo tra il ricordo e la parola scritta. Altrimenti i due piani si
confondono e non si può discernere, attraverso la verità relativa (alla
temporalità), la traccia dell’unica Verità (trascendente) che può illuminarla.
Dalle
poche impegnative analisi esegetiche (raccolte in questo blog dagli
studiosi), si può desumere con certezza che a) nessuna frase attribuita a Gesù
può essere considerata letteralmente autentica; b) il grande messaggio di Gesù
all’umanità è stato rilanciato sulla linea della tradizione profetica
dell’Antica Alleanza; c) difficilmente si può uscire dalle bimillenarie
coordinate attraverso cui la pastorale e la catechesi trasmettono il risultato
dell’assetto teologico, liturgico ed autoritativo dei capisaldi di una fede
normata, dai precisi contorni; d) ma forse è doveroso, per chi ha sete di
Verità più che di certezze, porsi nella linea profetico-mistica, che attraversa
la storia e di cui l’umanità ha un estremo bisogno; e) è colma di falsità ogni
paura tesa ad evitare eviti la tentazione di accodarsi e di adattarsi ad una
comoda inerzia; f) il coraggio della
speranza inculcato da papa Francesco può venire in soccorso dei
volenterosi; tra cui certamente sono da escludere i superficiali, incapaci di
reggere la fatica di impegnarsi a capire,
termine che significa farsi capienti,
accoglienti della Luce che emana
dall’Alto ed è nascosta nelle profondità del cuore umano.
Parziale analisi dei versetti
I versetti sono tratti dal cap. 13, dove è
contenuto il ‘discorso’ di addio di Gesù, quale compendio del suo compito nella
terra.
13,31“Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato
glorificato in lui. La gloria è segno della
presenza di Dio nella Bibbia, la quale nel deserto era nube che accompagnava il
popolo. Il vangelo usa molte
volte il termine "gloria", doxa,
che vuol dire lett. mostrarsi, farsi
vedere. La gloria è il mostrarsi, il farsi vedere dell’invisibile Dio. Gesù
è la gloria di Dio perché in lui Egli
si è fatto vedere. L'uomo è altrettanto gloria di Dio quando nella sua
vita sa cogliere la sua presenza. Giovanni usa il verbo al passato, glorificato, per indicare che Gesù ha fatto il primo passo verso la
gloria attraverso la croce, la quale è risurrezione, passaggio alla Vita senza
fine. E non è
da ritenere che la visione di Giovanni si riferisca ad una realtà proiettata
nel futuro idealizzato: morte e risurrezione sono sostanza della vita cristiana
quotidiana.
13,33 “Figlioli”. E’ l’unica volta che
appare il termine figlioli,
letteralmente bambini. Gesù,
manifestando tenerezza, rivela il volto del Padre sulla terra.
13,34 “Vi do un
comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”. Il comandamento è
nuovo perché rinnovato dall’impegno del vero seguace di Cristo. “Come io ho
amato voi, così amatevi anche voi”: il come di questo amore non indica solo la misura (comparazione) di
questo amore, ma la causa: si è capaci di amare come Gesù nella misura in cui
si fa ciò che, e nel modo in cui, lui lo ha fatto.
E’
necessaria una messa a punto per indicare il duplice senso da dare alla novità del comandamento dell’amore:
a)
E’ vero che l’amore di Dio qualifica l’amore verso il prossimo, in quanto lo
rende saldamente ancorato alla Fonte dell’amore e da ciò scaturisce la sua
fecondità; ma c’è il pericolo di appiattirlo su un umanesimo antropologico il
quale non ha nulla a che fare con l’essenza dell’amore stesso. L’insistenza sul
fatto che nell’altro essere umano ci sia –tout court- Dio, trascura l’aspetto
rivelativo del farsi vedere, manifestarsi
di Dio nell’essere umano. Per riconoscere Dio nell’altro è necessario che sia Lui
punto fermo di riferimento di tale rivelazione. L’aspetto relazionale gli uni gli altri deve essere illuminato
dal manifestarsi della gloria di Dio
attraverso il Figlio: non c’è figliolanza senza comune paternità. Quindi nel come la
dimensione orizzontale invoca quella verticale. L‘orizzontale da sola può
essere annoverata tra i valori umani che fecondano la storia attraverso la
solidarietà, soprattutto se impreziosita dal senso della fraternità. Ma chiave evangelica
per capire la comparazione è nel v.32“Se Dio è stato glorificato in lui, anche
Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito”. Senza
rapporto verticale ogni valore umano è illusorio; perfino la bellezza si
alimenta al tocco della trascendenza; quale capolavoro resisterà al tempo in
cui tutto è destinato a finire? Tutti i valori umani trasportano oltre l’umano,
e solo per questo resisteranno ad ogni distruzione.
Le perplessità Nell’attuale momento storico
Le perplessità sono prezioso segno che ancora c’è la
possibilità di sottrarsi alla morsa della vorace distruttività propria della
società mass-meditaica, fatta di estrema velocizzazione.
Chi ha il coraggio proprio del cercatore di Verità di dire a
se stesso e a tutti che non può bastare nessuna verità storica? I profeti non
hanno pagato caro la loro fedeltà al barlume di Verità presente in se stessi?
Papa Francesco che celebra riti e indossa le vesti
dell’apparato, che rispetta le formule usuali, che perfino autorizza (come
potrebbe fare altrimenti?) l’aureola da conferire a sempre nuovi santi, lascia
intravedere un quid di notevole capacità ad adeguarsi alla voglia celebrativa,
ma senza perdere di vista la necessità di andare oltre. Sono sicura che la sua pazienza della storia non sarà sterile,
come non è stata sterile la traccia lasciata da pochi, e forse non-pochi, che
l’hanno preceduto.
Preghiera
Gesù, mi
basta che tu sia mio fratello. Il tuo volto umano illuminato dal Volto nascosto
di Dio, risplenda sull’umanità TUTTA, non chiusa in alcun comodo confine. La
storia ce la potrà fare a superare ambiguità, contrapposizioni estreme, storture
di ogni tipo, se la fede predicata ed esaltata come santità codificata, diventerà
lievito di apertura al divino. Voglio con te ripetere il dacci oggi il nostro pane quotidiano e contare, prima che su un impegno umano di
fedeltà, sul modello di figliolanza che tu ci hai consegnato,
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1 commento:
Giovanni vuole trasmettere il Messaggio estremamente fondamentale dell'essere cristiani, il distintivo che li fa riconoscere come tali da chi li osserva, l'Amore con il quale si amano. Amore con la "A" maiuscola, perché non è semplice solidarietà, filantropia, umanità, ma è quello stesso Amore che unisce le Tre Persone della Trinità, che s'irradia ad extra per fare entrare i figli di Dio nel circuito d'Amore trinitario. E' la fatica della ricerca, lo sfuggire alla tentazione di "sedersi" convinti di avere già saputo tutto ciò che si doveva sapere, che ci può avvicinare all'idea di ciò che possa significare questo Amore. La Fede è un Dono che va alimentato con lo sforzo della riflessione, della ricerca, della fatica, della preghiera. La riflessione teologica non è fine a stessa, ma mira ad avere dei risvolti nella vita di ogni giorno. Cercare di "capire" l'Amore richiede l'impegno della sua attuazione qui e ora.
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