giovedì 8 dicembre 2011

Gesù di Nazaret. - Dall'ingresso a Gerusalemme alla resurrezione, Libreria Editrice Vaticana, 348 pp., 20 euro,

Ecco alcuni passaggi del libro evidenziati da Andrea Tornielli  

«Di fatto, l'annuncio apostolico col suo entusiasmo e con la sua audacia è impensabile senza un contatto reale dei testimoni con il fenomeno totalmente nuovo ed inaspettato che li toccava dall'esterno e consisteva nel manifestarsi e nel parlare del Cristo risorto. Solo un avvenimento reale di una qualità radicalmente nuova era in grado di rendere possibile l'annuncio apostolico, che non è spiegabile con speculazioni o esperienze interiori, mistiche».
Con queste parole Benedetto XVI, nel secondo volume dedicato alla figura del Nazareno, spiega il «Big Bang» che sta all'origine del cristianesimo nel capitolo dedicato alla resurrezione. Senza un evento «reale», dunque veramente accaduto, e «radicalmente nuovo» - afferma il Papa - non si riescono a comprendere e giustificare i primi passi della fede cristiana
I fatti del Vangelo sono accaduti davvero
«Il messaggio neotestamentario non è soltanto un'idea; per esso è determinante proprio l'essere accaduto nella storia reale di questo mondo: la fede biblica non racconta storie come simboli di verità meta-storiche, ma si fonda sulla storia che è accaduta sulla superficie di questa terra».
L'eucaristia non potevano inventarsela

«L'idea del formarsi dell'Eucaristia nell'ambito della "comunità" è anche dal punto di vista storico assolutamente assurda. Chi avrebbe potuto permettersi di concepire un tale pensiero, di creare una tale realtà? Come avrebbe potuto essere che i primi cristiani - evidentemente già negli anni 30 - accettassero una simile invenzione senza fare obiezioni? [...] Solo dalla peculiarità della coscienza personale di Gesù poteva nascere questo».

Il male del mondo
«Dio non può semplicemente ignorare tutta la disobbedienza degli uomini, tutto il male della storia, non può trattarlo come cosa irrilevante ed insignificante. Una tale specie di "misericordia"», di "perdono incondizionato" sarebbe quella "grazia a buon mercato", contro la quale Dietrich Bonhoeffer, di fronte all'abisso del male del suo tempo, si è a ragione pronunciato. L'ingiustizia, il male come realtà non può semplicemente essere ignorato, lasciato stare. Deve essere smaltito, vinto. Solo questa è la vera misericordia.

Gesù separa fede e politica
«Gesù, nel suo annuncio e con tutto il suo operare, aveva inaugurato un regno non politico del Messia e aveva cominciato a staccare l'una dall'altra le due realtà, fino ad allora inscindibili. Ma questa separazione di politica e fede, di popolo di Dio e politica, appartenente all'essenza del suo messaggio, era possibile, in definitiva, solo attraverso la croce: solo attraverso la perdita veramente assoluta di ogni potere esteriore, attraverso lo spogliamento radicale della croce, la novità diventava realtà. [...] Ma proprio così, nella totale mancanza di potere, Egli è potente, e solo così la verità diviene sempre nuovamente una potenza».

Il sapere scientifico non ci fa conoscere la verità
«Nella grandiosa matematica della creazione, che oggi possiamo leggere nel codice genetico dell'uomo, percepiamo il linguaggio di Dio. Ma purtroppo non il linguaggio intero. La verità funzionale sull'uomo è diventata visibile. Ma la verità su lui stesso - su chi egli sia, di dove venga, per quale scopo esista, che cosa sia il bene o il male - quella, purtroppo, non si può leggere in tal modo. Con la crescente conoscenza della verità funzionale sembra piuttosto andare di pari passo una crescente cecità per "la verità" stessa - per la domanda su ciò che è la nostra vera realtà e ciò che è il nostro vero scopo».

Dunque non solo storia, ma la storia principio- base della verità su Cristo, che ha bisogno della fede per cpaire. Questo è il criterio che mi guida, Ausilia

3 commenti:

Anonimo ha detto...

meno male che io non mi pongo problemi di questo genre, per me Gesù è quello che conosco da quando ero nelle braccia di mia mamma,fate bene voi studiosi ma io sono amica di gesù tanto tanto tanto Rosanna

Ausilia ha detto...

Pongo tra i commenti un breve tratti di quanto scrive Beppe Pavan a commento del Vangelo della domenica scorsa:

“L’abbiamo detto e ripetuto nel gruppo, leggendo e commentando il Magnificat messo, da Luca, in bocca a Maria: non è importante disquisire sulla veridicità oggettiva degli episodi narrati, quanto cogliere il contenuto e il senso della testimonianza che intendeva dare chi ha redatto quegli episodi.
La testimonianza da indagare è, quindi, quella dell’evangelista più che quella del battezzatore. Così le parole del secondo acquistano senso e forza alla luce di quanto il primo scrive a proposito di Gesù. Che il “prologo” sia un inno, un sommario, un’aggiunta, un tentativo per conquistare l’attenzione della Grecia... poco importa; resta una disputa tra studiosi e ricercatori.
L’evangelista mi dice che quella “Parola”, che era Dio (v 19), che era presso Dio (v 1)... nel seno del Padre (v 18)... in principio (vv 1 e 2)... per mezzo del quale Dio ha creato tutte le cose (vv 3 e 10)... è la “luce”. Gesù è la luce che ci rende possibile “vedere” l’oggetto della nostra fede: Dio. Gesù non è l’oggetto della nostra fede, non chiede di credere in lui, ma in Colui che lo ha mandato.
Il battezzatore è colui che lo ha fatto conoscere al popolo e ai suoi propri discepoli. Questa è la testimonianza più forte: è lui che dovete seguire, non me! E le prime comunità si mettono in cammino e passano parola: è la conseguenza diretta della missione di Giovanni: “seguimi”, “vieni”, “vedrai”... (v 35 ss). Chi si mette al seguito di Gesù ha voglia di “vedere” e che altri e altre vedano ciò che lui/lei ha visto: l’Amore, la Luce, la Strada che porta al Regno.
Ecco chi è il più grande tra i due!”

Un’osservazione: che significa “Gesù non è l’oggetto della nostra fede”. Se si vuole sottintendere la non divinità di Gesù, io non sono d’accordo. Ausilia

Ausilia ha detto...

È uscito quest'anno in Italia un libro sulla teologia del Novecento scritto da un teologo protestante, il valdese Fulvio Ferrario, molto vicino alla visione e alla sensibilità dell'attuale papa, lui stesso teologo.
Parlando di Oscar Cullmann (1902-1999), nato a Strasburgo, vissuto a Basilea e ospite a Roma, negli anni del Concilio Vaticano II, Ferrario lo annovera "tra i teologi protestanti più apprezzati in campo cattolico". Pur meno famoso di un Barth, di un Bultmann, di un Bonhoeffer, Cullmann ha lasciato un'impronta forte e durevole.
È lui che ha coniato la formula – divenuta d'uso universale – del "già e non ancora" per esprimere la dialettica tra la salvezza già realizzata da Cristo e l'attesa del compimento finale.
(passim dal sito delle teologhe)
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Quanto al libro su Gesù del Papa quasi tutti sottolineano come egli voglia mantenere l'equilibrio tra il Gesù della fede e il Gesù della storia.