venerdì 21 luglio 2017

DOMENICA XVI T.O. anno A


  
DOMENICA XVI T.O. anno A
 
Mt 13, 23-44

[In quel tempo, Gesù] espose loro [alla folla] un’altra parabola, dicendo: 24 «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25 Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26 Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27 Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”28 Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”.29 “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30 Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio"».

31 Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granellino di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32 Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». 33 Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». 34 Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, 35 perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo. 36 Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37 Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. 38 Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno 39 e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. 40 Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41 Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità 42 e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 43 Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!

 
C o m m e n t o
 
Premessa
 
Dopo seria riflessione, mi permetto di commentare scostandomi dall’analisi del testo, con lo scopo di coglierne il senso profondo.

E proposito soltanto di Matteo (che solitamente procede di pari passo con Marco e Luca) far capire bene alla comunità quale è la realtà del Regno dei cieli.

A tal fine pone in scena e fa parlare lo stesso Gesù.

C’è  da chiedersi come mai i discepoli non ne fossero ancora edotti, e il perché forse è da trovare nel fatto che molti provenivano dal discepolato affermatosi attorno al Battista, il quale non vedeva ancora in Gesù il Messia. Né è da trascurare l’influenza esercitata dai farisei, che accusavano Gesù di non distinguere i giusti dai peccatori.

- Se facessimo un salto parabolico per poi fermarci a dare uno sguardo di attenzione a ciò che ne pensano i cristiani del nostro tempo, sentiremmo balbettare risposte imprecise allo stesso quesito.

Il Regno dei cieli non è destinato ai buoni, come insegnavano  e forse insegnano ancora le e i catechisti. Il fatto è che nessuno saprebbe dare una definizione su ciò che è bene e su ciò che è male. Impareggiabile la dimostrazione che ne dà il filosofo ateo dell’ottocento F. Nietzsche: Sono stati gli stessi ‘buoni’, cioè i nobili, i potenti, gli uomini di ceto superiore e di sentimenti elevati a sentire e definire se stessi e le loro azioni come buoni, cioè di prim'ordine, e in antitesi a tutto ciò che è volgare, di sentimenti volgari, comune e plebeo.

Questa tagliente definizione non ci porta lontano dalla parabola della zizzania, quando Gesù si oppone all’idea di eliminarla il più presto possibile, v.29 perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Solo i fanatici, che frequentemente degenerano verso la violenza ed il terrore, si propongono le depurazioni per far trionfare la propria ideologia. Gesù risponde che,se si asseconda la tentazione di adoperare il forza e la coercizione (anche di carattere morale) per diffondere il regno di Dio, essa (la tentazione di eliminare i ‘non-buoni’) si ripresenterebbe sempre puntualmente.

Quando i cristiani cominciarono a riunirsi in seno alle comunità [soltanto Matteo usa il termine chiesa], avvenne un altro fenomeno  deviante rispetto all’insegnamento di Gesù. I credenti si riunivano nel giorno del Signore, la domenica, per approfondire la Parola; ma questa poco a poco cominciò ad essere celebrata più che approfondita, in quanto assumeva un carattere rituale, di culto e di conseguenza cominciava a svuotarsi di senso.

Lo stesso fenomeno è avvenuto nel corso dei secoli.

Joseph Ratzinger, nel luglio 1966, a Bamberg, affermava: la  Riforma liturgica ha compiuto un atto di importanza decisiva… (col) rimettere in valore la verità della Parola e, nello stesso tempo, la verità del culto della Parola.

Lo stesso J.R. è tornato sull’argomento più volte. Forte e bella la sua precisazione: la liturgia non consiste nel riempirci del sentimento del sacro, per mezzo di fremiti e di allusioni, bensì nel metterci di fronte alla spada tagliente della Parola di Dio. Essa non consiste nel metterci in un ambiente di solennità e di bellezza per raccoglierci e meditare in pace, ma nell’introdurci nel ‘noi’ dei figli di Dio.

Necessario corollario di quanto detto, non è – come spesso è risultato - la semplice diffusione della Parola di Dio, ma anche la promozione dell’uso della Bibbia in ogni famiglia. Eppure bisogna far attenzione: senza un’istruzione adeguata a capire il testo, si corre il rischio di cadere in forme ambigue: superstizione, devozionalismo, decadenza della fede genuina in pratiche secondarie fatte passare per essenziali. Da qui il diffondersi di fenomeni che hanno a che fare con le apparizioni, il prodigioso, ecc. che rischiano di far dimenticare la via ordinaria della fede, la quale si nutre di conoscenza adeguata e di preghiera. Come ben sintetizza l’allora vescovo Walter Kasper, una scarsa conoscenza della fede è sempre stata il miglior terreno per la superstizione e l’errore.
Il Regno di Dio in Matteo
 

A differenza di Marco che mette spesso attorno a Gesù la folla, Matteo mette quasi sempre i discepoli.

Egli usa spesso la parola mathetes che significa discepolo, rappresentante della Chiesa riunita in ascolto attorno al Cristo, cristiano.

Ma c’è una seconda categoria che per l’evangelista è importante e che è il cuore della predicazione di Gesù stesso: è la categoria  Regno: regno dei cieli, regno di Dio, regno del Padre. E’ un simbolo molto noto nell’AT, soprattutto nei salmi. Ed è questa – Mal’ak adonai, il Signore regna – la dichiarazione fondamentale che Isaia rappresenta, quando parla di un araldo che lo gridava sui colli davanti a Gerusalemme.

Regno è l’azione divina nella storia, e quindi non è identico alla Chiesa, ma ne è una porzione, realizzata per mezzo di Cristo. in sintesi, quando si annuncia il Regno, si annuncia il Signore che agisce nella storia.

Altro punto da definire sul termine Regno, è questo: il mondo ebraico non ama pronunciare il nome di Dio, e perciò usa un modo eufemistico; lo chiama preferibilmente regno dei cieli.

Le due dimensioni fondamentali della chiesa post-pasquale  sono l’annuncio del regno e il modo di praticarlo.

E qui si inserisce il tema dell’accoglienza: chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico non perderà la sua ricompensa (cap.10, vv.40-42).
 
N o t e  s u i vv.31-33
v.31- Un'interpretazione comune della parabola del granello di senape, mette l'accento sulla sproporzione tra il seme iniziale e l'albero che il seme riesce a produrre. Si può rilevare anche un altro significato, per il quale viene in aiuto il vangelo di Giovanni. Secondo la concezione degli antichi, un seme deposto sotto terra muore. Giovanni (12,24) infatti dice: Se il chicco di grano caduto in terra non muore, resta solo; ma se muore produce molto frutto.

La parabola del granello di senape rivela che il regno dei cieli ha esiti imprevedibilmente grandi, anche quando viene messo in atto un piccolo gesto, sovente nascosto o ignorato da tutti.

v.32 - Il significato dell'albero che accoglie gli uccelli del cielo viene rivelato in Ezechiele e Daniele, dai quali è specificato che il regno di Dio assume proporzioni universali, accoglie tutti, soprattutto i pagani, simboleggiati dagli uccelli.

v.33 – La cosa che è messa in rilievo in questo versetto è che il lievito deve essere nascosto, sepolto nella farina per sviluppare la sua azione fermentatrice. Tre staia di farina fornirebbe un pasto a più di cento persone. (Vi è una sola donna, nella Bibbia, che abbia impastato tre staia di farina, cioè Sara, moglie di Abramo, che secondo Gn 18,6 accoglie con tale banchetto i tre ospiti che le annunziavano la nascita di Isacco, il figlio della promessa). Questo inizio profetico legge la storia del regno come un unico straordinario processo di crescita che dagli inizi più modesti, con Abramo e Sara, si svolge nascosta lungo tutto l'Antico Testamento fino all'attuale irradiamento quando il regno assume delle proporzioni universali
S p i g o l a t u r e  su:
L’impegno cristiano perché il Regno dei cieli venga in noi
Centrare la propria vita attorno alla Parola di Dio significa ritrovare il centro della vita spirituale, la quale può alimentare l’annuncio del Vangelo, ieri come oggi. Una spiritualità profondamente radicata nella Parola di Dio è capace di generare e rigenerare alla vita cristiana. Ricordiamo il senso della parabola della zizzania. Ci sono i servi che vedono soprattutto le erbacce, il negativo, il pericolo; Il Padrone, invece, fissa il suo sguardo sul buon grano; la zizzania è secondaria.

Nessuno coincide con il suo peccato o con le sue ombre. Ma se non si vede la luce in se stessi, non la si vedrà in nessuno. Davanti a Dio una spiga di buon grano conta più di tutta la zizzania del campo; il bene è più importante del male; il peso specifico del bene vale di più del peso specifico del male.

Simone Weil nei Quaderni:

- Un cero è l'immagine di un essere umano che ad ogni istante offre a Dio la combustione interiore, l'usura interiore di tutti gli istanti di cui è fatta la vita vegetativa. Questo significa offrire a Dio tutto il tempo.

- Il rischio è quello di "mancare l'appuntamento: Dio e l'umanità sono come due amanti che si sono sbagliati circa il luogo dell'appuntamento. Tutti e due arrivano in anticipo sull'ora fissata, ma in due luoghi diversi. E aspettano, aspettano, aspettano. Uno è in piedi, inchiodato sul posto per l'eternità dei tempi. L'altra è distratta e impaziente. Guai a lei se si stanca e se ne va!

- L'idea di una ricerca dell'uomo da parte di Dio è di uno splendore e di una profondità insondabili. C'è decadenza quando è rimpiazzata dall'idea di una ricerca di Dio da parte dell'uomo.

- È evidente che nella logica dell'amore la follia è di casa, perché non si può amare seguendo gli schemi razionali (…). Dio è folle nel cercare il consenso degli uomini. [Una follia che, secondo Weil, resta tale se si pensa Dio "come essere", non se lo si pensa "come amore"]

Nella "folle logica" dell'amore, acquista senso, significato e valore la sofferenza ed è meno difficile amarne la fecondità, perché essa ci unisce alla onnipotente debolezza di Dio.

Amare il dolore comporta, non dolorismo inutile, ma accogliere una sofferenza da amare nel suo essere gratuita ovvero "senza significato"; da amare nella sua assurdità, se si vuole amare Dio, ben consapevoli che questo amore non richiede sforzo né ascesi, ma solo una resa incondizionata. Come dice Eschilo: ciò che è divino è senza sforzo.

- Noi non possiamo fare nemmeno un passo verso il cielo: la direzione verticale ci è preclusa. Ma se guardiamo a lungo il cielo, Dio discende e ci rapisce. Ci rapisce facilmente.

A. Grün

- Per i monaci il silenzio ha una funzione terapeutica. Esso aiuta a prendere le distanze dall'agitazione e dalla collera, aiuta a conoscere meglio se stessi in quanto non permette di sfogare immediatamente sull'altro la rabbia, ma inizia a trattenerla per analizzarla.

- La serenità ha bisogno di tempo. Non sopporta la frenesia. Devo lasciarmi tempo per essere sereno nelle cose che faccio o che vivo.

- Proprio perdendo si mostra la propria grandezza. Essere un bravo perdente connota la dignità dell'individuo.

- Quando nel Padre nostro preghiamo che Dio non ci induca in tentazione, il significato è un altro. La parola greca è peirasmós, che significa in primo luogo confusione. La vera tentazione del male è quindi la confusione.

- Soltanto dopo aver pianto da solo la mia solitudine posso iniziare con il partner un dialogo che non si trasforma in un'accusa, bensì in un invito a ritornare a parlarsi.

- Silenzio e tacere sono due cose diverse. Il silenzio ci è dato; il tacere sta a noi praticarlo.

B. M. Chevignard

Si sente spesso dire che la rinuncia è l’aspetto negativo del cristianesimo. Forse sarebbe meglio dire che è il rovescio necessario dell’amore.

Etty Hillesum ad Auschwitz

Dentro di me c'è una melodia che a volte vorrebbe essere tradotta in parole. Ma per la mia repressione, mancanza di fiducia, pigrizia, e non so che altro, rimane soffocata e nascosta.

Vivere è cosa buona dovunque, perfino dietro il filo spinato, nelle nostre baracche aperte a tutti i venti, purché si viva pieni d’amore per le persone e per la vita stessa.
 
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in un caos di forme entità luce tenebre
il creato erompe dal cerchio del Tutto
  spaccato di Dio precipitato nel tempo
che va chissà dove - di sua origine ignaro
 
Come ha potuto, il mondo, generare il pensiero
se tutto in esso si comprime tra cieche forze opposte?
Forse lo stesso duro gioco fa riscoprir la frattura
e inonda di lacrime il mondo - Sono esse a ri-generarlo
di libertà



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